Lecca la bocca di una ragazzina: condannato per violenza sessuale

Fondamentale il racconto fornito dalla vittima dell’aggressione messa in atto da un autista di autobus e corroborato dalle dichiarazioni dei testimoni. Evidente, secondo i Giudici, la piena valenza erotica dell’azione compiuta dall’uomo.

Leccare la bocca di una ragazzina – di neanche 14 anni – vale una condanna per violenza sessuale. Palese, secondo i Giudici, la valenza erotica dell'azione compiuta da un uomo adulto. A portare alla luce l'episodio è il racconto fatto dalla vittima, una ragazzina che non ha neanche 14 anni. È lei a fornire i dettagli su quanto accadutole sull'autobus che utilizza solitamente, una volta uscita da scuola, per tornare a casa. Nello specifico, ella spiega che il conducente, fermato il veicolo, le si è avvicinato, le ha afferrato il volto e ha provato a darle un bacio, ma, in realtà, è riuscito solo a leccarle la bocca. Per i giudici di merito il quadro è chiaro e l'uomo sotto processo va condannato, essendo colpevole del reato di violenza sessuale. Nel contesto della Cassazione il legale prova a ridimensionare l'episodio contestato all'uomo. In questa ottica egli sostiene che «l'atto del toccamento con la lingua, che neppure aveva sfiorato le labbra della ragazza, come confermato dal capo di imputazione che menzionava un leccamento vicino alle labbra chiuse della ragazzina», sia annoverabile nell'ambito del «tentativo di un bacio». Allo stesso tempo, il legale ritiene non evidente «la rilevanza penale» del comportamento tenuto dal suo cliente, poiché «il fatto si è comunque svolto in un contesto confidenziale e perciò era privo di valenza erotica». Centrale nella linea difensiva è anche però la critica alla credibilità della ragazzina. A questo proposito, il legale ricorda che i fatti sono accaduti «alla fine della corsa dell'autobus» ma, aggiunge, la ragazza «non era scesa alla precedente fermata nei pressi della sua abitazione», eppure «ella avrebbe dovuto sostenere il giorno dopo l'esame di terza media e quindi sarebbe stato naturale che si fosse affrettata a tornare a casa per studiare». Peculiare, poi, sempre secondo il legale, è la circostanza che «una volta scesa dal mezzo, la ragazzina si fosse recata a casa di un'amica, anteponendo anche tale sosta allo studio e, benché munita di cellulare, senza neppure avvertire la madre del suo ritardo». Secondo il legale i dettagli posti in evidenza nei comportamenti tenuti dalla ragazzina sono valutabili come «il chiaro segno di una versione artatamente montata per precostituirsi una scusante a fronte di una possibile bocciatura all'esame». E rilevante è anche «l'elevata somma, pari a ben cinquantamila euro, richiesta a titolo di risarcimento del danno», dato, questo, che, unitamente all'ammissione al gratuito patrocinio, «rivela le condizioni di indigenza della famiglia» della ragazzina e «la volontà di trarre il massimo profitto dal fatto, a dispetto di quanto realmente accaduto». Per i Giudici della Cassazione, però, non vi sono dubbi sulla valenza del comportamento aggressivo tenuto dal conducente dell'autobus. In sostanza, non è in discussione che l'obiettivo dell'uomo era quello di «dare un bacio alla ragazzina, atto, questo, di inequivoca valenza sessuale», e, allo stesso tempo, «è indubbio che il leccamento della bocca, attingendo ad una zona erogena del corpo, si sia perfezionato nella sua piena valenza erotica», anche perché «lo stesso gesto del leccamento rientra per le sue inequivoche connotazioni libidinose nella nozione di atto sessuale». Per parlare di violenza sessuale, difatti, «è sufficiente il contatto corporeo con una zona erogena della vittima, non necessariamente coincidente con la zona genitale». Per quanto concerne poi la tesi difensiva secondo cui ci si trova di fronte a una presunta «montatura dell'evento realmente accaduto, montatura che la ragazzina avrebbe elaborato al fine di essere giudicata benevolmente negli esami che si sarebbero tenuti il giorno dopo», i Giudici osservano che non è messa in discussione la natura libidinosa del comportamento tenuto dall'uomo, mentre «non è risultato da alcun elemento che la ragazzina avesse uno scarso rendimento scolastico e che avrebbe rischiato la bocciatura ove non fosse ricorsa allo stratagemma» di presentarsi come vittima di una aggressione sessuale. E non a caso i testimoni hanno spiegato di «avere visibilmente constatato la reazione emotiva di grave turbamento» della ragazzina «nell'immediatezza dell'episodio».

