La Cassazione chiarisce il confine tra concussione ed induzione indebita per le condotte poste in essere da chi opera per il Servizio Sanitario pubblico

Il Supremo Collegio risolve così un contrasto sulla qualificazione delle imputazioni, ricondotte nel merito a due diverse norme incriminatrici, poste a presidio dell’agire corretto dei pubblici ufficiali. Lo fa esprimendosi anche sul criterio per verificare la speciale tenuità del danno, della quale invocavano l’operatività – in subordine – le difese degli imputati.

Il caso. Il giudizio a quo origina da un'inchiesta che aveva coinvolto due medici, operanti presso una struttura locale pubblica di medie dimensioni, ove erano gli unici professionisti – ginecologo il primo, anestesista il secondo – a non aver proposto obiezione di coscienza, quando praticabile, per le attività previste dalla l. numero 194/1978 . Ad entrambi si contestava d'aver richiesto somme di danaro per svolgere le prestazioni spettanti alle pazienti nei tempi di legge. Nel 2017 il Tribunale li aveva condannati, in concorso tra loro, per concussione continuata alla quale s'aggiungeva, per uno dei due, l'aver falsamente attestato la data nella quale aveva incontrato una delle pazienti. La Corte distrettuale, in parziale riforma ed accogliendo gli appelli interposti, aveva riqualificato due delle condotte in induzione indebita a dare utilità. Ricorrono per la cassazione della sentenza tanto il Procuratore Generale, quanto i difensori di fiducia dei due imputati. L'Inquirente lamenta error in iudicando , basato su travisamento della prova e violazione dell'obbligo di motivazione rafforzata, in presenza di una lettura dei fatti antitetica a quella convalidata dal Primo Giudice, posto che dal compendio probatorio non emergerebbe che le pazienti tentassero di anticipare l'intervento di interruzione della gravidanza, ma che, al contrario, fossero gli agenti a sfruttare il rischio di ritardarlo, al fine di ottenere indebitamente le somme di danaro. Le difese, al contrario, deducono censure omogenee, così sintetizzabili violazione di legge penale e vizio di motivazione, per non aver considerato dimostrata la riconducibilità degli importi pagati dalle vittime a prestazioni onerose svolte in regime di c.d. intra moenia , prodromiche all'intervento, nonché per aver sussunto tali comportamenti nell'ambito della concussione error in procedendo e omessa motivazione, per non aver giustificato gli aumenti operati per la continuazione del reato. Il solo patrocinio del medico anestesista, inoltre, denuncia errata applicazione dell' articolo 110 c.p. e carenze motivazionali, poiché la decisione non chiarirebbe adeguatamente come si sarebbe realizzato il suo contributo ai delitti contestati, posto che fu il suo collega a dire alle pazienti, in sole sei occasioni, di versargli la somma di 50 euro, per il malfunzionamento del macchinario per il pagamento del c.d. ticket , provato in istruttoria error in iudicando , in punto di trattamento sanzionatorio, per non aver considerato appropriatamente il minimo contributo concorsuale ed il modesto profitto tratto dalle condotte. La sentenza . La VI Sezione, ritenendo fondato il ricorso dell'accusa, dispone l'annullamento con rinvio ad altra sezione della Corte d'Appello, dichiarando contestualmente inammissibili le impugnazioni degli imputati. L'Estensore si focalizza sui motivi che lo inducono ad avallare la tesi del Procuratore Generale, spiegando la demarcazione esistente, nel riferito contesto, tra le diverse ipotesi delittuose accreditate nei gradi di merito. La parte finale è, invece, dedicata a fornire puntuale spiegazione delle ragioni per le quali le doglianze difensive non colgono nel segno. Tra queste, merita d'esser sottolineata l'impossibilità di censurare la decisione di gravame in ordine agli incrementi per la continuazione, rispetto ai quali l'onere motivazionale del Giudicante deve esser graduato con riguardo all'entità del singolo aumento, consentendo di verificare che vi sia una corretta proporzione tra le sanzioni, anche in relazione agli altri illeciti accertati, e che non si realizzi surrettiziamente un cumulo materiale sul punto, ex multis , Cass. penumero , sez. unite, numero 47127/2021 . La qualificazione giuridica dei fatti. Il nodo centrale della decisione, tuttavia, riguarda la corretta sussunzione dei fatti contestati. Sotto questo profilo, i Giudici ritengono