La sola pretesa debitoria del Condomino non basta a ottenere il pagamento da parte di un inquilino: ci vogliono le prove!

Il Tribunale di Roma ha rigettato la richiesta di uno stabile che pretendeva il pagamento di un debito da parte di un condomino senza tuttavia fornire adeguate prove della pretesa risarcitoria.

Un Condominio romano conveniva in giudizio un uomo per condannarlo al pagamento di un'ingente somma di denaro a titolo di debito maturato nei confronti degli altri condomini. Il Tribunale di Roma respingeva la domanda proposta dal Condominio, adducendo che l'attore non avesse fornito debita prova dei fatti costitutivi della predetta domanda. Nel caso in esame, il Condominio aveva solo allegato l'esistenza di alcune irregolarità relative alla gestione, mettendo in luce le difficoltà del nuovo amministratore dello stabile in relazione alla ricostruzione della contabilità del Condominio. Tuttavia, il Condominio non aveva chiesto al Giudice di condannare l'ex amministratore, ma vantava solo la pretesa creditoria nei confronti del condomino. Ricorda infatti il Tribunale di Roma, che sia compito della parte che agisce in giudizio la presentazione di prove idonee sulle quali si fonda la propria pretesa, cosa questa che non era avvenuta nella vicenda in esame. Infatti, le circostanze dedotte dal Condominio, da sole non bastano a costituire elementi sufficienti della prova del credito preteso nei confronti del convenuto, che non provano pertanto l'eventuale debito del condomino. Per queste ragioni, il Tribunale di Roma respinge la domanda attorea.

