Per quanto riguarda il rapporto tra sequestro preventivo finalizzato alla confisca e il principio di proporzionalità in caso di illecito plurisoggettivo, «solo nel caso in cui la natura della fattispecie concreta ed i rapporti economici ad essa sottostanti non consentano d’individuare, allo stato degli atti, la quota di profitto concretamente attribuibile a ciascun concorrente o la sua esatta quantificazione, il sequestro preventivo può essere disposto per l’intero importo del profitto nei confronti di ciascuno, logicamente senza alcuna duplicazione e nel rispetto dei canoni della solidarietà tra i concorrenti».
Il Tribunale di Palermo, in riferimento ad una vicenda che riguardava un illecito plurisoggettivo, rigettava l'appello proposto da Tizio avverso l'ordinanza con cui non era stata accolta la sua richiesta di revoca del sequestro preventivo finalizzato alla confisca del profitto derivante dal reato ex articolo 640-bis c.p. Il giudice affermava che, pur volendo ritenere che il valore dei beni sequestrati fosse superiore al profitto derivante dal suddetto reato, la richiesta di revoca non poteva essere accolta in quanto presupponeva «una prognosi di condanna del coindagato, allo stato non consentita». Tizio ricorre in Cassazione, deducendo la violazione del principio di proporzionalità del sequestro. La doglianza è fondata. Per quanto riguarda il rapporto tra sequestro preventivo finalizzato alla confisca e il principio di proporzionalità in caso di illecito plurisoggettivo, la Suprema Corte sottolinea che «solo nel caso in cui la natura della fattispecie concreta ed i rapporti economici ad essa sottostanti non consentano d'individuare, allo stato degli atti, la quota di profitto concretamente attribuibile a ciascun concorrente o la sua esatta quantificazione, il sequestro preventivo può essere disposto per l'intero importo del profitto nei confronti di ciascuno, logicamente senza alcuna duplicazione e nel rispetto dei canoni della solidarietà tra i concorrenti». Inoltre, la legittima finalità di garantire, in attesa che sia definito il processo di merito, l'esecuzione della confisca attraverso il sequestro del profitto del reato «non deve eccedere quanto strettamente necessario rispetto al fine perseguito». Nel caso di specie, la Suprema Corte ritiene che il Tribunale non abbia fatto corretta applicazione dei suddetti principi anche perché non appare chiaro quale sia il senso della citata affermazione del giudice riguardo l'impossibilità di accogliere la richiesta di revoca. Secondo i Giudici di legittimità, infatti, si tratta di un'affermazione che sembra evocare «la possibilità, del tutto non consentita, di sequestrare, in ragione dell'impossibilità di prognosticare l'esito del processo, un indifferenziato, diffusivo, totalizzante sequestro dell'intero ammontare del profitto a ciascuno dei soggetti coinvolti in un unico procedimento soggettivamente complesso». Per questi motivi, la Corte di Cassazione accoglie il ricorso ed annulla l'ordinanza impugnata.
Presidente Petruzzellis – Relatore Silvestri Ritenuto in fatto 1. Il Tribunale di Palermo, in sede di giudizio di rinvio, ha rigettato l'appello proposto nell'interesse di C.F. avverso l'ordinanza con cui non era stata accolta la richiesta di revoca del sequestro preventivo finalizzato alla confisca del profitto derivante dal reato di cui all'articolo 640 bis c.p. fino all'ammontare complessivo della somma di 5.373.338 Euro. La Corte di cassazione, con la sentenza numero 23797 del 22/04/2021, aveva annullato la precedente ordinanza con cui era stato dichiarato inammissibile l'appello – ritenendo che, diversamente da quanto affermato dal Tribunale, con l'impugnazione non fosse stata dedotta una questione relativa alle modalità di esecuzione del sequestro ed alla individuazione dei beni come tale devoluta al giudice della esecuzione ma una circostanza specifica sopravvenuta su cui il Tribunale avrebbe dovuto pronunciarsi-costituita dal sequestro delle quote della società omissis , di proprietà così la Corte del coindagato D.L.G.S. , per un valore di circa 14 milioni di Euro e, dunque, di gran lunga superiore all'ammontare complessivo del profitto confiscabile, quantificato, come detto, in circa 5 milioni di Euro. Il tema, secondo la Corte di cassazione, ineriva alla violazione del principio di proporzione nel caso di illecito plurisoggettivo. Il Tribunale con l'ordinanza impugnata ha nuovamente rigettato l'appello in quanto non sarebbe verificabile l'effettivo valore delle quote della società omissis , non potendosi detto valore far conseguire dalla mera visura camerale allegata alla istanza del ricorrente si tratterebbe di un dato che non potrebbe prescindere dalla valutazione della situazione patrimoniale della società così a pag. 4 della ordinanza . Si è aggiunto che in ogni caso, pur volendo ritenere che il valore dei beni sequestrati sia superiore al profitto derivante dal reato, nondimeno la richiesta di revoca non potrebbe essere accolta perché ciò presupporrebbe una prognosi di condanna del coindagato, allo stato non consentita. 