di esaltare l'ambiente nel quale i comportamenti in questione si sono realizzati e, in tal modo, l'obiettiva condizione di squilibrio che si realizza tra il professionista sanitario ed il paziente che a lui si rivolge, conscio della sostanziale gratuità del sistema pubblico di cure, per ottenere un'attività dalla quale dipende la propria salute. Ed allora, consolidando un risalente indirizzo ermeneutico, ribadiscono che «di fronte al medico preposto al pubblico servizio sanitario, dalle cui prestazioni dipende la conservazione di beni psicofisici fondamentali, anche la sola richiesta di compensi indebiti da parte del sanitario ha una efficacia concussiva» e la condotta di costrizione può, pertanto, «attuarsi anche mediante una minaccia implicita o allusiva, purché idonea a condizionare le scelte del paziente» in proposito, si fa riferimento, rispettivamente, a Cass. penumero , numero 5809/1995 , e numero 33653/2020 . Nel caso di specie, dunque, le divergenze esistenti tra le versioni delle persone offese e quelle dei ricorrenti, non possono valere a tramutare il ruolo delle prime in concorrenti nel reato di induzione indebita. L'attenuante del danno di speciale tenuità. Analogamente, è in una più ampia prospettiva che deve apprezzarsi la possibilità di mitigare la pena, considerando non solo il puntuale pregiudizio patrimoniale subito dalle vittime, ma «anche agli ulteriori effetti pregiudizievoli che la persona offesa abbia subito in conseguenza del reato, senza che rilevi, invece, la capacità del soggetto passivo di sopportare il danno economico derivante dal reato» a riguardo, si richiama, in tempi recenti, Cass., penumero , numero 5049/2020 . Pertanto, proprio in virtù della coartazione della libertà dei soggetti passivi in un ambito di tutela fondamentale, non vi è illogicità nel non dare ingresso, qui, a disposizioni che si basino su una ridotta offensività dei comportamenti accertati. Conclusioni . La pronuncia in commento è lineare nell'esporre le singole argomentazioni e condivisibile nelle conclusioni, che potranno costituire un buon punto di riferimento per il giurista pratico che affronti casi simili. A margine, poi, la lettura induce legittime perplessità su un sistema che, al netto delle determinanti scelte dei singoli, consenta di rendere talmente difficile l'accesso ad una dovuta prestazione.

Presidente e Relatore Costanzo Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 5 aprile 2017 il Tribunale di Foggia ha condannato - B.O. ex articolo 317 c.p. per avere, quale dirigente medico responsabile del servizio di interruzione delle gravidanze dell'ospedale omissis costretto, con minaccia implicita, le persone indicate nel capo A delle imputazioni, recatesi presso l'ospedale per interrompere volontariamente la gravidanza entro i primi novanta giorni del suo inizio, a promettergli indebitamente del denaro e subordinando al pagamento delle somme l'effettuazione tempestiva dell'intervento, pur trattandosi di prestazione totalmente a carico del servizio sanitario nazionale capo A - B.O. e Be.Gi., direttore della unità operativa di anestesia e rianimazione dello stesso ospedale, ex articolo 110 e 317 c.p. , articolo 81 c.p. , comma 2, per avere realizzato la stessa condotta descritta nel capo A nei confronti delle persone indicate nel capo B delle imputazioni - B.O. L. 22 maggio 1978, numero 194, ex articolo 19, comma 5, per avere interrotto la gravidanza di una minorenne senza rispettare le modalità prescritte dall'articolo 12, comma 2, della stessa legge capo C e ex articolo 479 c.p. , per avere falsamente attestato che l'incontro con una paziente in stato di gravidanza, per raccoglierne la volontà con l'invito a soprassedere per sette giorni, era avvenuto il 21 febbraio 2014 mentre in realtà si era verificato il 26 febbraio 2014 e la gravidanza era stata interrotta il 28 febbraio 2014 . La sentenza numero 2749 del 13 luglio 2021 della Corte di appello di Bari ha confermato la condanna di B. per i reati di cui ai capi C e D, ma - riqualificando ex articolo 319 quater c.p. , le condotte descritte nei capi A e B - ha rideterminato le pene principali e revocato le pene accessorie. 2. Nei ricorsi presentati dalla Procura generale della Repubblica presso la Corte di appello di Bari e, per altro verso, dai difensori degli imputati si chiede l'annullamento della sentenza per i motivi che vengono riportati nel seguito nei limiti strettamente necessari per la motivazione articolo 173 disp. att. c.p.p. , comma . 