Se il tifoso viene assolto in sede penale vacilla l’applicazione del DASPO

Rimesso in discussione il provvedimento applicato a un tifoso della Juve. Rilevante e non trascurabile il fatto che egli sia stato assolto in sede penale dall’accusa di estorsioni ai danni del club bianconero.

Se il tifoso viene assolto in sede penale, allora vacilla anche l'applicazione del DASPO, che non può essere legittimata col solo riferimento a mere condotte intimidatorie finalizzate alla partecipazione a episodi di violenza Cass. penumero , sentenza numero 23651/22, sez. III .   Processo. Riflettori puntati su un tifoso della Juventus sanzionato col DASPO e con l'obbligo di presentazione all'autorità di pubblica sicurezza in occasione delle partite della squadra bianconera dopo essere stato finito sotto processo, assieme ad altri tifosi juventini, per azioni estorsive nei confronti del club. In sede penale, però, il tifoso viene assolto in Tribunale. Successiva è la sua azione giudiziaria mirata a vedere revocato il provvedimento che gli impedisce di seguire dagli spalti degli stadi la Juve. Per il GIP tale richiesta è assolutamente priva di fondamento. E allora la questione viene sottoposta alle valutazioni dei giudici della Cassazione. Nel contesto del ‘Palazzaccio' il legale che rappresenta il tifoso sottolinea che l'assoluzione pronunciata dal Tribunale di Torino ha chiuso il procedimento penale «avente ad oggetto i medesimi fatti da cui è scaturita l'emissione del DASPO e del conseguente obbligo di presentazione all'autorità di pubblica sicurezza». Impossibile, quindi, secondo il legale, ignorare il provvedimento giudiziario di assoluzione, anzi, a suo dire, è logico ipotizzare la misura adottata nei confronti del suo cliente, in quanto «né il Questore né il GIP possono mantenere un provvedimento basato su presupposti sconfessati dall'autorità giudiziaria penale».   Pericolosità. Prima di esaminare da vicino la vicenda, i giudici della Cassazione richiamano il quadro normativo, ribadendo che «il giudice, in merito all'eventuale prescrizione aggiuntiva dell'obbligo di presentazione personale all'autorità di polizia in occasione delle competizioni sportive, è tenuto ad una compiuta valutazione dei fatti indicati dall'autorità di pubblica sicurezza, al fine di verificare la riconducibilità delle condotte alle ipotesi previste dalla norma e la loro attribuibilità al soggetto, unitamente alla pericolosità concreta e attuale del destinatario del provvedimento». Di conseguenza, «il proscioglimento dai fatti-reato che hanno determinato l'applicazione del divieto di accesso ai luoghi di svolgimento di manifestazioni sportive non determina l'automatica decadenza del provvedimento con cui viene disposto l'obbligo di presentazione alla pubblica sicurezza, in quanto esso non è basato sull'accertamento giudiziale dei fatti presupposti, ma si fonda su un giudizio di pericolosità sociale che segue criteri distinti da quelli che regolano il giudizio penale». Tuttavia, «non può negarsi», aggiungono i giudici, «che la pronuncia assolutoria per i fatti dai quali è scaturito il DASPO costituisca elemento di rilievo che non può non originare una nuova valutazione in ordine al permanere dei presupposti del provvedimento», anche perché la norma prevede che la misura « possa essere revocata o modificata anche per effetto di provvedimenti dell'autorità giudiziaria, per essere venute meno o per essere mutate le condizioni che ne hanno giustificato l'emissione». Ciò elide la possibilità di «esaurire l'apparato giustificativo nel mero richiamo alle ragioni esposte nel provvedimento genetico, essendo intervenuto un elemento nuovo, di indubbia significatività, quale la sentenza di assoluzione, che va valutato, e che impone una rivisitazione del complessivo giudizio di pericolosità» del soggetto. Proprio applicando questa prospettiva alla vicenda riguardante il tifoso della Juventus, i magistrati della Cassazione ‘censurano' il GIP che «ha ritenuto di dover formulare un giudizio di intrinseca pericolosità a carico del tifoso, anche prescindendo dall'accertamento del reato di estorsione commesso in concorso ad altri appartenenti alla tifoseria organizzata della Juventus» e lo ha fatto richiamando «condotte intimidatorie – sia singole che di gruppo – da lui poste in essere ed evidentemente finalizzate alla partecipazione attiva a episodi di violenza tali da porre in pericolo la sicurezza pubblica o da creare turbative per l'ordine pubblico in occasione o a causa delle competizioni sportive». Questo ragionamento non può bastare, osservano i giudici della Cassazione. Al contrario, il GIP per «l'istanza di revoca» presentata dal tifoso «avrebbe dovuto indicare se le plurime esigenze di prevenzione valutate nel provvedimento siano state o meno superate alla luce della sentenza di assoluzione, o se invece residuassero profili di pericolosità concreta a fondamento della misura restrittiva della libertà personale». In sostanza, «il GIP avrebbe dovuto esplicitare sulla base di quali criteri, nonostante l'assoluzione per il reato posto alla base del provvedimento, e dunque alla luce di tale nuovo fatto, abbia fondato il suo rinnovato giudizio di adeguatezza della misura e il persistere del complessivo giudizio di pericolosità» del tifoso. Necessario, ora, porre rimedio a tale lacuna. Questo il compito affidato dalla Cassazione ai giudici del Tribunale, che dovranno pronunciarsi sulla richiesta avanzata dal tifoso e dovranno tenere conto della assoluzione da lui ottenuta in sede penale.

