Va dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’articolo 83 c.p.p. nella parte in cui non prevede che, nel caso di responsabilità civile derivante dall’assicurazione obbligatoria per l’attività di caccia, l’assicuratore possa essere citato nel processo penale a richiesta dell’imputato.
Questo il decisum dell'importante pronuncia numero 159 del 24 giugno 2022 della Corte Costituzionale che amplia l'ombrello applicativo dei casi in cui il responsabile civile entra in scena nel processo penale “a richiesta dell'imputato”. La fattispecie concreta. Un uomo viene imputato di lesioni colpose gravi provocate ad altra persona colpendolo con la propria carabina nel corso di una battuta di caccia al cinghiale. La persona offesa si costituisce parte civile per ottenere il risarcimento dei danni subiti e l'imputato chiede di chiamare in causa i propri assicuratori. Si costituiscono due delle tre compagnie di assicurazioni citate le quali chiedono di essere escluse dal processo ai sensi dell' articolo 86 c.p.p. I passaggi processuali. La richiesta di esclusione, alla luce del diritto vivente, andava accolta in quanto i casi in cui il responsabile civile può essere citato nel processo penale sono quelli a richiesta della sola “parte civile” ed eccezionalmente dal pubblico ministero in casi di urgenza nell'interesse del danneggiato incapace per infermità di mente o per età minore e dall'imputato a seguito della pronuncia numero 112/1998 unicamente quando si tratti di responsabilità da circolazione stradale. L'incidente di costituzionalità sollevato dal giudice a quo . Il giudice procedente, dovendo dichiarare inammissibili le richieste dell'imputato di citare le compagnie assicuratrici nelle vesti di responsabili civili, e non potendo percorrere la strada di una interpretazione costituzionalmente orientata, si vede costretto a sollevare la questione dinanzi alla Corte Costituzionale per contrasto con gli articolo 3 e 24 Cost. Il primo sarebbe violato in quanto l' articolo 83 c.p.p. determinerebbe una irragionevole disparità di trattamento dell'imputato assoggettato nel processo penale all'azione di risarcimento del danno provocato da un incidente di caccia rispetto al convenuto con la stessa azione in sede civile, al quale è riconosciuto il diritto di chiamare in garanzia il proprio assicuratore in analogia a quanto sancito dalla sentenza numero 112/1998 in materia di circolazione stradale . Si riscontra la violazione pure dell' articolo 24 Cost. in quanto l'imputato, nei cui confronti è proposta nel processo penale una domanda risarcitoria nel processo penale da parte del danneggiato a seguito di un incidente di caccia, verrebbe privato dal diritto di difendersi in quella sede nelle medesime forme e con le stesse garanzie che la normativa civilistica stabilisce per il convenuto in sede civile con identica azione. Il panorama normativo e giurisprudenziale precedente . La Corte Costituzionale ricorda che sulla scia di una lunghissima tradizione storica, la facoltà di citare nel processo penale il responsabile civile è stata sempre preclusa all'imputato, sebbene questi possa avere interesse a vedere affermata la corresponsabilità per danni da reato di altri soggetti verso i quali avere un diritto alla manleva di regresso , senza dover instaurare un autonomo giudizio civile “a valle” della propria condanna. Ciò perché la presenza del responsabile civile è stata sempre configurata come uno strumento di tutela, non dell'imputato, ma della vittima del reato. Il varco aperto dalla Consulta in materia di circolazione stradale . La Corte costituzionale, nella sentenza numero 112/1998 , aprì un varco dichiarando costituzionalmente illegittimo l' articolo 83 c.p.p. nella parte in cui non consentiva all'imputato di chiamare nel processo penale l'assicuratore. Tuttavia, gli ulteriori tentativi di dilatare il varco furono respinti da successive decisioni, dove il giudice delle leggi ebbe modo di precisare l'esatta portata delle sue affermazioni. Si affermò che la “regola” l'imputato non può citare il responsabile civile è legata alla necessità di garantire snellezza e rapidità al processo penale, valori che trovano copertura costituzionale con l'introduzione nell' articolo 111, comma 2, Cost. , della durata ragionevole del giudizio penale numero 75/2001 e numero 300/2004 , limitando l'accesso delle parti non necessarie. La funzione plurima del rapporto di garanzia… I Giudici delle leggi ricordano nell'odierna pronuncia che il precedente arresto numero 112/1998 aveva saldato la riconosciuta ipotesi eccezionale di consentire all'imputato di citare il responsabile civile nel processo penale nell'apposita legge civilistica in materia di assicurazione in materia di circolazione stradale che implica una correlazione tra le posizioni coinvolte di spessore tale da rendere necessariamente omologabile il regime ad esse riservato, tanto in sede civile, tanto nell'esercizio dell'azione risarcitoria in sede penale. In tale normativa, infatti, il danneggiato per sinistro causato nella circolazione dei veicoli, per i quali vi è un obbligo di assicurazione, ha un'azione diretta per il risarcimento del danno nei confronti dell'assicuratore inquadrandosi così l'ipotesi in questione tra i casi di responsabilità civile ex lege delineata ai sensi dell' articolo 185, comma 2, c.p. . In secondo luogo, la possibilità per il danneggiante convenuto in sede civile di chiamare in causa l'assicuratore risultava connessa al diritto dell'assicurato di vedersi manlevato delle pretese risarcitorie. … che fa scattare l'allineamento anche in sede penale della “chiamata” in sede civile. A tale «funzione plurima» del rapporto di garanzia - in quanto destinato a salvaguardare direttamente, sia la vittima, sia il danneggiante - si era ritenuto dovesse necessariamente corrispondere l' allineamento , anche in sede penale, dei poteri processuali di «chiamata» riconosciuti in sede civile, onde evitare che l'effettività della predetta funzione venisse pregiudicata dalla scelta del danneggiato di far valere la sua pretesa risarcitoria mediante costituzione