Irrilevante, checché ne dica l’INPS, il mancato rilevamento di una diminuzione della capacità uditiva oltre predeterminati decibel. Fondamentale, invece, tenere conto della situazione di coloro che non hanno potuto apprendere l’uso del linguaggio parlato perché affetti da sordità congenita.
Va riconosciuta la cosiddetta indennità di comunicazione alla persona affetta da sordità causata da una patologia. Irrilevante, checché ne dica l'Istituto nazionale di previdenza sociale, il mancato riscontro di una diminuzione della capacità uditiva oltre predeterminati decibel. Nella battaglia legale tra l'INPS e una donna è in discussione il riconoscimento dell'indennità di comunicazione, cioè quella prestazione economica rilasciata su richiesta a chi è stata riconosciuta una sordità congenita o una sordità acquisita durante l'età evolutiva, che si conclude col compimento del dodicesimo anno di età. In Tribunale viene sancito che la donna presenta «i requisiti sanitari » necessari per l'ottenimento della «indennità di comunicazione». Dall'istituto previdenziale ribattono sottolineando col ricorso in Cassazione che in realtà la donna non presenta «l'ipoacusia oltre dati decibel» necessaria per vedersi riconosciuta la prestazione economica. L'obiezione proposta dai legali che rappresentano l'istituto previdenziale non convince per nulla i Giudici di Cassazione, i quali, invece, mostrano di condividere in pieno il ragionamento compiuto in Tribunale, ragionamento centrato sul fatto che «la donna versa in condizioni di inabilità totale con bisogno di accompagnamento e con sordità centrale causata da patologie organiche nella specie, sindrome di Rett ». I magistrati ribadiscono quanto stabilito in Tribunale, e cioè che «l'indennità di comunicazione spetti anche a chi non abbia imparato a parlare perché non sente a causa di una sordità centrale derivante da patologie organiche. In altri termini, l'indennità compete anche a chi ha una compromissione dell'area comunicativo-linguistica conseguente ad un danno centrale, in quanto lo stimolo acustico inviato all'orecchio e regolarmente arrivato al cervello non viene codificato e ritrasmesso al cervello per problema di carattere neurologico e non otoiatrico». Di conseguenza, «non rilevano i limiti di decibel richiamati dall'INPS», anche perché il decreto ministeriale, risalente al 1992 e relativo alle condizioni di invalidità, «nel fissare limiti di decibel ha tenuto in considerazione solo i casi di sordità periferica». Non a caso, poi, la l. numero 95/2006 – che fissa una nuova disciplina in favore dei minorati uditivi – nel prevedere l'indennità di comunicazione «ha tenuto conto in via generale della situazione di coloro che non hanno potuto apprendere l'uso del linguaggio parlato perché affetti da sordità congenita o acquisita durante l'età evolutiva». E tale è proprio la condizione della donna, «affetta da sordità centrale che le ha impedito il normale apprendimento nel linguaggio parlato».
Presidente Leone – Relatore Buffa Fatto e diritto Con sentenza del 21.4.20, il tribunale di Lodi ha riconosciuto la sussistenza in capo alla ricorrente in epigrafe dei requisiti sanitari dell'indennità di comunicazione con decorrenza dalla domanda amministrativa. Avverso tale sentenza ricorre l'INPS per un motivo, cui resiste l'assistito con controricorso. Con un motivo ricorre l'INPS, lamentando l'assenza dei requisiti di legge in particolare, l'ipoacusia oltre dati decibel necessari per la prestazione. Il motivo è privo di pregio. La sentenza impugnata ben spiega come la ricorrente versi nelle condizioni di inabilità totale con bisogno di accompagnamento e con sordità centrale causata da patologie organiche nella specie, sindrome di Rett . Correttamente, poi, la sentenza ritiene che l'indennità di comunicazione spetti anche a chi non abbia imparato a parlare perché non sente a causa di sordità centrale derivante da patologie organiche. In altri termini, l'indennità compete anche a chi ha una compromissione dell'area comunicativo linguistica conseguente ad un danno centrale, in quanto lo stimolo acustico inviato all'orecchio e regolarmente arrivato al cervello non viene codificato e ritrasmesso al cervello per problema di carattere neurologico e non otoiatrico. Nè rilevano i limiti di decibel richiamati dall'INPS, atteso che il relativo D.M. 5 febbraio 1992 , nel fissare limiti di decibel, ha tenuto in considerazione solo i casi di sordità periferica, non ricorrenti nella specie. Il decreto del resto è anteriore alla disciplina dettata dalla L. numero 95 del 2006 , che nel prevedere la provvidenza in discorso ha tenuto conto in via generale della situazione di coloro che non hanno potuto apprendere l'uso del linguaggio parlato perché affetto da sordità congenita o acquisita durante l'età evolutiva tale è proprio la condizione della ricorrente, affettà da sordità centrale che ha impedito il normale apprendimento nel linguaggio parlato. Non si tratta dunque di applicare in via analogica le norme eccezionali del decreto anche ai casi di ipoacusia al di sotto dei limiti di decibel previsti, come dedotto dal ricorrente, ma di applicare direttamente la disposizione normativa ricorrendo i presupposti dalla stessa indicati. Questa Corte ha del resto già affermato Sez. L, Sentenza numero 22290 del 21/10/2014, Rv. 633049 - 01 che, in tema di benefici riconosciuti ai minorati sensoriali dell'udito affetti da sordità congenita o acquisita durante l'età evolutiva, cosiddetti sordomuti prelinguali, la L. 26 giugno 1970, numero 381, articolo 1, che prevede il diritto all'assegno d'assistenza successivamente trasformato in pensione non reversibile dal D.L. 30 dicembre 1979, numero 663, articolo 14 septies , convertito in L. 29 febbraio 1980, numero 33 , si interpreta nel senso che la suddetta condizione patologica, che abbia impedito il normale apprendimento nel linguaggio parlato, integra il fatto costitutivo del diritto al beneficio. Nessun ostacolo al riconoscimento della prestazione deriva dalla sentenza di questa Corte numero 7519/2007, richiamata dall'INPS, che ha ritenuto che la condizione di autismo e di portatore di sindrome di Down, con grave ritardo mentale e del linguaggio, non costituissero presupposti idonei per la corresponsione dell'indennità di comunicazione, e ciò in quanto nel caso si pretendeva di attribuire rilievo determinante a patologie incidenti sul linguaggio ma senza alcuna incidenza sulla sordità della persona, sicché la corte ha escluso mla spettanza dell'indennità di comunicazione per difetto del relativo necessario presupposto. Spese secondo soccombenza. Sussistono i presupposti processuali per il raddoppio del contributo unificato, se dovuto. P.Q.M. Rigetta il ricorso Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio che liquida in Euro 200,00 per esborsi ed Euro 3.000,00 per compensi professionali, oltre spese al 15 ed accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. numero 115 del 2002, articolo 13 , comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis, se dovuto.