Presidente Di Nicola – Relatore Magro Ritenuto in fatto 1. V.C. ricorre per cassazione ai sensi dell' articolo 6 comma 4 della L. 401 del 1989 avverso l'ordinanza del 17 novembre 2021 emessa dal Giudice per le indagini Preliminari presso il Tribunale di Torino con la quale è stata rigettata la richiesta di revoca dell'obbligo di presentazione all'autorità di Pubblica Sicurezza in occasione delle partite della squadra omissis , disposto dalla Questura di Torino con provvedimento convalidato dal Giudice per indagini preliminari in data 19.09.2019. 2. Il ricorrente deduce vizio di motivazione e violazione di legge, non avendo il Giudice di merito, in violazione della L. numero 401 del 1989, articolo 6 comma 5, valutato l'intercorsa sentenza di assoluzione perché il fatto non sussiste , pronunciata dal Tribunale Ordinario di Torino il 20.10.2021 nel procedimento penale avente ad oggetto i medesimi fatti da cui è scaturita l'emissione del Daspo e del conseguente obbligo di presentazione. Rileva che l'intervenuto provvedimento giudiziario di assoluzione costituisce un fatto nuovo che determina il venir meno o il mutamento delle condizioni che ne hanno giustificato l'emissione , a norma del citato L. numero 401 del 1989, articolo 6 comma 5, e che avrebbe dovuto essere tenuto in considerazione. La motivazione del provvedimento impugnato invece si limita a ritenere adeguata la permanenza della misura, senza indicarne i motivi, anzi con motivazione del tutto inesistente. In particolare il ricorrente precisa che la norma che prevede la revoca o la modifica della misura qualora anche per effetto di provvedimenti dell'autorità giudiziaria, siano venute meno o siano mutati le condizioni che hanno giustificato l'emissione , incardini in capo all'autorità giudiziaia un vero e proprio dovere di revocare il provvedimento, così come statuito dal Consiglio di Stato, sez. VI, 14.09 2005, numero 4733 , in quanto nè il Questore nè il Gip possono mantenere un provvedimento basato su presupposti sconfessati dall'autorità giudiziaria penale , qualora come nel caso di specie con provvedimento del Tribunale di Torino sia stata stabilita la non responsabilità dell'indagato. Argomentare in senso contrario equivarrebbe ad adottare un'interpretazione abrogatrice della norma di cui al L. numero 401 del 1989, articolo 6 comma 5. Si chiede pertanto annullamento dell'ordinanza impugnata. 3. Con requisitoria scritta il Procuratore Generale presso questa Corte, in persona della Dott.essa S.S., ha chiesto l'accoglimento del ricorso e l'annullamento senza rinvio. Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato. In premessa, è sufficiente ribadire il principio di diritto affermato da questa Corte secondo cui il Giudice a quo, in merito all'eventuale prescrizione aggiuntiva dell'obbligo di presentazione personale all'autorità di polizia in occasione delle competizioni sportive, è tenuto ad una compiuta valutazione dei fatti indicati dall'autorità di Pubblica Sicurezza, al fine di verificare la riconducibilità delle condotte alle ipotesi previste dalla norma e la loro attribuibilità all'interessato, dando conto in motivazione del proprio convincimento in merito a tale presupposto, unitamente a quello in ordine alla pericolosità concreta e attuale del destinatario del provvedimento Cass. Sez. 3, numero 28067 del 03 novembre 2016 , Rv. 270329 Cass. SU., numero 4441 del 29 novembre 2005 , Zito Cass. Su., numero 33273 del 27 ottobre 2004, Labbia . Ne segue quindi che il proscioglimento dai fatti-reato che hanno determinato l'applicazione del divieto di accesso ai luoghi di svolgimento di manifestazioni sportive, non determina l'automatica decadenza del provvedimento con cui viene disposto l'obbligo di presentazione alla Pubblica Sicurezza, in quanto lo stesso non è basato sull'accertamento giudiziale dei fatti