di parte civile nel processo penale, anziché nella sede naturale. Funzione plurima presente anche nel caso dell'assicurazione per attività venatoria. La Corte Costituzione accoglie la questione ritenendola fondata sul versante dell' articolo 3 Cost. ritendendo assorbita quella relativa all' articolo 24 Cost. , essendo previsto l'obbligo per chi eserciti l'attività venatoria di essere coperto da assicurazione della responsabilità civile verso terzi. Ma soprattutto è indubitabile che tale assicurazione obbligatoria assolva a quella ‘funzione plurima' di garanzia sia per l'assicurato di vedersi manlevato dalle pretese risarcitorie del danneggiato che per quest'ultimo di ottenere il ristoro dei danni subito . Il solo elemento differenziale di rilievo tra le due forme di assicurazione è costituito dalla circostanza che la legge sulla caccia non prevede che nel giudizio promosso dal danneggiato contro l'impresa assicuratrice debba essere chiamato il responsabile del danno, come invece dispone la normativa sull'assicurazione obbligatoria della responsabilità civile automobilistica. Non occorre il litisconsorzio necessario . Invero, a parte che nelle sporadiche occasioni in cui si è specificamente occupata del problema, la Cassazione civile ha ritenuto che, nonostante il silenzio normativo, il cacciatore assicurato debba essere necessariamente citato nel giudizio proposto dalla vittima contro l'assicuratore, proprio in ragione dell'esigenza di accertamento del rapporto assicurativo Sez. 3, numero 25058/2013 , per la Consulta il solo elemento realmente indispensabile affinché l'assicuratore del danneggiante possa essere qualificato come responsabile civile è la previsione normativa – nella specie riscontrabile – dell' azione diretta del danneggiato previsione a fronte della quale, nel caso in cui il fatto illecito dell'assicurato integri un'ipotesi di reato, l'assicuratore deve considerarsi obbligato verso la vittima, in virtù di una disposizione della legge civile, a risarcire i danni causati dal reato in solido con l'imputato, conformemente allo schema delineato dal codice penale.
Presidente Amato – Relatore Modugno Ritenuto in fatto 1.– Con ordinanza del 18 giugno 2021, il Tribunale ordinario di Roma, in composizione monocratica, ha sollevato questioni di legittimità costituzionale, in riferimento agli articolo 3, primo comma, e 24 della Costituzione , dell'articolo 83 del codice di procedura penale, nella parte in cui non prevede che, nel caso di responsabilità civile derivante dall'assicurazione obbligatoria prevista dalla legge 11 febbraio 1992, numero 157 Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio , l'assicuratore possa essere citato nel processo penale a richiesta dell'imputato. 1.1.– Il giudice a quo premette di essere investito del processo penale nei confronti di una persona imputata del reato di cui all'articolo 590, secondo comma, in relazione all' articolo 583, primo comma, del codice penale , per aver causato colposamente lesioni gravi ad altra persona esplodendo un colpo con la propria carabina nel corso di una battuta di caccia al cinghiale. Il rimettente riferisce che la persona offesa si era costituita parte civile per ottenere il risarcimento dei danni patiti e che l'imputato aveva chiesto di chiamare in causa i propri assicuratori. Il giudice aveva autorizzato la chiamata, a seguito della quale si erano costituite due delle tre compagnie di assicurazione citate, le quali avevano tuttavia chiesto di essere escluse dal processo ai sensi dell' articolo 86 cod. proc. penumero Mutato il giudice, si rendeva dunque necessario decidere in ordine alla richiesta di esclusione. 1.2.– Secondo il giudice a quo, tale richiesta, in base al diritto vigente, dovrebbe essere accolta. Ai sensi dell' articolo 83 cod. proc. penumero , il responsabile civile può essere, infatti, citato nel processo penale a richiesta della parte civile – oltre che del pubblico ministero, nel caso previsto dall' articolo 77, comma 4, cod. proc. penumero – nonché, a seguito della sentenza numero 112 del 1998 di questa Corte , a richiesta dell'imputato unicamente quando si tratti di responsabilità civile derivante dall'assicurazione obbligatoria prevista dalla legge 24 dicembre 1969, numero 990 Assicurazione obbligatoria della responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti . Di conseguenza, nel caso in cui – come nella specie – l'imputato chieda la chiamata in causa del proprio assicuratore quale terzo responsabile in virtù dell'assicurazione obbligatoria prevista dall' articolo 12 della legge numero 157 del 1992 , la chiamata stessa dovrebbe essere considerata inammissibile. Contrariamente a quanto ritenuto dal precedente giudice nel disporre la citazione dei terzi, non sarebbe possibile applicare in via analogica a tale fattispecie il principio espresso dalla citata sentenza numero 112 del 1998. Vi osterebbero, da un lato, il carattere eccezionale della disposizione introdotta da tale sentenza, a fronte della previsione generale per cui il responsabile civile può essere citato a richiesta della sola parte civile da un altro lato, la lettera della norma, non suscettibile di interpretazione estensiva da un altro lato ancora, e soprattutto, il principio per cui gli effetti delle pronunce dichiarative dell'illegittimità costituzionale non possono essere estesi, sulla base degli argomenti esposti nella loro motivazione, a ipotesi diverse da quelle indicate nel dispositivo e ciò tanto più in una materia, come quella in esame, nella quale – alla luce delle indicazioni di questa Corte è citata la sentenza numero 34 del 2018 – si richiede particolare rigore nel valutare l'ingresso nel processo penale di parti diverse da quelle necessarie. 1.3.– Su tale premessa, il rimettente dubita, tuttavia, della legittimità costituzionale dell' articolo 83 cod. proc. penumero , nella parte in cui non prevede che, nel caso di responsabilità civile derivante dall'assicurazione obbligatoria prevista dall' articolo 12 della legge numero 157 del 1992 , l'assicuratore possa essere citato nel processo penale a richiesta dell'imputato. Le questioni sarebbero rilevanti nel giudizio a quo, incidendo sulla decisione che il rimettente è chiamato ad assumere. Se non fossero accolte, l'eventuale condanna dell'imputato al risarcimento del danno causato alla parte civile determinerebbe conseguenze economiche negative a carico dell'imputato stesso – ancora più evidenti nel caso di concessione di una provvisionale provvisoriamente esecutiva – sebbene egli sia obbligatoriamente assicurato per l'esercizio dell'attività venatoria, costringendolo a promuovere un successivo giudizio civile al fine di vedersi manlevato dal proprio assicuratore. 1.4.– Quanto alla non manifesta infondatezza, il giudice a quo reputa che la norma censurata si ponga in contrasto, anzitutto, con l' articolo 3, primo comma, Cost. , sotto il medesimo profilo che ha portato questa Corte a dichiarare la parziale illegittimità costituzionale dell' articolo 83 cod. proc. penumero con la sentenza numero 112 del 1998 vale a dire, l'irragionevole disparità di trattamento dell'imputato assoggettato all'azione di risarcimento del danno nel processo penale rispetto al convenuto con la stessa azione in sede civile, al quale è riconosciuto il diritto di chiamare in garanzia il proprio assicuratore. Da un lato, infatti, il comma 8 dell' articolo 12 della legge numero 157 del 1992 impone a chi esercita l'attività venatoria la conclusione di un contratto di assicurazione per la responsabilità civile verso i terzi, similmente a quanto stabilisce, con riguardo alla circolazione dei veicoli a motore, l' articolo 1 della legge numero 990 del 1969 , e ora l' articolo 122 del decreto legislativo 7 settembre 2005, numero 209 Codice delle assicurazioni private . Dall'altro lato, il comma 10 dello stesso articolo 12 della legge numero 157 del 1992 consente al danneggiato di agire in via diretta contro l'assicuratore del soggetto che ha causato il danno, allo stesso modo dell' articolo 18 della legge numero 990 del 1969 , e ora dell' articolo 144, comma 1, del d.lgs. numero 209 del 2005 . L'unica differenza tra le due normative starebbe nel fatto che nella legge numero 157 del 1992 non figura una disposizione analoga a quella dell' articolo 23 della legge numero 990 del 1969 – e ora dell' articolo 144, comma 3, del d.lgs. numero 209 del 2005 –, che stabilisce il litisconsorzio necessario di assicuratore e responsabile del danno nel caso di azione diretta del danneggiato verso l'assicuratore. A prescindere, peraltro, dalla considerazione che la giurisprudenza civile di legittimità – con indirizzo qualificabile, secondo il rimettente, come diritto vivente – parrebbe riconoscere la sussistenza di tale litisconsorzio anche in relazione all'assicurazione obbligatoria prevista dalla legge sulla caccia, verrebbe soprattutto in rilievo, al fine di far risaltare la denunciata disparità di trattamento – oltre alla possibilità dell'azione diretta del danneggiato verso l'assicuratore, terzo responsabile ex lege –, il rapporto di garanzia tra assicurato e assicuratore, che consente all'assicurato, ove convenuto in giudizio, di chiamare in causa il proprio assicuratore ai sensi dell' articolo 1917 del codice civile . La sentenza numero 34 del 2018 di questa Corte , nel precisare l'esatta portata dei principi affermati dalla sentenza numero 112 del 1998, ha posto, infatti, in evidenza la «“funzione plurima” del rapporto di garanzia» derivante dall'assicurazione obbligatoria della responsabilità civile automobilistica, «in quanto destinato a salvaguardare direttamente sia la vittima, sia il danneggiante», potendo la prima agire in via diretta contro l'assicuratore e potendo il secondo chiamare in giudizio il proprio assicuratore al fine di essere manlevato. A tale duplice funzione del rapporto di garanzia si è ritenuto che «dovesse necessariamente corrispondere l'allineamento, anche in sede penale, dei poteri processuali di “chiamata” riconosciuti in sede civile, onde evitare che l'effettività della predetta funzione venga pregiudicata dalla scelta del danneggiato di far valere la sua pretesa risarcitoria mediante costituzione di parte civile nel processo penale, anziché nella sede naturale». Analogo allineamento si imporrebbe, pertanto, anche nel caso di sinistro derivante dall'esercizio dell'attività venatoria. 1.5.– La norma censurata violerebbe, inoltre, l' articolo 24 Cost. , in quanto l'imputato, nei cui confronti è proposta nel processo penale una domanda per il risarcimento dei danni provocati da un incidente di caccia, verrebbe privato del diritto di difendersi in quella sede con gli stessi strumenti e con le medesime garanzie accordati al convenuto in sede civile con identica azione. 2.– È intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che le questioni siano dichiarate manifestamente infondate. L'interveniente rileva come questa Corte abbia già dichiarato non fondate, con la sentenza numero 34 del 2018, analoghe questioni di legittimità costituzionale, sollevate con riferimento all'assicurazione obbligatoria dei notai per i rischi derivanti dall'attività professionale. Nell'occasione, si è posto in evidenza come l'esatta portata dei principi affermati dalla sentenza numero 112 del 1998 fosse stata precisata con successive pronunce – la sentenza numero 75 del 2001 e l'ordinanza numero 300 del 2004 – concernenti questioni di legittimità costituzionale intese, come le odierne, ad estendere la decisione a fattispecie reputate omologhe pronunce nelle quali si è sottolineato il particolare rigore con cui, nel sistema delineato dal codice di procedura penale del 1988, «devono essere misurate le disposizioni che regolano l'ingresso, in sede penale, di parti diverse da quelle necessarie». Quanto alla fattispecie oggi in esame, se è vero che nel caso della responsabilità civile derivante dall'attività venatoria il danneggiato ha azione diretta contro l'assicuratore, è anche vero che la legge numero 157 del 1992 , diversamente dalla normativa sull'assicurazione della responsabilità civile automobilistica, non prevede il litisconsorzio necessario di danneggiato e compagnia assicurativa. Pertanto, anche nel caso in esame – secondo quanto rilevato dalla citata sentenza numero 75 del 2001 – la pronuncia additiva invocata dal rimettente riguarderebbe una «ipotesi eccentrica» rispetto alla fattispecie esaminata dalla sentenza numero 112 del 1998, risolvendosi addirittura «in una prospettiva profondamente innovativa e riservata alla scelta discrezionale del legislatore», in quanto volta a consentire l'inserimento di una nuova figura processuale nel procedimento penale. Considerato in diritto 1.