Il Consiglio di Stato ha dato il via libera all’ANAC e alle imprese in difficoltà a causa della pandemia di partecipare agli appalti per i lavori pubblici.
La vicenda da cui origina la questione posta all'esame del CDS riguarda la richiesta di parere avanzata dal presidente dell'Autorità nazionale anticorruzione in merito alla possibilità per le imprese in difficoltà a causa del COVID di partecipare alle gare pubbliche, in particolare sulla derogabilità del requisito dell'idoneità economico-finanziaria, consistente nel valore positivo del patrimonio netto risultante dall'ultimo bilancio di esercizio. Il Consiglio di Stato, dopo aver acquisito il parere di altre amministrazioni Presidenza del Consiglio dei Ministri, Ministero della Giustizia e Ministero delle infrastrutture e dei trasporti , ricostruito il quadro normativo ed esaminati i richiami al codice civile, ha chiarito che la finalità della normativa emergenziale ha lo scopo di consentire alle imprese che si trovano in difficoltà non per motivi di tipo strutturale , ma per ragioni eccezionali e imprevedibili, quali il sisma del 2016 o la pandemia da COVID-19, di proseguire l'attività, derogando agli obblighi ordinariamente previsti dal codice civile. Secondo i giudici, pertanto, va scelta la soluzione che favorisce maggiormente la prosecuzione dell'attività dell'impresa. Inoltre, «in forza della disciplina derogatoria introdotta dagli articolo 46 d.l. numero 189/2016 e 6 d.l. numero 23/2020, ove la diminuzione del capitale nominale al di sotto della soglia del minimo legale sia imputabile alle perdite verificatesi nel corso degli esercizi finanziari espressamente considerati dalle norme citate, lo scioglimento automatico della società è in ogni caso precluso, senza che sia a tal fine necessario approvare in sede assembleare la reintegrazione del valore dei conferimenti o la trasformazione dello schema societario». Se dunque il legislatore dell'emergenza ha previsto la sopravvivenza della società senza imporre tutte quelle attività che ordinariamente sono stabilite dal codice civile, in via di principio «non v'è ragione di escludere che queste società, munendosi di attestato SOA, oltre a sopravvivere, possano partecipare alle procedure di evidenza pubblica». Infine, il collegio precisa che la deroga in questione non deve essere concessa in modo indiscriminato a tutti gli operatori economici, cioè quelli che già prima del sisma del 2016 o della pandemia da COVID-19 avevano perso, per svariate ragioni, tale requisito, «ma solo alle imprese i cui dati di bilancio sono cambiati in esito agli eventi cui si riferisce la normativa emergenziale».
Presidente Torsello – Relatore Neri La Sezione Vista la nota prot. numero 46269 del 19 giugno 2020 con la quale l'Autorità nazionale anticorruzione ha chiesto il parere del Consiglio di Stato sull'affare in oggetto visto il parere numero 1699 del 2 novembre 2020, reso all'adunanza del 22 luglio 2020 esaminati gli atti e udito il relatore, consigliere Vincenzo Neri 1. La richiesta di parere Con nota prot. numero 46269 del 19 giugno 2020, il Presidente f.f. dell'Autorità nazionale anticorruzione ANAC ha richiesto il parere del Consiglio di Stato sulla derogabilità del requisito dell'idoneità economico finanziaria, consistente nel valore positivo del patrimonio netto risultante dall'ultimo bilancio di esercizio, da parte dei soggetti esecutori di lavori pubblici, ai sensi dell'articolo 79, comma 2, lettera c del d.P.R. 5 ottobre 2010, numero 207 . L'Amministrazione riferisce che il rilascio delle attestazioni di qualificazione in mancanza del menzionato presupposto di adeguatezza patrimoniale è già stato esaminato dall'ANAC con riferimento alle imprese ammesse al procedimento di concordato preventivo con continuità aziendale articolo 186-bis del r.d. 16 marzo 1942, numero 267 . In quella