Maltrattamenti in famiglia: non bastano due diverbi forti tra figlio e genitori

Rimessa in discussione la misura cautelare, cioè la custodia in carcere, applicata nei confronti di un uomo che è finito nel mirino per i comportamenti da lui avuti nei confronti della madre e del padre.

Due diverbi forti, con tanto di minacce, tra figlio e genitori non bastano per parlare di maltrattamenti in famiglia. Concordi GIP e Tribunale sulla misura cautelare – cioè la custodia in carcere – da applicare nei confronti di un uomo accusato di avere compiuto veri e propri maltrattamenti ai danni della madre e del padre. Col ricorso in Cassazione, però, il legale che rappresenta l'uomo ritiene fragile la gravità indiziaria che ha portato all'adozione della misura cautelare. In particolare, secondo il legale, «è mancata una abituale condotta vessatoria, essendosi travisate le dichiarazioni dei genitori» dell'uomo, i quali «si sono riferiti, in effetti, ad un ristretto periodo temporale – a far data dal 31 dicembre 2021 –» e hanno raccontato genericamente «di atteggiamenti aggressivi e di due soli specifici episodi – il 19 gennaio 2022 ai danni del padre e il 20 gennaio 2022 ai danni della madre ». Impossibile, poi, ignorare, osserva ancora il legale, che «le stesse dichiarazioni dei due genitori palesano l'assenza di un loro stato di soggezione nei confronti del figlio, del quale è evidenziata una condizione di sofferenza psichica e di cattivo uso degli psicofarmaci , assunti unitamente ad alcool e, probabilmente, a stupefacenti». I Giudici della Cassazione accolgono le obiezioni proposte dal legale e riconoscono che «nel valutare le dichiarazioni dei genitori dell'uomo» non si è tenuta in considerazione «la necessità di individuare l' abitualità della condotta maltrattante ed il conseguente stato di soggezione» nel padre e nella madre dell'uomo, elementi, quelli, «necessari a configurare l'elemento oggettivo del reato». In questa ottica è necessaria quindi una approfondita disamina del contenuto delle dichiarazioni rilasciate dai genitori dell'uomo, dichiarazioni che «richiamano minacciosi diverbi tra l'uomo – già in cura per patologia psichiatrica e sottoposto anche a trattamenti sanitari obbligatori – ed i genitori, diverbi scaturiti dai rimproveri fatti dai genitori al figlio». Discutibile, invece, osservano i Giudici della Cassazione, il mero riferimento fatto in Tribunale alle «preoccupazioni che l' atteggiamento aggressivo palesato dall'uomo ha ingenerato nei familiari , ancorché non colpiti da condotte aggressive». E non può dare spessore indiziario «il richiamo operato dal Tribunale al solo rinvenimento, nella disponibilità dell'uomo, di un coltello a serramanico e di un taglierino» poiché a quegli oggetti «le dichiarazioni dei familiari non hanno mai fatto riferimento». Impossibile , poi, ipotizzare il reato di maltrattamenti in famiglia , spiegano i Giudici, «in presenza di semplici fatti che ledono ovvero mettono in pericolo l'incolumità personale, la libertà o l'onore di una persona della famiglia», essendo invece necessario, per la configurabilità del reato, che «tali fatti siano la componente di una più ampia ed unitaria condotta abituale, idonea ad imporre un regime di vita vessatorio, mortificante e insostenibile». Tirando le somme, «fatti episodici lesivi di diritti fondamentali di una persona, derivanti da situazioni contingenti e particolari, che possono verificarsi nei rapporti interpersonali di una convivenza familiare, non integrano il delitto di maltrattamenti, ma conservano la propria autonomia di reati contro la persona», concludono i Giudici, ribadendo che «per la configurabilità del reato abituale di maltrattamenti in famiglia è richiesto il compimento di atti che non siano sporadici e manifestazione di un atteggiamento di contingente aggressività, occorrendo una persistente azione vessatoria idonea a ledere la personalità della vittima».