2.1. Nel ricorso della Procura generale presso la Corte di appello di Bari si deducono violazione dell'obbligo di motivazione rafforzata, travisamento della prova e erronea applicazione dell' articolo 319 quater c.p. In particolare si osserva che, diversamente da quanto ritenuto dalla Corte di appello, B. compì una costrizione sulle pazienti, come si desume dalle dichiarazioni di alcune di queste e del padre di una di loro, oltre che dalle videoriprese che indicano come l'imputato - unico medico non obiettore dell'ospedale di Cerignola - pretese che gli si elargisse denaro per effettuare il suo intervento o, comunque, per effettuarlo in tempi rapidi, mentre non emerge che le pazienti cercassero di ottenere un'anticipazione dei tempi di esecuzione dell'intervento. Su queste basi conclude che la Corte di appello non ha espresso una motivazione rafforzata a sostegno della sua conclusione, divergente da quella del Tribunale, secondo cui le pazienti avrebbero aderito alle richieste dell'imputato perché aspiravano a un intervento più rapido. 2.2. Nel ricorso presentato dal difensore di B. si deducono 2.2.1. violazione della legge e vizio della motivazione nel disconoscere che l'attività infra moenia svolta da B. mancava del requisito della autoritarietà e che egli si fece pagare una attività che avrebbe dovuto essere gratuita, se svolta da una struttura pubblica, ma che fu chiamato a svolgere quale privato, come previsto dalla L. numero 194 del 1978, articolo 4, e, quindi, a pagamento 2.2.2. violazione della legge e vizio della motivazione circa la prova che il denaro ricevuto fu il prezzo dell'intervento di interruzione della gravidanza, erroneamente valorizzando la reiterazione a pagamento di esami già effettuati, ma non considerando che l'imputato richiese solo il corrispettivo per l'ecografia e per il certificato e trascurando il contenuto delle telefonate in cui egli inconsapevole di essere intercettato spiega che l'attività intra moenia da lui svolta era a pagamento, nonché le dichiarazioni dei pazienti che indicano come i pagamenti richiesti riguardassero le attività non gratuite svolte in regime libero professionale e erano ricevuti da B. per evitare che le pazienti facessero la fila davanti alla cassa ospedaliera, affetta da disservizi da lui stesso segnalati alla direzione sanitaria come risulta dalla documentazione prodotta 2.2.3. violazione degli articolo 317 e 319 quater c.p. , e vizio della motivazione per avere qualificato come vittime soggetti che invece furono concorrenti nel reato ex articolo 319 quater c.p. 2.2.4. violazione degli articolo 317 e 319 quater c.p. , e vizio della motivazione perché, le pazienti, riqualificate come corree ex articolo 319 quater c.p. , avrebbero dovuto essere sentite ex articolo 63 c.p.p. 2.2.5. violazione di legge e vizio della motivazione nel ravvisare il reato pur riconoscendo che il denaro percepito da B. era a lui dovuto come retribuzione di prestazione professionale intra moenia 2.2.6. violazione della legge perché B. chiarì sempre che l'attività da retribuirgli era quella preliminare alla interruzione volontaria della gravidanza l'unica attività gratuita, sicché ex articolo 47 c.p. , va escluso il dolo della fattispecie 2.2.7. violazione dell' articolo 323 bis c.p. , e vizio della motivazione per aver confermato l'esclusione della attenuante pur riqualificando il fatto ex articolo 319 quater, con la stessa motivazione, adottata dal Tribunale, ossia la reiterazione delle condotte in contrasto con la previsione dell' articolo 81 c.p. , comma 2, trascurando la tenuità del danno procurato e l'incensuratezza dell'imputato 2.2.8. violazione dell' articolo 64 c.p. , numero 4, nel dichiarare inammissibile la richiesta dall'appellante perché avanzata soltanto con la memoria difensiva depositata in sede di conclusioni, nonostante che fosse implicita già nel motivo di appello concernente l' articolo 323 bis c.p. , la cui applicazione ha fra suoi presupposti in fatto anche l'entità del danno 2.2.9. violazione della legge perché sulla responsabilità per il capo C il Tribunale ha del tutto omesso di motivare, con conseguente nullità della sentenza ex articolo 604 c.p. , mentre la Corte di appello gli è sostituita nel motivare così privando l'imputato di un grado di giudizio 2.2.10. violazione di legge e vizio