La Corte di Cassazione ritorna sul tema dell’equo indennizzo chiarendo che «il termine di cui all’articolo 4 l. numero 89/2001 per proposizione della domanda di equo indennizzo per la irragionevole durata di una procedura fallimentare decorre dalla data in cui è diventato inoppugnabile il decreto di chiusura del fallimento […]».
La Corte di Cassazione con sentenza numero 24174/2022 ha accolto il ricorso di numerosi ricorrenti nei confronti del Ministero della Giustizia, avverso il decreto che aveva rigettato la loro domanda di equo indennizzo per irragionevole durata di una procedura fallimentare, rilevando d'ufficio la tardività di tale domanda per il mancato rispetto del termine semestrale stabilito dall'articolo 4 l. numero 89/2001. Secondo il Collegio, la Corte d'Appello avrebbe erroneamente risolto la questione affermando che il suddetto termine decorrerebbe non dal momento della definitività del decreto di chiusura del fallimento, ma dalla dichiarazione di esecutività del piano di riparto parziale che abbia determinato l'integrale soddisfazione del creditore insinuato nel passivo fallimentare che agisca per l'equa riparazione. Per sciogliere il nodo della questione, la Corte di Cassazione ha affermato che «il termine di cui all'articolo 4 l. numero 89/2001 per proposizione della domanda di equo indennizzo per la irragionevole durata di una procedura fallimentare decorre dalla data in cui è diventato inoppugnabile il decreto di chiusura del fallimento anche per il creditore il cui credito sia stato integralmente soddisfatto per effetto di un riparto parziale la data della integrale soddisfazione del credito insinuato nel fallimento segna infatti, per il creditore soddisfatto, il termine finale della durata della procedura fallimentare indennizzabile ai sensi della l. numero 89/2001, ma non il dies a quo del termine per la proposizione della domanda di equo indennizzo». Per questi motivi, la Corte di Cassazione ha accolto il ricorso.
Presidente Manna – Relatore Cosentino Fatto e svolgimento del processo I ricorrenti indicati in epigrafe hanno proposto ricorso, sulla scorta di due motivi, per la cassazione del decreto numero 4265/2018 della Corte d'Appello di Venezia che - adita con opposizione L. numero 89 del 2001, ex articolo 5 ter, avverso il decreto del consigliere delegato che aveva rigettato la loro domanda di equo indennizzo per irragionevole durata della procedura fallimentare di omissis S.p.A. - ha rilevato d'ufficio la tardività di tale domanda per il mancato rispetto del termine semestrale stabilito dalla L. numero 89 del 2001, articolo 4. La Corte d'appello ha considerato come dies a quo del suddetto termine la dichiarazione di esecutività del quarto riparto parziale, avvenuta in data 24 ottobre 2006, grazie al quale gli odierni ricorrenti, insinuatisi nella procedura concorsuale sopra menzionata, avevano visto integralmente soddisfatte le loro ragioni di credito a sostegno della propria argomentazione la Corte veneziana ha richiamato i precedenti di Cass. 950/2011 e Cass. 7664/2005, nonché il principio di immutabilità delle attribuzioni patrimoniali effettuate in favore dei creditori in sede di riparto, codificato al R.D. numero 267 del 1942, articolo 112, e articolo 114, comma 1, nel prosieguo, L. Fall. . Con il primo motivo, riferito all'articolo 360, comma 1, numero 3 , i ricorrenti lamentano la violazione e/o falsa applicazione della L. numero 89 del 2001, articolo 4, in relazione all'articolo 6, par. 1 CEDU, all'articolo 1 del primo protocollo addizionale ed agli articolo 111 e 117 Cost., nonché la violazione dell'articolo 327 c.p.c., della L. Fall., articolo 119, della L. numero 69 del 2009, articolo 58, e del D.Lgs. numero 5 del 2006, articolo 150, comma 1, per avere la Corte d'Appello considerato come dies a quo, al netto dei termini di impugnazione ordinaria, non la chiusura definitiva della procedura fallimentare che avvenne con decreto del 5-6 luglio 2017 , bensì il momento in cui gli attuali ricorrenti furono definitivamente soddisfatti ciò che avvenne con decreto di dichiarazione di esecutività del quarto piano di riparto parziale, il 24 ottobre 2006 a sostegno della loro tesi, i ricorrenti citano Cass. numero 8055/2019 e criticano