Il differimento della pena nella forma della detenzione domiciliare è consentito anche in caso di infermità psichica

Nel caso in cui le patologie psichiche possano aggravarsi e acutizzarsi a causa della reclusione, «diventa necessario ripristinare un adeguato bilanciamento tra le esigenze di difesa della collettività, e la necessità di garantire il diritto alla salute dei detenuti».

Con la sentenza in esame, la Corte di Cassazione è stata chiamata a pronunciarsi sulla richiesta di differimento della pena ex articolo 147 c.p. avanzata dall'imputato a fronte del rigetto dell'istanza da parte del Tribunale di sorveglianza. In particolare, l'imputato lamenta che il Tribunale avrebbe erroneamente ritenuto inapplicabile ai condannati affetti da infermità puramente psichica e non soltanto fisica l'istituto del differimento della pena previsto dall' articolo 147 c.p. , in contrasto con i principi espressi dalla sentenza numero 99/2019 della Corte Costituzionale , che ammette al beneficio del differimento i detenuti affetti da infermità psichica ove non socialmente pericolosi. Sul punto, la Suprema Corte ha chiarito che la detenzione domiciliare è divenuta applicabile nei casi di grave patologia psichica tale da determinare condizioni di « ineseguibilità » del trattamento detentivo in carcere e non curabile presso le residenze destinate alla esecuzione delle misure di sicurezza personali. Pertanto, se «la malattia psichica è fonte di sofferenze non meno della malattia fisica» e se le patologie psichiche possono aggravarsi e acutizzarsi a causa della reclusione, fino ad assurgere a vero e proprio trattamento inumano o degradante ovvero a trattamento contrario al senso di umanità, «diventa necessario ripristinare un adeguato bilanciamento tra le esigenze di difesa della collettività , che deve essere protetta dalla potenziale  pericolosità  di chi è affetto  da alcuni tipi di patologia psichiatrica, e la necessità di garantire il diritto alla salute dei detenuti» articolo 32 Cost. . La misura alternativa della detenzione domiciliare, anche nel caso di infermità psichica grave , deve quindi operare come «uno strumento intermedio e più duttile tra il mantenimento della detenzione in carcere e la piena liberazione del condannato», permettendo così di tener conto della eventuale pericolosità sociale residua di quest'ultimo e della «connessa necessità di contemperamento delle istanze di tutela del condannato medesimo con quelle di salvaguardia della sicurezza pubblica» Cass. penumero , numero 38680/2016 . Ne consegue che il Tribunale di sorveglianza investito della richiesta di differimento della pena dovrà verificare «anche in base alle strutture e ai servizi di cura offerti all'interno del carcere, alle esigenze di salvaguardia degli altri detenuti e di tutto il personale che opera negli istituti penitenziari, se il condannato affetto da grave malattia psichica sia in condizioni di rimanere in carcere o debba essere destinato a un luogo esterno, ai sensi dell'articolo 47- ter , comma 1- ter , ord. penumero , fermo restando che ciò non può accadere se il giudice ritiene prevalenti, nel singolo caso, le esigenze della sicurezza pubblica». Ciò premesso, nel caso in esame il Tribunale di sorveglianza ha posto a fondamento del rigetto della richiesta di differimento della pena, oltre all'adeguatezza delle cure e dell'assistenza garantiti al detenuto durante la carcerazione, l'attuale pericolosità sociale del condannato, desumendola dalle modalità dei reati commessi e dal tipo di patologia psichiatrica che lo affligge. Il ricorso, pertanto, viene rigettato .

