Risarcito il medico sottoposto a turni massacranti e costretto a essere sempre reperibile

Condanna definitiva per un’Azienda sanitaria. Per i Giudici è palese il nesso tra il trattamento riservato a un medico di una struttura ospedaliera e l’infarto da lui subito.

Condannata l’Azienda sanitaria che non pone rimedio alle proprie carenze a livello di organico e, invece, sottopone il medico a turni massacranti, lo obbliga a garantire la reperibilità per 365 giorni l’anno e, in sostanza, così contribuisce a fargli venire un infarto. Scenario della vicenda è la Sicilia. A finire sotto accusa è un’Azienda sanitaria. A essere passato ai raggi X è il trattamento riservato a un medico di una struttura ospedaliera . Il professionista – dirigente medico – lamenta di essere stato sottoposto a uno stress lavorativo che gli ha poi provocato un infarto. Questa versione, respinta in primo grado, viene ritenuta plausibile in appello, laddove i Giudici condannano l’Azienda sanitaria a risarcire il medico, poiché quest’ultimo «è stato costretto a garantire la reperibilità 365 giorni all’anno ed è stato sottoposto a turni massacranti», e ciò «a causa della gravissima situazione in cui versava la struttura ospedaliera», e ha riportato per questo un infarto. In sostanza, «il trascorso lavorativo del medico» è valutabile, secondo i Giudici, come «concausa efficiente e determinante dell’evento morbigeno». Di conseguenza, è fondata la richiesta risarcitoria , poiché «non sono state adottate le misure necessarie a garantire l’integrità fisica del medico» e non si è provveduto, in particolare, al « potenziamento dell’ organico di personale assegnato alla struttura ospedaliera», potenziamento che avrebbe consentito al medico «la fruizione di adeguati turni di riposo e lo svolgimento di prestazioni lavorative contenute nei limiti previsti dalla contrattazione collettiva». Inutile il ricorso in Cassazione presentato dai legali che rappresentano l’Azienda sanitaria. Inutile, in particolare, il riferimento alla «consistenza del bacino d’utenza del presidio ospedaliero» e alla « predisposizione morbigena » del medico. I Giudici di terzo grado condividono il ragionamento compiuto in appello e centrato, da un lato, sul «trascorso lavorativo del medico quale concausa efficiente e determinante dell’evento lesivo della sua integrità fisica» e, dall’altro, sulla «nocività dell’ambiente» e sul nesso causale tra le condizioni di lavoro e l’infarto subito dal medico. In conclusione, è impossibile mettere in discussione il peso specifico delle «modalità di impiego del medico» e la loro valenza di concausa efficiente e determinante del «grave pregiudizio fisico subito dal medico, in concorso con un quadro morboso antecedente, valutato come non prevalente rispetto allo stress occupazionale» subito all’interno della struttura ospedaliera, stress frutto dell’«effettuazione di turni di reperibilità in misura di gran lunga superiore a quella prevista dal contratto» e della «mancata fruizione di riposi settimanali».

Presidente Manna – Relatore De Marinis Rilevato - che, con sentenza del 6 maggio 2016, la Corte d'Appello di Palermo, in riforma della decisione resa dal Tribunale di Trapani, a fronte della domanda proposta da C.R. nei confronti dell'Azienda Sanitaria Provinciale di omissis , avente ad oggetto la condanna dell'Azienda convenuta al risarcimento del danno subito a motivo della condotta della stessa, riconducibile ad una ipotesi di mobbing o comunque di violazione dell' articolo 2087 c.c. , per la quale il C., dirigente medico responsabile della U.O. di omissis del Presidio Ospedaliero di omissis , era stato costretto a garantire la reperibilità 365 giorni all'anno e sottoposto a turni massacranti a causa della gravissima situazione in cui versava la predetta struttura ospedaliera, danno concretatosi nell'essere stato il C. colpito da infarto - che la decisione della Corte territoriale discende dall'aver questa ritenuto, diversamente dal primo giudice e sulla scorta della rinnovata CTU che ha ritenuto il trascorso lavorativo del C. concausa efficiente e determinante dell'evento morbigeno, la pretesa risarcitoria meritevole di accoglimento sotto il solo profilo della violazione dell' articolo 2087 c.c. , non essendo state adottate le misure necessarie a garantire l'integrità fisica del lavoratore ed, in particolare, il potenziamento dell'organico di personale assegnato alla struttura, al fine di consentire al C. la fruizione di adeguati turni di riposo e lo svolgimento di prestazioni lavorative contenute nei limiti previsti dalla contrattazione collettiva - che per la cassazione di tale decisione ricorre il L'Azienda Sanitaria provinciale di omissis , affidando l'impugnazione ad un unico motivo, cui resiste, con controricorso, il C. che l'Azienda ricorrente ha poi presentato memoria. Considerato - che con l'unico motivo, il ricorrente, nel denunciare la violazione e falsa applicazione degli articolo 2087 e 2043 c.c. , nonché dei principi in materia di onere della prova, lamenta l'incongruità logica e giuridica, tenuto conto della consistenza del bacino d'utenza del presidio ospedaliero cui il C. era addetto e della predisposizione morbigena del medesimo, del convincimento espresso dalla Corte territoriale in ordine al porsi del trascorso lavorativo del C. quale concausa efficiente e determinante dell'evento lesivo della sua integrità fisica, sulla base del quale è giunta a ritenere provati la sussistenza del danno, la nocività dell'ambiente ed il nesso causale tra le stesse intercorrente - che il motivo si rivela infondato, rinvenendo il giudizio espresso dalla Corte territoriale in adesione alle conclusioni cui era pervenuto il CTU dalla stessa incaricato della rinnovazione della perizia, teso a riconoscere alle modalità di impiego del C. la valenza di concausa efficiente e determinante del grave pregiudizio fisico subito dal medesimo in concorso con il quadro morboso antecedente, valutato come non prevalente rispetto allo stress occupazionale, pieno riscontro nell'accertamento in fatto operato dalla Corte medesima circa l'effettuazione da parte del C. di turni di reperibilità in misura di gran lunga superiore a quella prevista dal CCNL di comparto e la mancata fruizione di riposi settimanali, accertamento di merito non rivisitabile in sede di legittimità - che il ricorso va, dunque, rigettato - che le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in Euro 200,00 per esborsi ed Euro 5.000,00 per compensi, oltre spese generali al 15% ed altri accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. numero 115 del 2002, articolo 13 , comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.