– Il Tribunale ordinario di Roma, in composizione monocratica, dubita della legittimità costituzionale dell' articolo 83 del codice di procedura penale , nella parte in cui non prevede che, nel caso di responsabilità civile derivante dall'assicurazione obbligatoria prevista dall' articolo 12, comma 8, della legge 11 febbraio 1992, numero 157 Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio , l'assicuratore possa essere citato nel processo penale a richiesta dell'imputato. Ad avviso del rimettente, la norma censurata violerebbe anzitutto l' articolo 3, primo comma, della Costituzione , determinando una irragionevole disparità di trattamento dell'imputato assoggettato nel processo penale all'azione di risarcimento del danno provocato da un incidente di caccia rispetto al convenuto con la stessa azione in sede civile, al quale è riconosciuto il diritto di chiamare in garanzia il proprio assicuratore. Ciò, in analogia a quanto già rilevato da questa Corte con la sentenza numero 112 del 1998 , riguardo all'assicurazione obbligatoria prevista dalla legge 24 dicembre 1969, numero 990 Assicurazione obbligatoria della responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti . Sarebbe violato, inoltre, l' articolo 24 Cost. , in quanto l'imputato, nei cui confronti è proposta nel processo penale una domanda risarcitoria da parte del danneggiato a seguito di incidente di caccia, verrebbe privato del diritto di difendersi in quella sede nelle medesime forme e con le stesse garanzie che la normativa civilistica stabilisce per il convenuto in sede civile con identica azione. 2.– Prodromica all'esame delle questioni è la ricostruzione del panorama normativo e giurisprudenziale in cui esse si collocano. 2.1.– La figura del responsabile civile è delineata dall' articolo 185, secondo comma, del codice penale , in forza del quale ogni reato, che abbia cagionato un danno, patrimoniale o non patrimoniale, obbliga al risarcimento non solo «il colpevole», ma anche «le persone che, a norma delle leggi civili, debbono rispondere per il fatto di lui». Responsabile civile è, dunque, il soggetto persona fisica o giuridica, ovvero ente collettivo non personificato che, pur non avendo commesso il fatto, è obbligato, in base a una disposizione di legge, a risarcire i danni derivanti dal reato in solido con l'imputato. Ai sensi dell' articolo 83 cod. proc. penumero , oggi censurato, il responsabile civile può essere citato nel processo penale a richiesta della parte civile o, eccezionalmente, del pubblico ministero, nel caso previsto dall' articolo 77, comma 4, cod. proc. penumero quando, cioè, quest'ultimo, ricorrendo una situazione di «assoluta urgenza», abbia esercitato l'azione civile nell'interesse del danneggiato incapace per infermità di mente o età minore . Sulla scia di una lunghissima tradizione storica – risalente al codice di procedura penale del 1865 articolo 549 e perpetuata dai successivi codici del 1913 articolo 66 e del 1930 articolo 110 – analoga facoltà non era invece riconosciuta in alcun caso all'imputato dal testo originario della norma. Ciò, sebbene anche l'imputato possa avere interesse, una volta sottoposto all'azione risarcitoria della parte civile, a veder affermata nell'ambito dello stesso processo penale la corresponsabilità per i danni da reato di altri soggetti – verso i quali potrebbe avere un diritto alla manleva o di regresso – senza dover instaurare un autonomo giudizio civile “a valle” della propria condanna. La preclusione viene usualmente giustificata col rilievo che la presenza del responsabile civile nel processo penale – quale parte eventuale che si aggiunge a quelle necessarie, in connessione a tematiche estranee alle finalità tipiche di quel processo – è configurata dal sistema come uno strumento di tutela, non dell'imputato, ma della vittima del reato, inteso a facilitare il soddisfacimento delle sue pretese risarcitorie. A questa idea si è sostanzialmente ispirata la sentenza numero 38 del 1982, con cui questa Corte escluse, in termini generali, che la preclusione – risultante all'epoca dagli articolo 107 e 110 cod. proc. penumero del 1930 – violasse il principio di eguaglianza e ledesse il diritto di difesa. 2.2.– Entrato in vigore il codice di rito del 1988, il problema tornò ad essere sottoposto all'esame di questa Corte. Non più, però, in termini generali, ma con riguardo a una specifica ipotesi quella, cioè, dell'assicurazione obbligatoria della responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti d'ora in avanti responsabilità civile automobilistica prevista dalla legge numero 990 del 1969 . L'esito fu stavolta di segno opposto. Con la sentenza numero 112 del 1998, questa Corte ritenne, infatti, l' articolo 83 cod. proc. penumero costituzionalmente illegittimo, nella parte in cui non consentiva all'imputato di chiamare nel processo penale l'assicuratore nell'ipotesi considerata. Questa Corte ravvisò in ciò una violazione del principio di eguaglianza, sotto un profilo diverso da quello scrutinato dalla sentenza numero 38 del 1982 non, cioè, raffrontando la posizione dell'imputato con quella della parte civile, ma in relazione alla disparità di trattamento dell'imputato assoggettato ad azione risarcitoria nell'ambito del processo penale rispetto al convenuto con la stessa azione in sede civile, al quale è pacificamente riconosciuto il diritto di chiamare in garanzia il proprio assicuratore articolo 1917, ultimo comma, del codice civile e 106 del codice di procedura civile . Sperequazione che venne reputata ingiustificata, stante la piena identità delle due situazioni messe a confronto. 