Viene ripresa mentre si tatua: legittimo il sequestro dei dispositivi elettronici dello studio

Nei guai un tatuatore. Irrilevante il fatto che il materiale caduto in sequestro costituisse specifica attrezzatura per lo svolgimento del lavoro contenente dati sensibili.

La vicenda da cui origina la questione sottoposta all'esame della Corte riguarda la denuncia di una donna a seguito delle riprese eseguite a sua insaputa nello studio di tatuatore dell'indagato, a causa del pericolo di diffusione delle immagini rinvenute nei dispositivi elettronici presenti nello studio. Nello specifico, con la sentenza in esame, la Suprema Corte è stata chiamata a pronunciarsi sulla legittimità del sequestro probatorio disposto dal P.M. in relazione all'ipotesi di reato di cui all'articolo 612-ter c.p., avente ad oggetto dispositivi elettronici di vario tipo tra i quali smartphone, tablet, computer, pennette USB, memory card , oltre che le telecamere installate nello studio dell'indagato e le fotocamere digitali rinvenute nella sua disponibilità. In particolare, l'indagato lamenta, tra i vari motivi, che il materiale caduto in sequestro costituisse specifica attrezzatura per lo svolgimento del lavoro contenente dati sensibili, con conseguente violazione del principio di proporzionalità. A riguardo, i Giudici evidenziano che quando il sequestro è giustificato dall'esigenza probatoria di acquisire i dati contenuti in dispositivi elettronici, il vincolo reale deve rispettare il canone di proporzionalità, nel senso che «le esigenze dell'attività di indagine e quelle di tutela devono essere correlate sul piano degli specifici profili di ordine quantitativo, qualitativo e temporale, di tal che non sono di per se stessi illegittimi il sequestro del dispositivo elettronico e l'acquisizione di tutte le informazioni contenute nel medesimo, dovendosi fare riferimento alla ragionevolezza temporale, in funzione dell'estrazione selettiva dei dati e al lasso di tempo necessario in relazione all'entità e al novero delle operazioni implicate» Cass. penumero , numero 53168/2016 . In questi casi, infatti, il sequestro comporta una scansione operativa in più fasi, rappresentate dal sequestro del dispositivo elettronico , dall' estrazione della copia forense e dalla estrapolazione dei dati in concreto rilevanti seguendo queste fasi, dunque, la scansione operativa può prevedere la restituzione del dispositivo solo dopo la formazione di copia forense, e la restituzione dei cloni solo dopo l'estrazione dei dati di interesse dalla copia forense Cass. penumero , numero 13165/2020 . Nel caso di specie, essendo stata superata la fase in questione, senza che sia conseguita la restituzione dei ccl. contenitori elettronici e informatici, il motivo risulta manifestamente infondato, con conseguente rigetto del ricorso.

Presidente Pezzullo – Relatore Sessa Ritenuto in fatto 1.È stato proposto ricorso per cassazione nell'interesse di M.L. , avverso l'ordinanza emessa dal Tribunale del riesame di Benevento in data 23 luglio 2021 che aveva rigettato la richiesta di riesame afferente il decreto di sequestro probatorio disposto dal P.M. in data 10.6.2021, ed eseguito il 22.6.2021, in relazione all'ipotesi di reato di cui all'articolo 612-ter c.p., avente ad oggetto dispositivi elettronici di vario tipo tra i quali smartphone, tablet, computer, pennette USB, memory card oltre che le telecamere installate nello studio di tatuatore dell'indagato e le fotocamere digitali rinvenute nella sua disponibilità. 2. Si deducono a sostegno del ricorso tre motivi. 