Condominio a “T” e su piani diversi: quale presunzione di condominialità?

La Cassazione interviene cercando di fare chiarezza sulla presunzione di condominialità di un edificio edificato nella vigenza del codice del 1965 e solo successivamente frazionato in diverse unità immobiliari.

Il nesso di condominialità, presupposto della regola di attribuzione di cui all'articolo 1117 c.c., è ravvisabile in diverse tipologie costruttive, sia estese in senso verticale sia in senso orizzontale, purché le diverse parti siano dotate di strutture portanti e di impianti essenziali comuni. La vicenda processuale e condominiale è complessa il proprietario dell'unità immobiliare dell'ultimo piano, con accesso in una via e facente parte di un edificio i cui piani inferiori sono accessibili da una diversa via parallela, evoca in giudizio i proprietari sottostanti affinché fosse loro ordinato di concorrere alle spese necessarie per il consolidamento strutturale dell'edificio. Rigettate la domanda cautelare ex articolo 700 c.p.c., nel giudizio di merito il Tribunale accoglieva le domande, accertando l'inclusione dell'appartamento e delle unità immobiliari sottostanti in un unico edificio in Condominio, nonché la natura condominiale della casa già adibita ad abitazione del portiere e del muro di contenimento del terreno sulla cui sommità sorte il giardino di proprietà esclusiva dell'attore. Per gli effetti i convenuti venivano condannati alla partecipazione alle spese necessarie per il mantenimento della struttura. La Corte di Appello, dopo il giudizio di rinvio per una questione processuale, confermava la decisione di primo grado. A sostegno, dalle relazioni peritali emergeva che l'edificio di cui si trattava era composto da una struttura unitaria, articolata in tre diversi corpi un corpo a pianta rettangolare prospiciente una via X, un corpo scale retrostante, che col primo forma una struttura a “T”, ed un terzo corpo composto dalle strutture di sostegno del terrapieno di basamento del giardino antistante l'appartamento dell'ultimo piano. Il muro di contenimento oggetto di lite assolve alla funzione di contrafforte e di scarico dei pesi dell'intero edificio. D'altra parte, anche il titolo di acquisto parlava di edificio composto da «terreni e quattro piani superiori con giardinetto di pertinenza del solo ultimo piano e diversi accessori e pertinenze». Con riguardo all'alloggio del portiere, i convenuti non avevano dimostrato l'esistenza di un titolo contrarioex articolo 1117 c.c., anzi in precedenti rogiti di dava atto della quota di spettanza dell'alloggio del portiere anche all'appartamento dell'ultimo piano, restando irrilevanti i decreti di trasferimento in una procedura esecutiva che avevano diviso in lotti il complesso ed attribuendo la quota parte di alloggio solo alle unità immobiliari inferiori, non a quella dell'ultimo piano. La Cassazione rigetta i primi motivi di ricorso riguardanti l'unitarietà dell'edificio, perché questione meritale preclusa in sede di legittimità. Tuttavia, la Suprema Corte egualmente precisa che il nesso di condominialità, presupposto della regola di attribuzione di cui all'articolo 1117 c.c., è ravvisabile in diverse tipologie costruttive, sia estese in senso verticale sia costituite da corpi di fabbrica adiacenti orizzontalmente, purché le diverse parti siano dotate di strutture portanti e di impianti essenziali comuni, come appunto quelle res esemplificatamente elencate nell'articolo 1117 c.c., salvo che il contrario risulti dal titolo. Anzi, la condominialità si reputa sussistente anche nel caso di edifici indipendenti, ossia quando manchi uno stretto nesso strutturale, materiale e funzionale, a mente degli articolo 61 e 62 disp. att. c.c., ove consente lo scioglimento del Condominio se l'edificio si possa dividere in parti che abbiano le caratteristiche di edifici autonomi, anche se restano in comune con gli originari partecipanti alcune delle cose indicate dall'articolo 1117 del codice. V'è da dire che l'edificio era risalente al codice civile del 1865 e aveva subito diverse vicende dominicali e di divisione, per cui si poteva porre il problema dell'attuale condominiali del muro di contenimento e dell'ex alloggio del portiere. Con riguardo alle strutture comuni, la Cassazione ricorda che è comunque applicabile l'articolo 1117 c.c. in presenza di un Condominio sorto nella vigenza del codice civile del 1965 torna applicabile