Anche se dopo la rapina fugge con un motociclo rubato, questo non fa venire meno la riparazione per ingiusta detenzione

La Corte di Cassazione torna ad occuparsi di una domanda di riparazione per ingiusta detenzione, respinta ingiustamente dalla Corte d’Appello che non aveva valutato i fatti nella loro interezza.

Un uomo ricorreva per Cassazione avverso l'ordinanza con la quale la Corte d'Appello di Roma rigettava la domanda di riparazione per l'ingiusta detenzione a seguito di un reato di rapina all'interno di un'abitazione privata. L'imputato denuncia principalmente l'irragionevolezza della negazione del diritto alla riparazione solamente valutando il comportamento relativo alla fuga a bordo di un motociclo rubato a seguito della rapina. Il ricorso è fondato. Ricorda il Collegio che «in tema di riparazione per ingiusta detenzione, la colpa che vale ad escludere l'indennizzo è rappresentata dalla violazione di regole, da una condotta macroscopicamente negligente o imprudente dalla quale può insorgere, grazie all'inefficienza sinergica dell'Autorità giudiziaria, una misura restrittiva della libertà personale». Invero, nel caso di specie, la condotta tenuta dall'uomo al momento del fermo costituiva un tentativo di procurarsi l'impunità rispetto al reato di ricettazione, non avendo niente a che fare con il delitto di rapina. Infatti, il motociclo rubato non era stato utilizzato per commettere il delitto di rapina, reato questo per il quale era stato emesso il titolo cautelare in esame. Pertanto, la Corte d'Appello avrebbe erroneamente deciso per il rigetto dell'istanza di riparazione, in quanto la questione sarebbe collegata ad una vicenda avulsa rispetto al reato ascritto all'imputato. Per questi motivi, la Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, annullando l'ordinanza impugnata.