2.1.Col primo motivo si deduce l'erronea applicazione dell'articolo 612-ter c.p., e la mancanza di motivazione in ordine alle censure che in sede di riesame si appuntavano sulla configurabilità del tentativo in relazione alla fattispecie ipotizzata. Si evidenzia che mancano elementi concreti che facessero desumere il pericolo sia della diffusione di eventuali immagini presenti nei dispositivi sequestrati, sia che esse, ove presenti, fossero di contenuto intimo o sessualmente esplicito. In buona sostanza l'unico elemento evidente nel fascicolo del P.M. che il tribunale ritiene congruo a sostenere la misura adottata risiede nella denuncia della signora C. e nel timore della stessa di essere stata ripresa. Invero, non si specifica neanche se l'espressione sarebbe finita su internet sia riferita o riferibile alle probabili immagini per cui si procede e non anche ad altre circostanze, come commenti ed opinioni riferibili ai motivi della separazione dei coniugi intercorrente tra la predetta e l'indagato. In sede di riesame si era posto in evidenza un preciso elemento contraddittorio la C. se fosse stata effettivamente minacciata dal M. non avrebbe proposto e formalizzato un ricorso congiunto per la separazione consensuale, tantomeno avrebbe avuto rapporti sessuali recandosi nello studio dell'indagato, munito di regolare videosorveglianza, dopo aver patito maltrattamenti, come da sua denuncia dalla medesima. Il tribunale non ha offerto motivazione adeguata al riguardo. Si contesta, in definitiva, il provvedimento impugnato, e prima ancora quello di sequestro, per non essere stato sufficientemente affrontato il tema dell'ipotesi tentata che si ripercuote anche su quello della proporzionalità della misura disposta. 2.2.Col secondo motivo si deduce l'illogicità e carenza della motivazione del provvedimento impugnato per non avere il tribunale saggiato la sussistenza del fumus commissi delicti, la cui fondatezza, seppure in astratto, deve comunque essere verificata ed esaminata nè risulta affrontato il tema della qualificazione della cosa come corpus delicti che implica la esistenza di una relazione di immediatezza tra la cosa stessa e l'illecito penale laddove peraltro nel caso di specie sono stati sequestrati anche dispositivi elettronici non idonei ad immagazzinare dati. Il provvedimento di sequestro si limita esclusivamente a richiamare genericamente la normativa penale che si assume violata e ciò era segnalato al tribunale del riesame, che non rilevava però alcunché al riguardo. 2.3.Col terzo motivo si lamenta la violazione dell'articolo 275 del codice di rito. Nell'ordinanza impugnata emerge altresì che il tribunale ha, tra l'altro, accertato la qualifica di tatuatore dell'imputato nonché la circostanza che i fatti si sarebbero verificati nei locali ove veniva svolta tale attività. È, quindi, evidente che il materiale caduto in sequestro costituisse specifica attrezzatura per lo svolgimento del lavoro contenente dati sensibili. È inoltre evidente che erano stati sottoposti a sequestro anche dispositivi che per la loro specifica funzione tecnica non consentono la conservazione di dati informatici, quali ad esempio il computer portatile del quale il solo HD potrebbe essere oggetto di sequestro per il tempo strettamente necessario all'acquisizione dei dati in osso contenuti. Sicché si lamenta anche la violazione del principio di proporzionalità. Oggi la tecnologia permette, in assenza di particolari mezzi informatici, la realizzazione della ‘beat stream imagè che è una vera e propria copia conforme all'originale che rende inutile il mantenimento del sequestro sul ‘contenitorè, ovvero, ad esempio, sul computer o sul cellulare. 3.il Sostituto Procuratore Generale presso questa Corte ha concluso chiedendo dichiararsi inammissibile il ricorso. Considerato in diritto 1.II ricorso è inammissibile per genericità intrinseca ed estrinseca e, in parte, anche perché deduce vizi di motivazione non deducibili in cassazione in relazione al tipo di provvedimento impugnato avente ad oggetto decreto di sequestro, e ciò essendo espressamente previsto dall'articolo 325, comma 1, del codice di rito. Ed invero, in tema di riesame delle misure cautelari reali, nella nozione di violazione di legge per cui soltanto può essere proposto ricorso per cassazione a norma dell'articolo 325 c.p.p., comma 1, rientrano la mancanza assoluta di motivazione o la presenza di motivazione meramente apparente, in quanto correlate all'inosservanza