l'articolo 1117 del c.c. del 1942. Invero, anche secondo il codice civile del 1865, in forza dell'articolo 562 che poneva «a carico di tutti i proprietari» le «riparazioni e ricostruzioni» delle «cose comuni» , nel silenzio dei titoli di proprietà, dovevano presumersi di proprietà comune tutte le entità strutturali e le parti di un edificio in Condominio, che fossero destinate all'uso comune. La disciplina della comunione e del Condominio negli edifici dettata dal codice del 1865, in difetto di espressa disposizione transitoria, è da intendere, invero, abrogata dal codice civile del 1942, il quale disciplina compiutamente l'intera materia, sicché l'attribuzione delle parti comuni viene a essere regolata dall'articolo 1117 del codice civile vigente, le cui disposizioni si applicano anche agli edifici costruiti prima dell'entrata in vigore del nuovo testo Cass. civ., sez. II, 8.9.2021, numero 24189 Id., 15.6.1998, numero 5948 . Con riguardo alle vicende dell'alloggio del portiere, la Cassazione ricorda che, per stabilire se un locale tra quelli indicati dall'articolo 1117, numero 2., c.c. sia comune, occorre accertare se, prima della costituzione del Condominio, come conseguenza dell'alienazione dei singoli appartamenti da parte dell'originario proprietario dell'intero fabbricato, vi sia stata, espressamente o di fatto, una destinazione del bene al servizio comune ovvero se questa gli sia stata sottratta. Nella specie, nel riformare la sentenza impugnata, la S.C. ha ritenuto che la contestuale messa in vendita, in uno alle altre unità immobiliari, del locale originariamente adibito, da parte dell'ente pubblico proprietario dell'intero stabile, ad alloggio del portiere, ne avesse determinato la sottrazione alla sua destinazione al servizio della cosa comune Cass. civ. sez. II, 14.6.2017, numero 14796 Id., 7.5.2010, numero 11195. Stante la differenza tra cose necessarie all'uso comune numero 1 articolo 1117 c.c. e beni destinati all'uso comune per le caratteristiche strutturali e funzionali numero 2 articolo 117 c.c. questi ultimi esigono una specifica destinazione negoziale al servizio comune. Nel caso di specie, al contrario, gli atti traslativi della proprietà delle singole unità immobiliari davano atto della quota dell'alloggio del portiere. Quanto al muro di contenimento, non vale richiamare l'articolo 887 c.c., che presuppone due fondi confinanti uno superiore e uno inferiore di diversa proprietà e che non opera quando il muro sia incluso in un Condominio e costituisca una parte necessaria all'uso comune dello stesso. Dunque, sia la destinazione dell'alloggio del portiere, sia la funzione del muro di contenimento vanno verificati in relazione al momento della costituzione del Condominio. Una volta ritenuta applicabile la norma dell'articolo 1117 per il vincolo di accessorietà, occorre individuare, per superare la presunzione di condominialità, il titolo che ha dato luogo alla formazione del Condominio per effetto del primo frazionamento. Gli atti successivi non sono determinanti.

Presidente D'Ascola – Relatore Scarpa Fatti di causa e ragioni della decisione 1. M.A. e M.M. hanno proposto ricorso articolato in quattro motivi avverso la sentenza numero 2017/2017 della Corte d'appello di Napoli, pubblicata il 17 maggio 2017. 2. Resistono con unico controricorso S.G., S.C. e S.A 3. Sono stati altresì intimati C.A., C.C., C.E., M.G. e V.C., che non hanno svolto attività difensive. 4. La lite ebbe inizio col promovimento dapprima di un ricorso ex articolo 700 c.p.c. e poi di una denunzia di danno temuto, entrambi nel gennaio 1984, da parte di A.F. morta in corsa di causa, cui sono succeduti S.G., C. ed A. , proprietaria di un appartamento a omissis , costituente il quarto ed ultimo piano di un edificio i cui piani inferiori risultano accessibili dal parallelo viale omissis . A.F. domandò che venisse ordinato ai proprietari degli appartamenti sottostanti al suo di partecipare alle spese necessarie per l'eliminazione di gravi dissesti strutturali che avevano interessato l'edificio. Le domande cautelari vennero rigettate. Con citazione del 21 novembre 1984 A.F. adì quindi il Tribunale di Napoli, chiedendo che venissero accertate l'inclusione del suo appartamento e quelli sottostanti in un unico edificio in condominio, nonché la natura condominiale della casa già adibita ad abitazione del portiere e del muro di contenimento del terreno sulla