sede l'Autorità ha sostenuto che il rapporto di specialità intercorrente tra il regime di partecipazione alle procedure di evidenza pubblica delle imprese in concordato e le norme generali in materia di qualificazione degli operatori economici privati giustifichi il riconoscimento di deroghe all'operatività del criterio previsto dall'articolo 79, comma 2, lettera c del d.P.R. numero 207 del 2010. In forza del richiamo alle disposizioni di cui all'articolo 182-sexies della legge fallimentare, secondo cui la disciplina civilistica in materia di riduzione del capitale nominale per perdite e di scioglimento della compagine societaria non trova applicazione in pendenza del procedimento di concordato, l'ANAC ha ritenuto possibile “procedere al rilascio dell'attestato nel caso in cui l'impresa in concordato presenti un patrimonio netto non positivo, in deroga alle previsioni dell'articolo 79, comma 2, del d.P.R. 207/2010, rispetto alle quali l'articolo 186 bis l. f. … costituisce comunque fonte di rango superiore successiva allo stesso regolamento”. L'ANAC ha provveduto tuttavia a delimitare la portata temporale delle deroghe all'ordinario regime di qualificazione, ritenendo che, a seguito della pronuncia del decreto di omologazione, gli organismi di attestazione SOA non possano certificare l'adeguata capacità economico-finanziaria dell'impresa che non soddisfi il requisito del patrimonio netto di valore positivo. Alla luce delle istanze di approfondimento interpretativo formulate da società di attestazione e da operatori economici interessati all'esecuzione di lavori pubblici, l'Autorità ritiene che la derogabilità del requisito patrimoniale previsto dall'articolo 79, comma 2, lettera c del d.P.R. numero 207 del 2010 possa essere estesa in via interpretativa anche alle fattispecie prese in considerazione dagli interventi normativi di sostegno alle imprese colpite dagli eventi sismici del 2016 e dalla recente emergenza sanitaria da Covid-19. Al riguardo, gli articoli 46 del d.l. 17 ottobre 2016, numero 189 e 6 del d.l. 8 aprile 2020, numero 23 prevedono la temporanea esclusione delle perdite di esercizio, riconducibili ai citati eventi, dal computo delle passività rilevanti per i necessari interventi sul capitale nominale o per lo scioglimento della compagine societaria. Ad avviso dell'ANAC, “il meccanismo posto in essere al fine di scongiurare conseguenze dannose per le imprese è, quindi, sempre lo stesso e consiste nella temporanea sospensione della applicazione, nei confronti delle imprese colpite dalla crisi, delle norme del codice civile che disciplinano la ricapitalizzazione delle perdite di esercizio e lo scioglimento della società”. La specialità della disciplina di supporto alla continuità operativa delle citate categorie di imprese, pur facendo propendere per una risposta positiva, tuttavia, dovrebbe orientare in senso restrittivo non soltanto l'individuazione delle fattispecie regolate dalle disposizioni derogatorie ma anche la determinazione dei termini entro i quali gli operatori economici possono avvalersi di un regime contabile ad essi favorevole. Tutto ciò premesso, l'ANAC ha formulato a questo Consiglio il seguente quesito “se possa ritenersi consentito procedere al rilascio dell'attestazione di qualificazione ad una impresa che … presenti un patrimonio netto negativo e, quindi, sia priva del requisito previsto dall'articolo 79, comma 2 del d.P.R. numero 207 del 2010”. Nel formulare il quesito, come prima accennato, l'Autorità non manca di prospettare una ricostruzione del regime di qualificazione che, sul fondamento del rango primario delle deroghe imposte alla disciplina civilistica, prescinde dalla titolarità di un patrimonio netto di valore positivo ai fini dell'accertamento dell'adeguata capacità economico finanziaria. La disapplicazione del criterio citato non sarebbe tuttavia ammessa al di fuori delle fattispecie e dei limiti temporali espressamente previsti dagli articoli 46 del d.l. numero 189 del 2016 e 6 del d.l. numero 23 del 2020. 