Presidente Ramacci – Relatore Galtiero Ritenuto in fatto 1. Con sentenza in data 26.4.2021 la Corte di Appello di Roma ha integralmente confermato la pronuncia resa all'esito del primo grado di giudizio dal Tribunale di Cassino che ha condannato C.F. alla pena di un anno e quattro mesi di reclusione in quanto ritenuto responsabile del reato di cui all'articolo 609 bis ultimo comma c.p., commesso in data 25.6.2009 per aver leccato con la lingua la bocca di una ragazzina minore dei quattordici anni che trasportava a bordo dell'autobus da lui guidato. 2. Avverso il suddetto provvedimento l'imputato ha proposto, per il tramite del proprio difensore, ricorso per cassazione affidando le proprie doglianze ad un unico pluriarticolato motivo con il quale eccepisce in via preliminare l'intervenuta prescrizione del reato in data antecedente alla sentenza impugnata, rilevando che il decorso di sette anni e sei mesi applicabile alla fattispecie attenuata di cui all'articolo 609 bis c.p., ed applicato altresì il periodo di sospensione di 189 giorni per effetto del rinvio per astensione dei difensori allo sciopero di categoria dal 19.9.2013 al 2.3.2014 si era compiuto nel settembre 2017 e anteriormente alla prima udienza del giudizio di appello fissata il 3.12.2019, rinviata per astensione dei difensori al 24.4.2020 senza che su di essa avesse alcuna incidenza la sospensione COVID che aveva portato allo slittamento della medesima udienza a data successiva. Nel merito, contesta sia la qualificazione della condotta, evidenziando come l'atto del toccamento con la lingua, che neppure aveva sfiorato le labbra della ragazza, come confermato dal capo di imputazione che menzionava un leccamento vicino alle labbra chiuse di costei, fosse annoverabile nell'ambito del tentativo di un bacio, nonché la sua rilevanza penale essendosi il fatto comunque svolto in un contesto confidenziale e fosse perciò privo di valenza erotica. Lamenta l'omessa disamina delle incongruenze rilevabili dalle dichiarazioni rese al riguardo dalla p.o., rilevando come solo in sede di escussione avesse fatto riferimento al gesto, mai menzionato nella querela nè nella sua costituzione come parte civile, dell'imputato che l'avrebbe forzata all'avvicinamento della bocca tenendole ferma la testa, così tramutando l'atto consistito in un leccamento della guancia, in un bacio sulle labbra sostiene come nessuna credibilità potesse rivestire tale mutamento della versione dei fatti, accaduti alla fine della corsa dell'autobus senza che la ragazza fosse scesa alla precedente fermata nei pressi della sua abitazione, considerando che la stessa avrebbe dovuto sostenere il giorno dopo l'esame di terza media e che quindi sarebbe stato naturale che si fosse affrettata a tornare a casa per studiare, così come in tale logica peculiare rilievo doveva essere conferito alla circostanza che una volta scesa dal mezzo si fosse recata a casa dell'amica anteponendo anche tale sosta allo studio, senza neppure avvertire la madre quanto meno del suo ritardo, benché munita di cellulare. Sostiene che l'insieme di tali condotte della p.o. fosse il chiaro segno di una versione artatamente montata per precostituirsi la scusante a fronte di una possibile bocciatura all'esame, avvalorata dalla quanto mai elevata somma, pari a ben 50.000 Euro, richiesta a titolo di risarcimento del danno che, unitamente all'ammissione al gratuito patrocinio, rivelava le condizioni di indigenza della famiglia e la volontà di trarre il massimo profitto dal fatto, a dispetto di quanto realmente accaduto. 