Presidente Di Salvo -  Relatore Dawan Ritenuto in fatto 1. Il difensore di H.F. ricorre avverso l'ordinanza con cui la Corte di appello di Roma ha rigettato la domanda di riparazione per l'ingiusta detenzione subita in custodia cautelare in carcere, dal 28 gennaio al 22 novembre 2017, in forza di ordinanza emessa il 30/01/2017, in seguito a convalida del fermo, per il reato di cui all'articolo 110 c.p., articolo 112 c.p., numero 4, articolo 628 c.p., comma 3, nnumero 1, 2 e 3-bis. 2. La vicenda, in breve il omissis , agenti della polizia di Stato, ricevuta la segnalazione di una rapina perpetrata da due individui all'interno dell'abitazione di M.M.D. che ne forniva una specifica descrizione, avvistavano, a bordo di un motorino, due giovani di etnia rom, uno dei quali V.G. minore di età, dalle fattezze corrispondenti alla anzidetta descrizione. Alla vista degli operanti, essi si davano alla fuga e, una volta raggiunti e fermati, opponevano resistenza fisica. Condotti in Commissariato i due venivano, senza ombra di dubbio, riconosciuti quali autori della rapina, dalla persona offesa che, trovandosi in sala di attesa, li aveva visti transitare. Nel corso del procedimento, la M. confermava l'anzidetto riconoscimento. All'udienza dibattimentale del 22/11/2017, procedendosi, su richiesta della difesa, alla ricognizione personale ai sensi dell'articolo 213 c.p.p. e ss., la donna indicava, come responsabile della rapina a suo danno, una persona diversa dal H. Sulla scorta di tale risultanza, non ritenendo provato, oltre ogni ragionevole dubbio, che l'autore della rapina aggravata corrispondesse alla persona dell'istante, il Tribunale di Roma, in data 30/11/2017, lo assolveva per non aver commesso il fatto. 3. Il Giudice della riparazione ha ravvisato quale elemento ostativo al riconoscimento dell'invocato indennizzo, la condotta extraprocessuale tenuta dall'odierno ricorrente all'atto del fermo di P.G., reputandola sinergica rispetto alla detenzione subita. Al riguardo, ha ricordato come, al momento del fermo, H. abbia posto in essere una condotta volta ad ostacolare gli operanti nell'espletamento dei controlli, perché si dava immediatamente alla fuga, non ottemperando al segnale di alt intimatogli dagli agenti e resistendo fisicamente al fermo, così da rendere necessario l'intervento di numerosi agenti a supporto. Al fine di escludere la riparazione, la Corte di appello ha, inoltre, valorizzato la circostanza - reputata gravemente imprudente e causalmente adeguata rispetto all'assunzione del provvedimento cautelare - che il giovane, all'atto del fermo, sia stato sorpreso a bordo di un motorino, di cui, per sua stessa ammissione, conosceva la provenienza delittuosa. In ultimo, il Giudice della riparazione ha dato rilievo alle dichiarazioni palesemente false , rese dall'indagato in sede di udienza di convalida del fermo in relazione all'orario in cui questo è stato effettuato. 4. Avverso l'ordinanza di rigetto del Giudice della riparazione ricorre il difensore dell'istante che, mediante l'articolazione di due motivi, deduce violazione dell'articolo 314 c.p.p., e contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione. La motivazione sarebbe irragionevole laddove nega il diritto alla riparazione sulla base di un comportamento fuga a bordo di un motociclo rubato che nulla c'entra con il reato di cui H. è stato accusato rapina aggravata . La Corte di appello non ha poi tenuto in considerazione la richiesta difensiva volta a verificare la presenza dell'istante presso l'internet point, dove questi sarebbe passato nel pomeriggio della rapina, ovvero di incidente probatorio finalizzato ad effettuare la ricognizione personale richieste, entrambe, rigettate dal Gip. Ne consegue che non può essere posta a carico dell'istante la colpa grave di avere contribuito al mantenimento della custodia cautelare, stante altresì l'avvenuta individuazione, da parte della persona offesa, di altro soggetto quale responsabile della rapina. 5. Il Procuratore generale ha concluso per il rigetto del ricorso. Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato. 2. In materia di riparazione per ingiusta detenzione, la colpa che vale ad escludere l'indennizzo è rappresentata dalla violazione di regole, da una condotta macroscopicamente negligente o imprudente dalla quale può insorgere, grazie all'efficienza sinergica di un errore dell'Autorità giudiziaria, una misura restrittiva della libertà personale. Il concetto di colpa che assume rilievo quale condizione ostativa al riconoscimento dell'indennizzo non si identifica con la colpa penale , venendo in rilievo la sola componente oggettiva della stessa, nel senso di condotta che, secondo il parametro dell'id quod plerumque accidit, possa aver creato una situazione di prevedibile e doveroso intervento dell'Autorità giudiziaria. Anche la prevedibilità va intesa in senso oggettivo, quindi non come giudizio di prevedibilità del singolo soggetto agente, ma come prevedibilità secondo l'anzidetto parametro dell'id quod plerumque accidit, in relazione alla possibilità che la condotta possa dare luogo ad un intervento coercitivo dell'Autorità giudiziaria. È sufficiente, pertanto, considerare quanto compiuto dall'interessato sul piano materiale, traendo ciò origine dal fondamento solidaristico dell'indennizzo, per cui la colpa grave costituisce il punto di equilibrio tra gli antagonisti interessi in campo. Deve, inoltre, considerarsi che il giudice della riparazione, per stabilire se chi ha patito la detenzione vi abbia dato o abbia concorso a darvi causa con dolo o colpa grave, deve valutare tutti gli elementi probatori disponibili, al fine di stabilire, con valutazione ex ante - e secondo un iter logico-motivazionale del tutto autonomo rispetto a quello seguito nel processo di merito - non se tale condotta integri gli estremi di reato, ma solo se sia stata il presupposto che abbia ingenerato, ancorché in presenza di errore dell'Autorità procedente, la falsa apparenza della sua configurabilità come illecito penale Sez. 4, numero 9212 del 13/11/2013, dep. 2014, Maltese, Rv. 259082 . La valutazione del giudice della riparazione, insomma, si svolge su un piano diverso, autonomo rispetto a quello del giudice del processo penale, ed in relazione a tale aspetto della decisione egli ha piena ed ampia libertà di valutare il materiale acquisito nel processo, non già per rivalutarlo, bensì al fine di controllare la ricorrenza o meno delle condizioni dell'azione di natura civilistica , sia in senso positivo che negativo, compresa l'eventuale sussistenza di una causa di esclusione del diritto alla riparazione Sez. U, numero 43 del 13/12/1995, dep. 1996, Sarnataro ed altri, Rv. 203638 . In particolare, giova ricordare che, in tema di riparazione per l'ingiusta detenzione - atteso che, a norma dell'articolo 314 c.p.p., il dolo o la colpa grave, idonei ad escludere l'indennizzo per ingiusta detenzione, devono sostanziarsi in comportamenti specifici che abbiano dato causa o abbiano concorso a dare causa all'instaurazione dello stato privativo della libertà -, è ineludibile l'accertamento del rapporto causale tra tali condotte e il provvedimento restrittivo della libertà personale in questo senso, ex multis, Sez. 4, numero 2365 del 12/04/2000, Vassura, Rv. 216311, per la quale, in materia di riparazione per l'ingiusta detenzione, il dolo o la colpa grave idonei ad escludere l'indennizzo devono sostanziarsi in comportamenti specifici che abbiano dato o abbiano concorso a dar yi causa all'instaurazione dello stato privativo della libertà, sicché è necessario l'accertamento del rapporto tra tali condotte ed il provvedimento restrittivo della libertà personale, ancorato a dati certi e non congetturali . Invero, in tema di riparazione per ingiusta detenzione, l'espressione avere dato o avere concorso a dare causa articolo 314 c.p.p., comma 1 significa che colui che chiede la riparazione non deve aver provocato, determinato, con la sua condotta dolosa o gravemente colposa, il provvedimento restrittivo della libertà personale, ossia non deve aver inciso sulla nascita di essa, sicché è da escludere che abbiano rilevanza soltanto i comportamenti non afferenti al fatto per cui è stata emessa la misura cautelare. 3. Nel caso di specie, la condotta tenuta dall'indagato al momento del fermo costituiva tentativo di procurarsi l'impunità rispetto al reato di ricettazione, del tutto avulso dal delitto di rapina, inerendo al possesso di un motorino di provenienza delittuosa, che non risultava utilizzato per commettere la rapina, reato unicamente al quale Ndr testo originale non comprensibile il titolo cautelare. Sbaglia, pertanto, la Corte di appello a preminentemente valorizzare, ai fini del rigetto dell'istanza di riparazione, condotte non legate causalmente alla emissione del provvedimento cautelare, le quali, in quanto tali, sono da sole insufficienti a fondare la colpa ostativa, attenendo esse, per l'appunto, ad una condotta successiva e diversa rispetto al reato contestato. Alla verifica del rapporto tra la condotta del prevenuto e il provvedimento restrittivo della libertà personale è ora chiamato il Giudice del rinvio. 4. Si impone, pertanto, l'annullamento dell'ordinanza impugnata con rinvio, per nuovo giudizio, alla Corte di appello di Roma. P.Q.M. Annulla l'ordinanza impugnata e rinvia, per nuovo giudizio, alla Corte di appello di Roma.