La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di un cittadino straniero trattenuto presso un centro di permanenza, specificando alcuni punti riguardanti la quarantena obbligatoria, ricordando come anche la Consulta aveva stabilito che non fosse in alcun modo limitativa della libertà personale, ma solo per la tutela della saluta pubblica.
Il Giudice di Pace di Torino prorogava per la seconda volta il trattenimento di un cittadino straniero presso un centro di permanenza, giustificando la proroga, in quanto aveva ritenuto fondate le motivazioni della Questura di Torino, che comprovavano il fatto che l'uomo non avesse collaborato con le autorità alla sua identificazione. Avverso il decreto del Giudice di Pace, il cittadino tunisino proponeva ricorso per Cassazione. Una delle doglianze del ricorrente riguardavano il fatto che, a seguito della quarantena precauzionale, egli sarebbe stato sottoposto ad una misura limitativa della libertà personale, con conseguente tardività dei provvedimenti di respingimento e trattenimento. La Corte di Cassazione ha sottolineato sulla questione, come, per far fronte all'emergenza epidemiologica da COVID-19, la sopracitata quarantena, prevista per i cittadini che entrano nel territorio italiano, fosse una misura che verte non alla limitazione della libertà personale, ma al contrario alla libera circolazione sul territorio dello Stato. Sulla spinosa questione era recentemente intervenuta anche la Corte Costituzionale, investita delle questioni di legittimità sollevate dal Tribunale di Reggio Calabria, riguardante alcune disposizioni in materia di COVID-19. Nello specifico, il Tribunale calabrese aveva ritenuto la quarantena obbligatoria, come una forma che in qualche modo limitasse la libertà personale, ma che al contrario la Consulta con sentenza numero 127/2022, aveva ritenuto che le restrizioni della quarantena obbligatoria, incidessero solo sulla libertà di circolazione e non comportassero alcuna coercizione fisica. La Corte Costituzionale aveva proprio specificato che le norme riguardanti la quarantena obbligatoria fossero state emanate solamente per la tutela della salute pubblica, nel comune interesse della collettività. Per questi motivi, la Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso del cittadino straniero.
Presidente Bisogni - Relatore Fidanzia Fatti di causa Il giudice di Pace di Torino, con decreto del 22.1.2021, ha per la seconda volta prorogato il trattenimento di H.M. presso il Centro di Permanenza per i Rimpatri omissis di Torino, già convalidato con decreto del 27 novembre 2020 e prorogato per la prima volta in data 23 dicembre 2020. Il giudice di Pace ha giustificato la proroga del trattenimento, ritenendo fondate le motivazioni della Questura di Torino, che ha integralmente richiamato, e tenuto conto che il trattenuto non aveva collaborato alla sua identificazione, che avrebbe dovuto essere effettuata a Palermo dalla Autorità Consolare Tunisina. Avverso il presente decreto ha proposto ricorso per cassazione H.M. affidandolo a cinque motivi. L'amministrazione intimata non ha svolto difese. Ragioni della decisione 1. Con il primo motivo ed il secondo motivo, illustrati congiuntamente, è stata rispettivamente dedotta la violazione degli D.Lgs. numero 286 del 1998, articolo 13, 14, articolo 13 Cost., articolo 5 CEDU, l'illegittimità del trattenimento dal 12 novembre 2020 al 26 novembre 2020, la tardività del decreto di espulsione e della convalida del trattenimento amministrativo primo motivo nonché la violazione degli D.Lgs. numero 286 del 1998, articolo 14, comma 4, articolo 15, parr. 3 e 6, Direttiva 2008/115/CE, e la violazione delle norme relative all'ambito dei poteri di cognizione del Giudice di Pace in sede di proroga del trattenimento amministrativo secondo motivo . Il ricorrente ha premesso che, in occasione dell'udienza di convalida del trattenimento del 22 gennaio 2021, aveva depositato una memoria difensiva in cui aveva invocato la illegittimità del trattenimento subito dal 12 al 26 novembre 2020. In particolare, il ricorrente aveva lamentato che, in virtù delle norme emanate in materia di contrasto alla pandemia Covid-19, essendo entrato nel territorio nazionale da aree ubicate al di fuori del territorio italiano, era stato sottoposto a quarantena precauzionale, a norma del D.L. numero 19 del 2020, articolo 1 lett d , e, segnatamente, a seguito dello sbarco a Lampedusa, era stato trasferito a bordo di una nave dove era rimasto in condizioni di isolamento fino al 26 novembre 2020 senza possibilità di allontanarsi. Ad avviso del ricorrente, proprio in virtù della predetta quarantena precauzionale, era stata applicata a suo carico una misura di limitazione della libertà individuale che si poneva in contrasto con l'articolo 13 della Costituzione consistendo, infatti, la quarantena nel divieto assoluto di allontanarsi dalla propria abitazione o dimora D.L. numero 19 del 2020, articolo 1, comma 2, lett. e , una tale previsione non comprime solo il diritto alla libera