cui sommità sorge il giardino di proprietà esclusiva A., per l'effetto condannando i proprietari delle altre unità immobiliari a contribuire nelle spese necessarie per la conservazione della struttura. Il Tribunale accolse le domande attoree, affermando che l'appartamento dell'attrice con accesso da omissis e gli altri appartamenti con accesso da omissis erano parti di un unico complesso condominiale che, dall'esame dei rogiti prodotti in particolare, l'atto a rogito notaio Sa., del 21 maggio 1936, con cui P.E. originaria unica proprietaria dell'intero edificio - alienò la proprietà dell'appartamento dell'ultimo piano a C.M.B. e l'atto a rogito notaio Z. del 5 marzo 1973 con cui gli eredi di Po.Anumero - che aveva acquistato la proprietà del medesimo appartamento da C.M.B. - alienarono il bene a A.F. , alla casa già adibita ad abitazione del portiere doveva riconoscersi natura di bene condominiale che, parimenti, anche il muro di contenimento suddetto doveva considerarsi bene condominiale, sicché incombeva su tutti i condomini l'obbligo di curarne la manutenzione. Avverso detta pronuncia, con citazione del 22 settembre 2001 proposero appello M.A., M.M. e M.M., chiedendo - sul presupposto della assoluta indipendenza tra le unità abitative dei primi tre piani e quella del quarto ed ultimo piano di proprietà A. - la riforma della pronuncia di primo grado ed eccependo altresì l'intervenuto acquisto per usucapione dei locali adibiti ad alloggio del portiere. Il processo d'appello venne interrotto e riassunto, ma la Corte d'appello di Napoli, con sentenza numero 3509/2007, in accoglimento dell'eccezione sollevata dall'appellata A.F., dichiarò l'estinzione del processo in ragione della tardività della riassunzione. Proposero ricorso per cassazione M.M. e M.A., ricorso accolto da questa Corte con sentenza numero 10969/2014, affermandosi la tempestività della eseguita riassunzione. La Corte d'appello di Napoli, nuovamente investita quale giudice di rinvio da M.A. e M.M., con la sentenza numero 2017/2017, impugnata con il presente ricorso, ha respinto il gravame. I giudici di rinvio, condividendo le conclusioni della pronuncia di primo grado, hanno osservato come tanto dalla indagine peritale espletata dall'ingegnere Pa., quanto da quella espletata dall'ingegnere p. fosse emerso che l'edificio in cui sono compresi gli appartamenti in contesa consta di una struttura unitaria, articolata in tre corpi connessi un corpo a pianta rettangolare prospiciente su omissis , un corpo scala retrostante, che col primo forma una struttura a T, ed un terzo corpo costituito dalle opere di sostegno del terrapieno di basamento del giardino antistante l'appartamento del quarto piano. E' stato accertato altresì che il muro di contenimento oggetto di lite assolve ad una funzione di contrafforte e su di esso scarica il proprio peso l'intero fabbricato. Stante l'operatività della presunzione di cui all'articolo 1117 c.c., non vinta dalle difese delle appellanti, è stata respinta la deduzione circa l'occorrenza di fornire la probatio diabolica da parte di A.F. e dei suoi eredi. A conforto della unitarietà del fabbricato, la Corte d'appello ha tratto elementi dalla produzione documentale, ed in particolare dai rogiti notarili attinenti al trasferimento della proprietà dell'appartamento dell'ultimo piano, ove si parlava di edificio composto da terranei e quattro piani superiori con giardinetto di pertinenza del solo ultimo piano e diversi accessori e dipendenze . Tale conclusione sarebbe stata altresì suffragata dalla polizza globale fabbricati stipulata il 6 luglio 1977 da M.G. dante causa di M.A. e M. per conto dell'amministrazione del condominio. Con specifico riferimento all'alloggio adibito a casa del portiere, la Corte d'appello ha rimarcato la mancata produzione di titolo contrario idoneo a vincere la presunzione di condominialità ex articolo 1117 c.c., ed ha rilevato, anzi, che l'atto a rogito Z., dava atto della compravendita di un appartamento quello al quarto piano , comprensivo di ogni accessione, dipendenza e servitù, ivi compresa la terrazza di copertura e quote casa del portiere allo stesso modo, il più risalente atto a rogito Sa., con cui la originaria unica proprietaria del bene aveva alienato la proprietà dell'appartamento del quarto piano, prendeva in considerazione un'unità abitativa comprensiva della soprastante terrazza, annesso giardino ed accessori dello