Revocate le donazioni della moglie al marito che la tradisce con la cognata

Logico, secondo i Giudici, catalogare come ingiuria grave il comportamento tenuto dall’uomo. Rilevanti i dettagli della vicenda, ossia il fatto che il tradimento abbia messo in crisi non solo la coppia ma il più ampio contesto familiare e che si sia realizzato, per giunta, all’interno dell’azienda di famiglia della donna tradita.

Se il marito tradisce la consorte con la cognata – cioè la moglie del fratello di lei –, e se questa relazione adulterina mette in crisi non solo la coppia ma anche le famiglie coinvolte e, infine, l'azienda di famiglia, allora va accolta la richiesta da lei avanzata e mirata ad ottenere la revoca delle donazioni indirette – mobiliari ed immobiliari – effettuate in favore del coniuge. Scontro frontale tra la moglie tradita – Tizia – e il marito fedifrago – Caio –. Strascico importante è l'azione giudiziaria della donna che chiede di vedere «revocare – per ingratitudine – alcune donazioni indirette mobiliari ed immobiliari da lei effettuate» in favore del marito. Secondo Tizia è palese «l'ingiuria grave commessa da Caio nella relazione extraconiugale che egli ha intrattenuto con la cognata – la moglie del fratello di Tizia –, relazione sviluppatasi, peraltro, all'interno dell'azienda di famiglia» della donna, in cui lavoravano praticamente tutte e quattro le persone coinvolte – direttamente o indirettamente – nell'adulterio. La linea proposta da Tizia è condivisa dai giudici di merito sia in primo che in secondo grado, difatti, viene accolta la richiesta di revoca delle donazioni, essendo, secondo i giudici, «provata l'ingiuria grave» realizzata da Caio ai danni della moglie. In Appello, in particolare, viene precisato che «l'elemento dell' ingiuria grave non può essere ravvisato sic et simpliciter nell' adulterio », ma viene poi aggiunto che nella vicenda presa in esame «sono le modalità con cui l'adulterio è stato consumato a determinare la gravità dell'ingiuria». In sostanza, la gravità deriva dal fatto che «la relazione extraconiugale è stata intrattenuta da Caio con la moglie del fratello di Tizia» e «in un contesto che andava a minare, oltre alla stabilità del rapporto coniugale, anche quella familiare», essendo palesi «le ripercussioni provocate dalla scoperta del tradimento su tutto il tessuto familiare di Tizia, non limitandosi al mero ambito matrimoniale». Rilevante, poi, aggiungono i giudici, anche la circostanza che «l'adulterio si è sviluppato all'interno dell'azienda di famiglia , cosicché la scoperta del tradimento è inevitabilmente divenuta nota anche tra gli altri dipendenti e colleghi, riverberando l'infedeltà di Caio nell'ambito lavorativo, con evidente e innegabile ulteriore pregiudizio per la dignità della moglie ». A margine, poi, i giudici ritengono non contestabili «le donazioni indirette eseguite da Tizia in favore di Caio», poiché «quelle operazioni sono state effettuate, per puro spirito di liberalità, con denaro e beni provenienti dal patrimonio del defunto padre di Tizia, mentre Caio non ha dimostrato di avere disponibilità economiche sufficienti a consentirgli di effettuare investimenti mobiliari e immobiliari». Col ricorso in Cassazione il legale di Caio prova a fornire una lettura diversa dell'intera vicenda. In particolare, egli sostiene che il rapporto tra il proprio cliente e la moglie «era già entrato in una crisi non più reversibile, sì che l'adulterio non era stato la causa della crisi, bensì la sua conseguenza» e aggiunge poi che «la relazione extraconiugale è stata intessuta con modalità tali da essere mantenuta segreta». E questo dettaglio è fondamentale, secondo il legale, poiché «si ha ingiuria grave quando si è tenuto pubblicamente un comportamento di disistima , avversione e irriconoscenza nei confronti del soggetto donante ». Questa visione non convince affatto i Giudici della Cassazione, i quali confermano la revoca richiesta da Tizia. Legittimo, in sostanza, catalogare come «ingiuria grave» il comportamento tenuto da Caio. Ciò perché «la circostanza che l'adulterio sia maturato all'interno del nucleo familiare ristretto dei due coniugi e il fatto che si sia sviluppato nella cornice di un comune ambiente lavorativo valgono a connotare in termini di gravità l'offesa all'onore patita da Tizia e ad evidenziare in Caio un atteggiamento di noncuranza e di assenza di rispetto nei confronti della dignità della moglie».