circolazione delle persone ricadente nell'orbita dell'articolo 16 Cost., che ammette limitazioni al suo esercizio solo ove esse siano stabilite dalla legge in via generale, per motivi di sanità o sicurezza , ma incide direttamente sulla libertà personale, in quanto il contenuto della misura della quarantena è - nella sua dimensione materiale - paragonabile in tutto e per tutto a situazioni di privazione della libertà personale come la detenzione domiciliare o gli arresti domiciliari. Vi era stata, peraltro, una violazione sia della riserva di legge, sul rilievo che un decreto legge aveva affidato ad una fonte amministrativa l'individuazione dei soggetti destinatari della misura restrittiva, sia della riserva di giurisdizione, non essendo la quarantena precauzionale stata soggetta ad alcuna forma di convalida giudiziaria . L'assenza di un adeguato titolo per la limitazione della sua libertà personale aveva, pertanto, determinato la manifesta illegittimità dei successivi provvedimenti di respingimento e trattenimento, che erano stati disposti tardivamente. Lamenta il ricorrente che il Tribunale di Torino, in occasione dell'udienza di proroga del suo trattenimento, non aveva rilevato i profili di manifesta illegittimità del presupposto decreto di respingimento. 4. Il primo ed il secondo motivo sono infondati. Va, in primo luogo, osservato che correttamente il Giudice di Pace di Torino ha ritenuto la non manifesta illegittimità dell'atto presupposto, costituito dal provvedimento di respingimento adottato dal Questore di Siracusa. Si appalesano, infatti, infondate le censure con le quali il ricorrente lamenta che, a seguito della quarantena c.d. precauzionale, sarebbe già stato sottoposto ad una misura limitativa della sua libertà personale, con conseguente tardività dei provvedimenti di respingimento e trattenimento. Non vi è dubbio, infatti, che la normativa emergenziale adottata per far fronte alla situazione epidemiologica da Covid ‘19 - con la quale è stata imposta la quarantena precauzionale ai cittadini entrati nel territorio nazionale da aree ubicate al di fuori del territorio italiano - non abbia introdotto una misura limitativa della libertà personale, bensì della circolazione sul territorio dello Stato, libertà che, a norma dell'articolo 16 della Costituzione, può essere limitata per motivi di sanità come nel caso di specie o di sicurezza. Sul punto, è intervenuta recentemente la Consulta, la quale era stata investita delle questioni di legittimità costituzionale sollevate dal Tribunale penale di Reggio Calabria su alcune disposizioni del D.L. numero 33 del 2020 introdotte per limitare la diffusione del Covid-19 erano state censurate le norme che avevano introdotto sanzioni penali nei confronti di chi, risultato positivo al Covid e sottoposto alla quarantena obbligatoria, lasciasse la propria dimora o abitazione . In particolare, il Tribunale di Reggio Calabria aveva ritenuto che la quarantena obbligatoria incidesse non sulla libertà di circolazione dei cittadini articolo 16 della Costituzione , ma sulla libertà personale articolo 13 della Costituzione e che, pertanto, i relativi provvedimenti avrebbero dovuto essere adottati dall'autorità giudiziaria o, nell'impossibilità, averne la convalida. Orbene, la Corte Costituzionale, con sentenza numero 127/2022, depositata il 26.5.2022, ha ritenuto le predette questioni non fondate, sul rilievo che la quarantena obbligatoria e le relative sanzioni penali, così come regolate dalle disposizioni impugnate, incidono sulla sola libertà di circolazione e non comportano alcuna coercizione fisica, sono disposte in via generale per motivi di sanità e si rivolgono a una indistinta pluralità di persone, accomunate dall'essere positive al virus trasmissibile ad altri per via aerea. Non vi è dubbio che quanto ritenuto dalla Corte Costituzionale, data eadem ratio, debba applicarsi anche alla legislazione che ha introdotto la quarantena precauzionale per i cittadini entrati nel territorio nazionale da aree ubicate al di fuori del territorio italiano. 3. Con il terzo motivo è stata dedotta la violazione del D.Lgs. numero 286 del 1998, articolo 14, comma 5, e l'illegittimità della proroga per mancato reperimento di idoneo vettore. Deduce il ricorrente che la convalida del trattenimento era stata disposta, con decreto del 27 novembre 2020, in relazione all'esigenza di reperire idoneo vettore. Successivamente, la Questura aveva motivato la prima richiesta di proroga, sul rilievo che l'accertamento della sua identità e/o della sua nazionalità e l'acquisizione dei documenti di viaggio idonei al suo rimpatrio presenta gravi difficoltà, e la seconda richiesta sul rilievo che permanevano le condizioni di cui all'articolo 14 comma 1 del medesimo D.Lgs. numero , come da documentazione prodotta in sede di udienza di proroga. Orbene, ad avviso del ricorrente, la permanenza della misura restrittiva, e a maggiore ragione la sua proroga, non possono essere giustificate sulla base di ipotesi diverse da quelle espressamente indicate nel provvedimento di convalida del trattenimento. 