della motivazione per avere riconosciuto la responsabilità per il reato di cui al capo D non dando credito alle dichiarazioni della paziente circa la data dell'incontro con B. e preferendo affidarsi alla data risultante dal video, nonostante che questa potrebbe essere alterata, e trascurando che quello che il medico rivolge alla paziente è soltanto un invito, che la paziente può disattendere, a soprassedere per 7 giorni dall'abortire, per cui nella fattispecie verrebbe meno l'offensività della condotta 2.2.11. violazione della legge e vizio della motivazione nel non giustificare specificamente la quantificazione degli aumenti per la continuazione del reato. 2.3. Nel ricorso presentato dal difensore di Be. si deducono 2.3.1. violazione dell' articolo 319 bis c.p. , e mancanza di motivazione nel trascurare che le pazienti, non essendosi rivolte direttamente al consultorio, erano tenute al pagamento della visita ginecologica, dell'ecografia e della compilazione del certificato seppure con modalità diverse cioè con il pagamento del ticket alla cassa dell'ospedale da quelle seguite e che, in ogni caso, l'anestesista resta estraneo alla fase preparatoria dell'intervento, sicché non interagisce con le pazienti 2.3.2. violazione dell' articolo 110 c.p. , e vizio della motivazione per non avere chiarito, nè tantomeno provato, in cosa sarebbe consistito il concorso nel reato da parte di Be. limitandosi a considerare che B., in assenza di Be., disse alle pazienti di versare 50 Euro direttamente peraltro soltanto in sei occasioni all'anestesista 2.3.3. violazione dell' articolo 640 c.p. , e vizio della motivazione nel non riqualificare la condotta come truffa aggravata perché Be. non avrebbe potuto rifiutarsi di partecipare all'intervento per l'interruzione della gravidanza sicché quel che sarebbe stato loro prospettato era soltanto un pericolo immaginario 2.3.4. violazione della legge e vizio della motivazione nel disconoscere, nonostante la modestia 300 Euro della somma complessivamente intascata da Be. e la sua scarsa partecipazione al reato, l'attenuante ex articolo 62 c.p. , numero 4, o quella ex articolo 323 bis c.p. , e comunque la minima importanza articolo 114 c.p. del concorso di Be. nel reato data la marginalità del suo ruolo. Considerato in diritto 1. Il ricorso della Procura generale della Repubblica presso la Corte di appello di Bari è fondato. 1.1. Dalle dichiarazioni del dirigente medico dell'ospedale di Cerignola e degli altri testi richiamate nella sentenza di primo grado p. 3-4 emerge che il rilascio di certificati e tutti gli esami propedeutici alla interruzione volontaria di gravidanza che vengono compiuti in ospedale e con la strumentazione della struttura sanitaria sono gratuiti perché a carico del servizio sanitario nazionale, mentre se svolti dal medico intra moenia negli orari prestabiliti e al di fuori dell'orario di servizio sono a pagamento ma il pagamento deve avvenire con i bollettini di pagamento alla cassa-ticket e non direttamente al medico. Il Tribunale ha ravvisato nei comportamenti descritti nei capi A e B delle imputazioni delle condotte concussive, osservando che le pazienti - consapevoli che sarebbe stato loro diritto accedere alla procedura di interruzione volontaria della gravidanza entro il termine previsto - si erano trovate di fronte alla alternativa fra rischiare di non potere più eseguire l'interruzione volontaria di gravidanza con la probabile conseguenza di dovere concludere una gravidanza indesiderata o versare il denaro ai medici, sicché agirono consapevolmente in una condizione di debolezza psicologica, per evitare un danno avvertito come ingiusto e non per conseguire un indebito vantaggio p. 16-17 . In altri termini, secondo il Tribunale, non mirarono a conseguire un indebito vantaggio, perché comunque la prestazione era dovuta e totale carico del servizio sanitario nazionale, ma cedettero alla prevaricazione degli imputati. Nella sentenza del Tribunale si rileva con riferimento alle condotte ascritte all'imputato B. al capo A che questi. chiese al padre della paziente S.A., che gli aveva portato la certificazione redatta dal ginecologo di fiducia l'ultimo giorno utile per adottare la procedura semplificata per l'interruzione della gravidanza, 100 Euro 50 per sé e 50 per l'anestesista che gli furono versati dalla madre della paziente, rifiutandosi poi egli di rilasciare una fattura p. 