Per ottenere il pagamento, il lavoratore deve provare di aver effettuato le prestazioni di assistenza a domicilio al di fuori dell’orario lavorativo.
Con l'ordinanza in esame, la Corte di Cassazione si è pronunciata su una vicenda riguardante il pagamento delle prestazioni eseguite al di fuori dell'orario lavorativo da parte di un infermiere. In particolare, la Corte d'Appello, alla luce dell'articolo 1362 c.c., riteneva che il compenso per le prestazioni di assistenza domiciliare potesse essere corrisposto solo nel caso in cui tali prestazioni fossero state effettuate al di fuori dell'orario di lavoro. I giudici, però, negavano il diritto al compenso del lavoratore perché ritenevano che l'infermiere non fosse riuscito a provare lo svolgimento dell'assistenza al di fuori del suddetto orario. Il lavoratore ricorre in Cassazione, denunciando, tra i vari motivi, l'omessa, l'insufficiente e la contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia. Il ricorrente afferma che la Corte d'Appello abbia errato nella valutazione di alcuni documenti allegati nel fascicolo di primo grado che riportavano gli orari delle prestazioni assistenziali. La Corte territoriale, infatti, non li aveva considerati rilevanti ai fini probatori perché non erano stati sottoscritti dal rappresentante legale dell'Azienda sanitaria. La doglianza è infondata. In primo luogo, secondo la Suprema Corte i giudici d'Appello non hanno omesso la valutazione di un fatto decisivo ai fini della decisione, considerando che hanno «dato atto del progetto autorizzato dall'ASL per lo svolgimento di attività di assistenza domiciliare», avendo piuttosto incentrato il rigetto «sulla carenza di prova dell'espletamento da parte del ricorrente dell'attività di assistenza al di fuori dall'orario di lavoro». Per quanto riguarda, invece, la doglianza sull'erronea valutazione da parte della Corte d'Appello sui documenti, essa risulta inammissibile in quanto non è consentito in sede di legittimità la rivalutazione delle risultanze istruttorie. Per questi motivi, la Corte di Cassazione rigetta il ricorso.
Presidente Manna – Relatore Sarracino Rilevato che La Corte di Appello di Napoli - in riforma della sentenza di primo grado, che aveva accolto la domanda del ricorrente, D.F.N. , dipendente, con mansioni di infermiere, presso la Divisione di Anestesia e Rianimazione del P.O. di omissis , di pagamento delle prestazioni eseguite a domicilio presso i pazienti, in esecuzione del programma regolarmente approvato dall'Azienda ospedaliera per l'anno 2004 - rigettava integralmente il ricorso. Per quanto qui ancora rileva, la Corte territoriale, a differenza di quanto ritenuto dal giudice di primo grado, attraverso la disamina degli atti datoriali, condotta alla luce dei parametri di cui all'articolo 1362 c.c., e ss., ritiene che il compenso per le prestazioni di assistenza domiciliare spetti e vada corrisposto solo con riferimento alle prestazioni eseguite al di fuori dell'orario di lavoro, negando così il diritto al compenso del lavoratore, per non essere stata offerta prova dell'effettuazione delle prestazioni fuori dell'orario lavorativo, irrilevanti, a tal uopo, i prospetti riepilogativi allegati al fascicolo di primo grado perché non sottoscritti dal legale rappresentante dell'ente e non idonei all'inversione dell'onere della prova. Propone ricorso il lavoratore articolato in due motivi. Resiste con controricorso l'Azienda Sanitaria Locale di … . Entrambe le parti depositano memoria. Considerato che 1. Con il primo motivo si lamenta la violazione e falsa applicazione della L.R. numero 2 del 1989, nonché delle delibere dell'Asl … . 2. Le censure non colgono nel segno. 