2.3.– La pronuncia diede adito a nuovi incidenti di legittimità costituzionale, intesi a dilatare il varco così aperto, sul presupposto che il relativo supporto argomentativo potesse essere esteso a un'ampia platea di ulteriori ipotesi di responsabilità civile per fatto altrui. Con due decisioni della prima metà degli anni 2000 – la sentenza numero 75 del 2001 e l'ordinanza numero 300 del 2004 – questa Corte smentì, tuttavia, una simile lettura, precisando l'esatta portata delle proprie precedenti affermazioni. Al riguardo, si rilevò come il vigente codice di rito – in ossequio alla direttiva della «massima semplificazione nello svolgimento del processo» articolo 2, comma 1, numero 1, della legge 16 febbraio 1987, numero 81 , recante «Delega legislativa al Governo della Repubblica per l'emanazione del nuovo codice di procedura penale» , consona al modello accusatorio prescelto – avesse inteso «circoscrivere nei limiti della essenzialità tutte le forme di cumulo processuale, stante la maturata consapevolezza che l'incremento delle regiudicande – specie se, come quelle civili, estranee alle finalità tipiche del processo penale – non possa che aggravarne l'iter, con conseguente perdita di snellezza e celerità nelle cadenze e nei tempi di definizione» sentenza numero 75 del 2001 valori, questi, attualmente oggetto di espressa garanzia costituzionale ad opera dell' articolo 111, secondo comma, Cost. sentenza numero 75 del 2001 e ordinanza numero 300 del 2004 . Da ciò, dunque, «il particolare rigore con il quale devono essere misurate le disposizioni che regolano l'ingresso, in sede penale, di parti diverse da quelle necessarie» e, di riflesso, l'«accentuazione in senso accessorio ed eventuale» della posizione e del ruolo del responsabile civile ancora, sentenza numero 75 del 2001 . In questa prospettiva, le affermazioni della sentenza numero 112 del 1998, lungi dall'assumere una valenza “universale”, dovevano ritenersi intimamente saldate alle «specifiche caratteristiche che rendono del tutto peculiare la posizione dell'assicuratore chiamato a rispondere, ai sensi della legge numero 990 del 1969 , dei danni derivanti dalla circolazione dei veicoli e dei natanti» caratteristiche che implicano «una correlazione tra le posizioni coinvolte di spessore tale da rendere necessariamente omologabile il […] regime ad esse riservato, tanto in sede civile che nella ipotesi di esercizio della domanda risarcitoria in sede penale» sentenza numero 75 del 2001 e ordinanza numero 300 del 2004 . La sentenza numero 112 del 1998 aveva posto, in effetti, in risalto due aspetti. In primo luogo, la circostanza che gli articolo 18 e 23 della legge numero 990 del 1969 – successivamente trasfusi nell' articolo 144, commi 1 e 3, del decreto legislativo 7 settembre 2005, numero 209 Codice delle assicurazioni private – prevedevano, rispettivamente, che il danneggiato per sinistro causato dalla circolazione di veicoli a motore e dei natanti, per i quali vi è obbligo di assicurazione, avesse azione diretta per il risarcimento del danno nei confronti dell'assicuratore, nei limiti delle somme per le quali è stata stipulata l'assicurazione e che nel giudizio promosso dal danneggiato contro l'assicuratore dovesse essere chiamato anche il responsabile del danno, configurando così un litisconsorzio necessario fra tali soggetti. Il che era sufficiente per inquadrare l'ipotesi in questione tra i casi di responsabilità civile ex lege delineata dal secondo comma dell' articolo 185 cod. penumero , la quale si raccorda all'assunzione di una posizione di garanzia per il fatto altrui. In secondo luogo, poi, la pronuncia del 1998 aveva sottolineato che la possibilità di chiamare in causa l'assicuratore – offerta al danneggiante convenuto in sede civile – risultava connessa «al diritto dell'assicurato di vedersi manlevato dalle pretese risarcitorie, con correlativo potere di regresso, al contrario escluso per l'assicuratore» sentenza numero 75 del 2001 . A tale «funzione plurima» del rapporto di garanzia – in quanto destinato a salvaguardare direttamente, sia la vittima, sia il danneggiante – si era ritenuto dovesse necessariamente corrispondere l'allineamento, anche in sede penale, dei poteri processuali di «chiamata» riconosciuti in sede civile, onde evitare che l'effettività della predetta funzione venisse pregiudicata dalla scelta del danneggiato di far valere la sua pretesa risarcitoria mediante costituzione di parte civile nel processo penale, anziché nella sede naturale. Queste peculiarità non si riscontravano nelle altre ipotesi di responsabilità civile per fatto altrui successivamente sottoposte al vaglio di questa Corte. In alcune di esse – quali, in specie, la responsabilità dell'esercente l'aeromobile per i danni provocati da un sinistro sentenza numero 75 del 2001 , la responsabilità civile dello Stato e degli enti pubblici per i fatti dei dipendenti, e la responsabilità civile derivante dalla normativa in materia di infortuni sul lavoro e di previdenza sociale ordinanza numero 300 del 2004 – il danneggiato poteva agire direttamente contro il terzo, ma mancava il rapporto interno di garanzia tra imputato-danneggiante e terzo responsabile era infatti il terzo, ove avesse risarcito il danno, ad avere diritto di regresso verso l'imputato, e non già il contrario. La responsabilità civile del terzo assumeva, dunque, una funzione di tutela del solo danneggiato, e non anche del danneggiante. In altri casi, per converso, se pure era ravvisabile il rapporto interno di garanzia tra imputato-danneggiante e terzo, mancava una tutela diretta del danneggiato. Era questo il caso dell'assicurazione facoltativa della responsabilità civile, la quale – oltre a non dar luogo a un'ipotesi di obbligo risarcitorio ex lege – non attribuisce al danneggiato alcun diritto azionabile nei confronti dell'assicuratore. Secondo un consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, infatti, in materia di assicurazione della responsabilità civile, il danneggiato – fuori dalle eccezionali ipotesi in cui la