È legittimo il licenziamento della dipendente che si rifiuta di fare la visita medica

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di una dipendente che si era rifiutata di sottoporsi alla visita medica prevista per legge senza un motivo legittimo, ma solo per paura di un demansionamento.

Un'impiegata amministrativa presso una società italiana veniva licenziata per giusta causa, a seguito del suo rifiuto di sottoporsi alla visita medica prevista a livello aziendale. Avverso la decisione del Tribunale di secondo grado, la ricorrente proponeva ricorso per Cassazione, poi respinto dal Collegio. È ben subito sottolineare che la visita medica di idoneità prevista per lavoratrice, che nel caso di specie era stata programmata per un cambio delle sue mansioni, non è un adempimento facoltativo, ma dovuto e prodromica all'assegnazione di nuove mansioni. I giudici di legittimità hanno specificato, come il rifiuto della lavoratrice non fosse assolutamente giustificabile, dal momento in cui il datore di lavoro si era semplicemente limitato ad adeguare la propria condotta alle prescrizioni imposte dalla legge per la tutela delle condizioni fisiche dei dipendenti. Inoltre, la dipendente avrebbe potuto impugnare un eventuale esito della visita, se l'avesse fatta, nel caso in cui non avesse condiviso l'esito finale o avesse comportato un demansionamento. La ricorrente si era anche lamentata della sproporzione fra la condotta contestata e la sanzione inflitta con il licenziamento, ma il Collegio ha ricordato come questa sia una questione da trattarsi nel merito e non nella fase di legittimità. Alla luce di queste considerazioni, la Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso.

Presidente Doronzo - Relatore Cinque Rilevato che 1. La Corte di appello di Bologna, con la sentenza numero 678/2019, ha confermato la pronuncia emessa dal Tribunale della stessa sede che aveva rigettato l'impugnativa del licenziamento, intentata da T.A., irrogato dalla omissis spa ora omissis spa , di cui era stata dipendente dal 10.11.2000 con mansioni di impiegata amministrativa livello 4. 2. Il recesso era stato adottato, con missiva dell'11.10.2007, per giusta causa con riferimento alla lettera di contestazione disciplinare del 20.9.2017 in cui le era stato ascritto di essersi rifiutata di effettuare la visita medica nelle giornate del 12.9.2017 e del 19.9.2017, nella prima circostanza adducendo l'inidoneità del luogo di svolgimento del controllo e, nel secondo caso, omettendo di presentarsi nel luogo ed orario del previsto espletamento. 3. La Corte territoriale, a fondamento della decisione, ha rilevato che a in data 1.9.2017 la datrice di lavoro aveva convocato, a mezzo di lettera, la T. a visita medica per la data del 12.9.2017 comunicandole, contestualmente, che avrebbe preso servizio in Roma presso l'appalto di Trenitalia b in quella data la T. si era rifiutata di sottoporsi a visita e con successiva mail aveva affermato che non era possibile sottoporsi ad esami invasivi come i prelievi di sangue all'interno di una stanza riunioni aziendali non asettica e neanche disinfettata, ribadendo la propria disponibilità alla visita in un luogo idoneo c la T. era stata nuovamente convocata in data 19.9.2019 presso un centro medico ma, in pari data, aveva inviato una lettera nella quale aveva affermato che si era presentata presso l'appalto di Trenitalia per prendere notizie sulle mansioni e che, appresa la notizia che concernevano quelle di addetta alle pulizie, aveva dichiarato la sua indisponibilità all'accertamento medico finalizzato allo svolgimento di mansioni illegittime non confacenti alla propria professionalità d la richiesta di sottoposizione a visita medica era conforme alla legge e il rifiuto doveva reputarsi illegittimo e non giustificato. 4. Avverso la decisione di secondo grado ha proposto ricorso per cassazione T.A. affidato a due motivi cui ha resistito la omissis spa già omissis spa . 5. Le parti hanno depositato memorie. Considerato che 1. I motivi possono essere così sintetizzati. 