La sospensione dal servizio dei docenti non vaccinati è una misura corretta, «in quanto prevista in ragione della tipicità della prestazione lavorativa degli stessi».
Con la sentenza in esame, il Tribunale di Milano si è pronunciato su un ricorso presentato da una docente non vaccinata che aveva richiesto l'annullamento del provvedimento di sospensione non retribuita dal servizio disposto dalla scuola. La lavoratrice, inoltre, pretendeva la corresponsione degli stipendi maturati dalla sospensione e il risarcimento del danno per l'ingiusta discriminazione attuata nei suoi confronti. Il Tribunale, però, ha rigettato il ricorso, affermando che la sospensione dal servizio dei docenti non vaccinati è una misura corretta, in quanto è prevista in considerazione della «tipicità della prestazione lavorativa degli stessi». La normativa, infatti, è finalizzata ad assicurare lo svolgimento in presenza dell'attività scolastica in condizioni tali da poter ridurre il più possibile l'avverarsi delle situazioni di pericolo per la salute pubblica. Inoltre, anche la sospensione della percezione della retribuzione è corretta perché è prevista dalla legge. Per quanto riguarda il diritto a non essere vaccinati, invece, il giudice ricorda che esso non ha una valenza assoluta e non è intangibile, dovendo essere contemperato con gli altri diritti fondamentali, come quello riguardante la salute pubblica a circoscrivere l'espandersi della pandemia. La norma che impone un trattamento sanitario, infatti, non è incompatibile con i principi costituzionali «se il trattamento è diretto non solo a migliorare o a preservare lo stato di salute di chi vi è assoggettato, ma anche a preservare lo stato di salute degli altri se si prevede che esso non incida negativamente sullo stato si salute di colui che è obbligato, salvo che per quelle sole conseguenze che appaiono normali e, pertanto, tollerabili […]» Corte Cost. numero 005/2018 .
Giudice Gigli Esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione Con ricorso ex articolo 700 c.p.c. ed ex articolo 414 c.p.c. del 7/3/2022, AA ha convenuto in giudizio innanzi alla Sezione Lavoro del Tribunale di Milano al fine di ottenere l'annullamento del provvedimento di sospensione non retribuita per mancata esecuzione dell'obbligo vaccinale, la reintegra in servizio eventualmente anche in diverse mansioni idonee evitare il contagio da SarsCov-2 e la corresponsione a suo favore di tutti gli stipendi maturati dalla sospensione. La ricorrente ha chiesto, altresì, di ordinare alla convenuta una diagnostica con tamponi verso ciascun lavoratore, al momento dell'ingresso, assumendosene il costo, in quanto strumento più idoneo e sicuro rispetto al vaccino a contrastare la diffusione del virus SarsCov-2. La ricorrente ha, pure formulato richiesta di risarcimento del danno non patrimoniale per ingiusta discriminazione attuata nei suoi confronti da liquidarsi anche in via equitativa e, subordinatamente, ha chiesto il pagamento di un assegno alimentare in misura non superiore alla metà dello stipendio ai sensi dell'articolo 82, DPR numero 3/1957. BB si è costituita contestando le allegazioni avversarie e chiedendo il rigetto integrale del ricorso. Alla prima udienza fissata per la discussione della domanda cautelare, è stata dichiarata la cessazione della materia del contendere con riguardo alla richiesta di riammissione in servizio e di pagamento della retribuzione. Ciò in quanto, a seguito del d.l. numero 24/2022 del 24/3/2022, alla ricorrente è nuovamente corrisposta la retribuzione. In particolare, l'articolo 8 del decreto-legge prevede che, sino al 15/6/2022 permane l'obbligo di vaccinazione per il personale scolastico e che, in caso di accertamento dell'inadempimento all'obbligo vaccinale, il dirigente scolastico deve utilizzare il docente inadempiente in attività di supporto alla istituzione scolastica. All'odierna udienza le parti hanno discusso oralmente la causa che viene decisa, all'esito della camera di consiglio, con lettura del dispositivo e della motivazione contestuale. In primo luogo, va detto che, percependo nuovamente la ricorrente la retribuzione, la presente causa di merito ha oggetto l'accertamento della illegittimità della sospensione, la corresponsione delle retribuzioni maturate in tale periodo e la richiesta di risarcimento del danno. Devono essere invece dichiarate inammissibili le richieste di condanna del datore di lavoro a effettuare tamponi a sue spese. Sia in quanto superate dalla normativa sopravvenuta sia in quanto hanno evidentemente a oggetto un facere infungibile. Sempre in via preliminare, deve confermarsi la sussistenza della giurisdizione del giudice ordinario che, come è noto, va valutata alla luce del petitum sostanziale espresso nell'atto introduttivo della causa tra le tante, Cass., sez. unumero , ord. 27888/2021 . È altrettanto noto che sono devolute al giudice ordinario tutte le controversie relative ai rapporti di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, ancorché vengano in questione alti amministrativi presupposti articolo 63, primo comma, d.lgs. 165/2001 . Nella costruzione giuridica del sistema che ha presieduto alla cosiddetta contrattualizzazione del pubblico impiego, gli atti della p.a. che incidono direttamente sul rapporto di lavoro hanno natura paritetica, dunque negoziale, non invece autoritativa articolo 2, secondo e terzo comma, d.lgs. 165/2001 ed anche quando si censuri un provvedimento di carattere organizzativo adottato ai sensi del primo comma dello stesso articolo 2, il giudice ordinario ha giurisdizione se l'azione sia diretta non ad accertare solo e direttamente l'illegittimità di quell'atto, bensì l'illegittimità dei suoi effetti sulla posizione contrattuale del lavoratore [cfr., ad es., Cass., sez. unumero , 21677/2013]. Nel caso di specie, la ricorrente fa valere il proprio diritto alla prestazione dell'attività e alla retribuzione nei confronti dell'atto datoriale che l'ha sospesa in conformità all'accertamento dell'inosservanza dell'obbligo vaccinale demandato all'ASL. La giurisdizione, in sostanza, deriva da una domanda giudiziale che faccia questione di tale obbligo per gli effetti sul rapporto di lavoro e non può che spettare al giudice ordinario v., in termini, Tribunale di Genova, sez. lav. sent. dell'1/12/2021, rel. Basilico . Ciò chiarito, va osservato che le argomentazioni per le quali la ricorrente ritiene illegittimo il provvedimento di sospensione sono infondate. È infatti sufficiente richiamare, anche ex articolo 118 disp. Alt. C.p.c., poiché lo si condivide, quanto affermato dal T.A.R. LAZIO con provvedimento numero 7394/2021 La sospensione tout court dal servizio dei docenti non vaccinati risulta essere una misura correi/a in quanto prevista in ragione della tipicità della prestazione lavorativa degli stessi. La disciplina introdotta è razionalmente finalizzata ad assicurare il corretto svolgimento dell'attività scolastica in presenza in condizioni tali da ridurre il più possibile il concretizzarsi di situazioni di pericolo per la salute pubblica in quanto in grado di incentivare l'estendersi della pandemia l'obbligo vaccinale risulta correttamente e scientificamente giustificato alla luce dell'autorevolezza degli studi e delle ricerche effettuati dagli Enti statali istituzionalmente competenti in materia di sicurezza sanitaria. In ordine alla prospettata lesione di un diritto costituzionalmente tutelato a non essere vaccinato come già affermato nel Decreto 4531/2021 TAR Lazio, deve essere rilevato ad una sommaria delibazione che il prospettato diritto, in disparte la questione della dubbia configurazione come diritto alla salute, non ha valenza assoluta né può essere inteso come intangibile, avuto presente che deve essere razionalmente correlato e contemperato con gli altri fondamentali, essenziali e poziori interessi pubblici quali quello attinente alla salute pubblica a circoscrivere l'estendersi della pandemia e a quello di assicurare il regolare svolgimento dell'essenziale servizio pubblico della scuola in presenza. Né, si osserva, appare sussistere alcuna violazione tra la fattispecie in esame e la giurisprudenza costituzionale o comunitaria. La giurisprudenza costituzionale in materia di vaccinazioni è infatti salda nell'affermare che l'articolo 32 Cosi. postula il necessario contemperamento del diritto alla salute del singolo anche nel suo contenuto di libertà di cura con il coesistente e reciproco diritto degli altri e con l'interesse della collettività. La legge impositiva di un trattamento sanitario, pertanto, non è incompatibile con il parametro costituzionale se il trattamento è diretto non solo a migliorare o a preservare lo stato di salute di chi vi è assoggettato, ma anche a preservare lo stato di salute degli altri se si prevede che esso non incida negativamente sullo stato di salute di colui che è obbligato, salvo che per quelle sole conseguenze che appaiano normali e, pertanto, tollerabili e se, nell'ipotesi di danno ulteriore, sia prevista comunque la corresponsione di una equa indennità in favore del danneggiato, e ciò a prescindere dalla parallela tutela risarcitoria cfr. Corte Costituzionale numero 005/2018 nonché sentenze C. Cost. numero 268 del 2017 e numero 258 del 1994 e numero 307 del 1990 . Indennità che, come è noto, è stata prevista anche per il vaccino anti Sars-Cov-2 dall'articolo 20, d.l. numero 4/2022. Quanto alla normativa europea, si osserva come la recente direttiva della Commissione Europea del 3.06.2020 numero 739/2020, recepita in Italia dall'articolo 4 D.L. numero 125 del 2020, convertito in L. 159/2020, ha espressamente incluso il SarsCoV-2 tra gli agenti biologici da cui è obbligatoria la protezione anche nell'ambiente lavorativo, in linea con quanto già previsto dal disposto generale di cui all'articolo 2087 c.c. e dal TU in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro, d.lgs. numero 81/2008. La richiesta di reintegra nelle proprie mansioni, formulata dalla ricorrente non vaccinata, risulta quindi non suscettibile di accoglimento, nella misura in cui renderebbe l'ambiente di lavoro non sicuro. La richiesta non è nemmeno più attuale avendo le parti, all'odierna udienza, dato atto del sopravvenuto licenziamento della lavoratrice. Sulla sospensione dalla percezione della retribuzione si osserva come la stessa sia pacificamente prevista dalla legge e che la mancata adibizione del personale scolastico ad altre e diverse mansioni è correttamente e razionalmente giustificabile alla luce della tipicità delle mansioni del personale scolastico, specie di quello docente v., sempre, TAR LAZIO numero 4531/2021 . Per completezza si osserva che anche la richiesta di percezione di un assegno alimentare non pare accoglibile. La misura è, infatti prevista, per i dipendenti pubblici mentre l'istituto convenuta ha natura privata. In secondo luogo, la domanda è genericamente formulata senza alcuno specifico riferimento, in ricorso, alla situazione patrimoniale e reddituale della ricorrente, la quale si è limitata a produrre la dichiarazione dei redditi e documentazione comprovante la consistenza del proprio nucleo familiare senza alcuna descrizione. Anche la richiesta di risarcimento del danno non può evidentemente essere accolta in quanto presupporrebbe l'accertamento della fondatezza, nell'an, della pretesa. Il ricorso deve essere quindi rigettato. Spese secondo quindi la soccombenza con liquidazione in dispositivo. P.Q.M. Il Tribunale, definitivamente pronunciando, visto l'articolo 429 c.p.c., ogni diversa istanza ed eccezione disattesa o assorbita, così dispone rigetta il ricorso condanna altresì la parte ricorrente a rimborsare alla parte resistente le spese di lite, che si liquidano in € 1.000 oltre I.v.a., c.p.a. e 15 % per spese generali.