legge prevede diversamente – non ha azione diretta contro l'assicuratore del responsabile del danno, non essendo l'assicuratore obbligato nei suoi confronti, né per vincolo contrattuale – in base all' articolo 1917 cod. civ. , egli è obbligato solo verso l'assicurato, che deve tenere indenne da quanto debba pagare ad altri –, né a titolo di responsabilità aquiliana ex plurimis, Corte di cassazione, sezione terza civile, ordinanza 25 febbraio 2021, numero 5259 Corte di cassazione, sezione terza civile, sentenza 5 novembre 2011, numero 26019 Corte di cassazione, sezione lavoro, sentenza 14 aprile 2010, numero 8885 . Nel caso considerato, mancavano, pertanto, sia il presupposto oggettivo-sostanziale obbligo del risarcimento ex lege , sia il presupposto soggettivo-processuale destinatario del diritto all'indennizzo , affinché il danneggiato potesse esercitare l'azione civile nel processo penale contro l'assicuratore il che escludeva che quest'ultimo potesse essere inquadrato nella figura del responsabile civile, quale delineata dall' articolo 185, secondo comma, cod. penumero sentenza numero 75 del 2001 . Di conseguenza, la richiesta di riconoscere all'imputato la facoltà di chiamare in giudizio il soggetto in questione si risolveva «in una prospettiva profondamente innovativa e riservata alla scelta discrezionale del legislatore, mirando tale richiesta a consentire l'inserimento eventuale di una nuova figura processuale nel procedimento penale, in evidente contrasto con i ben diversi assetti sistematici di cui innanzi si è detto» ancora, sentenza numero 75 del 2001 . 2.4.– Tali ultime considerazioni hanno portato, in tempi più recenti, a respingere anche i dubbi di legittimità costituzionale prospettati con riguardo all'assicurazione obbligatoria della responsabilità civile derivante dall'esercizio di attività professionale nella specie, l'assicurazione imposta ai notai dagli articolo 19 e 20 della legge 16 febbraio 1913, numero 89 Sull'ordinamento del notariato e degli archivi notarili , come sostituiti, rispettivamente, dagli articolo 1 e 2 del decreto legislativo 4 maggio 2006, numero 182 Norme in materia di assicurazione per la responsabilità civile derivante dall'esercizio dell'attività notarile ed istituzione di un Fondo di garanzia in attuazione dell' articolo 7, comma 1, della legge 28 novembre 2005, numero 246 . Con la sentenza numero 34 del 2018, questa Corte ha rilevato che l'assicurazione ora indicata è destinata innegabilmente a svolgere una «funzione plurima» giacché, «se per un verso garantisce, come ogni altra, l'assicurato, per altro verso è destinata – negli intenti del legislatore – a tutelare anche l'interesse del terzo danneggiato dall'attività notarile alla certezza del ristoro del pregiudizio patito, in ciò proprio risiedendo la precipua ragione del regime di obbligatorietà». Pur tuttavia, il legislatore non si era spinto, nell'occasione, sino a prevedere la possibilità di un'azione diretta del danneggiato nei confronti dell'assicuratore, analoga a quella accordata al danneggiato da sinistro stradale elemento che restava, dunque, «dirimente al fine, per un verso, di escludere che la posizione dell'assicuratore possa essere inquadrata nel paradigma del responsabile civile ex lege, quale delineato dall' articolo 185, secondo comma, cod. penumero , e, per altro verso, di attribuire correlativamente anche alla pronuncia additiva […] richiesta la valenza di innovazione sistematica, riservata alla discrezionalità del legislatore» sentenza numero 34 del 2018 . 3.– Oggi, però, il Tribunale di Roma ripropone il problema in relazione a un'ipotesi di assicurazione obbligatoria della responsabilità civile che abilita il danneggiato ad agire in via diretta contro l'assicuratore del danneggiante segnatamente, quella prescritta dall' articolo 12, comma 8, della legge numero 157 del 1992 ai fini dell'esercizio dell'attività venatoria. Riguardo a tale fattispecie, la questione sollevata in riferimento all' articolo 3, primo comma, Cost. è fondata. 3.1.– L'articolo 12, comma 8, della legge numero 157 del 1992 stabilisce che «[l]'attività venatoria può essere esercitata da chi abbia compiuto il diciottesimo anno di età e sia munito della licenza di porto di fucile per uso di caccia, di polizza assicurativa per la responsabilità civile verso terzi derivante dall'uso delle armi o degli arnesi utili all'attività venatoria […], nonché di polizza assicurativa per infortuni correlata all'esercizio dell'attività venatoria», con i massimali ivi indicati periodicamente aggiornati nei modi prefigurati dal successivo comma 9 . È, dunque, normativamente previsto l'obbligo, per chi eserciti l'attività venatoria quale definita dai commi 2 e 3 dello stesso articolo 12 , di essere coperto da assicurazione della responsabilità civile verso i terzi oltre che da assicurazione contro gli infortuni obbligo la cui inosservanza è punita con sanzione amministrativa pecuniaria dall' articolo 31, comma 1, lettera b , della legge numero 157 del 1992 . Per quanto qui interessa, è indubitabile che l'assicurazione obbligatoria della responsabilità civile da attività venatoria assolva a quella «funzione plurima» di garanzia cui ha fatto riferimento la sentenza numero 112 del 1998, come precisata dalle successive pronunce di questa Corte dianzi richiamate. Come ogni forma di assicurazione, essa tutela l'assicurato, che ha diritto di vedersi manlevato dalle pretese risarcitorie del danneggiato, con correlato diritto di regresso verso l'assicuratore qualora le abbia soddisfatte ma tutela pure le vittime degli incidenti di caccia, garantendo loro, entro i limiti del massimale assicurativo, il ristoro dei danni subiti. Per generale riconoscimento, infatti, la ratio del regime di obbligatorietà dell'assicurazione in discorso è proprio quella di proteggere in maniera effettiva, per ragioni di sicurezza sociale, i terzi danneggiati, stante l'elevata pericolosità dell'attività venatoria, esercitata mediante armi da fuoco tra le altre, Corte di cassazione, sezione terza civile, sentenza 23 febbraio 1996, numero 1439 . La conclusione