di precise norme processuali, ma non l'illogicità manifesta, la quale può denunciarsi nel giudizio di legittimità soltanto tramite lo specifico e autonomo motivo di ricorso di cui alla lett. e dell'articolo 606 stesso codice Sez. U, Sentenza numero 5876 del 28/01/2004, Rv. 226710 - 01 . Ed ancora, come è stato precisato da altra pronuncia di questa Corte, in caso di misure cautelaci reali, l'omesso esame di punti della decisione si traduce in una violazione di legge per mancanza di motivazione, censurabile con ricorso per cassazione ai sensi dell'articolo 325 c.p.p., comma 1, solo nel caso in cui si tratti di punti decisivi per l'accertamento del fatto, sui quali è stata fondata l'emissione del provvedimento di sequestro Sez. 3, Sentenza numero 28241 del 18/02/2015, Rv. 264011 . Col ricorso in scrutinio si assume, invece innanzitutto, che la motivazione sia contraddittoria, illogica e carente pure a fronte della esaustività della stessa in relazione ai diversi punti trattati in risposta alle censure in quella sede svolte. 1.1.II primo motivo è, invero, aspecifico, avendo il provvedimento impugnato, a differenza di quanto si assume in ricorso, ben individuato la fattispecie ascritta all'indagato, indicandone anche i connotati fattuali che consentono la sussunzione nell'ipotesi astrattamente prevista dagli articolo 56-612-ter c.p. È solo il caso di osservare al riguardo che non solo il decreto di sequestro non era affatto carente in punto di indicazione delle esigenze probatorie e dei beni da sequestrare, come spiegato dal tribunale del riesame, ma anche che questo ha piuttosto ben messo in evidenza come dal provvedimento del P.m. emergesse chiaramente il titolo di reato e la condotta ascritta all'indagato - che ha in ipotesi investigativa detenuto immagini o video a contenuto sessuale esplicito ritraenti sua moglie, C.C.A. , nell'atto di avere rapporti sessuali con lui - nonché la finalità dell'atto rinvenire nei luoghi e nella disponibilità dell'indagato strumenti che potessero contenere tali immagini o comunque collegati con esse , oltre che la natura dei beni ricercati, concludendo che ciò fosse sufficiente per ritenere necessario ai fini di indagini l'atto. In particolare, il tribunale ha evidenziato che era emerso che nel mese di marzo 2020, dopo una prima denuncia per maltrattamenti sporta dalla C. nei confornti del marito, i due avevano rapporti sessuali nello studio di tatuatore di lui nel mese di settembre la C. notava una telecamera nel predetto studio dopo la scoperta della telecamera i due avevano un litigio nel corso del quale il M. diceva alla donna di togliergli ove possibile la denuncia e la minacciava che, se non l'avesse fatto, sarebbe finita su internet in seguito alle velate minacce del M. la C. , temendo di essere stata ripresa in atteggiamenti intimi col marito, denunciava il fatto ai Carabinieri di qui la necessità di disporsi la perquisizione e il sequestro probatorio degli strumenti indicati al fine di saggiarsi la fondatezza dell'ipotesi accusatoria tentativo di diffusione di immagini a contenuto sessualmente esplicito, senza il consenso della persona ritratta . Il ricorrente nel formulare i motivi in scrutinio nei termini sopra indicati ha finito quindi col non confrontarsi minimamente nè col decreto di sequestro - il cui attento esame preliminare era propedeutico all'introduzione della censura afferente l'ordinanza del tribunale - nè con questa che aveva esaurientemente dato conto delle ragioni della infondatezza delle censure mosse al riguardo già in sede di riesame nè si è confrontato coi principi affermati da questa Corte sui temi proposti. Ed invero, premesso che in tema di sequestro probatorio, la motivazione del decreto deve contenere, a pena di nullità, la descrizione della condotta ipotizzata a carico dell'indagato, la sua riconduzione ad una fattispecie incriminatrice, la natura dei beni da vincolare e la loro relazione con tale ipotesi criminosa, non essendo esaustiva l'indicazione della sola norma violata Sez. 6, numero 37639 del 13/03/2019 - dep. 11/09/2019, BUFANO TOMMASO, Rv. 27706101 , e che il decreto di sequestro probatorio deve essere sorretto da una motivazione che, per quanto riassuntiva o schematica, coniughi al ragionevole delinearsi di ipotesi criminose almeno l'enunciazione descrittiva dell'inerenza o pertinenzialità dei beni e cose sequestrate all'accertamento di dette ipotesi di reato Sez. 6, numero 5930 del 31/01/2012 - dep. 15/02/2012, Iannella, Rv. 25242301 cfr. altresì in tema, Sez. U, numero 5876 del 28/01/2004 - dep. 13/02/2004, P.C. Ferazzi in proc. Bevilacqua, Rv. 226711 , si deve concludere che nel caso di specie il tribunale abbia fatto corretta applicazione di tali principi nel ritenere che il decreto del P.M. fosse sufficientemente motivato consentendo la descrizione del fatto contestato e di apprezzare le esigenze probatorie e la ragione per cui i beni sequestrati sono cose pertinenti al reato. Nel caso di specie, come ha ben messo in evidenza l'ordinanza impugnata, la motivazione del decreto di sequestro probatorio contiene l'indicazione di una seppur minima ed embrionale condotta oltre che delle sottese finalità probatorie che si evidenziano anche per la stessa tipologia del reato in accertamento - tentativo di diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti il cui fumus non è stato messo seriamente in discussione se non indirettamente attraverso i motivi indicati - implicante la necessità di verificare quanto contenuto nei dispositivi elettronici ed informatici contenenti, secondo l'ipotesi investigativa, le immagini suscettibili di illecita diffusione circostanza che rende immediatamente percepibile il nesso esistente tra il sequestro e l'accertamento del reato come richiesto da ultimo anche da Sez. U, numero 36072 del 19/04/2018 Rv. 273548 - 01, anche nel caso di sequestro di cosa costituente corpo del reato . Ne consegue che la motivazione del provvedimento del riesame non è affatto apparente e in quanto tale essa non è censurabile con il ricorso per cassazione, il cui sindacato - come già sopra detto - sulla motivazione del provvedimento del Tribunale del riesame in tema di sequestro è circoscritto al vizio di violazione di legge ex articolo 325 c.p.p., comma 1, nel quale rientrano, oltre che gli errori di diritto in senso stretto, anche quei vizi della motivazione così radicali da rendere l'apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento del tutto mancante o apparente o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l'itinerario logico seguito dal giudice esulano, invece, dal novero dei vizi deducibili l'illogicità manifesta e la contraddittorietà del costrutto argomentativo Sez. U, numero 25932 del 29/05/2008, Ivanov, Rv. 239692 Sez. U, numero 5876 del 28/01/2004, Bevilacqua, Rv. 226710 Sez. 3, numero 4919 del 14/07/2016, dep. 2017, Faiella, Rv. 269296 Sez . 2, numero 18951 del 14/03/2017, Napoli, Rv. 269656 Sez. 2, numero 5807 del 18/01/2017, Zaharia, Rv. 269119 Sez. 5, numero 35532 del 25/06/2010, Angelini, Rv. 248129 . 1.2. Ne discende la assoluta inconferenza non solo del primo ma anche del secondo motivo, non essendo peraltro contestabile, alla stregua delle emergenze passate in rassegna dal tribunale che depongono per la realizzazione di una condotta ex ante finalizzata a diffondere il materiale in questione, la sussistenza del fumus del reato i potizzato. Quanto alla violazione del criterio della proporzionalità, applicabile anche alle misure reali, è il caso di rammentare che questa Corte, in tema di sequestro probatorio, ha già avuto modo di affermare che deve ritenersi, ad esempio, legittimo e non in contrasto con i principi di proporzionalità, adeguatezza e gradualità, il sequestro di un intero personal computer piuttosto che l'estrapolazione con copia forense di singoli dati quando esso sia giustificato dalle difficoltà tecniche di estrapolare, con riproduzione mirata, i dati contenuti nella memoria Sez. 5, numero 38456 del 17/05/2019 Cc. dep. 17/09/2019 Rv. 277343 