4-5 analogamente, chiese 100 Euro 50 per sé e 50 per l'anestesista , per effettuare l'interruzione volontaria della gravidanza, senza fornire prestazioni sanitarie alla paziente L.Y. p. 5 e chiese e ricevette 100 Euro dalla paziente M.M. p. 7 . Analoghe richieste e ricezioni di somme riguardarono le pazienti T. 50 Euro, per anticipare l'intervento, p. 12 , D.R. e D. per le quali approntò delle certificazioni ma chiedendo loro che versassero altre 50 Euro a Be. al momento dell'intervento e S.B. p. 13 . Con riferimento alle condotte ascritte sia a B. sia a Be. nel capo B si rileva che tutte le pazienti, richiestene da B., versarono 50 Euro a B. e, il giorno dell'intervento, 50 Euro a Be. . 1.2. La sentenza della Corte di appello non ha adottato una diversa ricostruzione dei fatti ma ha considerato che per la maggior parte della pazienti non vi era rischio di non interrompere la gravidanza nei termini di legge, perché le donne si erano rivolte a B. ben prima del decorso della dodicesima settimana e che le poche gestanti che gli si presentarono in prossimità della scadenza del termine si posero volontariamente in tale condizione, ma, in ogni caso, l'intervento sarebbe stato comunque loro garantito poiché non risulta che vi siano stati presso l'ospedale di Cerignola casi di diniego della interruzione volontaria della gravidanza per il decorso dei 90 giorni di gestazione. Su queste basi, ha concluso che alle pazienti residuava un margine di scelta, sicché poterono determinarsi optando per la soluzione per loro più conveniente e, quindi, nella prospettiva di conseguire un tornaconto personale p. 6 . 1.3. Deve, tuttavia, registrarsi che la sentenza della Corte di appello non si è confrontata puntualmente con la ricostruzione dei fatti elaborata dal Tribunale e, in particolare, con quelle parti in cui si precisa che B. chiese del tutto ingiustificatamente somme di denaro per prestazioni intra moenia non effettuate, o per compiere l'intervento di interruzione della gravidanza non importa se in prossimità o meno della scadenza del termine di novanta giorni o anticipatamente oppure chiese che delle somme fossero versate all'anestesista Be. al momento dell'intervento senza alcuna giustificazione. 1.4. In tutti questi casi si è trattato di richieste illecite in occasione dello svolgimento di attività necessarie per attuare il diritto alla interruzione volontaria della gravidanza nei termini fissati della legge, attività connessa all'esercizio del diritto alla salute e alla sua realizzazione nell'ambito di prestazioni che il servizio sanitario nazionale deve fornire gratuitamente Sez. 6, numero 5344 del 15 novembre 2016, Cocivera, non mass. Sez. 6, numero 13411 del 5 marzo 201.9, Cardia, Rv. 275463 . Nella sostanza le pazienti, che erano in una condizione di difficoltà psicofisica, furono condotte a versare delle somme al di fuori delle prestazioni intra moenia al ginecologo o all'anestesista che erano tenuti a effettuare l'intervento di interruzione del tutto gratuitamente oltretutto erano gli unici a effettuarlo in quell'ambito ospedaliero . Nè può sostenersi che le pazienti mirassero a ottenere qualcosa che non fosse loro dovuto gratuitamente nella condizione in cui si trovavano. In questo quadro, gli argomenti sviluppati dalla Corte di appello non risultano conducenti. Il fatto che la maggior parte delle pazienti il che peraltro implicita che per la residua parte la situazione fosse diversa non corresse, al momento di rivolgersi a B. , il rischio di non potere interrompere la gravidanza entro i novanta giorni previsti dalla legge può avere attenuato la forza costrittiva della condotta dell'imputato ma non l'ha elisa presentandosi comunque si presenta una situazione atta a porre le pazienti in una condizione di seria difficoltà, se non altro psicologica, accresciuta materialmente dalla circostanza che i due imputati erano gli unici sanitari non obiettori di coscienza nell'ospedale. Per altro verso, l'argomento per il quale non emerge che vi siano stati casi di diniego dell'interruzione della gravidanza evidenzia un dato che non incide sulla ricostruzione e sulla valutazione delle condotte accertate. Può, pertanto, ribadirsi che di fronte al medico preposto al pubblico servizio sanitario, dalle cui prestazioni dipende la conservazione di beni psicofisici fondamentali, anche la sola richiesta di compensi indebiti da parte del sanitario ha una