Presidente Frasca – Relatore Sestini Rilevato in fatto che P.B. agì contro il marito B.M. per sentir revocare - per ingratitudine - alcune donazioni indirette mobiliari ed immobiliari dalla stessa effettuate individuò l'ingiuria grave commessa dal B. nella relazione extraconiugale che lo stesso aveva intrattenuto con la cognata moglie del fratello dell'attrice , che si era sviluppata all'interno dell'azienda di famiglia dei P. , in cui lavoravano anche i rispettivi coniugi il Tribunale accolse la domanda, ritenendo provate sia l'ingiuria grave commessa nei confronti della donante sia le donazioni indirette effettuate dalla P. in favore del coniuge la Corte d'Appello ha confermato la sentenza di primo grado, affermando, fra l'altro, che premesso che l'elemento dell'ingiuria grave non può essere ravvisato sic et simpliciter nell'adulterio, nella specie erano le modalità con cui l'adulterio era stato consumato a determinare la gravità dell'ingiuria nello specifico, la gravità conseguiva al fatto che la relazione extraconiugale era stata intrattenuta con la moglie del fratello della donante in un contesto che andava a minare, oltre alla stabilità del rapporto coniugale anche quella familiare , essendo evidente come le conseguenze della scoperta del tradimento abbiano avuto ripercussioni estese a tutto il tessuto familiare della P. , non limitandosi al mero ambito matrimoniale e alla circostanza che l'adulterio si era sviluppato all'interno dell'azienda di famiglia, cosicché la scoperta del tradimento è inevitabilmente divenuta nota anche tra gli altri dipendenti e colleghi, riverberando l'infedeltà dell'appellante nell'ambito lavorativo, con evidente e innegabile ulteriore pregiudizio per la dignità della moglie la natura di donazioni indirette delle operazioni eseguite dalla P. in favore del marito è stata correttamente evidenziata dal Tribunale , atteso che dette operazioni erano state effettuate, per puro spirito di liberalità, con denaro e beni provenienti dal patrimonio del defunto padre dell'attrice, mentre il B. non aveva dimostrato di avere disponibilità economiche sufficienti a consentirgli di effettuare gli investimenti mobiliari e immobiliari di cui si trattava ha proposto ricorso per cassazione il B. , affidandosi a due motivi ha resistito la P. con controricorso la trattazione del ricorso è stata fissata ai sensi dell' articolo 380 bis.1. c.p.c. entrambe le parti hanno depositato memoria. Considerato in diritto che il primo motivo denuncia violazione e/o falsa applicazione di norma di diritto e in particolare dell' articolo 116 c.p.c. , in relazione all' articolo 801 c.c. , ai sensi dell' articolo 360 c.p.c. , numero 3, omessa valutazione di un fatto storico decisivo risultante dagli atti di causa ex articolo 360 c.p.c. , numero 5, e nullità della sentenza in relazione all' articolo 360 c.p.c. , numero 4, per violazione dell' articolo 132 c.p.c. , comma 2, numero 4 il ricorrente censura la sentenza - sotto più profili - per avere ritenuto integrata una ingiuria grave , tale da giustificare, ai sensi dell' articolo 801 c.c. , la revocazione delle donazioni indirette premesso che il rapporto tra i due coniugi era già entrato in una crisi non più reversibile sì che l'adulterio non era stato la causa della crisi, ma la sua conseguenza e che la relazione extraconiugale era stata intessuta con modalità tali da essere mantenuta segreta, il B. rileva che si ha ingiuria grave quando si è tenuto pubblicamente un comportamento di disistima, avversione e irriconoscenza nei confronti del donante e afferma che è lampante l'errore commesso dal giudicante del secondo grado per non aver letto e ben valutato tutti gli atti, prove e testimonianze svoltesi durante i vari procedimenti compreso quello di separazione dei coniugi deduce che tale errore rileva sia sotto il profilo della violazione di legge - denunciabile per violazione dell' articolo 116 c.p.c. , non in sé e per sé considerato allorquando la valutazione imprudente della prova sia grave risolvendosi in una interpretazione logicamente insostenibile, ed abbia determinato una errata ricostruzione del fatto e quindi una erronea applicazione della norma di diritto, l' articolo 801 c.c. - sia sotto il profilo della nullità della sentenza ex articolo 132 c.p.c. , comma 2, numero 4 , per irriducibile contraddittorietà e illogicità manifesta della motivazione , sia – infine - per omessa valutazione di fatti storici decisivi il motivo va, sotto ogni profilo, disatteso a prescindere dal rilievo che l'evocazione di un passo motivazionale di Cass. numero 11892/2016 non vale ad integrare un'argomentazione censoria, la doglianza concernente la violazione dell' articolo 116 c.p.c. , è inammissibile in quanto non risulta dedotta in conformità ai parametri individuati dalla giurisprudenza di legittimità cfr. Cass. numero 11892/2016 , Cass. numero 27000/2016 e Cass. numero 1229/2019 infatti, un'eventuale erronea valutazione del materiale istruttorio non determina, di per sé, la violazione o falsa applicazione dell' articolo 116 c.p.c. , che ricorre solo allorché si deduca che il giudice di merito abbia disatteso valutandole secondo il suo prudente apprezzamento delle prove legali oppure abbia considerato come facenti piena prova, recependoli senza apprezzamento critico, elementi di prova soggetti invece a valutazione nè può ritenersi ricorrente la violazione dell' articolo 801 c.c. , che parrebbe veicolata dalla censura relativa all' articolo 116 c.p.c. , e che si porrebbe in termini di vizio di sussunzione della fattispecie esaminata dalla Corte territoriale entro il paradigma della ingiuria grave invero, la sentenza ha correttamente rilevato come non basti ad integrare tale ingiuria la mera relazione extraconiugale, ma ha ritenuto -con valutazione non manifestamente implausibile che non si presta a essere sindacata in sede di legittimità- che la circostanza che l'adulterio fosse maturato all'interno del nucleo familiare ristretto dei due coniugi e il fatto che si fosse sviluppato nella cornice di un comune ambiente lavorativo valessero a connotare in termini di gravità l'offesa all'onore patita dalla P. e ad evidenziare, nel B. , un atteggiamento di noncuranza e di assenza di rispetto nei confronti della dignità della moglie infondato è l'assunto di carenza e/o irriducibile contraddittorietà della motivazione giacché la sentenza evidenzia il percorso logico-giuridico che ha condotto la Corte alla decisione di rigettare l'appello è inammissibile – infine - la censura concernente l'omesso esame di fatti decisivi, sia perché non consentita a fronte di una doppia conforme ex articolo 348 ter c.p.c. , comma 5 , sia – comunque - perché risulta volta, nella sostanza, a sollecitare un non consentito nuovo apprezzamento di merito della vicenda il secondo motivo che deduce omessa valutazione di un fatto storico decisivo risultante dagli atti di causa ex articolo 360 c.p.c. , numero 5, e in conformità a Cass. numero 11892/2016 , violazione o falsa applicazione di norme di diritto, in particolare dell' articolo 116 c.p.c. , in relazione all' articolo 1578 c.c. , comma 2, ai sensi dell' articolo 360 c.p.c. , numero 3 censura la sentenza per aver affermato che tutti i beni di proprietà del B. sono da considerare provenienti da donazioni indirette , e ciò solo perché B. prima del matrimonio non era in possesso di proprietà sue, ignorando quello che il B. ha guadagnato durante tutti questi anni con la propria attività lavorativa aggiunge che, per aversi una donazione indiretta, occorre l'animus donandi, che dev'essere dimostrato, ossia provato che al momento della compravendita e/o della cointestazione di conti correnti e/o dei vari investimenti, il proprietario dei beni mobili e/o immobili non aveva altro scopo che quello di liberalità e che nel caso di specie una siffatta prova mancava il motivo è inammissibile, dovendosi richiamare, al riguardo, le considerazioni svolte in relazione al primo motivo circa la non configurabilità di una violazione dell' articolo 116 c.p.c. , e la non deducibilità del vizio di omesso esame di fatti decisivi, e dovendosi evidenziare, anche in questo caso, che le deduzioni svolte dal ricorrente tendono ad una non consentita nuova valutazione di merito, di segno contrario rispetto a quella effettuata dalla sentenza impugnata le spese di lite seguono la soccombenza sussistono le condizioni per l'applicazione del D.P.R. numero 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese di lite, liquidate in Euro 8.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, al rimborso degli esborsi liquidati in Euro 200,00 e agli accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. numero 115 del 2002, articolo 13 , comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis, se dovuto.