2. Con il primo motivo la ricorrente denuncia la violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. numero 81 del 2008, articolo 20 e 41 in relazione all'articolo 32 Cost., all'articolo 2103 c.c. e all'articolo 1460 c.c., ai sensi dell'articolo 360 c.p.c., comma 1, numero 3, per avere la Corte distrettuale erroneamente interpretato le suddette disposizioni che impongono al datore di lavoro di sottoporre il dipendente ad accertamenti sanitari in ipotesi di cambio di mansioni e al lavoratore di sottoporvisi. Sostiene, in primo luogo, che la visita medica disposta dall'azienda aveva la sola finalità di accertare l'idoneità della lavoratrice non allo svolgimento delle mansioni già assegnate e in corso di svolgimento, come previsto dalla L. numero 300 del 1970, articolo 5 bensì l'icloneità a svolgere nuove e ben diverse mansioni lavorative assegnatele illegittimamente, per cui la fattispecie concreta non era sussumibile in quella normativamente prevista in quanto non avrebbe dovuto essere considerato solo il fatto oggettivo del cambio di mansioni, ma anche quello finalistico della illegittimità del nuovo incarico. 3. Con il secondo motivo si censura la violazione e/o falsa applicazione dell'articolo 2119 c.c. nonché l'insussistenza della giusta causa di licenziamento, ai sensi dell'articolo 360 c.p.c., comma 1, numero 3., per non avere considerato la Corte di merito, ai fini dell'accertamento della sussistenza della giusta causa, da un lato, l'elemento soggettivo del comportamento connotato da buona fede e, dall'altro, la sproporzione della sanzione inflitta rispetto alla condotta contestata. 4. Il primo motivo è infondato. 5. L'articolo 41 comma 2 lett. d , per quello che interessa in questa sede, testualmente prevede che “la sorveglianza sanitaria comprende visita medica in occasione del cambio della mansione onde verificare l'idoneità alla mansione specifica”. 6. In punto di fatto, nella gravata sentenza si legge che in data 1.9.2017 la società datrice di lavoro aveva convocato a mezzo lettera la T. a visita medica, per il giorno 12.9.2017, contestualmente comunicandole che avrebbe preso servizio a Roma, presso l'appalto Trenitalia, che le avrebbe comportato un cambio delle mansioni svolte in precedenza la lavoratrice, in data 12.9.2017, aveva rifiutato la visita, come annotato sul certificato dal medico competente e il successivo 15.9.2017 aveva inoltrato una mail in cui aveva affermato che non era certo possibile essere sottoposti ad esami medici invasivi come prelievi di sangue all'interno di una stanza riunioni aziendale non asettica e neppure disinfettata, ribadendo la propria disponibilità alla visita in luogo idoneo la società, con una successiva missiva, aveva dichiarato che la T. si era presentata presso l'appalto di Trenitalia per assumere le mansioni di addetta alle pulizie, ma essendo necessaria la visita medica, era stata convocata presso un centro medico per il 19.9.2017 la lavoratrice aveva risposto che le nuove mansioni assegnatele erano illegittime perché incompatibili con il suo percorso professionale e con le sue condizioni di salute e non si presentava alla disposta visita del 19.9.2017 da qui, poi, la contestazione del 20.9 e le successive giustificazioni rese dalla T. 7. Orbene, in punto di diritto, deve rilevarsi che la visita medica di idoneità in ipotesi di cambio delle mansioni è prescritta per legge e la richiesta di sottoposizione a visita, da parte del datore di lavoro, prima della assegnazione alle nuove mansioni, come correttamente sottolineato dalla Corte distrettuale, non è censurabile e, anzi, è un adempimento dovuto. 8. Deve, quindi, valutarsi se il rifiuto della lavoratrice, perché rivolto a contrastare un illegittimo demansionamento, atteso che le nuove mansioni erano state ritenute dalla lavoratrice non conformi alla qualifica rivestita e non compatibili con le condizioni di salute, fosse o meno legittimo. 9. La decisione della Corte di merito, sul punto, è corretta e va condivisa. 10. La visita medico disposta del 12.9.2017 era preventiva e prodromica all'assegnazione delle nuove mansioni del 18.9.2017 l'omissione di detta visita avrebbe costituito un colposo e grave inadempimento di parte datoriale. 11. Coerentemente è stata disposta, a seguito della contestazione della lavoratrice, una nuova visita per il 19.9.2017, senza che fossero espletate le diverse e nuove mansioni anche a tale visita la lavoratrice non si era sottoposta adducendo nuove ragioni. 12. La reazione della T. non è assolutamente giustificabile ai sensi dell'articolo 1460 c.c. perché, da un lato, il datore di lavoro si era limitato ad adeguare la propria condotta alle prescrizioni imposte dalla legge per la tutela delle condizioni fisiche dei dipendenti nell'espletamento delle mansioni loro assegnate e, dall'altro, la dipendente avrebbe ben potuto impugnare un eventuale esito della visita, qualora non condiviso, ovvero l'asserito illegittimo demansionamento, innanzi agli organi competenti. 13. L'articolo 1460 c.c., invocato dall'odierna ricorrente, è applicabile solo in caso di totale inadempimento del datore di lavoro o in ipotesi di gravità della condotta tanto grave da incidere in maniera irrimediabile sulle esigenze vitali del lavoratore medesimo Cass. numero 836/2018 ipotesi, queste, escluse dalla Corte di merito con un accertamento in fatto, esente dal vizio di motivazione ex articolo 360 c.p.c., numero 5 nuova formulazione e, pertanto, insindacabile in sede di legittimità Cass. numero 11430/2006 . 14. Il secondo motivo è inammissibile. 15. La giusta causa di licenziamento, che deve rivestire il carattere di grave negazione degli elementi essenziali del rapporto di lavoro e, in particolare, dell'elemento fiduciario, integra una clausola generale che richiede di essere concretizzata dall'interprete tramite valorizzazione dei fattori esterni relativi alla coscienza generale e dei principi tacitamente richiamati dalla norma, quindi mediante specificazioni che hanno natura giuridica e a cui disapplicazione è deducibile in sede di legittimità come violazione di legge, mentre l'accertamento della ricorrenza concreta degli elementi del parametro normativo si pone sul diverso piano del giudizio di fatto demandato al giudice del merito e incensurabile in cassazione se privo di errori logici e giuridici Cass. 26.4.2012 numero 6498 Cass. numero 5095/2011 . 16. Nella fattispecie in esame la ricorrente lamenta che la Corte di merito non abbia valutato, da un lato, l'elemento soggettivo e cioè la buona fede nel rifiutarsi a sottoporsi a visita medica e, dall'altro, la sproporzione tra la sanzione inflitta rispetto alla condotta contestata. 17. Si tratta, come è agevole rilevare, di contestazione di riguardanti non il parametro normativo di cui all'articolo 2119 c.c., ma la ricorrenza di elementi idonei a costituire la giusta causa di licenziamento e la proporzionalità della sanzione che costituiscono accertamenti di fatto devoluti al giudice del merito il quale, nel caso de quo, con motivazione corretta sul versante logico e giuridico, e quindi incensurabile in cassazione, ha ritenuto comprovati, sulla base della ricostruzione dei fatti documentalmente risultante, l'illegittimità del comportamento omissivo della dipendente, punito anche con sanzioni penali, e lo scopo della condotta del datore di lavoro, finalizzata alla prevenzione rispetto alla sicurezza e salubrità nei luoghi di lavoro cui il D.Lgs. numero 81 del 2008, articolo 41 è improntato. 18. È opportuno, infatti, ricordare che, tanto l'accertamento dell'elemento soggettivo Cass. numero 1788/2011 quanto il successivo giudizio sulla proporzionalità della sanzione espulsiva adottata Cass. numero 26010/2018 sono demandati all'apprezzamento del giudice di merito che, se sorretto da adeguata e logica motivazione, è incensurabile in sede di legittimità. 19. Alla stregua di quanto esposto il ricorso deve essere rigettato. 20. Al rigetto segue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che si liquidano come da dispositivo. 21. Ai sensi del D.P.R. numero 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, nel testo risultante dalla L. 24 dicembre 2012, numero 228, deve provvedersi, ricorrendone i presupposti processuali, sempre come da dispositivo. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in Euro 4.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. numero 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis se dovuto.