2. Il parere interlocutorio Con parere numero 1699 del 2 novembre 2020, la Sezione, attesa la rilevanza del quesito proposto e valutate le competenze proprie di altre amministrazioni dello Stato, ha reputato necessario acquisire l'avviso 1 della Presidenza del Consiglio dei Ministri 2 del Dipartimento delle politiche europee presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri 3 del Ministero della Giustizia 4 del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. Per tale ragione, ha disposto la trasmissione di copia del quesito proposto a ciascuna amministrazione, sospendendo l'adozione del parere in attesa dell'incombente istruttorio. 2.1. Il parere del Ministero delle infrastrutture e delle mobilità sostenibili Il Ministero delle infrastrutture e delle mobilità sostenibili Dipartimento per le opere pubbliche, le risorse umane e strumentali, con nota prot. numero 6596 del 5 maggio 2021, ha trasmesso le valutazioni formulate dalla Direzione Generale per la regolazione e i contratti pubblici nota numero 1311 del 27 gennaio 2021 e dall'Ufficio legislativo nota numero 4402 del 4 febbraio 2021 . In particolare, con la citata nota numero 1311 del 27 gennaio 2021, la Direzione Generale per la regolazione e i contratti pubblici ha ritenuto in generale condivisibile l'analisi proposta da ANAC, ma, al contempo, ha reputato “necessario valutare le possibili ripercussioni sul piano della garanzia per le stazioni appaltanti dell'ottimale esecuzione dei contratti pubblici della deroga, sia pure temporanea, all'operatività del criterio previsto dall'articolo 79, comma 2, lettera c del d.P.R. numero 207 del 2010, deroga il cui fondamento normativo viene individuato su disposizioni legislative derogatorie delle norme del codice civile in tema di obblighi di copertura delle perdite di esercizio e di scioglimenti delle società, apportate in via emergenziale alla legge fallimentare”. Proprio per la portata applicativa della suddetta interpretazione, la Direzione generale è stata “del parere che non basti desumere la possibilità di detta deroga da disposizioni normative, sia pur di rango superiore e successive al d.P.R. 207/2010, che non la prevedano espressamente, reputandosi necessaria una specifica disposizione che contempli la fattispecie”. Per tale ragione, la Direzione generale per la regolazione e i contratti pubblici ha ritenuto opportuno acquisire anche le valutazioni dell'Ufficio legislativo presso il Ministero. Quest'ultimo, con nota del 4 febbraio 2021, ha condiviso in toto l'opzione interpretativa formulata dall'Autorità nazionale anticorruzione. Quanto alla riferita considerazione formulata dalla Direzione generale per la regolazione ed i contratti pubblici, l'Ufficio legislativo ha ritenuto invece che “il rinvio espresso operato dall'articolo 79, comma 2, lett. e del d.P.R. numero 207/2010, ai fini della dimostrazione dell'esistenza di un'adeguata capacità economica e finanziaria alle disposizioni del codice civile in materia di contenuto dello stato patrimoniale sembra escludere … la necessità di uno specifico intervento normativo”. Ed invero, “non solo alla luce del principio della gerarchia delle fonti e della successione delle leggi nel tempo, ma anche sulla base della considerazione che l'articolo 79, comma 2, lett. e , del d.P.R. numero 207/2010 rinvia tout court alle disposizioni del codice civile in materia di rilevazione e valorizzazione, anche ai fini giuridici, dei dati bilancio. Di talché, se la perdita di capitale esclude, per effetto di una specifica disposizione di legge, la necessità di procedere alla sua ricostituzione a garanzia del ceto creditorio, la medesima conclusione non può non valere nei rapporti con le stazioni appaltanti rispetto alle quali il patrimonio netto e, dunque, anche il capitale sociale costituisce la garanzia dell'esatto adempimento delle obbligazioni contrattualmente assunte”. 