Presidente Bricchetti – Relatore Aliffi Ritenuto in fatto 1. Con l'ordinanza in epigrafe, il Tribunale di sorveglianza di Torino ha rigettato l'istanza con cui F. A. aveva chiesto il differimento della pena, anche nelle forme della detenzione domiciliare, ai sensi dell' articolo 147 c.p. , e L. 26 luglio 1975, numero 354, articolo 47 ter Ord. penumero . Premesso che non è ammesso il rinvio dell'esecuzione della pena nei confronti di chi sia affetto esclusivamente da sofferenza psichica che non determini altresì una grave infermità fisica non fronteggiabile in ambiente carcerario o da rendere l'esecuzione della pena contraria al senso di umanità, osserva che la patologia psichiatrica da cui è affetto A. grave disturbo depressivo di tipo psicotico , pur essendo grave e richiedendo un continuativo ed adeguato monitoraggio clinico in ambito sanitario specialistico, non dava luogo ad una situazione di incompatibilità con il regime detentivo ma rendeva opportuna, in applicazione dell' articolo 148 c.p. , la sua collocazione in reparto dell'istituto specifico per malati psichiatrici idoneo al suo stato e alla necessaria sorveglianza. In ogni caso, deponeva contro la concessione del beneficio l'elevata pericolosità sociale del condannato, desunta dalla gravità dei fatti per i quali è stata inflitta la condanna in esecuzione detenzione senza autorizzazione di un rilevante quantitativo di armi, anche clandestine e da guerra , per niente attenuata dalla patologia psichiatrica in atto. 2. Ricorre A., per il tramite del difensore di fiducia avv. Fabrizio Cardinali, articolando un unico motivo con cui denuncia violazione di legge in riferimento all' articolo 147 c.p. , e articolo 47 ter Ord. Penumero nonché vizio di motivazione. Secondo il ricorrente, il Tribunale ha erroneamente ritenuto inapplicabile ai condannati affetti da infermità puramente psichica e non soltanto fisica l'istituto del differimento della pena previsto dall' articolo 147 c.p. , sulla base di un orientamento giurisprudenziale risalente e superato. Un diverso e più recente orientamento della Corte di cassazione, che ha recepito i principi espressi dalla sentenza numero 99 del 2019 della Corte costituzionale , ammette al beneficio del differimento i detenuti affetti da infermità psichica ove non socialmente pericolosi. L'invocata misura della detenzione umanitaria di cui al combinato disposto dell' articolo 147 c.p. , e articolo 47 ter Ord. penumero è, pertanto applicabile ai detenuti, come A., malati psichiatrici mai dichiarati incapaci di intendere e di volere e non sottoposti a misura di sicurezza. Ove sussista la pericolosità sociale troverà applicazione l' articolo 148 c.p. Considerato in diritto Il ricorso, pur denunziando un errore di diritto effettivamente sussistente, è comunque infondato per le ragioni di seguito enunciate. 1. La Corte Costituzionale con sentenza 19 aprile 2019, numero 99 ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell' articolo 47 ter, comma 1 ter, Ord. penumero nella parte in cui non prevede che - nell'ipotesi di grave infermità psichica sopravvenuta - il tribunale di sorveglianza possa disporre l'applicazione al condannato della detenzione domiciliare, anche in deroga ai limiti di cui al medesimo articolo 47 ter, comma 1. A seguito dell'intervento della Corte Costituzionale - sollecitato con ordinanza emessa da questa Corte di Cassazione in data 22 marzo 2018 - la detenzione domiciliare anche in deroga a quote di pena e tipologia di reato in esecuzione è divenuta applicabile nei casi di grave patologia psichica tale da determinare condizioni di ineseguibilità del trattamento detentivo in carcere e non curabile presso le residenze destinate alla esecuzione delle misure di sicurezza personali, così colmando un vuoto legislativo derivante dalla avvenuta abrogazione, pur se implicita, dell' articolo 148 c.p. . Il Giudice delle leggi ha, in primo luogo ricostruito l'assetto normativo vigente, precisando quanto segue - l' articolo 148 c.p. , pur mai formalmente abrogato, è stato svuotato di contenuto precettivo dalle riforme intervenute tra il 2008 ed il 2014 in tema di superamento e chiusura definitiva degli ospedali psichiatrici giudiziari - la condizione di seria patologia psichica non incidente sulla capacità di intendere o di volere al momento del fatto dunque insorta in epoca posteriore o seppure anteriore ritenuta non contrastante con la imputabilità non rappresenta un presupposto per l'accesso alle residenze per l'esecuzione delle misure di sicurezza REMS , strutture con gestione sanitaria destinate esclusivamente al trattamento delle patologie psichiche correlate al riconoscimento della non imputabilità o alla avvenuta applicazione di misura di sicurezza post delictum - la condizione di mera patologia psichica insorta o comunque presente durante la restrizione della libertà personale non è presa in considerazione dalle disposizioni di legge in tema di differimento della esecuzione della