4. Il motivo è infondato. L'assunto della parte ricorrente, secondo cui la proroga del trattenimento non può essere disposta ove fondata su circostanze diverse da quelle che hanno giustificato la convalida del trattenimento, non ha alcun fondamento normativo, atteso che è, invece, D.Lgs. numero 286 del 1998, articolo 14 a disciplinare le ipotesi in cui può disporsi la proroga del trattenimento, che possono essere differenti da quelle dedotte a fondamento della convalida del trattenimento. Ne consegue che la Questura non era necessariamente tenuta a richiedere la proroga del trattenimento, adducendo a sua giustificazione il mancato reperimento del vettore come in sede di convalida , potendo allegare anche circostanze diverse, purché contemplate dal D.Lgs. numero 286 del 1998, articolo 14. 5. Con il quarto motivo è stata dedotta la violazione degli D.Lgs. numero 286 del 1998, articolo 14, comma 5, articolo 15, parr. 3, 5 e 6, Direttiva 2008/115/CE in relazione alla mancata indicazione di elementi concreti che consentissero di ritenere probabile l'identificazione dello straniero in sede di proroga del trattenimento. Deduce il ricorrente che per la seconda proroga del trattenimento, e per quelle eventualmente successive, D.Lgs. numero 286 del 1998, articolo 14 comma 5, impone la sussistenza di elementi concreti che consentano di ritenere probabile l'identificazione dello straniero trattenuto ovvero la verifica che il mantenimento della misura sia necessario al fine di organizzare le operazioni di rimpatrio , circostanze non previste ai fini della prima proroga. Nel caso in esame, il Giudice di Pace di Torino ha prorogato il suo trattenimento nonostante l'assenza di alcun elemento concreto in merito alla sua identificazione, essendo, al contrario, la decisione stata giustificata Alla luce delle deduzioni di cui a verbale effettuate dalla P.A. ovvero che lo straniero aveva rifiutato di sottoporsi al tampone e non era quindi potuto partire per Palermo dove l'Autorità consolare avrebbe dovuto procedere alla sua identificazione e tenuto conto che il trattenuto non ha collaborato alla sua identificazione che avrebbe dovuto essere effettuata a Palermo dalla Autorità Consolare Tunisina . 6. Il motivo è fondato. Va osservato che, prima dell'entrata in vigore della L. numero 161 del 30 ottobre 2014 - che ha modificato l'articolo 14 comma 5 D.Lgs. numero 286 del 1998 - l'esistenza di gravi difficoltà nell'accertamento dell'identità e della nazionalità del soggetto da espellere costituiva un elemento idoneo a giustificare la concessione da parte del giudice di Pace sia della prima proroga del trattenimento del cittadino straniero, sia, ove tali difficoltà persistessero, sempre su istanza della questura di un'ulteriore proroga di sessanta giorni, senza che ai fini della concessione della stessa fossero richiesti ulteriori requisiti. A seguito della modifica dell'articolo 14 comma 5 legge cit. ad opera della predetta L. numero 161 del 2014, ai fini della concessione della seconda proroga e di quelle successive, è stata introdotta una disciplina più rigorosa ai fini di una più stretta osservanza dell'articolo 13 Cost. in tema di limiti alla privazione della libertà personale , essendo ora necessario accertare la sussistenza di elementi concreti che consentano di ritenere probabile l'identificazione dello straniero, ovvero verificare che il mantenimento del trattenimento sia necessario al fine di organizzare le operazioni di rimpatrio vedi Cass. 25875/2021 Cass. numero 1648/2022Cass. numero 6066/2019 non mass. . Nel caso di specie, il Giudice di Pace, nel concedere la seconda proroga del trattenimento, non ha avuto cura di accertare la sussistenza di tale requisito attualmente richiesto dal D.Lgs. numero 286 del 1998, articolo 14 comma 5, limitandosi a dare atto dell'esistenza di un elemento che è, tuttavia, irrilevante ai fini della concessione della seconda proroga e di quelle successive, come la circostanza che il cittadino straniero non avesse collaborato alla sua identificazione, che avrebbe dovuto essere effettuata a Palermo presso l'Autorità Consolare Tunisina. 7. Il quinto motivo - con cui è stata dedotta la violazione degli articolo 112, c.p.c., 14, comma 5-bis, D.Lgs. numero 286 del 1998, 15, par. 4, Direttiva 2008/115/CE nonché la nullità del provvedimento per omessa pronuncia in merito ai motivi di opposizione alla richiesta di proroga - è assorbito. Il decreto impugnato deve essere quindi cassato senza rinvio. Le spese di entrambi i gradi del giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo. P.Q.M. Accoglie il quarto motivo, infondati i primi tre, assorbito il quinto, e cassa senza rinvio il decreto impugnato. Condanna l'intimato al pagamento delle spese del procedimento di merito, da liquidarsi in Euro 1000,00, e del presente giudizio di legittimità, da liquidarsi in Euro 2.700,00, di cui Euro 200 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15% ed accessori di legge.