Impossibile ridimensionare la condotta tenuta dall’uomo. Anche perché essa si è ripetuta più volte in un arco di tempo assai breve. Rilevante, poi, anche l’assoluto disprezzo manifesto dal dipendente per i propri doveri.
Impossibile ridimensionare la condotta del dipendente del Ministero beccato fuori dall'ufficio a fare tappa in un locale per giocare con una videolottery. Definitiva la sua condanna per il reato di truffa. Scenario della vicenda è la provincia pugliese. A finire sotto processo è un uomo, dipendente di un Ministero e beccato a lasciare spesso e illegittimamente il proprio ufficio. Per i giudici di merito non vi sono dubbi è sacrosanta la condanna per il reato di truffa. Col ricorso in Cassazione, però, il legale che rappresenta il lavoratore prova a fornire una chiave di lettura diversa, sostenendo siano stati accertati «episodi riferibili a due sole mensilità» e che, soprattutto, non siano stati dimostrati «né il danno arrecato – per carenza della prova della remunerazione del dipendente - né il profitto procurato». Obiettivo del difensore è ottenere il riconoscimento della “non punibilità” a fronte di condotte non gravi, a suo parere. Questa tesi viene respinta anche in Cassazione. I giudici ribadiscono in premessa che «la continuazione di reati non è ostativa di per sé al riconoscimento della causa di non punibilità, rilevando». Subito dopo, però, essi aggiungono, con riferimento alla vicenda presa in esame, che «la sistematica ripetizione continuativa della stessa condotta in un arco di tempo assai breve», mirata a «soddisfare un'esigenza assolutamente voluttuaria, come quelle di recarsi in una videolottery», è valutabile come particolarmente grave, soprattutto tenendo conto del «danno prodotto, in ogni caso, all'amministrazione» e dell'«assoluto disprezzo» manifestato dall'uomo «per il rispetto dei propri doveri».
Presidente Cammino – Relatore Beltrani Ritenuto in fatto 1. G.C. ricorre contro la sentenza indicata in epigrafe con la quale la Corte di appello di Lecce, sez. Taranto, ha confermato la dichiarazione di responsabilità in ordine al reato di truffa aggravata ascritto all'imputato, rideterminando in termini più favorevoli la pena per effetto del riconoscimento della circostanza aggravante di cui all'articolo 62 c.p., comma 1, numero 4, con giudizio di equivalenza alle circostanze aggravanti concorrenti , deducendo i motivi che saranno di seguito riepilogati nei limiti strettamente necessari per la redazione della motivazione articolo 173 c.p.p., comma 1, disp att. . Considerato in diritto Il ricorso, presentato per motivi in parte non consentiti, in parte privi della specificità necessaria ex articolo 581 c.p.p., comma 1, e 591 c.p.p., comma 1, lett. c , perché meramente reiterativi di doglianze già correttamente disattese dalla Corte di appello, con argomentazioni con le quali la ricorrente in concreto non si confronta, è inammissibile. 1. Con il primo motivo, il ricorrente lamenta violazione di leggi e vizi di motivazione quanto alla qualificazione giuridica dei fatti contestati ed accertati in riferimento all'articolo 429 c.p.p., comma 2, la contestazione non indicherebbe quali reati dovevano essere ritenuti in continuazione, limitandosi ad affermare in più occasioni , nè il danno arrecato - per carenza della prova della remunerazione dell'imputato - ed il profitto procuratosi , che afferma avere eccepito in udienza preliminare. 1.1. Il motivo non è consentito, essendo pacifico che l'eccezione non è stata formulata nel corso del giudizio di primo grado. 1.1.1. Questa Corte Sez. 3, numero 19649 del 27/02/2019, Si., Rv. 275749 - 01 ha già chiarito che la nullità della richiesta di rinvio a giudizio e del decreto di citazione a giudizio per indeterminatezza e genericità dell'imputazione ha natura relativa e, in quanto tale, è non rilevabile d'ufficio e deve essere eccepita, a pena di decadenza, entro il termine previsto dall'articolo 491 c.p.p La Corte di appello si è, quindi, correttamente conformata a questo orientamento. 1.1.2. Non attinente alla fattispecie dedotta è, al contrario, il precedente citato dalla difesa Sez. 6, numero 9659 del 03/02/2015, Sarno, Rv. 262500 - 01 , riguardante un caso di omessa enunciazione del fatto in relazione alla condotta tipica del reato fattispecie in cui è stata annullata senza rinvio la sentenza di condanna, emessa nell'ambito di giudizio celebrato nelle forme del rito abbreviato, in relazione al reato di cui al D.P.R. numero 309 del 9 ottobre 1990, articolo 73, quale conseguenza della nullità della richiesta di rinvio a giudizio per omessa indicazione dei fatti storici rispetto ai quali era stata promossa l'azione penale . 2. Con il secondo motivo il ricorrente lamenta violazione dell'articolo 81 c.p. per essere stati accertati episodi riferibili a due sole mensilità . 2.1. Il motivo, dedotto per la prima volta in questa sedie, ma non anche in appello, pur essendo in ipotesi già deducibile, non è consentito. 3. Con il terzo motivo il ricorrente lamenta violazione dell'articolo 131-bis c.p., per il diniego della relativa causa di non punibilità. 3.1. Con il quarto motivo il ricorrente lamenta violazione dell'articolo 62-bis c.p., per il diniego delle circostanze attenuanti generiche. 3.2. Entrambi i motivi reiterano doglianze già correttamente disattese dalla Corte di appello, con argomentazioni con le quali la ricorrente in concreto non si confronta. 3.2.1. Accogliendo l'orientamento più favorevole al ricorrente, la Corte di appello ha ritenuto la continuazione di reati non ostativa di per sé al riconoscimento della sollecitata causa di non punibilità, rilevando, peraltro, con riferimento al caso concreto, che la sistematica ripetizione continuativa della stessa condotta in un arco di tempo assai breve, vieppiù per soddisfare un'esigenza assolutamente voluttuaria, come quelle di recarsi in una video lottery, tenuto conto del danno in ogni caso prodotto all'amministrazione evidenziava la particolare gravità delle condotte accertate, poste in essere da G.C. in assoluto disprezzo per il rispetto dei propri doveri funzionai. 3.2.2. Sempre valorizzando la premessa gravità dei fatti accertati, in assenza di elementi decisivamente sintomatici, in senso contrario, della necessaria meritevolezza, la Corte di appello ha anche negato il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, peraltro, nel complesso, pervenendo all'irrogazione di una pena estremamente mite, perché ben lontana dai possibili limiti edittali massimi, ed anzi prossima a quelli minimi. 4. In considerazione della declaratoria d'inammissibilità totale del ricorso, il ricorrente, ai sensi dell'articolo 616 c.p.p., va condannato al pagamento delle spese processuali oltre che - apparendo evidente che egli ha proposto il ricorso determinando le cause dell'inammissibilità per colpa Corte cast., 13 giugno 2000 numero 186 -, di una sanzione pecuniaria in favore della Cassa delle Ammende che, tenuto conto della significativa entità della predetta colpa, appare equo quantificare nella somma di Euro tremila. P.Q.M. dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende.