Figlio convive con la madre e viene arrestato per spaccio: va revocata l’assegnazione della casa coniugale alla donna

Accolta la richiesta avanzata dall’ex marito. L’arresto e gli esiti della perquisizione domiciliare che ha permesso di rinvenire sostanze stupefacenti e denaro in contanti consentono di ritenere che il ragazzo non si impegni per cercare un lavoro e non abbia perciò diritto al mantenimento paterno.

Figlio maggiorenne e non autosufficiente economicamente che viene arrestato perché accusato di far soldi con lo spaccio di droga, coadiuvato dalla madre. Logico presumere che egli abbia poca voglia di mettersi alla ricerca di un lavoro. Legittima perciò la decisione con cui i giudici revocano, di conseguenza, il provvedimento che in sede di divorzio ha assegnato alla donna la casa coniugale di proprietà dell'ex marito. Dichiarati ufficialmente «cessati gli effetti civili del matrimonio», viene disposta in Tribunale «l' assegnazione della casa coniugale alla ex moglie in quanto questa vi abita con il figlio, di oltre 20 anni, non autosufficiente». Questo provvedimento viene cancellato in appello. Ciò perché, spiegano i Giudici, «il ragazzo è dedito allo spaccio di stupefacenti insieme alla madre », «ambedue sono stati arrestati per tale reato», e quindi «deve considerarsi estinto l'obbligo ex lege dell'uomo di provvedere al mantenimento del figlio». Col ricorso in Cassazione, però, la donna sostiene che «l'accusa di spaccio a carico del figlio è infondata», e comunque «non è intervenuta alcuna sentenza definitiva di condanna». Per i Giudici di terzo grado, però, il ragionamento seguito in appello è pienamente condivisibile, poiché «l'avvenuto arresto e gli esiti della perquisizione domiciliare - col rinvenimento di sostanze stupefacenti e 4mila euro in contanti - costituiscono gravi indizi dai quali legittimamente si è desunto che il ragazzo non impiega energie alla ricerca di un'onesta attività lavorativa» e pertanto «la mancanza di autosufficienza a lui imputabile non può gravare sul padre quanto al suo mantenimento». Irrilevante, in questa ottica, il richiamo difensivo alla «presunzione di innocenza», poiché, precisano i Giudici, in merito alla revoca dell' assegnazione della casa coniugale «si discute solo dell'atteggiamento colpevole del figlio» nella non «ricerca di un lavoro». Tirando le somme, «il diritto del figlio maggiorenne al mantenimento sussiste solo fin quando è in atto un percorso formativo avente ad oggetto la ricerca di un'attività lavorativa e l'inserimento nel mondo professionale, non quando invece manca qualsiasi progettualità o iniziativa in ordine all'inserimento nel mondo del lavoro», proprio come in questa vicenda, visto che «il ragazzo non ha dimostrato alcun interesse ad intraprendere una qualsiasi carriera».