2.2. Il parere del Ministero della giustizia Il Ministero della giustizia, con nota del 7 dicembre 2021, ha trasmesso il parere dell'Ufficio legislativo con il quale, dopo attento esame del quadro normativo articolo 79 d.P.R. 207/10 articolo 46 d.l. 189/16 articolo 6 d.l. 23/20 articolo 182-sexies l.f. , rileva la “diversità di ratio tra l'articolo 182-sexies della legge fallimentare e le norme emergenziali scaturite dal sisma del 2016 e dalla pandemia da COVID-19 in ragione delle conseguenze che tali eventi hanno prodotto sui sistema economico e sulle imprese. In altre parole, mentre nel caso di concordato la sospensione è accompagnata dalla concreta prospettiva della ristrutturazione del debito accumulato, da costanti controlli sulla gestione dell'impresa conseguenti all' apertura del concorso ed allo spossessamento attenuato che si realizza con il concordato preventivo e da verifiche sulla perseguibilità del risanamento aziendale da parte degli organi della procedura e da parte dei creditori , la normativa emergenziale consente unicamente alle imprese in difficoltà di continuare ad operare senza la pressione degli obblighi di ricapitalizzazione o del verificarsi di una causa di scioglimento. In definitiva, alla luce di tutto quanto sin qui osservato, non pare possibile ritenere che la sospensione degli obblighi di ricapitalizzazione disposta dalle norme emergenziali possa condurre ad una deroga generalizzata, sia pure limitata nel tempo, al requisito di cui all'articolo 79 del d.P.R. numero 207 del 2010”. 2.3. Il parere del DAGL Con nota prot. 11894 P-4.17.1.26.3 del 13 dicembre 2021, la Presidenza del Consiglio dei ministri ha inviato il parere del Dipartimento per gli affari giuridici e legislativi del 10 dicembre 2021. L'Amministrazione ha affermato che l'articolo 6 d.l. 23/2020 e, allo stesso modo, l'articolo 46 del d.l. 189/16 si inserisce in un più ampio quadro di diritto emergenziale connesso ad eventi straordinari che hanno inciso sulla vita sociale ed economica del Paese. Si è sostenuto che “le disposizioni richiamate non possano essere considerate disposizioni eccezionali rispetto al modello comune, ma debbano considerarsi quali norme volte a disciplinare aspetti peculiari del settore interessato e, conseguentemente, quali moduli speciali in grado di essere interpretati secondo i canoni della interpretazione estensiva e della analogia ”. Considerata la ratio della legislazione speciale, l'Amministrazione ha altresì ritenuto che “non v'è dubbio che la misura della derogabilità, ai fini della attestazione di qualificazione, del requisito di idoneità economico-finanziaria … si inserisca in tale cornice di tutela e risulti, conseguentemente, ammissibile una applicazione analogica dei principi posti dalla legislazione speciale, utile a favorire la ripresa del settore imprenditoriale e la necessaria presenza sul mercato degli operatori economici”. Infine, il DAGL ha rilevato che il rischio di un deficit di garanzie per le stazioni appaltanti sulla corretta esecuzione dei contratti pubblici sia mitigato dalla presenza di indicatori idonei a dimostrare l'adeguata capacità economico finanziaria ex articolo 79, comma 2, d.P.R. 207/10 e dal sistema di garanzie previsto dagli articoli 103 e 104 d.lgs. 50/2016 a tutela dell'esatto e puntuale adempimento delle obbligazioni previste dai contratti pubblici. Ha concluso pertanto affermando di condividere l'interpretazione proposta da ANAcomma 2.4. Il parere del DIPE Il Dipartimento delle politiche europee presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, con nota prot. numero 191 P-4.15.13 del 18 gennaio 2022, ha dichiarato la propria incompetenza, rilevando che “la materia non presenta profili di competenza specifica di questo Dipartimento, funzionali all'espressione di una utile valutazione”. 