Presidente Fidelbo – Relatore Capozzi Ritenuto in fatto 1. Con l'ordinanza in epigrafe il Tribunale di Napoli ha confermato l'ordinanza cautelare emessa in data 24 gennaio 2022 dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere nei confronti di R.A. con la quale a questi è stata applicata la misura della custodia in carcere in relazione al delitto di cui agli articolo 81 cpv., articolo 572 c.p. , commi 1 e 2, ai danni dei genitori. 2. Avverso la ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il difensore dell'indagato deducendo 2.1. Con il primo motivo, violazione dell' articolo 572 c.p. , comma 2, in relazione all'assenza di qualsiasi riferimento all'uso di armi per la commissione del reato, non bastando al riguardo il solo rinvenimento del coltello a serramanico e di un taglierino. 2.2. Con il secondo motivo, violazione dell' articolo 572 c.p. e 273 c.p.p. in relazione alla ritenuta gravità indiziaria mancando una abituale condotta vessatoria, essendosi travisate le dichiarazioni dei familiari che in effetti si sono riferiti ad un ristretto periodo temporale a far data dal 31 dicembre 2021 riferendo genericamente di atteggiamenti aggressivi e di due soli specifici episodi - avvenuti il 19 gennaio 2022 ai danni del padre ed il 20 gennaio 2022 ai danni della madre. In ogni caso, le stesse dichiarazioni palesano l'assenza di uno stato di soggezione dei due genitori nei confronti del figlio, del quale è evidenziata una condizione di sofferenza psichica e di cattivo uso degli psicofarmaci, assunti unitamente ad alcool e probabilmente a stupefacenti. 2.3. Con il terzo motivo, manifesta illogicità della motivazione ed erronea applicazione di legge in relazione alle ritenute esigenze cautelari ed alla adeguatezza della misura, non essendosi tenuto conto delle contingenze del caso ed il precario stato di salute del ricorrente, non potendosi desumere il pericolo di reiterazione del reato e la adeguatezza della massima misura dalla reazione avuta in sede di arresto, soprattutto considerando questo quale effetto della denuncia dei propri familiari. 3. Il procedimento si è svolto ai sensi del D.L. numero 137 del 28 ottobre 2020, articolo 23, commi 8 e 9, conv. in L. 18 dicembre 2020, numero 176 . Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato sull'assorbente fondatezza del secondo motivo. Ritiene questa Corte che il Tribunale, nel valutare le dichiarazioni dei familiari del ricorrente ha mancato di considerare la necessità di individuare la abitualità della condotta maltrattante ed il conseguente stato di soggezione nelle parti offese necessari a configurare l'elemento oggettivo del reato in questione, non bastando al riguardo l'enunciazione del solo principio di legittimità che esclude la non necessità a riguardo di un tempo prolungato, senza però una puntuale verifica fattuale dei termini oggettivi della vicenda che, secondo quanto è dato leggere nel provvedimento impugnato, si è manifestata dopo il 31 dicembre 2021 ed a seguito del coinvolgimento del ricorrente in un incidente stradale, emergendo conclusivamente venti giorni dopo con le dichiarazioni rese alla p.g. alle quali ha fatto seguito la restrizione del ricorrente. Rispetto a tale ineludibile esigenza risulta, invero, approssimativa la disamina condotta dal Tribunale del contenuto delle predette dichiarazioni - che come risulta dalle ampie allegazioni difensive richiamano piuttosto minacciosi diverbi tra il ricorrente - già in cura per patologia psichiatrica e sottoposto anche a trattamenti sanitari obbligatori - ed i genitori, scaturiti dai rimproveri di questi ultimi al primo e verificatisi soprattutto tra il 19 ed il 20 gennaio 2022, appuntandosi piuttosto la motivazione del Tribunale sulle preoccupazioni che l'atteggiamento aggressivo palesato dal ricorrente ha ingenerato nei familiari, ancorché non attinti - come la sorella - da condotte aggressive. Nè a dare spessore indiziario soccorre il richiamo operato dal Tribunale al solo rinvenimento del coltello a serramanico e del taglierino indosso al ricorrente, senza che ad essi le dichiarazioni dei familiari facciano in qualche modo mai riferimento. Invero, secondo consolidato orientamento nel reato di maltrattamenti di cui all' articolo 572 c.p. l'oggetto giuridico non è costituito solo dall'interesse dello Stato alla salvaguardia della famiglia da comportamenti vessatori e violenti, ma anche dalla difesa dell'incolumità fisica e psichica delle persone indicate nella norma, interessate al rispetto della loro personalità nello svolgimento di un rapporto fondato su vincoli familiari tuttavia, deve escludersi che la compromissione del bene protetto si verifichi in presenza di semplici fatti che ledono ovvero mettono in pericolo l'incolumità personale, la libertà o l'onore di una persona della famiglia, essendo necessario, per la configurabilità del reato, che tali fatti siano la componente di una più ampia ed unitaria condotta abituale, idonea ad imporre un regime di vita vessatorio, mortificante e insostenibile Sez. 6, numero 37019 del 27/05/2003 Rv. 226794 Caruso essendosi spiegato in motivazione che fatti episodici lesivi di diritti fondamentali della persona, derivanti da situazioni contingenti e particolari, che possono verificarsi nei rapporti interpersonali di una convivenza familiare, non integrano il delitto di maltrattamenti, ma conservano la propria autonomia di reati contro la persona. Cosicché, come è stato più di recente ribadito, ai fini della configurabilità del reato abituale di maltrattamenti in famiglia, è richiesto il compimento di atti che non siano sporadici e manifestazione di un atteggiamento di contingente aggressività, occorrendo una persistente azione vessatoria idonea a ledere la personalità della vittima Conf. Sez.6, numero 8953/1984, Rv.166250 . Sez. 6, numero 6126 del 09/10/2018 Ud. dep. 2019 Rv. 275033 . 4. Ne consegue l'annullamento della ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Napoli per nuovo esame. P.Q.M. Annulla l'ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di Napoli competente ai sensi dell 'articolo 309 c.p.p ., comma 7. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all 'articolo 94 disp. att. c.p.p ., comma 1 ter.