stesso, annesso garage con vani sottostanti nonché quota sulla casa del portiere . A identiche conclusioni inducevano l'atto di compravendita, a rogito notaio Ma., da C.M.B. ad Po.Anumero e l'atto a rogito notaio D.L. del 26 giugno 1940, con cui P.E. cedette il caseggiato con ingresso sia dalla omissis che dalla omissis a M.G Ne' il titolo contrario avrebbe potuto ricavarsi dagli atti della vendita in lotti separati nell'ambito del procedimento di espropriazione immobiliare che aveva precedentemente interessato l'edificio, dai quali sarebbe emerso che del servizio di portierato non avrebbe beneficiato l'appartamento del quarto piano. Quanto all'eccezione di usucapione della proprietà esclusiva dell'alloggio del portiere, sollevata dalle appellanti, la Corte d'appello, premessane la ammissibilità in ragione dell'applicabilità dell'articolo 345 c.p.c., nella vecchia formulazione, ha valutato la stessa sfornita di prova. In particolare, la Corte di Napoli ha osservato che nessuna prova del possesso uti dominus era stata dedotta con l'atto di appello, essendo invece da respingere le deduzioni istruttorie svolte al riguardo davanti al giudice istruttore, non avendo la difesa delle M. insistito per la loro ammissione nelle conclusioni all'udienza del 24 novembre 2016, ed essendo comunque necessaria la formulazione delle istanze di prova coeva alla proposizione dell'eccezione di usucapione. Veniva altresì confermata la natura di bene condominiale del muro di contenimento. 5. La trattazione del ricorso è stata fissata in Camera di consiglio, a norma dell'articolo 375 c.p.c., comma 2, e articolo 380 bis.1 c.p.c Ricorrenti e controricorrenti hanno depositato memorie. 6. Il primo motivo del ricorso di M.A. e M.M. denuncia la violazione e falsa applicazione dell'articolo 1117 c.c., nnumero 1, 2 e 3, articolo 1118,1123,1140,1362,1363,1368,2727 c.c., articolo 2728 c.c., comma 1 e articolo 2729 c.c. e degli articolo 61 e 62 disp. att. c.c., nonché l'omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, ex articolo 360 c.p.c., comma 1, numero 5. Le ricorrenti criticano le conclusioni della sentenza impugnata nella parte in cui ha riconosciuto l'unitarietà dello stabile per cui si discute, che sarebbe invece smentita da una più attenta lettura delle risultanze peritali. Si deduce che dalle consulenze tecniche sarebbero emersi elementi che avrebbero dovuto condurre all'esclusione della condominialità per molteplici parti dell'edificio. Con specifico riferimento alla casa del portiere, la presunzione di condominialità sarebbe risultata smentita sia dai decreti di trasferimento del Tribunale di Napoli emessi nell'ambito del procedimento di espropriazione immobiliare promosso dalla Banca di Calabria nei confronti di D.M.E., originaria proprietaria dell'intero fabbricato , che davano atto di una divisione in cinque lotti, di cui solo i primi quattro corrispondenti ai primi tre piani dell'edificio - comprendevano anche una quota sull'alloggio del portiere, mentre per il quinto - avente ad oggetto il quarto piano con giardino - veniva espressamente esclusa la quota sull'alloggio del portiere sia dall'atto di trasferimento a rogito D.L., con cui M.G. aveva acquistato da P.E Viene sottolineato altresì il fatto che l'immobile costituente il quarto piano ha un diverso censimento rispetto all'intero casamento acquistato da M.G Il secondo motivo di ricorso allega la violazione e falsa applicazione degli articolo 840,887,984, articolo 1117 c.c., nnumero 1, 2 e 3 e articolo 1118 c.c., nonché l'omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti ex articolo 360 c.p.c., comma 1, numero 5. Le ricorrenti reiterano la censura della pronuncia della Corte d'appello nella parte in cui ha riconosciuto la natura di beni condominiali ad una serie di elementi quali le scale, l'atrio, la casa del portiere ed il terreno retrostante. La censura deduce che il servizio di portineria risultava venuto meno sin dal 1936, quando l'edificio nel suo complesso era stato assoggettato ad espropriazione immobiliare, senza che vi fosse prova che tale servizio fosse stato riattivato. Le ricorrenti affermano, dunque, che M.G. conseguì il possesso pieno ed esclusivo del bene ciò, nella tesi delle ricorrenti, avrebbe determinato il venir meno della presunzione di cui all'articolo 1117 c.c Il medesimo secondo motivo di ricorso sottopone a censura la sentenza del giudizio di rinvio nella parte in cui ha riconosciuto natura di bene condominiale al muro di contenimento. 