Sacrosanto, secondo i Giudici, parlare di colpevolezza per il reato di lesioni personali in danno del detenuto. Evidenti, difatti, la negligenza, l’imprudenza e l’imperizia nella condotta tenuta dalla direttrice della struttura.
Detenuto colpito da legionellosi. Colpevole la direttrice del carcere, che, secondo quanto accertato dai giudici, non ha adottato misure idonee a prevenire il rischio di diffusione della malattia all'interno della struttura. Punto di svolta in appello. Lì i giudici ribaltano la pronunzia assolutoria emessa in Tribunale e condannano la direttrice dell'istituto penitenziario, ritenendo che il suo operato, nella qualità di titolare di una posizione di garanzia nei confronti degli ospiti della casa circondariale, è stato caratterizzato da negligenza, imprudenza, imperizia nonché da violazione di norme prevenzionistiche, non avendo ella redatto un Documento di valutazione dei rischi adeguatamente preciso in ordine ai trattamenti di bonifica periodici né avendo aggiornato il documento alle linee guida del 7 maggio 2015, come pure suggerito dall'Azienda sanitaria locale, ed avendo espletato controlli carenti dell'impianto idrico . Per i giudici di secondo grado tali condotte sono causalmente rilevanti ai fini del manifestarsi della patologia nel detenuto. Col ricorso in Cassazione la direttrice del carcere ha provato a mettere in discussione la condanna per il delitto di lesioni personali colpose in danno del detenuto. In questa ottica la donna ha rivendicato di avere tenuto una condotta improntata ad attenzione , di avere redatto il Documento di valutazione dei rischi e di avere effettuato molteplici interventi anche mediante affidamento a ditte scelte dal Provveditorato Regionale . Chiara la tesi proposta dalla direttrice del carcere. La direttrice della struttura sostiene che non le si può addebitare alcuna superficialità o negligenza e che non vi é stata da parte sua sottovalutazione del fenomeno della legionella , batterio di difficile estirpazione, specie in ambienti promiscui e con impianti idrici vetusti come una struttura penitenziaria. Queste obiezioni non convincono però i Giudici della Cassazione, i quali confermano la condanna emessa in appello. I magistrati chiariscono che non è in discussione l'avvenuta redazione del Documento di valutazione dei rischi bensì l' adeguatezza di quel documento alla situazione venutasi a creare . A questo proposito, difatti, viene sottolineato che l'Azienda sanitaria locale aveva invitato la direttrice del carcere ad uniformare il Documento di valutazione dei rischi alle linee guida su prevenzione e controllo della legionellosi, datate 7 maggio 2015 . I Giudici aggiungono poi che la redazione del Documento di valutazione dei rischi e l'adozione di misure di prevenzione non escludono responsabilità quando, per un errore nell'analisi dei rischi o nell'identificazione di misure adeguate, non sia stata adottata una idonea misura di prevenzione . E in questa ottica i Giudici pongono in evidenza che a carico della direttrice del carcere vi è anche il mancato approfondimento delle condizioni dell' impianto idrico , approfondimento che ella ben poteva e doveva effettuare nella sua qualità di direttrice della casa circondariale , a maggior ragione, poi, alla luce del pregresso manifestarsi della legionella presso la struttura . In ultimo, alla direttrice del carcere è addebitato anche il fatto che le richieste di intervento alle competenti autorità si rivelarono generiche e inidonee a documentare la gravità della situazione e ciò giocò un ruolo decisivo nell'aggravarsi del rischio infettivo, concretizzatosi con la patologia contratta dal detenuto , concludono i Giudici.
