Inequivocabile il quadro probatorio, che ha portato anche il lavoratore a finire sotto processo per il reato di ricettazione. Evidente la gravità della condotta emersa a seguito del rinvenimento del mezzo.
Legittimo il licenziamento del lavoratore beccato a tenere nascosto in un garage, affidato a lui e al padre, un mezzo sparito dall'isola ecologica gestita dall'azienda. A essere messo alla porta è un dipendente di una società che opera nel settore dell'igiene urbana. A porlo sotto accusa è «il rinvenimento, all'interno di un garage concesso in uso a lui e al padre, di un escavatore, privo della targa e coperto con un telo, sottratto dall'isola ecologica gestita dall'azienda». Per l'azienda la vicenda è chiara al lavoratore va addebitato «il fatto connesso al furto dell' escavatore sito all'interno dell'isola ecologica gestita dalla società e dove il lavoratore ha prestato la propria attività il giorno della sparizione del mezzo». Non a caso, a seguito del rinvenimento del mezzo, il lavoratore «è stato tratto a giudizio per il reato di concorso in ricettazione ». Logico, quindi, sempre nell'ottica dell'azienda, il licenziamento del lavoratore, licenziamento che viene confermato dai giudici di merito. In particolare, in appello viene sottolineato che la circostanza che nella lettera di contestazione emessa dall'azienda «il fatto attribuito al dipendente fosse il reato di furto mentre egli era stato tratto a giudizio per quello di ricettazione non gli impediva di individuare la vicenda addebitata, che ruotava intorno al fatto storico del furto dell'automezzo, posto che la missiva della società faceva espresso riferimento al procedimento penale connesso al furto dell'escavatore». Peraltro, «l'accusa di ricettazione, elevata dal pubblico ministero a carico del lavoratore, si fondava su elementi indiziari di notevole rilievo , suscettibili di autonoma valutazione nel procedimento disciplinare, e tali da consentire, secondo un giudizio probabilistico, l'attribuibilità del fatto al lavoratore», osservano i Giudici. Per chiudere il cerchio, infine, i Giudici sottolineano «l' obiettività della condotta oggetto di addebito» e «il danno di immagine conseguito alla datrice di lavoro». Col ricorso in Cassazione il lavoratore prova a mettere in discussione la responsabilità disciplinare attribuitagli, e in questa ottica pone in evidenza, tra l'altro, che «altri lavoratori prestavano la propria attività presso il sito dell'isola ecologica dove era stato sottratto il mezzo» e che «il garage in cui il mezzo era stato rinvenuto non era nella sua esclusiva disponibilità», essendo quel garage «in uso anche al padre, imputato anch'egli per il reato di concorso in ricettazione». Dalla Cassazione ribattono però sottolineando il peso specifico attribuibile alla «presenza, nel garage in uso al lavoratore, dell'escavatore, privo di targa e coperto da un telo, oggetto di furto consumato nell'isola ecologica presso la quale egli prestava la propria attività». Indiscutibile «l' obiettiva significatività probatoria delle circostanze considerate, non incrinata», chiariscono i Giudici, «dal fatto che il locale era in uso anche ad un altro soggetto, stante Io stretto rapporto parentale di quest'ultimo con il lavoratore». Sacrosanto, quindi, il licenziamento, «a fronte di un quadro probatorio consolidatosi nel senso dell'attribuibilità al lavoratore del fatto contestato», ossia della sottrazione del mezzo dall'isola ecologica.