efficacia concussiva Sez. 6, numero 5809 del 29/03/1995, Azzano, Rv. 201684 nè l'abuso costrittivo del pubblico agente deve necessariamente concretizzarsi in espressioni esplicite, potendo attuarsi anche mediante una minaccia implicita o allusiva, purché idonea a condizionare le scelte del paziente Sez. 6, numero 33653 del 14/09/2020, Bonalumi, Rv. 279924 . Pertanto, la sentenza impugnata va annullata con rinvio per nuovo giudizio relativamente ai capi ‘À e ‘B delle imputazioni. Alla luce del principio di diritto sopra enunciato le condotte indicate nei capi A e B e riconducibili allo schema che precede vanno riqualificate ex articolo 317 c.p. Tuttavia, in questa prospettiva, il Giudice del rinvio dovrà puntualmente valutare, in particolare, se gli elementi probatori acquisiti o acquisibili consentano di qualificare tutte le venti condotte indicate nel capo A ex articolo 317 c.p. , o se del caso, sotto altra fattispecie incriminatrice, perché al riguardo le sentenze sinora emesse dai Giudici di merito non hanno svolto una disamina completa. 2. Il ricorso di B. è manifestamente infondato. 2.1. Relativamente al primo motivo, deve osservarsi che correttamente la Corte di appello ha richiamato il principio secondo cui sussiste la qualifica di pubblico agente in capo al medico in servizio presso un ospedale pubblico anche quando la condotta criminosa è stata realizzata, abusando della qualifica, nello svolgimento della libera professione e nel proprio studio privato Sez. 6, numero 13411 del 05/03/2019, Cardia, Rv. 275463 . Con specifico riferimento alla fattispecie al suo esame, ha rimarcato che le pazienti si rivolsero al medico - che era il dirigente responsabile del servizio di interruzioni volontarie della gravidanza e l'unico non obiettore dell'ospedale di Cerignola - proprio per la funzione di assistenza prevista dalla L. numero 194 del 1978 , e che peraltro molte delle condotte si realizzarono durante l'orario di servizio, sicché vi fu una stretta connessione fra le prestazioni offerte e la funzione pubblica esercitata. 2.2. Relativamente al secondo motivo deve rilevarsi che la Corte di appello non ha escluso che soltanto l'intervento per l'interruzione volontaria della gravidanza fosse gratuito, però ha valutato che il pagamento delle somme richieste fu collegato non alle attività propedeutiche all'intervento ma proprio all'intervento benché gratuito evidenziando che le somme furono richieste anche alle pazienti che si recavano dall'imputato già provviste di ecografia e di certificato di gravidanza e che più volte B. si fece consegnare 50 Euro il giorno programmato per l'intervento precisando, in diverse occasioni, che gli altri 50 Euro andavano versati all'anestesista Be. , nonostante che anche la prestazione dell'altro imputato fosse a carico del servizio sanitario nazionale. Inoltre, ha evidenziato che i pagamenti vennero effettuati direttamente a B. e non presso la cassa dell'ospedale, senza il rilascio di fattura e senza accreditarli alla cassa dell'ospedale, sicché non possono ascriversi a attività intra moenia p. 35 . A questo si aggiunga quanto evidenziato nella sentenza di primo grado e sopra richiamato sub 1.1. 2.3. Per quel che riguarda il terzo, il quinto e il sesto dei motivi di ricorso valgono le conclusioni raggiunte rispetto alla qualificazione giuridica delle condotte sub. 1. 2.4. Relativamente al quarto motivo di ricorso, correttamente la Corte di appello ha escluso la inutilizzabilità delle dichiarazioni delle pazienti per essersi queste poi rivelate concorrenti nel reato, sia perché si è trattato di una riqualificazione ex post, sia perché, comunque, le prove delle condotte dell'imputato si desumono già dal cospicuo materiale costituto dalle videoriprese, dalle intercettazioni e dalle dichiarazioni di persone che furono presenti alle richieste esplicite di B. In ogni caso, deve ribadirsi che l'inutilizzabilità assoluta, ex articolo 63 c.p.p. , comma 2, delle dichiarazioni rese da soggetti i quali fin dall'inizio avrebbero dovuto essere sentiti in qualità di persone sottoposte a indagini, richiede che a carico di tali soggetti risulti l'originaria esistenza di precisi, anche se non gravi, indizi di reità. Ne consegue che tale condizione non può automaticamente desumersi dal solo fatto che i dichiaranti risultino essere stati in qualche modo coinvolti in vicende potenzialmente produttive di formulazioni di