Giudice Corbo Fatto e diritto Concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione Con atto di citazione del 06.04.2016 il Condominio AA in omissis , ha convenuto in BB, giudizio, al fine di vedere accogliere le seguenti conclusioni “Piaccia all'Ecc.mo tribunale Civile di Roma adito, contrariis reiectis, in accoglimento delle domande ed eccezioni promosse da parte attrice, in via preliminare. - Emettere ordinanza di pagamento di somme non contestate ai sensi e per l'effetto di cui all'articolo 186 bis c.p.c. per l'importo di € 9.269,44, in base a quanto rilevato nel capitolo C e D del presente scritto nel merito - accertare e dichiarare la violazione dell'obbligo contenuto nell'articolo 1130 c.c. comma 2 numero 10 - accertare e dichiarare la violazione dell'obbligo di diligenza incombente sul mandatario ai sensi dell'articolo 1710 c.c. - accertare e dichiarare l'avvenuto riconoscimento di debito da parte del resistente - per l'effetto degli accertamenti di cui sopra e di quanto dichiarato in premessa in fatto ed in diritto del presente scritto, condannare il convenuto al pagamento della somma quantificata in euro 9.269,44, a titolo di debito maturato dal Sig. BB nei confronti dei condomini di AA ovvero, a titolo di risarcimento del danno, o della somma maggior o minore che risulterà di giustizia - condannare il convenuto al pagamento delle spese processuali, diritti ed onorari relativi al presente giudizio, oltre iva cpa e spese generali fatto salvo ogni altro diritto.” Il convenuto, pur ritualmente citato, restava contumace. Acquisita la documentazione prodotta da parte attrice ed escussi i testimoni dalla stessa indicati, il giudice all'udienza del 17 dicembre 2020 tratteneva la causa in decisione assegnando termini di legge per il deposito delle memorie conclusive. Tanto premesso, la domanda proposta dal Condominio non può essere accolta non avendo l'attore fornito la prova dei fatti costitutivi della predetta domanda. Come noto, l'amministratore deve esercitare il mandato ricevuto con la diligenza del buon padre di famiglia. Tale diligenza, stante la specificazione della figura dell'amministratore del condominio, va valutata alla luce del più rigido criterio previsto nello svolgimento del proprio incarico. Ne consegue che, in caso di inadempimento nello svolgimento del proprio incarico, l'amministratore sarà tenuto a rispondere a titolo di responsabilità contrattuale ex articolo 1218 del codice civile. Nel caso di specie, il Condominio ha allegato l'esistenza di alcune irregolarità gestorie, rappresentando la difficoltà per il nuovo amministratore di ricostruire la contabilità del condominio, non avendo peraltro il convenuto consegnato tutta la documentazione afferente il proprio periodo gestorio. L'attore, tuttavia, non chiede condannarsi l'ex amministratore alla consegna completa della documentazione né al risarcimento degli eventuali danni conseguenti, ma afferma solo di vantare un credito nei confronti del convenuto allegando, di fatto, l'esistenza di un ammanco di cassa. Come noto, però, compete alla parte che agisce in giudizio apportare le prove su cui fonda la propria pretesa. Nel caso di specie, le circostanze dedotte dal Condominio non costituiscono elementi sufficienti ai fini della prova del credito preteso dal condominio nei confronti del convenuto. L'affermazione di un credito di tal fatta presuppone, in particolare, la prova che l'ex amministratore, pur avendo ricevuto dai condomini la provvista per provvedere agli affari condominiali, si sia appropriato delle relative somme ponendo in essere condotte distrattive o depauperando i fondi condominiali. La mancata produzione di estratti conto riferiti alla precedente amministrazione alla quale era onerato il Condominio e di cui poteva disporre, impedisce di valutare se le somme versate dai condomini siano state utilizzate dal convenuto per finalità personali rispetto a quelle a cui erano destinate pagamento di utenze, lavori straordinari, ditta pulizie, etc. , non bastando in tal senso la prova del mancato pagamento di fatture emesse dai terzi creditori del Condominio, potendo essere state le relative provviste, se presenti, utilizzate, comunque, per attività ed esigenze del condominio. Una tale prova presupporrebbe, quindi, una preliminare verifica dello stato patrimoniale del condominio, partendo dall'ultimo saldo di gestione approvato dall'assemblea per poi analizzare le entrate e le uscite successive, gli eventuali debiti/crediti delle gestioni precedenti, gli eventuali fondi di riserva, il saldo del conto corrente e quello della eventuale “piccola cassa”. Laddove, alla fine, dovesse risultare un disavanzo di bilancio ammanco di cassa , bisognerebbe capire da dove derivi tale passività. Né a tale onere probatorio avrebbe potuto supplire una CTU contabile che non costituisce un mezzo di prova la ricostruzione delle poste di dare/avere entrate/uscite delle somme gestite dal convenuto doveva essere allegata dall'attore mediante idonea prova documentale ed un'eventuale CTU avrebbe, semmai, esaminato e riscontrato la correttezza della somma richiesta dall'attrice. Né la prova può essere dedotta dalla mail prodotta dall'attore in quanto, al di là del contenuto nel quale si fa riferimento solo ad una rateizzazione, senza indicazione, e, quindi, giammai riconoscimento, dell'entità complessiva dell'ipotizzato debito verso il Condominio rappresenta una corrispondenza privata, non certificata, che non è stata sottoposta alla controparte per l'eventuale disconoscimento e non può certo considerarsi “riconoscimento del debito”, come invece affermato dall'attore. La stessa prova orale ad esclusione del non richiesto interrogatorio formale , pur ammessa dal giudice che ha medio tempore gestito la causa, poteva apportare elementi di riscontro alla tesi attorea, basandosi sulla generica affermazione, demandata ai testi, dell'esistenza del credito attoreo, senza alcun riscontro documentale. Né la contumacia del convenuto, infine, può ritenersi determinante la contumacia, costituendo una scelta di natura processuale della parte, non può comportare alcun tipo di conseguenza per la parte ad eccezione dei casi espressamente disciplinati dal codice di rito. Per queste ragioni, la domanda non può essere accolta. Le spese di lite, stante l'esito del giudizio e la contumacia del convenuto, devono dichiararsi non ripetibili. P.Q.M. Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza ed eccezione disattesa o assorbita, così dispone rigetta la domanda. Spese non ripetibili.