Presidente Scotti - Relatore Meloni Fatti di causa Il Tribunale di Brindisi ha dichiarato cessati gli effetti civili del matrimonio contratto tra C.E. e P.I. e disposto l'assegnazione della casa coniugale alla ex moglie in quanto vi abitava con il figlio C.S. ventunenne non autosufficiente. La Corte di Appello di Lecce su impugnazione di C.E. ha riformato la suddetta pronuncia con sentenza in data 11/8/2020, avverso la quale ha proposto ricorso in cassazione P.I. affidato ad un motivo e memoria. C.E. si è costituito con controricorso. Ragioni della decisione Con unico motivo di ricorso la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell' articolo 115 c.p.c. , in riferimento all' articolo 360 c.p.c. , comma 1, numero 3, in quanto la Corte di Appello di Lecce ha revocato l'assegnazione della casa coniugale alla ex moglie che vi abitava con il figlio C.S. ventunenne non autosufficiente in quanto ha ritenuto che C.S. era dedito allo spaccio di stupefacenti insieme alla madre, ambedue arrestati per tale reato, e pertanto doveva considerarsi estinto l'obbligo ex lege del C. al mantenimento del figlio. Al contrario secondo la ricorrente tale obbligo era ancora esistente in quanto l'accusa di spaccio a carico del figlio era infondata ed in ogni caso non era intervenuta alcuna sentenza definitiva di condanna. Il ricorso è inammissibile. La sentenza impugnata nel revocare l'assegnazione della casa coniugale alla moglie disposta in sede di divorzio ha considerato che, all'esito di una perquisizione domiciliare presso tale abitazione e precisamente nel terreno circostante, furono rinvenute sostanze stupefacenti tra cui cocaina e 4.000,00 Euro in contanti ed il figlio C.S., unitamente alla madre P.I., furono tratti in arresto con l'accusa di spaccio di sostanze stupefacenti. Sicché appare congrua la motivazione della sentenza che revoca l'assegnazione della casa coniugale di proprietà del marito alla ex-moglie, considerato che l'avvenuto arresto e gli esiti della perquisizione domiciliare costituiscono gravi indizi dai quali la Corte ha desunto che il figlio C.S. non impiega energie alla ricerca di un'onesta attività lavorativa e pertanto la mancanza di autosufficienza allo stesso imputabile non può gravare sul padre quanto al suo mantenimento. I fatti storici cui ha fatto riferimento la Corte di Appello, relativamente all'arresto di figlio e moglie del ricorrente per detenzione di sostanze stupefacenti e l'esito della perquisizione con ritrovamento di sostanza stupefacente, bilancino e soldi non risultano essere stati contestati, come afferma il provvedimento impugnato a pag. 4, e pertanto in questa prospettiva appare irrilevante la presunzione di innocenza ex articolo 27 Cost. , invocata, visto che in causa si discute solo dell'atteggiamento colpevole del figlio nella ricerca di un lavoro vedi Cass. numero 17183/2020 numero 16134/2019 . La pronuncia impugnata merita quindi di essere confermata stante l'orientamento ormai consolidato in materia di questa Corte Se. 1 -, Ordinanza numero 17183 del 14/08/2020 Ai fini del riconoscimento dell'obbligo di mantenimento dei figli maggiorenni non indipendenti economicamente, ovvero del diritto all'assegnazione della casa coniugale, il giudice di merito è tenuto a valutare, con prudente apprezzamento, caso per caso e con criteri di rigore proporzionalmente crescenti in rapporto all'età dei beneficiari, le circostanze che giustificano il permanere del suddetto obbligo o l'assegnazione dell'immobile, fermo restando che tale obbligo non può essere protratto oltre ragionevoli limiti di tempo e di misura, poiché il diritto del figlio si giustifica nei limiti del perseguimento di un progetto educativo e di un percorso di formazione, nel rispetto delle sue capacità, inclinazioni e purché compatibili con le condizioni economiche dei genitori aspirazioni nello stesso senso Sentenza sez.1, numero 27904 del 13/10/2021 . Il motivo non coglie poi la ratio decidendi che, conformemente alla massima sopra riportata, afferma che il diritto del figlio maggiorenne al mantenimento sussiste solo fin quando è in atto un percorso formativo avente ad oggetto la ricerca di un'attività lavorativa e l'inserimento nel mondo professionale, non quando invece manca qualsiasi progettualità o iniziativa in ordine all'inserimento nel mondo del lavoro come nella fattispecie in cui il figlio non ha dimostrato alcun interesse ad intraprendere una qualsiasi carriera. Per quanto sopra il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna alle spese a favore del controricorrente. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso, condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che si liquidano in Euro 2100,00 di cui 100,00 per esborsi, oltre spese nella misura del 15% ed accessori di legge a favore del controricorrente. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, numero 115, articolo 13 , comma 1 quater, ricorrono i presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.