addebiti penali a loro carico, occorrendo invece che tali vicende, per come percepite dall'autorità inquirente, presentassero connotazioni tali da non poter formare oggetto di ulteriori indagini se non postulando l'esistenza di responsabilità penali a carico di tutti i soggetti coinvolti o di taluni di essi Sez. U, numero 23868 del 23/04/2009, Fruci, Rv. 243417 Sez. 1, numero 48861 del 11/07/2018, Mero, Rv. 280666 Sez. 6, numero 33084 del 12/06/2003, La Vista, Rv. 226533 2.5. Relativamente al settimo motivo di ricorso, deve considerarsi che la circostanza attenuante speciale prevista per i fatti di particolare tenuità ricorre se il reato, valutato nella sua globalità, presenta una gravità contenuta, dovendosi a tal fine valutare non solo l'entità del danno economico o del lucro conseguito, ma ogni caratteristica della condotta, dell'atteggiamento dell'agente o del lucro conseguito e dell'evento causato Sez. 6, numero 30178 del 23/05/2019, Fundarò, Rv. 276280 Sez. 6, numero 8295 del 09/11/2018, dep. 2019, Santimone, Rv. 275091 Sez. 6, numero 14825 del 26/02/2014, Fundarò, Rv. 259501 Sez. 6, numero 14825 del 26/02/2014, Di Marzio, Rv. 259501 . Nella linea di questo principio, la Corte di appello ha adeguatamente chiarito l'esercizio del suo potere discrezionale evidenziando che alla valutazione della entità contenuta in 1550 Euro del lucro si giustappone quella della rilevanza dei pregnanti interessi in gioco, del numero consistente di pazienti rivoltesi all'imputato e del manifestarsi della sua reiterazione delle condotte. 2.5. Relativamente all ottavo motivo, deve ribadirsi che è inammissibile il ricorso per cassazione proposto per il mancato esercizio del potere del giudice d'appello di applicare anche d'ufficio una o più circostanze attenuanti, ex articolo 597 c.p.p. , comma 5, se del loro riconoscimento non è stata fatta specifica richiesta nel giudizio di secondo grado Sez. 7, numero 16746 del 13/01/2015, Ciaccia, Rv. 263361 Sez. 6, numero 6880 del 27/01/2010, Mezini, Rv. 246139 Sez. 6, numero 7960 del 26/01/2004, Calluso Rv. 228468 . 2.6. Relativamente al nono motivo di ricorso, si rileva che effettivamente il Tribunale non ha espresso motivazione sul capo C. Tuttavia, la mancanza di motivazione della sentenza non rientra tra i casi, tassativamente previsti dall' articolo 604 c.p.p. , per i quali il giudice di appello deve dichiarare la nullità della sentenza appellata e trasmettere gli atti al giudice di primo grado, ben potendo lo stesso provvedere, in forza dei suoi poteri di piena cognizione e valutazione del fatto, a redigere, anche integralmente, la motivazione mancante Sez. U, numero 3287 del 27/11/2008, dep. 2009, R., Rv. 244118 . Inoltre, manifestamente infondata risulta la questione di legittimità costituzionale dell' articolo 604 c.p.p. , nella parte in cui non prevede che il giudice di appello, in caso di mancanza grafica della motivazione della sentenza appellata, ne dichiari la nullità e trasmetta gli atti al giudice di primo grado, perché non vi è contrasto con l' articolo 111 Cost. , comma 2, che, limitandosi a stabilire che tutti i provvedimenti giurisdizionali debbono essere motivati, demanda alla legge ordinaria la disciplina delle conseguenze dell'inosservanza di tale prescrizione, nè con l' articolo 24 Cost. , posto che la garanzia del doppio grado di giurisdizione di merito non ha copertura costituzionale e, in ogni caso, va intesa nel senso che deve essere data la possibilità di sottoporre tali questioni a due giudici di diversa istanza, anche se il primo non le abbia decise tutte Sez. 5, numero 341 del 18/11/2021, dep. 2022, Pirrottina, Rv. 282381 . Nel caso in esame la Corte di appello ha correttamente argomentato che l'intervento di interruzione della gravidanza fu effettuato quando la paziente era ancora minorenne e che l'averla il padre accompagnata dal ginecologo non basta a integrare il consenso richiesto dalla L. numero 194 del 1978, articolo 12, necessitando l'assenso di entrambi i genitori o eventualmente del tutore o, in sostituzione, l'autorizzazione del giudice tutelare . 