Presidente Ferranti Relatore Pavich Ritenuto in fatto 1. P.G. , per il tramite del suo difensore di fiducia, ricorre avverso la sentenza con la quale, in data 3 dicembre 2020, la Corte d'appello di Torino - in riforma della precedente pronunzia assolutoria emessa dal Tribunale di Asti il 27 settembre 2018 - l'ha condannata per il delitto di lesioni personali colpose in danno di S.G. , contestato come commesso presso la Casa Circondariale di [ ] di cui la P. era direttrice e consistito nel non avere attuato misure idonee a prevenire il rischio di legionellosi, patologia contratta dal S. e protrattasi per un tempo superiore a quaranta giorni. Sovvertendo il precedente giudizio assolutorio, la Corte territoriale ha ritenuto - sulla base di una diversa valutazione delle prove raccolte in primo grado, con particolare riguardo alle consulenze dei dottori C. e M. - che l'operato della P. , nella sua qualità di titolare di una posizione di garanzia nei confronti degli ospiti della Casa Circondariale, sia stato caratterizzato da negligenza, imprudenza, imperizia nonché da violazione di norme prevenzionistiche, non avendo la stessa redatto un DVR adeguatamente preciso in ordine ai trattamenti di bonifica periodici, non avendo aggiornato il documento alle linee guida del 7 maggio 2015 come pure suggerito dall'ASL competente ed avendo espletato controlli carenti dell'impianto idrico tali condotte sono state reputate causalmente rilevanti dalla Corte di merito ai fini del manifestarsi della patologia anzidetta sul S. . 2. Nell'unico motivo di doglianza, la P. contesta le valutazioni della Corte di merito in relazione all'elemento oggettivo e a quello soggettivo del reato a lei contestato rivendicando di avere tenuto una condotta improntata ad attenzione, la ricorrente evidenzia di avere redatto il D.V.R. e di avere effettuato molteplici interventi anche mediante affidamento a ditte scelte dal Provveditorato Regionale, per cui non può addebitarsi alla P. alcuna superficialità o negligenza, nè vi è stata da parte sua sottovalutazione del fenomeno della legionella, batterio di difficile estirpazione, specie in ambienti promiscui e con impianti idrici vetusti. Considerato in diritto 1. Il ricorso è inammissibile, in quanto affetto da aspecificità e inidoneo a confrontarsi con le argomentazioni poste a base della sentenza impugnata. 1.1. In primo luogo, si rammenta che il ricorso per cassazione è inammissibile quando l'interessato ometta di indicare a quale dei casi tipici disciplinati dall' art. 606 c.p.p. , intende ricondursi, in quanto tale mancanza, qualora la specificazione delle ragioni di diritto non sia puntuale e chiara, si traduce in genericità dei motivi Sez. 2, Sentenza n. 57403 del 11/09/2018, Carota, Rv. 274258 nella specie, a fronte della mancata indicazione di una rubrica a premessa del motivo di ricorso, indicante il vizio denunciato ex art. 606 c.p.p. , la ricorrente formula doglianze di cui non è, per l'appunto, chiara ed univoca la riferibilità alla motivazione della sentenza o, piuttosto, a violazione di legge. 1.2. A parte tale aspetto, tuttavia, la deducente formula considerazioni meramente avversative in ordine a quanto a lei addebitato nella sentenza di condanna, senza confrontarsi con le motivazioni in essa articolate. In primo luogo, non è in discussione l'avvenuta redazione del D.V.R. che la ricorrente rivendica di avere predisposto , ma piuttosto l'adeguatezza dello stesso alla situazione venutasi a creare si legge nella sentenza impugnata che l'ASL competente aveva invitato la P. ad uniformare il documento di valutazione dei rischi alle linee guida sulla prevenzione e il controllo della legionellosi, datate 7 maggio 2015. Si ricorda che la redazione del documento di valutazione dei rischi e l'adozione di misure di prevenzione non escludono la responsabilità del datore di lavoro quando, per un errore nell'analisi dei rischi o nell'identificazione di misure adeguate, non sia stata adottata idonea misura di prevenzione Sez. 4, Sentenza n. 43350 del 05/10/2021, Mara, Rv. 282241 . 1.3. A fronte, poi, della rivendicazione di plurimi interventi e sollecitazioni da parte della ricorrente sulla cui specifica indicazione, peraltro, quest'ultima non si sofferma , emerge altresì, dalla motivazione redatta dai giudici d'appello, che il mancato approfondimento delle condizioni dell'impianto idrico da parte dell'imputata, che ella ben poteva e doveva effettuare nella sua qualità di direttrice della Casa circondariale specie alla luce del pregresso manifestarsi della legionella presso l'istituto di custodia , fece sì che le richieste di intervento alle competenti autorità si rivelassero affatto generiche e inidonee a documentare la gravità della situazione, ciò che giocò un ruolo decisivo - sotto il profilo eziologico nell'aggravarsi del rischio infettivo, concretizzatosi con la patologia manifestatasi a carico del S. . 1.4. È appena il caso di evidenziare che il ribaltamento della sentenza assolutoria di primo grado, non vertendo su una diversa valutazione di attendibilità delle fonti di prova orale, non richiedeva l'applicazione dell' art. 603 c.p. , comma 3-bis, cfr. ex multis Sez. 1, Sentenza n. 35696 del 27/03/2019, Selvaggio, Rv. 276825 e che peraltro la sentenza impugnata, confrontandosi puntualmente con le difformi valutazioni di quella di primo grado, propone un impianto argomentativo in linea con la nozione di motivazione rafforzata offerta dalla giurisprudenza di legittimità cfr. Sez. 6, Sentenza n. 51898 del 11/07/2019, P., Rv. 278056 , in ordine alla quale alcun rilievo risulta peraltro proposto dalla ricorrente. 2. Alla declaratoria di inammissibilità consegue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle Ammende, che si stima equo determinare in Euro 3.000,00. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.