2. Ha proposto ricorso per cassazione l'indagato articolando un unico motivo con cui deduce violazione di legge si sostiene che nella specie si fosse dedotta la violazione del principio di proporzionalità del sequestro disposto. L'ordinanza sarebbe illegittima per non avere il Tribunale considerato quanto indicato nello stesso verbale di sequestro in cui si fa riferimento ad una stima delle quote compiuta dalla stessa Guardia di finanza in relazione alla situazione patrimoniale della società emergente dai dati del bilancio di esercizio al 31.12.2018 in cui era precisato, da una parte, come detta stima fosse stata effettuata secondo le indicazioni di una determinata circolare del Ministero dell'interno, e, dall'altra, che il valore delle quote, per come stimato, fosse ben superiore a quanto necessario per il raggiungimento dell'ammontare del profitto. Non diversamente, sarebbe viziato anche il secondo assunto del Tribunale atteso che, a ragionane con l'ordinanza impugnata, in ogni caso di illecito plurisoggettivo non potrebbe mai essere disposta la revoca parziale del sequestro nei riguardi di uno dei coindagati e ciò violerebbe i principi affermati dalle stesse Sezioni unite della Corte secondo cui l'onere motivazionale deve essere rapportato alla natura anticipatrice della misura cautelare reale. Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato. 2. In presenza di una giurisprudenza non uniforme è uti e richiamare i principi affermati dalle Sezioni unite della Corte di cassazione quanto al rapporto fra sequestro prevenivo finalizzato alla confisca e principio di proporzionalità in caso di illecito plurisoggettivo. Si è affermato che in tal caso deve applicarsi il principio solidaristico che informa la disciplina del concorso nel reato e che implica l'imputazione dell'intera azione delittuosa e dell'effetto conseguente in capo a ciascun concorrente. Più in particolare, perduta l'individualità storica del profitto illecito, la confisca di valore può interessare indifferentemente ciascuno dei concorrenti anche per l'intera entità del profitto accertato entro logicamente i limiti quantitativi dello stesso , non essendo esso ricollegato, per quello che emerge allo stato degli atti, all'arricchimento di uno piuttosto che di un altro soggetto coinvolto, bensì alla corresponsabilità di tutti nella commissione dell'illecito, senza che rilevi il riparto del relativo onere tra i concorrenti, che costituisce fatto interno a questi ultimi cfr. Cass. sez. H 14/6/2006 numero 31989, Troso 20/9/2007 numero 38599, Angelucci 21/2/2007 numero 9786, Alfieri 20/12/2006 numero 10838, Napoletano 6/7/2006 numero 30729, Carere . Sul punto si registra un orientamento giurisprudenziale solo apparentemente contrastante, secondo cui, in caso di pluralità di indagati, il sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente non può eccedere per ciascuno dei concorrenti la misura della quota di profitto del reato a lui attribuibile, sempre che tale quota sia individuata o risulti chiaramente individuabile cfr. Cass. sez. VI 23/6/2006 numero 25877 sez. VI 5/6/2007 numero 31690 sez. VI 14/6/2007 numero 30966 . È chiaro quindi che, ove la natura della fattispecie concreta e dei rapporti economici ad essa sottostanti non consenta d'individuare, allo stato degli atti, la quota di profitto concretamente attribuibile a ciascun concorrente o la sua esatta quantificazione, il sequestro preventivo deve essere disposto per l'intero importo del profitto nei confronti di ciascuno, logicamente senza alcuna duplicazione e nel rispetto dei canoni della solidarietà interna tra i concorrenti così, testualmente, Sez. U., numero 26654 del 27/03/2008, Fisia Impianti, Rv. 239926 . Dunque, solo nel caso in cui la natura della fattispecie concreta ed i rapporti economici ad essa sottostanti non consentano d'individuare, allo stato degli atti, la quota di profitto concretamente attribuibile a ciascun concorrente o la sua esatta quantificazione, il sequestro preventivo può essere disposto per l'intero importo del profitto nei confronti di ciascuno, logicamente senza alcuna duplicazione e ne rispetto dei canoni della solidarietà interna tra i concorrenti. Si tratta di principi che devono essere posti in connessione con quanto ancora le Sezioni unite della Corte hanno recentemente affermato e cioè che ogni misura cautelare, per dirsi proporzionata all'obiettivo da perseguire, dovrebbe richiedere che ogni interferenza con il pacifico godimento dei beni trovi un giusto equilibrio tra i divergenti interessi in gioco Corte Edu 13 ottobre 2015, Unsped Paket Servisi SaN. Ve TIC. A. S. c. Bulgaria così testualmente Sez. U, numero 36072 del 19/04/2018, Botticelli, Rv. 273548, in motivazione . Il principio di proporzionalità, peraltro, non opera esclusivamente quale limite alla discrezionalità giudiziale nella fase genetica della misura cautelare, ma impone al giudice, lungo tutta la fase della sua efficacia, di graduare e modellare il contenuto del vincolo imposto, anche in relazione alle sopravvenienze che possono intervenire, affinché lo stesso non comporti restrizioni più incisive dei diritti fondamentali rispetto a quelli strettamente funzionali a tutelare le esigenze cautelari da soddisfare nel caso di specie. La legittima finalità di garantire, in attesa della definizione del processo di merito, l'esecuzione della confisca mediante il sequestro del profitto del reato non deve eccedere quanto strettamente necessario rispetto al fine perseguito e deve, dunque, essere realizzata in forme che, pur garantendone l'effettività, si rivelino adeguate alla tutela di altri diritti di rilievo costituzionale meritevoli di protezione e il cui esercizio non pregiudichi le esigenze cautelar' perseguite. Il giudice, dunque, all'atto dell'adozione della misura cautelare reale e nella sua successiva dinamica esecutiva, deve evitare che il vincolo reale, eccedendo le proprie finalità ed esorbitando dall'alveo dei propri effetti tipici, si risolva in una sostanziale inibizione per l'operatività economica del soggetto attinto dal sequestro, sino a determinarne la paralisi o la cessazione definitiva così testualmente, Sez. 6, numero 13936 del 11/01/2022, Sunsky . 3. Il Tribunale non ha fatto corretta applicazione dei principi indicati. Con una motivazione obiettivamente sbrigativa, non è stato affatto spiegato a perché, a fronte di un profitto pari a circa 5,5 milioni di Euro, dovrebbero essere sequestrati beni per un valore largamente superiore b per quale ragione sarebbe irrilevante quanto attestato nello stesso verbale di sequestro, e cioè che il valore delle quote sequestrate successivamente è di per sé largamente satisfattorio della prospettica confisca del profitto di reato c se ed in che misura nella specie sia possibile allo stato quantificare il profitto conseguito da ciascuno dei compartecipi d perché il fatto sopravvenuto , cioè l'ulteriore sequestro nella sua dimensione oggettiva non assuma rilievo sotto il profilo del rispetto del principio di proporzionalità. Nè è chiaro quale sia, alla luce dei principi appena indicati, il senso dell'affermazione contenuta nella ordinanza impugnata, secondo cui il valore superiore delle quote sequestrate rispetto all'entità del profitto derivante dal reato non potrebbe comunque legittimare una revoca parziale dell'oggetto del sequestro perché ciò presupporre una prognosi non consentita della successiva statuizione di condanna a carico del coindagato. Si tratta di un'affermazione sganciata dai principi e che sembra evocare la possibilità, del tutto non consentita, di sequestrare, proprio in ragione della impossibilità di prognosticare l'esito del processo, una indifferenziato, diffusivo, totalizzante sequestro dell'intero ammontare del profitto a ciascuno dei soggetti coinvolti in un unico procedimento soggettivamente complesso. 4. Ne consegue che l'ordinanza impugnata deve essere annullata il giudice del rinvio applicherà i principi indicati e verificherà se ed in che limiti sia necessario mantenere il sequestro sui beni del ricorrente. P.Q.M. Annulla l'ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di. Palermo competente ai sensi dell'articolo 324 c.p.p., comma 5.