3. Con memoria redatta in data 31.3.2022 il difensore della parte civile C.G. ha chiesto la conferma della sentenza impugnata, nonché la condanna del ricorrente al risarcimento del danno, con il riconoscimento di una provvisionale di Euro 30.000, e alla refusione delle spese processuali Considerato in diritto 1.Va in primo luogo rilevata la manifesta infondatezza dell'eccepita prescrizione del reato. L'attenuante di cui all'articolo 609 bis c.p., ultimo comma, riconosciuta all'imputato sin dalla sentenza di primo grado, non comporta alcun mutamento del termine di prescrizione applicabile al reato in esame considerato che l'ipotesi del fatto di minore gravità integra un'attenuante ad effetto speciale e non un'autonoma ipotesi di reato, del tutto ininfluente ai fini del calcolo dei termini di prescrizione ex articolo 157 c.p., comma 2, Sez. 3, Sentenza numero 47311 del 24/09/2015 Ud. - dep. 01/12/2015, Rv. 265270 . Muovendo dal presupposto che il delitto di violenza sessuale, secondo la legge vigente al momento del fatto, prevedeva un arco edittale da cinque a dieci anni, deve farsi riferimento, come previsto dall'articolo 157 c.p., comma 1, al massimo della pena edittale senza che si possa tener conto, come precisato dal comma 2 della medesima norma, della diminuzione prevista per le attenuanti che, nel caso del delitto di violenza sessuale, consentono esclusivamente l'inapplicabilità per i fatti commessi successivamente all'entrata in vigore della modifica introdotta con la L. numero 172 del 2012 del raddoppio del termine di prescrizione altrimenti contemplato dal successivo comma 4 dell'articolo 157 ne consegue che il termine di prescrizione applicabile nel caso di specie è di dieci anni. Calcolato altresì l'aumento ex articolo 161 c.p. per effetto dell'intervenuta interruzione di due anni e sei mesi pari ad 1/4 del tempo necessario a prescrivere e considerato nella più benevola delle ipotesi l'unico periodo di sospensione indicato dalla stessa difesa di 189 giorni conseguente al rinvio dal 19.9.2013 al 27.3.2014 per astensione dei difensori in adesione allo sciopero di categoria , il termine di prescrizione non può a tutt'oggi ritenersi maturato. 2. In ordine, invece, alla qualificazione giuridica del fatto, l'eccepita derubricazione nel tentativo non trova alcun fondamento neppure seguendo la tesi patrocinata dalla difesa non essendo in discussione che l'atto propostosi dall'imputato era quello di dare un bacio alla vittima, atto questo di inequivoca valenza sessuale, è indubbio che il leccamento della bocca, attingendo ad un zona erogena del corpo, si sia perfezionato nella sua piena valenza erotica, considerando altresì che lo stesso gesto del leccamento rientra per le sue inequivoche connotazioni libidinose nella nozione di atto sessuale. Al fine della configurazione del reato di violenza sessuale è infatti sufficiente, muovendo dalla formulazione dell'articolo 609-bis c.p., che fa riferimento al mero atto sessuale e dalla ratio incriminatrice volta a tutelare la autodeterminazione del soggetto relativamente alla propria sfera sessuale, il contatto corporeo con una zona erogena della vittima, non necessariamente coincidente con la zona genitale. A ciò consegue che il tentativo è ipotizzabile solo quando i toccamenti riguardino parti corporee diverse da quelle genitali o dalle zone che la scienza medica, psicologica, antropologica, qualifica come zone erogene allorché, per cause indipendenti dalla propria volontà pronta reazione della vittima o per altre ragioni , l'agente non riesca a toccare la parte corporea presa di mira è stato pertanto ritenuto integrare la forma consumata e non tentata la condotta che si estrinsechi in toccamenti, palpeggiamenti e sfregamenti sulle parti intime del corpo della vittima o su zone erogene suscettibili di eccitare la concupiscenza sessuale anche in modo incompleto, essendo indifferente che il contatto corporeo sia di breve durata, che la vittima sia riuscita a sottrarsi all'azione dell'aggressore o che quest'ultimo consegua la soddisfazione erotica Sez. 3, numero 41096 del 18/10/2011 - dep. 11/11/2011, P.G. in proc. M., Rv. 25131601 Sez. 3, numero 4674 del 22/10/2014 - dep. 02/02/2015 - Rv. 262472 . Ne consegue che, quanto alla qualificazione giuridica della condotta, l'eccepita derubricazione nel tentativo debba ritenersi manifestamente infondata. 