6.1. Deve superarsi l'eccezione pregiudiziale dei controricorrenti in ordine alla generale inammissibilità del ricorso il ricorso, invero, contiene una sufficiente esposizione dei fatti di causa, dalla quale risultano le posizioni processuali delle parti, nonché gli argomenti dei giudici dei singoli gradi. Ne' la circostanza che i motivi contengano censure miste , tali, cioè, da intingere contemporaneamente in più numeri tra quelli elencati dall'articolo 360 c.p.c., comma 1, costituisce, di per sé, ragione d'inammissibilità dell'impugnazione, giacché la loro formulazione permette comunque di cogliere le doglianze prospettate Cass. Sez. U, 06/05/2015, numero 9100 . Peraltro, la verifica dell'osservanza di quanto prescritto dall'articolo 366 c.p.c., comma 1, nnumero 4 e 6 , va compiuta con riferimento a ciascun singolo motivo di impugnazione, verificandone in modo distinto specificità, completezza e riferibilità alla decisione impugnata, nonché l'analitica indicazione dei documenti sui quali ognuno si fondi, il che esclude che il ricorso possa essere dichiarato per intero inammissibile, ove tale situazione sia propria solo di uno o di alcuno dei motivi proposti cfr. Cass. Sez. U., 05/07/2013, numero 16887 . 6.2. Le due prime censure, da esaminare congiuntamente in quanto connesse, sono prioritariamente articolate come violazione e falsa applicazione di molteplici norme di diritto, ai sensi dell'articolo 360 c.p.c., comma 1, numero 3 esse rivelano diffusi profili di inammissibilità e sono comunque infondate, adducendo rilievi sprovvisti di evidente decisività ai fini della cassazione della sentenza impugnata. In realtà, il primo ed il secondo motivo di ricorso sono volti dichiaratamente a sostenere l'erroneità dell'accertamento di fatto operato dalla Corte d'appello, approdato a tali esiti 1 l'edificio in cui sono compresi gli appartamenti dei contendenti è costituito da una struttura unitaria, articolata in tre corpi connessi un corpo a pianta rettangolare prospiciente su omissis , un corpo scala retrostante, che forma col primo una struttura a T, ed un terzo corpo costituito dalle opere di sostegno del terrapieno di basamento del giardino antistante l'appartamento del quarto piano. Anche i documenti prodotti in giudizio depongono per una considerazione unitaria del complesso immobiliare 2 il muro di contenimento oggetto di lite assolve ad una funzione di contrafforte e su di esso scarica il proprio peso l'intero fabbricato, sicché rientra tra le parti comuni 3 l'alloggio adibito a casa del portiere è parimenti avvinto dalla presunzione ex articolo 1117 c.c., non essendo stato allegato titolo contrario ad essa anzi, alcuni rogiti notarili, relativi alla alienazione di unità immobiliari di proprietà esclusiva, richiamavano espressamente la Comproprietà della casa del portiere. Non valevano quale titolo contrario alla condominialità gli atti della vendita effettuata nel procedimento di espropriazione immobiliare. 6.3. E' noto come il nesso di condominialità, presupposto dalla regola di attribuzione di cui all'articolo 1117 c.c., è ravvisabile in svariate tipologie costruttive, sia estese in senso verticale, sia costituite da corpi di fabbrica adiacenti orizzontalmente, purché le diverse parti siano dotate di strutture portanti e di impianti essenziali comuni, come appunto quelle res che sono esemplificativamente elencate nell'articolo 1117 c.c., con la riserva se il contrario non risulta dal titolo . Anzi, la condominialità si reputa non di meno sussistente pur ove sia verificabile un insieme di edifici indipendenti , e cioè manchi così stretto nesso strutturale, materiale e funzionale, ciò ricavandosi dagli articolo 61 e 62 disp. att. c.c., che consentono lo scioglimento del condominio nel caso in cui un gruppo di edifici . si possa dividere in parti che abbiano le caratteristiche di edifici autonomi , sempre che restano in comune con gli originari partecipanti alcune delle cose indicate dell'articolo 1117 del codice . Le ricorrenti, contestando la ritenuta unitarietà dello stabile ed assumendo che esso sia suddiviso in molteplici ed autonome parti, invocano da questa Corte una nuova valutazione in fatto difforme da quella operata nei gradi di merito, valutazione che rimane sottratta al giudizio di legittimità. Spetta, infatti, all'accertamento del giudice di merito, non