Necessario valutare con attenzione il tenore di vita di cui ha goduto la donna durante il matrimonio. L’assegno di mantenimento deve essere idoneo a garantirle la possibilità di mantenere quel tenore di vita, anche se esso era alimentato pure dall’accertato suo patrimonio personale.
Il consistente patrimonio a disposizione della donna non è dato sufficiente, da solo, a legittimare la riduzione dell' assegno di mantenimento a lei riconosciuto. Ufficializzata la separazione tra Tizio e Caia, in Tribunale viene sancito l'obbligo per l'uomo di versare all'ex moglie «un assegno mensile dell'importo di 3mila euro». In Appello, però, la cifra viene ridotta a 1.500 euro. I giudici di secondo grado sottolineano che «dall'esame comparativo dei rispettivi patrimoni e redditi emerge una consistente posizione economica di Caia, la quale, tra l'altro, è titolare di una quota – 31 per cento, circa – del capitale di una s.r.l., pur essendo stata privata di ogni ruolo operativo nella gestione della società, ed è anche proprietaria di immobili prestigiosi e redditizi». Col ricorso in Cassazione, però, il legale di Caia contesta la riduzione dell'assegno decisa in Appello. In particolare, egli sostiene che «l'assegno di mantenimento deve essere adeguato al mantenimento del tenore di vita goduto in costanza di matrimonio , anche in considerazione della capacità patrimoniale dei coniugi, dei loro beni, della durata del matrimonio, la loro attività in ragione delle proprie capacità e delle proprie potenzialità reddituali». Ragionando in questa ottica il legale aggiunge che la sua cliente «ha delle capacità reddituali lavorative molto ridotte a causa dell'età». Illogico, quindi, a suo parere, sancire «la riduzione dell'assegno» valutando esclusivamente «l'esame comparativo tra i patrimoni e le partecipazioni azionarie della donna senza valutarne la reale capacità reddituale». In aggiunta, poi, è stata appurata, sottolinea il legale, «la costante decrescita dei redditi della donna, a fronte di un forte incremento di quelli del marito». Le obiezioni proposte dall'avvocato che rappresenta Caia hanno fondamenta solide, secondo i giudici della Cassazione. In premessa i magistrati sottolineano «la sostanziale diversità che caratterizza il contributo in favore del coniuge separato rispetto all'assegno divorzile» e ribadiscono che «il dovere di assistenza materiale, in cui si attualizza l'assegno di mantenimento, conserva la sua efficacia e la sua pienezza in quanto costituisce uno dei cardini fondamentali del matrimonio e non presenta alcun aspetto di incompatibilità con la situazione, in ipotesi anche temporanea, di separazione». Di conseguenza, «i redditi adeguati cui va rapportato l'assegno di mantenimento a favore del coniuge, in assenza della condizione ostativa dell'addebito, sono quelli necessari a mantenere il tenore di vita goduto in costanza di matrimonio, essendo ancora attuale il dovere di assistenza materiale, che non presenta alcuna incompatibilità con tale situazione temporanea, da cui deriva solo la sospensione degli obblighi di natura personale di fedeltà, convivenza e collaborazione, e che ha una consistenza ben diversa dalla solidarietà post-coniugale, presupposto dell'assegno di divorzio». Palese, perciò, l'errore compiuto in Appello, laddove ci si è soffermati, osservano i giudici della Cassazione, solo sulla «comparazione tra i reciproci dati reddituali e patrimoniali», omettendo «la ricostruzione – ai fini del mantenimento – del tenore di vita coniugale» e limitandosi «a verificare la posizione economica della donna e a determinare l'assegno in funzione del ridimensionamento dei contraccolpi negativi che la separazione ha avuto sul ménage del coniuge meno abbiente», cioè della donna, in questo caso. Per completare il quadro, poi, i magistrati di terzo grado rilevano che «la posizione patrimoniale della donna è sicuramente preesistente» al matrimonio e sottolineano che «non v'è stato alcun riscontro sull'adeguatezza dell'entità dell'assegno» riconosciuto a Caia «per mantenere il tenore di vita precedente, per quanto questo fosse alimentato anche dall'accertato patrimonio personale della donna». Necessario, perciò, un nuovo giudizio d'Appello per «valutare l'entità dell'assegno spettante a Caia in funzione del mantenimento del tenore di vita coniugale».
Presidente Genovese - Relatore Valentino Fatti di causa Il Sig. P. in data 28.4.2014- innanzi il Tribunale di Napoli - ha proposto ricorso per separazione giudiziale con addebito alla moglie, Sig.ra T.G. Con ordinanza presidenziale il ricorrente veniva gravato di assegni mantenimento a favore della moglie e del figlio maggiorenne V.X., rispettivamente dell'importo di Euro 3.000 ed Euro 2.000. La Corte d'Appello di Napoli, a seguito di reclamo, proposto dal P., riduceva ad Euro 1.200 l'assegno mensile a favore del predetto figlio, e revocava quello di Euro 3.000,00 a favore della moglie. Nel giudizio è stata espletata consulenza tecnica di ufficio tesa a verificare la condizione patrimoniale dei coniugi P. e T. Il Tribunale di Napoli con sentenza numero 3738/2019 ha pronunziato la separazione con addebito al P., obbligandolo al versamento in favore della T. di un assegno mensile dell'importo di Euro 3.000 ha rigettato, inoltre la richiesta della moglie di ottenere un contributo al mantenimento del figlio maggiorenne. Con atto del 16.7.2019 il Sig. P. ha proposto appello, chiedendo la riforma del capo numero 1 del dispositivo della sentenza, ossia quello relativo all'addebito a suo carico, nonché del capo 2, riguardante l'assegno di mantenimento riconosciuto alla moglie. Quest'ultima, nel costituirsi in giudizio, ha proposto contestuale appello incidentale chiedendo sia la maggiorazione del suo assegno, da Euro 3.000 ad Euro 20.000, e sia l'ammissione a favore del figlio di un assegno di mantenimento pari ad Euro 5.000. La Corte d'Appello di Napoli con la sentenza numero 1104/2020 ha ritenuto che dall'esame comparativo dei rispettivi patrimoni e redditi emerge una consistente posizione economica di T.G., la quale, tra l'altro, è pur sempre titolare di una quota del 31,25 % del capitale della omissis s.r.l., pur essendo stata privata da ogni ruolo operativo nella gestione della società e dell'albergo. Ed è proprietaria di immobili prestigiosi e redditizi. Sicché questa Corte ritiene che l'assegno di mantenimento possa essere ridotto a Euro 1.500 mensili, con rivalutazione Istat ha rigettato l'appello incidentale della moglie sulla richiesta per l'assegno di mantenimento del figlio maggiorenne ritenendo che il suo stato di inoccupazione possa essere imputato ad una sua colpevole inerzia. Ragioni della decisione La ricorrente deduce 1. Violazione o falsa applicazione delle norme di diritto e dei contratti ex articolo 360 c.p.c. , numero 3 Falsa applicazione dell' articolo 156 c.c. , articolo 132 c.p.c. , e articolo 118 disp. att. c.p.c. . La Corte di Appello avrebbe deciso la riduzione dell'assegno di mantenimento della ricorrente applicando erroneamente i criteri di quantificazione dello stesso indicati ex lege. In sede separativa, a dire della ricorrente, l'assegno di mantenimento, in assenza di dichiarazione di addebito, deve essere adeguato per il mantenimento del tenore di vita goduto in costanza di matrimonio anche in considerazione della capacità patrimoniale dei coniugi, dei loro beni, della durata del matrimonio, l'attività degli stessi in ragione delle proprie capacità e potenzialità reddituali. Nel caso di specie la ricorrente ha delle capacità reddituali lavorative molto ridotte a causa dell'età. La sentenza avrebbe motivato la riduzione, valutando esclusivamente l'esame comparativo tra i patrimoni e le partecipazioni azionarie della moglie senza valutarne la reale capacità reddituale e sottovalutando le voci dei bilanci della Società omissis s.r.l. che evidenziano Utili precedenti non distribuiti e riserve non distribuite da rivalutazione delle partecipazioni. 2.Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio ex articolo 360 c.p.c. , numero 5. Falsa applicazione dell' articolo 111 Cost. , articolo 156 c.c. , articolo 112, 113, 118 e 132 c.p.c. . La Corte non avrebbe tenuto conto che la CTU aveva verificato la costante decrescita dei redditi della ricorrente a fronte di un forte implemento di quelli del marito anche se estinti, occultati probabilmente su conti fiduciari o depauperati, con prelievi senza destinazione, al solo fine di sottrarsi agli accertamenti del caso . La ricorrente evidenziava che la riconosciuta discrezionalità nella valutazione delle prove non esime, però, i giudici di merito ad enunciare il giudizio nel quale consiste la sua valutazione che si esplicita nella descrizione del processo cognitivo attraverso il quale è passato dalla sua ignoranza iniziale dei fatti alla situazione finale costituita dal giudizio . 3. I motivi possono essere valutati insieme perché sono strettamente correlati. Con riferimento all'assegno ex articolo 156 c.c. , dovuto in ragione della separazione, il motivo è fondato. Questa Corte ha ribadito il principio della sostanziale diversità che caratterizza il contributo in favore del coniuge separato rispetto all'assegno divorzile ed ha confermato che il dovere di assistenza materiale, nel quale si attualizza l'assegno di mantenimento, conserva la sua efficacia e la sua pienezza in quanto costituisce uno dei cardini fondamentali del matrimonio e non presenta alcun aspetto di incompatibilità con la situazione, in ipotesi anche temporanea, di separazione sicché i redditi adeguati cui va rapportato, ai sensi dell' articolo 156 c.c. , l'assegno di mantenimento a favore del coniuge, in assenza della condizione ostativa dell'addebito, sono quelli necessari a mantenere il tenore di vita goduto in costanza di matrimonio, essendo ancora attuale il dovere di assistenza materiale, che non presenta alcuna incompatibilità con tale situazione temporanea, dalla quale deriva solo la sospensione degli obblighi di natura personale di fedeltà, convivenza e collaborazione, e che ha una consistenza ben diversa dalla solidarietà post-coniugale, presupposto dell'assegno di divorzio Cass., numero 12196/2017 ribadita poi in sede di principio da Cass., numero 9686/2020 . La Corte di appello, tuttavia, diffondendosi sulla comparazione tra i reciproci dati reddituali e patrimoniali, nulla dice sulla ricostruzione ai fini del mantenimento del tenore di vita coniugale, limitandosi a verificare la posizione economica della ricorrente e ad attribuire l'assegno in funzione del ridimensionamento dei contraccolpi negativi che la separazione ha avuto sul mènage del coniuge meno abbiente . L'evocata posizione patrimoniale della ricorrente era, del resto, sicuramente preesistente. Orbene, non v'è alcun riscontro sull'adeguatezza dell'entità dell'assegno per mantenere il tenore di vita precedente, per quanto questo fosse alimentato anche dall'accertato patrimonio personale preesistente della moglie. La sentenza va cassata perché la Corte territoriale, a cui va nuovamente rimessa la controversia, valuti - in uno con la liquidazione delle spese di questa fase - l'entità dell'assegno di mantenimento, spettante alla ricorrente, in funzione del mantenimento del tenore di vita coniugale, previamente da ricostruire. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso nei sensi di cui in motivazione cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte di Appello di Napoli perché, in diversa composizione, provveda anche sulle spese del giudizio di legittimità. In caso di diffusione del presente provvedimento si omettano le generalità e gli altri elementi identificativi a norma del D.Lgs. numero 196 del 2003, articolo 52 , comma 2.