pena di cui agli articolo 146 e 147 c.p. , data la formulazione letterale delle medesime. Secondo la Corte Costituzionale siffatto assetto si pone in contrasto con i principi costituzionali articolo 27 e 32 Cost. e convenzionali articolo 3 CEDU . Se la malattia psichica è fonte di sofferenze non meno della malattia fisica e se le patologie psichiche possono aggravarsi e acutizzarsi a causa della reclusione la sofferenza che la condizione carceraria inevitabilmente impone di per sé a tutti i detenuti si acuisce e si amplifica nei confronti delle persone malate, sì da determinare, nei casi estremi, una vera e propria incompatibilità tra carcere e disturbo mentale , fino ad assurgere a vero e proprio trattamento inumano o degradante ovvero a trattamento contrario al senso di umanità, secondo le espressioni usate dall' articolo 27 Cost. , comma 3, tra le altre, Corte EDU, II sezione, 17 novembre 2015, 2 Bamouhammad contro Belgio, p. 119, e Corte EDU, Grand Chambre, 26 aprile 2016, Murray contro Paesi Bassi, § 105 , diventa necessario ripristinare un adeguato bilanciamento tra le esigenze di difesa della collettività, che deve essere protetta dalla potenziale pericolosità di chi è affetto da alcuni tipi di patologia psichiatrica, e la necessità di garantire il diritto alla salute dei detenuti articolo 32 Cost. . In questo contesto, alla misura alternativa della detenzione domiciliare umanitaria o in deroga deve essere attribuito il ruolo di colmare le carenze presenti nell' ordinamento penitenziario . Essa, pertanto, anche nel caso di infermità psichica grave deve operare come uno strumento intermedio e più duttile tra il mantenimento della detenzione in carcere e la piena liberazione del condannato conseguente al rinvio permettendo così di tener conto della eventuale pericolosità sociale residua di quest'ultimo e della connessa necessità di contemperamento delle istanze di tutela del condannato medesimo con quelle di salvaguardia della sicurezza pubblica Corte Cost. ord. numero 255 del 2005 Cass. Sez. 1, 5 aprile 2016, numero 38680 . Ne segue, prosegue la Consulta nella sentenza numero 99 del 2019, che il Tribunale di sorveglianza investito della richiesta di differimento della pena dovrà verificare anche in base alle strutture e ai servizi di cura offerti all'interno del carcere, alle esigenze di salvaguardia degli altri detenuti e di tutto il personale che opera negli istituti penitenziari, se il condannato affetto da grave malattia psichica sia in condizioni di rimanere in carcere o debba essere destinato a un luogo esterno, ai sensi dell' articolo 47 ter, comma 1 ter, Ord. penumero , fermo restando che ciò non può accadere se il giudice ritiene prevalenti, nel singolo caso, le esigenze della sicurezza pubblica . In definitiva, a seguito della pronuncia della Corte costituzionale si amplia il ventaglio delle alternative decisorie possibili anche alle ipotesi di infermità psichica di gravità e consistenza tale da determinare, in caso di protrazione della detenzione inframuraria, quel supplemento di pena contrario al senso di umanità. La detenzione umanitaria può essere modellata dal giudice sì da salvaguardare il fondamentale diritto alla salute della persona sottoposta ad esecuzione penale e le esigenze di difesa della collettività, così come la allocazione del portatore della patologia psichica non è da individuarsi necessariamente con il domicilio ma con il luogo più adeguato a contemperare le diverse esigenze coinvolte ad es. un luogo pubblico di cura, assistenza o accoglienza , con valutazione caso per caso ed apprezzamento concreto, tanto della gravità della patologia che del livello di pericolosità sociale della persona di cui si discute. 2. Il Tribunale di sorveglianza, pur partendo da premesse in diritto erronee, laddove ignorano il delineato intervento della Corte costituzionale e ribadiscono la rilevanza ai fini del differimento della pena esclusivamente dell'infermità fisica, ha comunque posto a fondamento della decisione, oltre all'adeguatezza delle cure e dell'assistenza garantiti al detenuto durante la carcerazione, la sua attuale pericolosità sociale, desumendola plausibilmente dalle modalità dei reati commessi e dal tipo di patologia psichiatrica che lo affligge. Tanto basta per giustificare il rigetto dell'istanza posto che, come ricordato dallo stesso ricorrente, ai sensi dell' articolo 147 c.p. , comma 4, Il provvedimento di cui al comma 1 non può essere adottato o, se adottato, è revocato se sussiste il concreto pericolo della commissione di delitti , la presenza di indici di pericolosità sociale costituisce un elemento ostativo al differimento facoltativo dell'esecuzione della pena che, come chiarito dalla sentenza della Corte costituzionale citata in premessa, può, in concreto, assumere carattere prevalente anche rispetto alla tutela del diritto alla salute del detenuto. 3. Il ricorso deve pertanto essere rigettato, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.