sindacabile dalla Corte di Cassazione ove, come nella specie, congruamente motivato, verificare l'esistenza di un unico condominio nell'ipotesi di fabbricati adiacenti orizzontalmente, in quanto dotati di strutture portanti o impianti comuni tra quelli indicati dal citato articolo 1117 c.c Non sono altrimenti indicati, nel rispetto delle previsioni dell'articolo 366 c.p.c., comma 1, nnumero 4 e 6, e articolo 369 c.p.c., comma 2, numero 4, fatti storici di cui sia stato omesso l'esame, agli effetti dell'articolo 360 c.p.c., comma 1, numero 5, risultanti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, oggetto di discussione tra le parti e aventi carattere decisivo ai fini di un esito diverso della controversia, ma solo menzionate emergenze probatorie, attinenti a fatti comunque esaminati, per ottenerne una nuova e più favorevole valutazione da questa Corte. 6.4. Si ha poi riguardo 1 all'immobile destinato ad alloggio del portiere 2 ad un muro di contenimento. Sono entrambi beni riconducibili all'elenco delle parti comuni soggetti alla disciplina dell'articolo 1117 c.c E' bene dire che le vicende dominicali esposte negli atti del giudizio lasciano pensare che il Condominio omissis - viale omissis sia sorto nella vigenza del Codice civile del 1865. Ad esso torna applicabile comunque l'articolo 1117 c.c. del 1942, secondo quanto affermato da Cass. Sez. 2, 09/10/1972, numero 2964 Cass. Sez. 2, 30/01/1969, numero 267 Cass. Sez. 2, 15/06/1998, numero 5948 Cass. Sez. 2, 08/09/2021, numero 24189. 6.4.1. Secondo l'interpretazione consolidata di questa Corte, per stabilire se un'unità immobiliare è comune, ai sensi dell'articolo 1117 c.c., numero 2, perché destinata ad alloggio del portiere, il giudice del merito deve accertare se, all'atto della costituzione del condominio, come conseguenza dell'alienazione dei singoli appartamenti da parte dell'originario proprietario dell'intero fabbricato, vi è stata tale destinazione, espressamente o di fatto, dovendosi altrimenti escludere la proprietà comune dei condomini su di essa Cass. Sez. 2, 14/06/2017, numero 14796 del Cass. Sez. 2, 07/05/2010, numero 11195 Cass. Sez. 2, 25/03/2005, numero 6474 Cass. Sez. 2, 26/11/1998, numero 11996 Cass. Sez. 2, 23/08/1986, numero 5154 . Invero, a differenza delle cose necessarie all'uso comune, contemplate nel numero 1 dell'articolo 1117 c.c., i locali dell'edificio contemplati dall'articolo 1117, numero 2 , raffigurano beni ontologicamente suscettibili di utilizzazioni diverse, anche autonome per diventare beni comuni, essi abbisognano di una specifica destinazione al servizio in comune. Ciò significa che, in difetto di espressa disciplina negoziale, affinché un locale sito nell'edificio - che, per la sua collocazione, può essere adibito ad alloggio del portiere, oppure utilizzato come qualsiasi unità abitativa - diventi una parte comune ai sensi dell'articolo 1117 numero 2 cit., occorre che, all'atto della costituzione del condominio, al detto locale sia di fatto assegnata la specifica destinazione al servizio comune. Mancando una apposita convenzione espressione di autonomia privata, accertare se, al momento della costituzione del condominio, il locale sia o no destinato al servizio comune, nella specie di alloggio del portiere, raffigura un giudizio di fatto, riguardante le concrete vicende dell'utilizzo dell'unità immobiliare. I primi due motivi del ricorso di M.A. e M.M. intendono negare la condominialità della casa del portiere sulla base degli atti di un procedimento di espropriazione immobiliare, di titoli traslativi sopravvenuti e risultanze catastali, per inferirne che il servizio di portineria era venuto meno già nel 1936. Ed invece, come già detto, era piuttosto decisivo verificare se la modifica della destinazione dell'alloggio del portiere fosse intervenuta prima della vendita delle unità immobiliari, per inferirne che al momento della costituzione del condominio non esisteva la destinazione del locale ad alloggio del portiere. Una volta insorta la comproprietà delle parti comuni dell'edificio indicate nell'articolo 1117 c.c., i successivi atti di acquisto di proprietà esclusiva comprendono la stessa pro quota , senza bisogno di specifica indicazione, mentre nessuno dei singoli condomini può validamente disporre della loro proprietà. Nell'ipotesi in cui una parte dell'immobile, quale l'alloggio del portiere, oggetto di proprietà comune al momento della nascita del condominio, non sia più destinata a uso condominiale, si applica ad essa la disciplina della comunione in generale, occorrendo comunque il consenso di tutti i partecipanti per gli atti di alienazione cfr. Cass. Sez. 3, 29/06/1979, numero 3690 Cass. Sez. 6 - 2, 22/11/2021, numero 35957 . 