è puntualmente avvalorata dalla previsione del comma 10 dello stesso articolo 12, secondo la quale «[i]n caso di sinistro colui che ha subito il danno può procedere ad azione diretta nei confronti della compagnia di assicurazione presso la quale colui che ha causato il danno ha contratto la relativa polizza», similmente a quanto avviene per l'assicurazione obbligatoria della responsabilità civile automobilistica. A fronte di ciò, il solo elemento differenziale di rilievo, sotto il profilo che interessa, tra le due forme di assicurazione è costituito dalla circostanza che la legge sulla caccia non prevede che nel giudizio promosso dal danneggiato contro l'impresa assicuratrice debba essere chiamato il responsabile del danno, come invece dispone la normativa sull'assicurazione obbligatoria della responsabilità civile automobilistica articolo 23 della legge numero 990 del 1969 , ora trasfuso nell' articolo 144, comma 3, del d.lgs. numero 209 del 2005 . Ed è su questo dato – la mancata previsione del litisconsorzio necessario di assicuratore e responsabile del danno litisconsorzio valorizzato nella motivazione della sentenza numero 112 del 1998 – che fa leva in via esclusiva la difesa della Presidenza del Consiglio dei ministri per sostenere che, pure nel caso in esame, difetterebbe l'eadem ratio per una replica della declaratoria di illegittimità costituzionale pronunciata nel 1998. 3.2.– Il rimettente ha, peraltro, contestato che alla discrepanza del dato normativo sul punto corrisponda una differenza sostanziale, assumendo che, malgrado il silenzio della legge, la sussistenza del litisconsorzio necessario sarebbe stata riconosciuta dalla giurisprudenza civile, con indirizzo qualificabile come diritto vivente, anche in relazione all'azione diretta contro l'assicuratore proposta dal danneggiato a seguito di incidente di caccia. La Corte di cassazione ha ripetutamente affermato, in verità, che il litisconsorzio necessario previsto dalla legge sull'assicurazione della responsabilità civile automobilistica rappresenta un'eccezione al principio della facoltatività del litisconsorzio nelle obbligazioni solidali ex plurimis, Corte di cassazione, sezione lavoro, sentenza 12 maggio 2006, numero 11039 Corte di cassazione, sezione terza civile, sentenza del 29 novembre 2005, numero 26041 eccezione giustificata dall'intento di facilitare l'assicuratore nell'esercizio dell'eventuale azione di rivalsa contro l'assicurato tra le altre, Corte di cassazione, sezione terza civile, sentenza 25 settembre 1998, numero 9592 Corte di cassazione, sezione terza civile, sentenza 6 novembre 1996, numero 9647 . Tale ipotesi può verificarsi in quanto, per espresso disposto normativo, l'assicuratore della responsabilità civile automobilistica non può opporre al danneggiato, che agisca direttamente nei suoi confronti, eccezioni derivanti dal contratto di assicurazione, salvo a rivalersi sull'assicurato, quando avrebbe avuto contrattualmente il diritto di rifiutare o ridurre la propria prestazione articolo 18, secondo comma, della legge numero 990 del 1969 , ora trasfuso nell' articolo 144, comma 2, del d.lgs. numero 209 del 2005 . In questa prospettiva, si dovrebbe escludere che il litisconsorzio necessario sia configurabile in rapporto all'assicurazione prescritta dalla legge sulla caccia da un lato, perché manca una previsione espressa, da ritenere indispensabile, trattandosi di eccezione a un principio generale dall'altro, perché difetterebbe la stessa ragione giustificatrice dell'eccezione, posto che la legge sulla caccia non riproduce la norma sull'inopponibilità al danneggiato delle eccezioni fondate sul contratto. Nel 2006, tuttavia, le sezioni unite della Corte di cassazione hanno espresso un diverso indirizzo Corte di cassazione, sezioni unite civili, sentenza 5 maggio 2006, numero 10311 , ripreso dalla giurisprudenza di legittimità successiva tra le altre, Corte di cassazione, sezione terza civile, ordinanza 14 ottobre 2019, numero 25770 Corte di cassazione, sezione terza civile, 13 febbraio 2013, numero 3567 , anche se in modo non uniforme. In base ad esso, nell'assicurazione obbligatoria della responsabilità civile automobilistica, il litisconsorzio è necessario, non solo perché previsto dalla legge, ma anche perché imposto dallo stesso oggetto del giudizio. Per accogliere la domanda proposta dal danneggiato nei confronti dell'assicuratore, occorre infatti accertare non solo l'esistenza di un danno e la responsabilità dell'assicurato, ma anche l'esistenza di un contratto di assicurazione tra l'assicuratore convenuto e il soggetto indicato come responsabile del danno accertamento, quest'ultimo, che, secondo le sezioni unite, «non può che essere unico e uniforme per tutti e tre i soggetti» coinvolti. In quest'ordine d'idee, la mancata previsione espressa del litisconsorzio necessario non sarebbe d'ostacolo a ravvisarne la sussistenza, anche con riguardo all'assicurazione obbligatoria della responsabilità civile del cacciatore. In effetti, nelle sporadiche occasioni in cui si è specificamente occupata del problema, la Corte di cassazione ha ritenuto che, nonostante il silenzio normativo, il cacciatore assicurato debba essere necessariamente citato nel giudizio proposto dalla vittima contro l'assicuratore, proprio in ragione dell'esigenza di accertamento del rapporto assicurativo Corte di cassazione, sezione terza civile, sentenza 7 novembre 2013, numero 25058 . Pur non potendosi parlare di un «diritto vivente» in tale direzione, come opina il rimettente, la sua tesi, riguardo alla configurabilità del litisconsorzio necessario, anche in assenza di previsione espressa, si palesa, dunque, non implausibile. 3.3.– Ma, ove pure si ritenesse che nel caso in esame il litisconsorzio necessario non sussista, ciò non impedirebbe, comunque sia, di ravvisare il vulnus costituzionale denunciato dal giudice a quo. È ben vero che – come in precedenza ricordato – nella sentenza numero 112 del 1998 questa Corte ha evocato, tanto l'azione diretta del danneggiato contro l'assicuratore, quanto il litisconsorzio necessario di assicuratore e responsabile del danno nel giudizio promosso contro il primo come elementi che caratterizzano la posizione dell'assicuratore della responsabilità civile automobilistica il che consente, in particolare, di inquadrarla nella figura del responsabile civile, quale delineata dall' articolo 185, secondo comma, cod. penumero Di là, peraltro, da tale passaggio argomentativo, è giocoforza riconoscere che il solo elemento realmente indispensabile affinché l'assicuratore del danneggiante possa essere qualificato come responsabile civile è la previsione normativa – nella specie riscontrabile – dell'azione diretta del danneggiato previsione a fronte della quale, nel caso in cui il fatto illecito dell'assicurato integri un'ipotesi di reato, l'assicuratore deve considerarsi obbligato verso la vittima, in virtù di una disposizione della legge civile, a risarcire i danni causati dal reato in solido con l'imputato, conformemente allo schema delineato dal codice penale. Il che, peraltro, è già desumibile, a contrario, dalla sentenza numero 34 del 2018 di questa Corte , che – come si è avuto modo di vedere – ha ritenuto «dirimente» proprio e soltanto la mancata previsione dell'azione diretta, al fine di escludere che l'assicurazione obbligatoria della responsabilità civile del notaio possa essere inquadrata nel paradigma dell' articolo 185, secondo comma, cod. penumero 3.4.– Si consideri, d'altro canto, che, come in precedenza ricordato, la regola generale, in tema di cause relative a obbligazioni solidali tra privati, è quella della facoltatività del litisconsorzio. In plurime ipotesi di responsabilità civile per fatto altrui, pacificamente riconducibili allo schema dell' articolo 185, secondo comma, cod. penumero – ad esempio, responsabilità del proprietario del veicolo per i danni prodotti dal conducente articolo 2054, terzo comma, cod. civ. responsabilità dell'armatore della nave o dell'esercente l'aeromobile per i danni provocati dall'equipaggio articolo 274, primo comma, e 878, primo comma, del regio decreto 30 marzo 1942, numero 327, recante «codice della navigazione» – non è, dunque, necessario chiamare il danneggiante nel giudizio risarcitorio promosso contro il terzo responsabile. Nelle ipotesi ora indicate, l'elemento che, in base alla giurisprudenza di questa Corte, esclude l'esigenza costituzionale di riconoscere all'imputato-danneggiante la facoltà di chiamare nel processo penale il terzo responsabile è, per quanto visto, di diverso ordine. Esso si lega alla circostanza che, nei casi considerati, manca un rapporto interno di garanzia tra terzo responsabile e imputato-danneggiante, in quanto è il terzo responsabile ad avere diritto di regresso verso quest'ultimo, qualora abbia risarcito il danno, e non viceversa rapporto interno di garanzia che invece ricorre nel caso dell'assicurazione obbligatoria, tanto della responsabilità civile automobilistica, quanto della responsabilità civile da attività venatoria. 3.5.– Sotto diverso profilo, può ulteriormente osservarsi che il litisconsorzio necessario previsto dalla normativa sull'assicurazione obbligatoria della responsabilità civile automobilistica è “unilaterale” esso sussiste, cioè, nell'ipotesi in cui il danneggiato agisca direttamente contro l'assicuratore, ma non quando il danneggiato agisca esclusivamente nei confronti del responsabile del danno ai sensi dell' articolo 2054 cod. civ. In questo secondo caso, l'assicuratore può divenire parte del giudizio solo a seguito di chiamata da parte del convenuto ai sensi degli articolo 1917, ultimo comma, cod. civ. e 106 cod. proc. civ. Corte di cassazione, sezione terza civile, sentenza 3 ottobre 2008, numero 26421 Corte di cassazione, sezione terza civile, sentenza 14 giugno 2007, numero 13955 . L'ipotesi che oggi viene in rilievo è riconducibile a questa seconda evenienza. Si discute, infatti, del caso in cui il danneggiato si costituisca parte civile nel processo penale nei confronti dell'imputato-danneggiante senza chiedere la citazione dell'assicuratore, e l'incidente di costituzionalità mira proprio a consentire all'imputato di esercitare, anche in sede penale, il potere di chiamata dell'assicuratore che gli sarebbe stato riconosciuto ove fosse stato convenuto in sede civile con la medesima azione. L'esistenza o non del litisconsorzio necessario di assicuratore e responsabile del danno nel diverso caso in cui il danneggiato agisca contro l'assicuratore resta, in quest'ottica, una variabile indifferente ai fini della risoluzione dell'odierno scrutinio. 3.6.– Quanto precede comporta, in conclusione, che, nella fattispecie in esame, debba ravvisarsi la medesima ingiustificata disparità di trattamento, tra imputato assoggettato ad azione risarcitoria nel processo penale e convenuto con la stessa azione in sede civile, già riscontrata dalla sentenza numero 112 del 1998 disparità di trattamento a fronte della quale l'effettività della duplice funzione di garanzia del rapporto assicurativo, instaurato ai sensi dell' articolo 12, comma 8, della legge numero 157 della 1992 , rischia di rimanere compromessa, secondo la scelta del danneggiato riguardo alla sede processuale in cui far valere le proprie pretese. 4.– L' articolo 83 cod. proc. penumero va dichiarato, di conseguenza, costituzionalmente illegittimo, nella parte in cui non prevede che, nel caso di responsabilità civile derivante dall'assicurazione obbligatoria prevista dall' articolo 12, comma 8, della legge numero 157 del 1992 , l'assicuratore possa essere citato nel processo penale a richiesta dell'imputato. La questione sollevata in riferimento all' articolo 24 Cost. resta assorbita. Per Questi Motivi LA CORTE COSTITUZIONALE dichiara l'illegittimità costituzionale dell' articolo 83 del codice di procedura penale , nella parte in cui non prevede che, nel caso di responsabilità civile derivante dall'assicurazione obbligatoria prevista dall' articolo 12, comma 8, della legge 11 febbraio 1992, numero 157 Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio , l'assicuratore possa essere citato nel processo penale a richiesta dell'imputato.