Presidente Tria – Relatore Pagetta Rilevato che 1. la Corte d'appello di Reggio Calabria, pronunziando in sede di reclamo, ha confermato la sentenza di primo grado con la quale era stato respinto il ricorso di S.G. inteso alla declaratoria di illegittimità del licenziamento per giusta causa intimato da AVR s.p.a. sulla base di contestazione che addebitava al lavoratore il fatto connesso al furto di un escavatore sito all'interno dell'isola ecologica gestita da AVR s.p.a. presso la quale il lavoratore aveva prestato la propria attività il giorno della sparizione del mezzo, ed in relazione al quale il S. era stato tratto a giudizio per il reato di concorso in ricettazione l'escavatore, di proprietà del precedente gestore dell'isola ecologica, era stato infatti rinvenuto privo della targa e coperto di teli all'interno di un garage concesso in uso al dipendente ed al di lui padre 2. per quel che ancora rileva, il giudice di appello ha ritenuto che la circostanza che nella lettera di contestazione il fatto attribuito al dipendente fosse il reato di furto mentre il S. era stato tratto a giudizio per quello di ricettazione non impediva al lavoratore di individuare la vicenda addebitata che ruotava intorno al fatto storico del furto dell'automezzo, posto che la missiva della società faceva espresso riferimento al procedimento penale connesso al furto dell'escavatore che l'accusa di ricettazione elevata dal PM a carico del S. si fondava su elementi indiziari di notevole rilievo, suscettibili di autonoma valutazione nel procedimento disciplinare, e tali da consentire secondo un giudizio probabilistico l'attribuibilità del fatto al S. che la condotta oggetto di addebito, considerata nella sua obiettività e anche per il danno di immagine conseguito alla datrice di lavoro, integrava senz'altro l'ipotesi della giusta causa di recesso datoriale prevista dall'articolo 72, comma 3, c.c.numero l. applicabile 3. per la cassazione della decisione ha proposto ricorso S.G. sulla base di tre motivi la parte intimata ha resistito con tempestivo controricorso. Considerato che 1. con il primo motivo parte ricorrente deduce violazione e/o falsa applicazione degli articolo 2727 e 2729 c.c. , denunziando che la sentenza impugnata non consentiva di ricostruire il percorso inferenziale sulla base del quale la Corte di merito era pervenuta all'accertamento della responsabilità disciplinare del lavoratore il giudice di appello si era limitato alla considerazione di soli due elementi indiziari a carico del dipendente senza tenere conto delle complessive emergenze in atti in particolare non era stato considerato che altri lavoratori prestavano la propria attività presso il sito dell'isola ecologica dove era stato sottratto il mezzo e che il garage nel quale questo era stato rinvenuto non era nella esclusiva disponibilità del S. 2. con il secondo motivo deduce violazione e falsa applicazione dell' articolo 2119 c.c. , dei parametri normativi e dei principi giurisprudenziali elaborati in tema di giusta causa in relazione all'omesso accertamento dell'elemento oggettivo e soggettivo della condotta addebitata, nonché della L. numero 604 del 1966, articolo 5, e dell' articolo 2697 c.c. , con riferimento all'onere probatorio gravante sul datore di lavoro sostiene, in sintesi, che la Corte di merito aveva, in concreto, deciso la controversia in violazione della regola per la quale la prova della giusta causa del licenziamento ricadeva sul lavoratore 3. con il terzo motivo deduce, ai sensi dell' articolo 360 c.p.c. , comma 1, numero 5, omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione fra le parti, rappresentato dalla circostanza che il garage nel quale era stata ritrovata la refurtiva era in uso anche al padre del ricorrente, imputato con questi per il reato di concorso in ricettazione 4. il primo motivo di ricorso è inammissibile alla luce della consolidata giurisprudenza di questa Corte secondo la quale spetta al giudice di merito valutare l'opportunità di fare ricorso alle presunzioni semplici, individuare i fatti da porre a fondamento del relativo processo logico e valutarne la rispondenza ai requisiti di legge, con apprezzamento di fatto che, ove adeguatamente motivato, sfugge al sindacato di legittimità, dovendosi tuttavia rilevare che la censura