6.4.2. Analogamente, un muro di contenimento che, come accertato dai giudici del merito, ancorché sottostante un giardino di proprietà esclusiva, svolge una funzione di contrafforte e di sostegno per la struttura dell'intero fabbricato, va incluso fra le parti comuni, ai sensi dell'articolo 1117 c.c., numero 1 , con le relative conseguenze in ordine all'onere delle spese di riparazione. Le ricorrenti, ancora nella memoria depositata ai sensi dell'articolo 380 bis.1 c.p.c., invocano la presunzione di proprietà del muro in capo al titolare del fondo superiore che è a fondamento dell'articolo 887 c.c., norma che però suppone due fondi confinanti, l'uno superiore e l'altro inferiore, di diversa proprietà, e che perciò non opera quando il muro sia incluso in un condominio edilizio e costituisca una parte dello stesso necessaria all'uso comune. 6.5. Tanto la destinazione dell'alloggio del portiere quanto la funzione del muro di contenimento andavano, quindi, preliminarmente verificati ponendo attenzione al momento della formazione del condominio stesso. Una volta confermata, in ragione della relazione di accessorietà tra i beni, l'applicabilità dell'articolo 1117 c.c., occorreva individuare, per superare eventualmente la presunzione di condominialità, quel determinato titolo che aveva dato luogo alla formazione del condominio per effetto del primo frazionamento del complesso in proprietà individuali. Non è perciò dirimente il riferimento ai vari titoli di acquisto ed alle varie vicende circolatorie fatto in ricorso. 6.6. Quando opera la presunzione legale di proprietà comune di parti del complesso immobiliare in condominio ex articolo 1117 c.c., è comunque onere del condomino che pretenda l'appartenenza esclusiva di uno di tali beni dare la prova della sua asserita proprietà, senza che a tal fine sia rilevante il titolo di acquisto proprio o del suo dante causa, ove non si tratti dell'atto costitutivo del condominio Cass. Sez. 2, 17/02/2020, numero 3852 . 7. Il terzo motivo ha ad oggetto la violazione e falsa applicazione degli articolo 1142,1143,1146,1158,1147 e 2697 c.c., del D.L. numero 483 del 1948, articolo 36 e degli articolo 184,345,350 e 352 c.p.c., quest'ultimo nella vecchia formulazione, nonché l'omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio ex articolo 360 c.p.c., comma 1, numero 5. La pronuncia della Corte d'appello viene sottoposta a critica nella parte in cui ha ritenuto indimostrata l'avvenuta usucapione ed inammissibili i mezzi di prova articolati dalle appellanti, per essere stati formulati non nell'atto di appello, ma solo dinanzi al Consigliere Istruttore all'udienza del 27 giugno 2002 interrogatorio formale e prova testimoniale . Le ricorrenti rilevano come già nella relazione del CTU Pa. del 1984 l'alloggio del portiere veniva individuato con diversa destinazione, ivi parlandosi di ex abitazione del portiere . La ritenuta inammissibilità dei mezzi di prova non terrebbe conto dell'applicabilità dell'articolo 345 c.p.c., nella vecchia formulazione. 7.1 Il terzo motivo di ricorso è inammissibile. E' vero che, nella vigenza dell'articolo 345 c.p.c., comma 2, secondo la formulazione, qui applicabile ratione temporis , anteriore alle modifiche introdotte dalla L. 26 novembre 1990, numero 353, articolo 52, era consentito alle parti di proporre nuove eccezioni e nuove prove nel giudizio di appello, purché tali nuove deduzioni istruttorie riguardassero profili della lite oggetto di specifico motivo di gravame ai sensi dell'articolo 342 c.p.c., senza peraltro che venissero dettate regole sul tempo dell'esercizio della relativa facoltà, di modo che le richieste istruttorie potevano essere consentite, in base all'articolo 184 c.p.c., sino alla rimessione della causa al collegio arg. da Cass. Sez. 1, 19/09/2006, numero 20261 Cass. Sez. 1, 15/06/2005. numero 12856 Cass. Sez. 2, 12/09/2002, numero 13301 Cass. Sez. 3, 20/04/2007, numero 9491 . Tuttavia, la Corte d'appello di Napoli ha negato l'ammissione delle richieste di prova di M.A. e M.M. argomentando innanzitutto che nel verbale di conclusioni all'udienza del 24 novembre 