presupposti, ma si fonda come ha correttamente ricordato il giudice a quo nel provvedimento impugnato su un giudizio di pericolosità sociale che segue criteri distinti da quelli che regolano il giudizio penale Cass. Sez. 3, 12 luglio 2018, Rv. 274563 C.Edu, I sez., decomma 8 novembre 2018, Serazin comma Croazia . Tuttavia, ungi da qualsivoglia automatismo, non può negarsi che la pronuncia assolutoria per i fatti dai quali è scaturito il Daspo costituisca elemento di rilievo che non può non originare una nuova valutazione in ordine al permanere dei presupposti del provvedimento, ai sensi del L. numero 401 del 13 dicembre 1989, articolo 6 comma 5, che prevede che lo stesso possa essere revocato o modificato anche per effetto di provvedimenti dell'autorità giudiziaria, per essere venute meno o per essere mutate le condizioni che ne hanno giustificato l'emissione . Ciò elide la possibilità di esaurire l'apparato giustificativo dell'ordinanza impugnata nel mero richiamo alle ragioni esposte nel provvedimento genetico mediante il rinvio per relationem, essendo intervenuto un elemento nuovo, di indubbia significatività, quale la sentenza di assoluzione, che va ex professo valutato, e che impone una rivisitazione del complessivo giudizio di pericolosità espresso precedentemente. Ebbene, nel caso di specie, il giudice per le indagini preliminari, nell'ordinanza genetica del 19 settembre 2019, ha ritenuto di dover formulare un giudizio di intrinseca pericolosità a carico del ricorrente, anche prescindendo dall'accertamento del reato di estorsione commesso in concorso ad altri appartenenti alla tifoseria organizzata della Juventus, avendo lo stesso posto in essere condotte intimidatorie sia singole che di gruppo evidentemente finalizzate alla partecipazione attiva a episodi di violenza tali da porre in pericolo la sicurezza pubblica o da creare turbative per l'ordine pubblico in occasione o a causa delle competizioni sportive . Pertanto, il giudice a quo, nel rigettare l'istanza di revoca, avrebbe dovuto indicare se le plurime esigenze di prevenzione valutate nel provvedimento genetico siano state o meno superate alla luce della sentenza di assoluzione, o se invece residuassero profili di pericolosità concreta a fondamento della misura restrittiva della libertà personale. Il giudice a quo avrebbe dovuto esplicitare sulla base di quali criteri, nonostante l'assoluzione per il reato posto alla base del provvedimento, e dunque alla luce di tale nuovo fatto, abbia fondato il suo rinnovato giudizio di adeguatezza della misura e il persistere del complessivo giudizio di pericolosità, non essendo sufficiente il mero richiamo alla motivazione contenuta nel provvedimento genetico, ancorata ad un quadro fattuale che potrebbe risultare superato dall'emissione del provvedimento assolutorio. Trattasi quindi di motivazione apparente o di mero stile, in quanto talmente scarna e completamente priva dei requisiti minimi di coerenza e completezza, al punto da risultare inidonea a rendere comprensibile l'iter logico seguito dal giudice di merito, e tale da rendere oscure le ragioni che hanno giustificato il provvedimento. La mancanza di qualunque ancoraggio del discorso giustificativo al fatto nuovo determina il vizio di apparenza della motivazione, ravvisabile ove, come nel caso di specie, il giudice si avvalga di asserzioni del tutto generiche e di carattere apodittico o di proposizioni prive di effettiva valenza dimostrativa, determinando così il venir meno di qualunque supporto argomentativo a sostegno del decisum Sez. U., 27 novembre 2008 numero 3287 . 2. Si impone quindi l'annullamento del provvedimento in disamina, con rinvio, per nuovo esame, al Tribunale di Torino, in diversa persona fisica. P.Q.M. Annullamento con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di Torino, in diversa persona fisica.