per vizio di motivazione in ordine all'utilizzo o meno del ragionamento presuntivo non può limitarsi ad affermare un convincimento diverso da quello espresso dal giudice di merito, ma deve fare emergere l'assoluta illogicità e contraddittorietà del ragionamento decisorio, restando peraltro escluso che la sola mancata valutazione di un elemento indiziario possa dare luogo al vizio di omesso esame di un punto decisivo Cass. numero 22366/2021 , Cass. numero 8023/2009 nello specifico non è dato evidenziare alcuna intrinseca illogicità o incongruità nella inferenza tratta dal fatto noto, rappresentato dalla presenza nel garage in uso al lavoratore dell'escavatore, privo di targa e coperto da un telo, oggetto di furto consumato nell'isola ecologica presso la quale prestava la propria attività il S. ciò per la obiettiva significatività probatoria delle circostanze considerate, non incrinata dal fatto che il locale era in uso anche ad un altro soggetto stante lo stretto rapporto parentale di quest'ultimo con il S. 5. il secondo motivo di ricorso è infondato 5.1. occorre premettere che la violazione dell' articolo 2697 c.c. , è censurabile per cassazione ai sensi dell' articolo 360 c.p.c. , comma 1, numero 3, soltanto nell'ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l'onere della prova ad una parte diversa da quella che ne fosse onerata secondo le regole di scomposizione delle fattispecie basate sulla differenza tra fatti ed eccezioni e non invece laddove oggetto di censura sia la valutazione costitutivi che il giudice abbia svolto delle prove proposte dalle parti Cass. numero 15107/ 2013, Cass. numero 13395/2018 nella sentenza impugnata non è in alcun modo ravvisabile un sovvertimento dell'onere probatorio in tema di giusta causa di licenziamento, onere interamente gravante, ai sensi della L. numero 604 del 1966, articolo 5, sulla parte datoriale Cass. numero 13188/2003 , Cass. numero 9590/2001 , Cass. numero 3395/2001 . La Corte di merito si è limitata, infatti, ad osservare che a fronte di un quadro probatorio consolidatosi nel senso dell'attribuibilità al lavoratore del fatto contestato costituiva onere di quest'ultimo dimostrare dati fattuali positivi idonei ad inficiare tale quadro. In altri termini, la controversia non è stata decisa sulla base dell' articolo 2697 c.c. quale regola residuale di giudizio in conseguenza della quale la mancanza, in seno alle risultanze istruttorie, di elementi idonei all'accertamento della sussistenza del diritto in contestazione determina la soccombenza della parte onerata della dimostrazione dei relativi fatti costitutivi ciò in quanto - si ribadisce - la responsabilità del lavoratore è stata ancorata a specifici elementi di fatto rivenienti dalle emergenze istruttorie 6. il terzo motivo di ricorso è inammissibile per la dirimente considerazione che il fatto del quale si denunzia omesso esame, rappresentato dalla circostanza che il locale nel quale è stato rinvenuto il mezzo rubato era in uso anche al padre del S., è stato espressamente preso in considerazione dal giudice di merito tanto assorbe l'ulteriore profilo di inammissibilità rappresentato dal fatto che in presenza di cd. doppia conforme , il ricorrente in cassazione, per evitare l'inammissibilità del motivo di cui all' articolo 360 c.p.c. , numero 5, inammissibilità scaturente dal disposto dell' articolo 348 ter c.p.c. , u.c., deve indicare le ragioni di fatto poste a base della decisione di primo grado e quelle poste a base della sentenza di rigetto dell'appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse Cass. numero 5528/2018 , Cass. numero 19001/2016 , Cass. numero 26774/2016 7. al rigetto del ricorso consegue il regolamento delle spese di lite secondo soccombenza 8. sussistono i presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, previsto per il ricorso a norma del D.P.R. numero 115 del 2002, articolo 13, comma 1 bis Cass. Sez. Unumero 23535/2019 . P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese di lite che liquida in Euro 4.000,00 per compensi professionali, Euro 200,00 per esborsi oltre spese forfettarie nella misura del 15% e accessori come per legge. Con distrazione. Ai sensi del D.P.R. numero 115 del 2002, articolo 13 , comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis, se dovuto.