2.7. Relativamente al decimo motivo di ricorso deve rilevarsi che senza incorrere in manifesta illogicità la Corte di appello ha valutato che, stante l'incertezza del ricordo della paziente circa il giorno l'unico in cui si recò da B. , occorre riferirsi alla data 26 febbraio 2014 riportata dai video della cui esattezza non emergono ragioni di dubitare così risultando che l'intervento fu eseguito il 28 febbraio 2014 dopo solo due giorni dalla visita con conseguente falsità della attestazione che, invece, la colloca al 21 febbraio 2014. Nè la condotta non può ritenersi inoffensiva, perché nelle falsità in atti, l'inoffensività della falsa attestazione nel falso ideologico o l'alterazione nel falso materiale va valutata in relazione alla funzione documentale dell'atto e non con riferimento all'uso che dell'atto falso venga fatto Sez. 5, numero 5896 del 29/10/2020, dep. 2021, Brisciano, Rv. 280453 . 2.8. Relativamente all'undicesimo motivo di ricorso, va registrato che la Corte di appello ha individuato gli aumenti per la continuazione relativamente ai capì B, C e D e non ha mancato di giustificarli con la formula congrui, in relazione alla consistenza criminosa dei fatti contestati mesi 4 di reclusione per il capo B e di mesi uno di reclusione per i capi C e D , che nella fattispecie risulta adeguata, Infatti, nel caso di reato continuato, il giudice, nel determinare la pena complessiva, oltre a individuare il reato più grave e stabilire la pena-base, deve anche calcolare e motivare l'aumento di pena in modo distinto per ciascuno dei reati satelliti il grado di impegno motivazionale richiesto in ordine ai singoli aumenti di pena è correlato all'entità degli stessi e tale da consentire di verificare che sia stato rispettato il rapporto di proporzione tra le pene, anche in relazione agli altri illeciti accertati, che risultino rispettati i limiti previsti dall' articolo 81 c.p. , e che non si sia operato surrettiziamente un cumulo materiale di pene Sez. U, numero 47127 del 24/06/2021, Pizzone, Rv. 282269 . 3. Il ricorso di Be. è manifestamente infondato. 3.1. Relativamente ai primi due motivi - che possono essere trattati unitariamente - la Corte di appello ha argomentato sulla base di pertinenti massime di comune esperienza e senza incorrere in manifeste illogicità, che la prova della partecipazione di Be. alla condotta di B. deriva dal fatto che questi evidentemente con lui unico anestesista non obiettore di coscienza pattuì la somma 50 Euro che le pazienti dovevano versare anche a Be. e che è incontestato che gli versarono al momento dell'intervento, rimarcando che la partecipazione di Be. era necessaria per ‘realizzare l'intervento, tanto più nei tempi brevi ai quali miravano le pazienti. 3.2. Relativamente al terzo motivo di ricorso la Corte di appello ha correttamente vantato che non emergono nella fattispecie artifici o raggiri che possano giustificare una qualificazione delle condotte ex articolo 640 c.p. , perché le pazienti furono consapevoli di non essere tenute a versare le somme loro richieste. 3.3. Relativamente al quarto composito motivo di ricorso, si rileva che nel negare la attenuante ex articolo 323 bis c.p. , la Corte di appello ha idoneamente richiamato l'argomentazione già espressa in relazione al concorrente imputato B., sicché può ripetersi quanto al riguardo prima espresso. Circa il diniego della circostanza attenuante del danno di speciale tenuità, va considerato che questa presuppone necessariamente che il pregiudizio cagionato sia lievissimo, ossia di valore economico pressoché irrisorio, avendo riguardo non solo al valore in sé del bene oggetto della condotta, ma anche agli ulteriori effetti pregiudizievoli che la persona offesa abbia subito in conseguenza del reato, senza che rilevi, invece, la capacità del soggetto passivo di sopportare il danno economico derivante dal reato Sez. 2, numero 5049 del 22/12/2020, dep. 2021, Di Giorgio, Rv. 280615 Sez. 4, numero 6635 del 19/01/2017, Sicu, Rv. 269241 . Ragionevolmente, infine, la Corte di appello ha escluso che l'apporto causale di Be. alla realizzazione dei reati sia stato irrilevante, valutando che il suo contribuito di unico anestesista non obiettore serviva per realizzare le condotte criminose. 4. Da quanto precede deriva la inammissibilità dei ricorsi di B. e Be. e anche la irrevocabilità dell'accertamento della responsabilità di B. in ordine ai reati di cui ai capi C e D. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio a altra sezione della Corte di appello di Bari relativamente ai capi “A” e “B” delle imputazioni. Dichiara inammissibili i ricorsi di B.O. e Be.Gi. e irrevocabile l'accertamento della responsabilità di B. in ordine ai reati di cui ai capi “C” e “D”.