l'applicazione fatta dalla Corte d'Appello dei precedenti Cass. 950/2011 e 7664/2005, censurando, altresì il passaggio motivazionale concernente la ritenuta stabilità delle attribuzioni patrimoniali. Con il secondo motivo, riferito all'articolo 360 c.p.c., comma 1, numero 4 , si lamenta la violazione dell'articolo 101 c.p.c., comma 2, per avere la Corte d'appello giudicato su un fatto rilevato d'ufficio i.e. la tardività della domanda, in riferimento al decreto di esecutività del quarto piano di riparto senza aver previamente concesso memorie alle parti per permettere loro di svolgere il contraddittorio sul punto. Il Ministero della Giustizia resiste con controricorso La causa è stata chiamata all'adunanza camerale del 22 ottobre 2020 per la quale i ricorrenti hanno depositato memoria. La causa è stata originariamente chiamata all'adunanza camerale del 22 ottobre 2020, per la quale la ricorrente depositava una memoria. In quella sede il Collegio, con ordinanza interlocutoria numero 22723/2021, ha rimesso il ricorso all'udienza pubblica la causa è stata quindi nuovamente chiamata alla pubblica udienza del 20 gennaio 2022, per la quale il ricorrente ha depositato una ulteriore memoria ed il Procuratore Generale presso questa Corte ha depositato requisitoria scritta. All'udienza, il Pubblico Ministero ha concluso, in conformità alla requisitoria scritta, per l'accoglimento del ricorso. Motivi della decisione Il ricorso è fondato. La tesi della Corte di appello di Venezia si risolve nell'affermazione che il termine di cui alla L. numero 89 del 2001, articolo 4, per la proposizione della domanda di equo indennizzo per irragionevole durata della procedura fallimentare decorrerebbe non dal momento della definitività del decreto di chiusura del fallimento, ma dal momento della dichiarazione di esecutività del piano di riparto parziale che abbia determinato l'integrale soddisfazione del creditore insinuato nel passivo fallimentare che agisca per l'equa riparazione ex L. numero 89 del 2001. Tale affermazione non può merita adesione, perché confonde la questione, di natura sostanziale, relativa alla effettiva durata della procedura falimentare rilevante ai fini della L. numero 89 del 2001, durata che indubbiamente termina con la integrale soddisfazione de creditore procedente, come questa Corte ha chiarito nella sentenza numero 950/2011 con la diversa questione, di natura processuale, relativa alla decorrenza del termine di cui al L. numero 89 del 2001, articolo 4, per la proposizione della domanda di equo indennizzo per irragionevole durata di una procedura fallimentare questione, questa seconda, risolta da questa Corte con le pronunce numero 8055/2019 e numero 1551/2020, alle quali il Collegio intende dare conferma e seguito, che hanno chiarito che, ai fini della decorrenza del termine, di cui alla L. numero 89 del 2001, articolo 4, deve aversi riguardo al provvedimento conclusivo del giudizio presupposto, che non può identificarsi in un riparto parziale, quand'anche integralmente satisfattivo per il creditore che poi agisca per l'equo indennizzo ex L. numero 89 del 2001. Il primo motivo di ricorso va quindi accolto, con assorbimento del secondo, e l'impugnato decreto va cassato con rinvio alla Corte di appello di Venezia, in altra composizione, che si atterrà al seguente principio di diritto Il termine di cui alla L. numero 89 del 2001, articolo 4, per la proposizione della domanda di equo indennizzo per la irragionevole durata di una procedura fallimentare decorre dalla data in cui è diventato inoppugnabile il decreto di chiusura del fallimento anche per il creditore il cui credito sia stato integralmente soddisfatto per effetto di un riparto parziale la data della integrale soddisfazione del credito insinuato nel fallimento segna infatti, per il creditore soddisfatto, il termine finale della durata della procedura fallimentare indennizzabile ai sensi della L. numero 89 del 2001, ma non il dies a quo del termine per la proposizione della domanda di equo indennizzo. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso, cassa l'impugnato decreto e rinvia alla Corte di appello di Venezia, in altra composizione, che regolerà anche le spese del presente giudizio di cassazione.