2016 e negli scritti conclusionali il difensore delle appellanti non aveva insistito per le ammissioni delle prove articolate nel corso del giudizio di gravame. In tal modo, la sentenza impugnata ha sostenuto che le richieste istruttorie, giacché non reiterate in modo specifico al momento della precisazione delle conclusioni, dovessero ritenersi abbandonate, operando una valutazione complessiva della condotta processuale delle parti cfr. Cass. Sez. 2, 10/11/2021, numero 33103 . Questa ragione di decisione è stata impugnata dalle ricorrenti sul finire della terza censura con l'argomento che riconosciuta . la tempestività dell'articolazione dei mezzi di prova , la pretesa omessa riformulazione nel corso del giudizio dell'istanza di ammissione non potrebbe comunque far ritenere una rinuncia da parte del deducente . Questa allegazione è fallace, in quanto proprio e soltanto rispetto a richieste istruttorie tempestivamente formulate, e perciò ammissibili, può poi porsi la questione della presunzione di rinuncia ove le stesse non siano reiterate dalla parte in sede di precisazione delle conclusioni arg. anche da Cass. Sez. 2, 27/02/2019, numero 5741 . Peraltro, il terzo motivo neppure adempie all'ulteriore onere, ex articolo 366 c.p.c., comma 1, numero 6, di indicare specificamente il contenuto dei capitoli delle prove costituende negate dai giudici del merito, in tal modo precludendo a queste Corte di svolgere altresì una verifica preliminare del carattere decisivo di tali mezzi istruttori in ordine alla risoluzione della controversia. 8. Il quarto motivo di ricorso denuncia la violazione e falsa applicazione dell'articolo 91 c.p.c. e del D.M. numero 55 del 2014, articolo 4, comma 5, lett. a, b, c e d, L. numero 247 del 2012, ex articolo 13, comma 6 , nonché l'omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti. Le ricorrenti lamentano che la Corte d'appello abbia posto a loro carico le spese del giudizio di cassazione, nonostante esse fossero ivi risultate vittoriose, e sostengono anche l'unicità del giudizio di appello. 8.1. Il quarto motivo di ricorso è inammissibile perché non supera lo scrutinio ex articolo 360 bis c.p.c., numero 1. La sentenza impugnata ha regolato le spese di lite in conformità al costante orientamento di questa Corte, secondo cui, in tema di spese processuali, il giudice del rinvio, cui la causa sia stata rimessa anche per provvedere sulle spese del giudizio di legittimità, si deve attenere al principio della soccombenza applicato all'esito globale del processo, piuttosto che ai diversi gradi del giudizio ed al loro risultato, sicché non deve liquidare le spese con riferimento a ciascuna fase del giudizio, e, in relazione all'esito finale della lite, può legittimamente condannare la parte vittoriosa nel giudizio di cassazione - ma complessivamente soccombente - al rimborso delle stesse in favore della controparte. Il giudice del giudizio di rinvio deve perciò provvedere, anche d'ufficio, alla regolamentazione delle spese relative a tutte le fasi del giudizio di merito, secondo il principio della soccombenza in particolare, se riforma la sentenza di primo grado, egli ha il potere di rinnovare totalmente la regolamentazione delle spese, mentre, se rigetta l'appello, è tenuto a provvedere alle sole spese della fase di impugnazione ex multis, Cass. Sez. 1, 09/10/2015, numero 20289 Cass. Sez. 2, 12/09/2014, numero 19345 Cass. Sez. 3, 18/06/2003, numero 9690 . 9. Il ricorso va perciò rigettato, con condanna in solido delle ricorrenti a rimborsare ai controricorrenti S.G., S.C. e S.A. le spese del giudizio di cassazione, mentre non deve provvedersi al riguardo per gli altri intimati che non hanno svolto attività difensive. Sussistono i presupposti processuali per il versamento - ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, numero 115, articolo 13, comma 1-quater, da parte delle ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l'impugnazione, se dovuto. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna in solido le ricorrenti a rimborsare ai controricorrenti le spese sostenute nel giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 5.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre a spese generali e ad accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. numero 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte delle ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis, se dovuto.