3. Quanto alle censure volte a contrastare la valutazione di attendibilità della vittima, che comunque non possono trovare ingresso innanzi a questa Corte atteso che non rientrano comunque nel vizio di motivazione deducibile ai sensi dell'articolo 606 lett. e le doglianze che, appuntandosi sul giudizio valutativo reso dalla sentenza impugnata, mirano a sovrapporre ad esso una diversa lettura delle risultanze istruttorie in termini più favorevoli per il ricorrente -, trattasi di contestazioni che si sviluppano integralmente nell'orbita del merito. La tesi patrocinata dalla difesa, che neppure arriva a tratteggiare un contesto diverso da quello di natura libidinosa sotteso all'atto di natura erotico-sessuale che il bacio oggettivamente riveste, si incentra su una pretesa montatura dell'evento realmente accaduto che la ragazzina avrebbe elaborato al fine di essere giudicata benevolmente negli esami che si sarebbero tenuti il giorno dopo. Tesi questa che risulta essere stata esaminata e coerentemente disattesa dai giudici di appello e che ora il ricorrente tenta di attaccare sul piano della logicità, adducendo elementi esclusivamente congetturali l'operazione censorea è invero frustrata alla radice dalla mancata rispondenza degli assunti difensivi alle risultanze istruttorie non risultando da alcun elemento che la ragazzina avesse uno scarso rendimento scolastico e che avrebbe rischiato la bocciatura ove non fosse ricorsa allo stratagemma come tale definito in ricorso, essendo stata, al contrario, la versione dei fatti, da costei sostenuta sin dalla prima volta in cui è stata sentita, puntualmente riscontrata dalla deposizione dei testi escussi che, al di là del resoconto appreso soltanto de relato dalla vittima, ne hanno visibilmente constatato la reazione emotiva di grave turbamento nell'immediatezza del fatto. Il ricorso deve, in conclusione, essere dichiarato inammissibile, seguendo a tale esito l'onere delle spese del procedimento e, non sussistendo elementi per ritenere che la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità , quello del versamento di una somma, in favore della Cassa delle Ammende, equitativamente fissata come in dispositivo. A carico del ricorrente vanno altresì poste, secondo la regola della soccombenza, le spese processuali sostenute nel grado dalla parte civile C.G. relazione alle quali, essendo stata costei ammessa al gratuito patrocinio, può essere pronunciata nella presente sede di legittimità la sola condanna generica in favore dell'Erario, ai sensi degli articolo 541 c.p.p. e 110 del D.P.R. 30 maggio 2002, numero 115, mentre è rimessa al giudice che ha pronunciato la sentenza passata in giudicato, la liquidazione dei relativi importi mediante l'emissione del decreto di pagamento ai sensi degli articolo 82 e 83 del citato D.P.R. numero Sez. U, numero 5464 del 26/09/2019 - dep. 12/02/2020, De Falco, Rv. 277760 , fermo restando che non può trovare ingresso innanzi a questa Corte di legittimità la richiesta di maggiorazione della provvisionale riconosciutale dal Tribunale di Cassino, trattandosi di valutazione riservata al giudice di merito. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende. Condanna, inoltre, l'imputato alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile ammessa al patrocinio a spese dello Stato, nella misura che sarà liquidata dalla Corte di Appello di Roma con separato decreto di pagamento ai sensi del D.P.R. numero 115 del 2000, articolo 82 e 83, disponendo il pagamento in favore dello Stato. In caso di diffusione del presente provGediniento omettere le generalità e gli altri dati identificativi a norma del D.Lgs. numero 196 del 2003, articolo 52, in quanto imposto dalla legge.