2.1. Quanto al primo aspetto - la violazione della L.R. Campania numero 2 del 1989, - il ricorso non si confronta con il percorso motivazionale della sentenza che a detta legge non fa alcun riferimento. Parte ricorrente sostiene nella sostanza cfr. pag. 8 del ricorso per cassazione che l'analisi della materia all'attenzione debba essere compiuta alla luce degli assetti disciplinati dalla Azienda Sanitaria locale alla luce della legislazione regionale. Non si comprende quindi la doglianza mossa alla pronunzia che, esattamente come predicato in ricorso, ha valutato il diritto della parte ricorrente al compenso sulla base degli atti adottati dall'Azienda. Nè parte ricorrente si duole della interpretazione che di detti atti datoriali ha offerto la Corte territoriale, là dove, in riforma della pronunzia di primo grado, ha sostenuto che il diritto al pagamento delle prestazioni domiciliari competa solo se esse sono state eseguite fuori dell'orario di lavoro. 2.2. Quanto al secondo aspetto posto all'attenzione della Corte con il primo motivo di ricorso - vale a dire l'erronea interpretazione offerta dal giudice di merito delle delibere della Asl … - si sostiene che dalla documentazione versata in atti dalla parte ricorrente risulterebbe provata l'esecuzione delle prestazioni domiciliari, essendo stati prodotti i prospetti riepilogativi dai quali si evincono, per ciascun paziente, numero e orari degli accessi e domicilio di esecuzione della prestazione. 2.3. Si tratta di una doglianza inammissibile, non essendo consentita in sede di legittimità la rivisitazione del materiale istruttorio. 2.4. Le medesime considerazioni valgono quanto alle delibere dell'Azienda indicate a pag. 9 e 10 del ricorso per cassazione trattasi delle delibere datoriali con le quali veniva disposta l'assistenza domiciliare e l'impegno economico , anche delle quali viene richiesta un'inammissibile rivalutazione nel merito. 3. Con il secondo mezzo si deduce l'omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia. Si rappresenta che la Corte territoriale dopo aver ritenuto provata per tabulas l'autorizzazione da parte della Asl … , allo svolgimento del servizio di assistenza domiciliare al di fuori dell'orario di lavoro, nega la sussistenza della prova dell'espletamento fuori orario con riferimento alla posizione del ricorrente. Si lamenta l'erronea valutazione della Corte di Appello in ordine ai documenti i prospetti riepilogativi indicati al punto che precede 2.2. dei quali la corte territoriale ha negato la valenza probatoria in quanto non sottoscritti dal legale rappresentante dell'Asl. Si evidenzia, per converso, la rilevanza di detta documentazione in quanto in copia conforme, rilasciata dal dirigente medico responsabile del reparto di afferenza del ricorrente e certificativa dello svolgimento dell'assistenza domiciliare. 3.1. Quanto al primo aspetto, deve soltanto brevemente rilevarsi come la Corte territoriale non abbia omesso in alcun modo la valutazione di un fatto decisivo ai fini della decisione, atteso che ha dato atto del progetto autorizzato dell'Asl per lo svolgimento di attività di assistenza domiciliare, avendo piuttosto incentrato il rigetto, come più volte evidenziato, sulla carenza di prova dell'espletamento da parte del ricorrente dell'attività di assistenza al di fuori dell'orario di lavoro, sicché detta doglianza non si confronta la ratio decidendi della sentenza. 3.2. Quanto al secondo aspetto - la dedotta erronea valutazione da parte del giudice territoriale dei prospetti dai quali si desumerebbe la prova dello svolgimento dell'attività di assistenza domiciliare da parte del ricorrente fuori dell'orario di servizio - si rinvia a quanto già detto in ordine all'inammissibilità di tale censura, che ridonda in una richiesta di rivalutazione delle risultanze probatorie inammissibile in sede di legittimità. 4. Conseguentemente il ricorso va rigettato. 5. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza. 6. Sussistono i presupposti processuali per il raddoppio del contributo unificato, se dovuto. P.Q.M. rigetta il ricorso condanna parte ricorrente al pagamento in favore della parte resistente delle spese del giudizio di legittimità liquidate in Euro 200,00 per esborsi ed Euro 2.000,00 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. numero 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis.