Confermata in Cassazione la valutazione compiuta dai giudici d’Appello. Fragili le prove fornite dalla donna. Significativo anche il mancato riscontro alla presunta telefonata da lei fatta al proprio avvocato poco dopo l’abuso subito tra le mura domestiche.
Esce di casa dopo essere stata violentata, incontra la vicina di casa e non le racconta nulla, mentre si sfoga in lacrime col fioraio. Il quadro fornito dalla donna è assai fragile, e porta all'assoluzione dell'uomo da lei accusato della violenza sessuale. Scenario della vicenda è la provincia siciliana. A finire sotto accusa è un uomo, un vigile urbano, accusato da una donna di «essere entrato nella casa di lei» e di «averla costretta a subire atti sessuali consistiti in palpeggiamenti del seno e baci sul collo e sulla bocca». In primo grado l'uomo viene condannato per violenza sessuale aggravata. In secondo grado, invece, arriva a sorpresa una pronuncia di assoluzione. I giudici d'Appello ritengono fragile il quadro accusatorio a carico dell'uomo. In questa ottica viene sottolineato che «la donna aveva riferito che, dopo l'abuso, aveva chiamato il suo legale che le aveva consigliato il da farsi, e poi era uscita di casa e aveva incontrato una vicina di casa alla quale non aveva detto nulla, quindi aveva incontrato il fioraio e in lacrime gli aveva raccontato tutto». Ma «dai tabulati telefonici non è emersa la prova della telefonata al legale», mentre «è anomalo che la donna si sia confidata con il fioraio e non con la vicina», osservano i giudici. Infine, a salvare l'uomo sono anche le parole di un vicino di casa della donna, il quale ha dichiarato di «averla visto dopo la violenza» e di «non avere scorto alcun turbamento». Ulteriore elemento di incertezza è costituito dalle ragioni di astio del fioraio e di un altro teste nei confronti del vigile urbano. Difatti, «il procedimento archiviato nel 2011 era stato riaperto nel 2016 quando il teste aveva dichiarato di aver saputo da un collega che aveva dichiarato il falso allorché aveva confermato l'alibi del vigile urbano». Di conseguenza, era stato aperto «un procedimento per favoreggiamento», conclusosi però con la caduta delle accuse, «stante l'inattendibilità del testimone che aveva determinato la riapertura del procedimento». Legittimamente, quindi, i giudici d'Appello hanno «valutato il contesto conflittuale nell'ambito lavorativo del vigile urbano» e hanno concluso per «l'inaffidabilità sia dei riscontri esterni sia del narrato della persona offesa». Queste valutazioni sono condivise in pieno dalla Cassazione. I magistrati di terzo grado respingono, in particolare, il ricorso della Procura, ricorso centrato soprattutto sulla presunta «necessità della rinnovazione istruttoria per fondare la pronuncia di assoluzione dopo la sentenza di condanna» in primo grado. Su questo punto i Giudici di legittimità fanno chiarezza «il giudice d'appello che riformi in senso assolutorio la sentenza di condanna di primo grado sulla base del medesimo compendio probatorio non è obbligato alla rinnovazione dell'istruzione dibattimentale» bensì «è tenuto a offrire una motivazione puntuale e adeguata», come in questa vicenda, e «che dia razionale giustificazione della difforme decisione adottata, indicando in maniera approfondita e diffusa gli argomenti idonei a confutare le valutazioni del giudice di primo grado».
Presidente Aceto – Relatore Macrì Ritenuto in fatto 1. Con sentenza in data 17 maggio 2021 la Corte di appello di Caltanissetta, in riforma della sentenza in data 12 febbraio 2019 del Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Enna, ha assolto l'imputato dal reato di violenza sessuale aggravata perché il fatto non sussiste. 2. Ricorre per cassazione il Procuratore generale presso la Corte di appello di Caltanissetta per vizio di motivazione perché per l'assoluzione la Corte di appello avrebbe dovuto operare la rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale, sentendo nuovamente la persona offesa. Sia la parte civile che l'imputato hanno depositato memorie con cui hanno ribadito le rispettive ragioni. Considerato in diritto 3. Il ricorso è manifestamente infondato. L'imputato era stato condannato in primo grado perché, mentre prestava il servizio di vigile urbano, era entrato in casa della persona offesa e l'aveva costretta a subire atti sessuali, consistenti in palpeggiamenti del seno e baci sul collo e sulla bocca. La Corte di appello invece ha pronunciato sentenza di assoluzione ritenendo perplessa la prova. In particolare, la persona offesa aveva riferito che, dopo l'abuso, aveva chiamato il suo legale che le aveva consigliato il da farsi, era uscita di casa e aveva incontrato una vicina alla quale non aveva detto nulla, quindi, aveva incontrato il fioraio e in lacrime gli aveva raccontato tutto. I Giudici hanno osservato che dai tabulati non emergeva la prova della telefonata al legale, mentre era anomalo che la donna si fosse confidata con il fioraio e non con la vicina. Inoltre, un vicino di casa aveva dichiarato di aver visto la persona offesa dopo la violenza e non aveva scorto alcun turbamento. Ulteriore elemento di incertezza era costituito dalle ragioni di astio del fioraio e di altro teste nei confronti dell'imputato. In particolare, il procedimento archiviato nel 2011 era stato riaperto nel 2016 quando un teste aveva dichiarato di aver saputo da un collega che aveva dichiarato il falso allorché aveva confermato l'alibi dell'imputato. Aperto un procedimento per favoreggiamento, la Corte di appello aveva concluso per l'assoluzione, stante l'inattendibilità accusatoria del teste che aveva determinato la riapertura del procedimento. I Giudici hanno accuratamente valutato il contesto conflittuale nell'ambito lavorativo dell'imputato e hanno concluso per l'inaffidabilità sia dei riscontri esterni sia, come detto, del narrato della persona offesa. Il Procuratore generale solleva la questione in diritto della necessità della rinnovazione istruttoria per fondare la pronuncia di assoluzione dopo una sentenza di condanna. È pacifico in giurisprudenza però che il giudice d'appello che riformi in senso assolutorio la sentenza di condanna di primo grado sulla base del medesimo compendio probatorio, pur non essendo obbligato alla rinnovazione dell'istruzione dibattimentale, è tenuto a offrire una motivazione puntuale e adeguata che dia razionale giustificazione della difforme decisione adottata, indicando in maniera approfondita e diffusa gli argomenti idonei a confutare le valutazioni del giudice di primo grado tra le più recenti, Cass., Sez. 4, numero 2474 del 15/10/2021, dep. 2022, Masturzo, Rv. 282612 - 01 . Il giudice di appello non ha dunque un obbligo di rinnovazione, bensì di motivazione rafforzata, che nella specie è stato adeguatamente assolto. Il ricorso del Procuratore generale è pertanto inammissibile. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso. In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi a norma del D.Lgs. numero 196 del 2003, articolo 52, in quanto imposto dalla legge.