01 laddove nel caso di specie nulla di specifico è stato contro-dedotto al riguardo dal ricorrente, nonostante il tribunale abbia puntualizzato nel provvedimento in scrutinio che il materiale caduto in sequestro - di indubbia consistenza come emerge dallo stesso elenco contenuto in ricorso - non possa essere dissequestrato prima di essere adeguatamente setacciato dal P.M. e che naturalmente sarà cura di quest'ultimo provvedere alla restituzione, ove, scandagliati ad uno ad uno i dispositivi sequestrati, dovesse risultare che essi non contengono immagini o video a contenuto sessualmente esplicito ritraenti la signora C. . 1.3. Anche il terzo motivo risulta dunque privo di pregio. Il tribunale ha invero confermato il sequestro probatorio di dispositivi elettronici in puntuale applicazione dei principi di diritto affermati nella giurisprudenza di legittimità con i quali nel ricorso manca un adeguato confronto - secondo cui, in tali casi, quando il sequestro è giustificato dall'esigenza probatoria di acquisire i dati contenuti in dispositivi elettronici, il vincolo reale deve rispettare il canone di proporzionalità, nel senso che le esigenze dell'attività di indagine e quelle di tutela devono essere correlate sul piano degli specifici profili di ordine quantitativo, qualitativo e temporale, di tal che non sono di per se stessi illegittimi il sequestro del dispositivo elettronico e l'acquisizione di tutte le informazioni contenute nel medesimo, dovendosi fare riferimento alla ragionevolezza temporale Sez. 6, numero 53168 del 11/11/2016, Amores, Rv. 268489 , in funzione dell'estrazione selettiva dei dati e al lasso di tempo necessario in relazione all'entità e al novero delle operazioni implicate segnatamente, in questi casi, il sequestro comporta una scansione operativa - cui corrispondono tutelati interessi alla restituzione - in più fasi, rappresentate dal sequestro del dispositivo elettronico , dall' estrazione della copia forense e dalla estrapolazione dei dati in concreto rilevanti, secondo modalità che riflettono i contenuti della disciplina ex articolo 247 c.p.p., comma 1-bis in tema di perquisizioni e che è volta, per gradi, a consentire l'acquisizione dei dati contenuti nel sistema informatico e nel contempo ad assicurare la minor invasività dell'operazione a vantaggio della parte interessata. Seguendo queste fasi, dunque, in consonanza alle prime pronunce di legittimità ad es. Cass., Sez. 6, Sentenza numero 13165 del 04/03/2020 - dep. 28/04/2020, Rv. 279143 , la scansione operativa nella specie rispettata, trattandosi della prima fase da ritenersi contenuta in limiti temporali ragionevoli, tenuto conto della data di esecuzione del sequestro e dell'assenza di specifiche censure al riguardo può prevedere la restituzione del dispositivo solo dopo la formazione di copia forense e la restituzione dei cloni solo dopo l'estrazione dei dati di interesse dalla copia forense. Sicché non essendo in contestazione che si sia superata in maniera non ragionevole la fase in questione, senza che sia conseguita la restituzione dei cd. contenitori elettronici e informatici, il motivo, nei termini articolati dal ricorrente, rimane, in definitiva, manifestamente infondato. 2. Dalle ragioni sin qui esposte deriva la declaratoria di inammissibilità del ricorso, cui consegue, per legge, ex articolo 606 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese di procedimento, nonché, trattandosi di causa di inammissibilità determinata da profili di colpa emergenti dal medesimo atto impugnatorio, al versamento, in favore della Cassa delle Ammende, di una somma che si ritiene equo e congruo determinare in Euro 3.000,00 in relazione alla entità delle questioni trattate. La materia trattata impone l'oscuramento dei dati in caso di diffusione del presente provvedimento. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende. In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi, a norma del D.Lgs. numero 196 del 2003, articolo 52, in quanto imposto dalla legge.