3. Le funzioni consultive del Consiglio di Stato Nel rimettere alla Sezione l'esame della delineata questione interpretativa, l'Autorità dà atto dei quesiti ad essa reiteratamente rivolti da alcuni operatori del settore in merito alla derogabilità del requisito del patrimonio netto di valore positivo. Al riguardo, deve precisarsi che l'oggetto del presente parere non si estende alla cognizione di fattispecie concrete o di profili fattuali, rispetto ai quali potrebbero insorgere controversie giurisdizionali. Il quesito formulato da ANAC impone di ricostruire l'esatto perimetro della funzione consultiva assegnata dalla Costituzione al Consiglio di Stato articolo 100, comma 1, Cost. Come è noto, accanto ai pareri obbligatori si affiancano i pareri facoltativi, i quali possono essere diretti o all'esame di atti normativi per cui non è obbligatoria la richiesta di parere al Consiglio di Stato o a risolvere questioni concernenti l'interpretazione o l'applicazione del diritto, in questo caso prendendo la forma di “quesiti” sull'interpretazione delle norme. Codesti pareri hanno in particolare una “funzione di ausilio tecnico-giuridico indispensabile per indirizzare nell'alveo della legittimità e della buona amministrazione l'attività di amministrazione attiva” Consiglio di Stato, Ad. genumero , 18 gennaio 1980, numero 30 . Dopo le modifiche introdotte con l'articolo 17 della legge 15 maggio 1997, numero 127, il parere facoltativo deve riguardare solo “le attività che più incisivamente impegnano l'azione del Governo o degli altri organi di maggior rilevanza dello Stato-ordinamento e non può essere attivata da una mera pretesa o esigenza dell'amministrazione interessata, la quale, al contrario, deve esporre, nella sua richiesta di parere, i rilevanti motivi di interesse pubblico strumentali alle attività fondamentali o comunque più significative, che quasi impongono il ricorso al parere facoltativo, il quale, altrimenti, andrebbe a sovrapporsi all'esclusiva autonomia e responsabilità dirigenziale” Consiglio di Stato, Sez. II, 25 luglio 2008, numero 5172 . In altri termini, va esclusa la possibilità di emettere pareri su aspetti minimali relativi ad “un ordinario segmento del procedimento amministrativo” Consiglio di Stato, Sez. I, 2 febbraio 2012, numero 1 , in quanto il supporto consultivo, da un lato, non può e non deve sostituirsi all'amministrazione nel dovere di provvedere cfr. pareri numero 118/02 numero 2994/02 numero 9/03 numero 1212/03 numero 1274/03 numero 82/99 numero 4212/02 numero 2564/02 numero 2250/2007 e, dall'altro, non può invadere l'ambito di operatività delle attribuzioni dell'Avvocatura dello Stato nella sua funzione generale di consulenza alle pubbliche amministrazioni. Ciò è pienamente coerente con l'idea “di un'evoluzione sostanziale delle funzioni consultive del Consiglio di Stato di cui all'articolo 100 della Costituzione” e con la necessità di inquadrare le funzioni consultive “in una visione sistemica e al passo coi tempi, confermando il ruolo del Consiglio di Stato come un advisory board delle Istituzioni del Paese anche in un ordinamento profondamente innovato e pluralizzato” cfr. pareri Comm. Spec., 18 ottobre 2017, numero 2162 Comm. Spec., 17 gennaio 2017, numero 83 Comm. Spec., 2 agosto 2016, numero 1767 . Così ragionando, le funzioni consultive del Consiglio di Stato si rivolgono, nella prassi più recente, oltre che a singoli ‘atti', anche a sostenere “i ‘processi' di riforma, accompagnandoli in tutte le loro fasi e indipendentemente dalla natura degli atti di attuazione, fornendo sostegno consultivo ai soggetti responsabili dell'attività di implementazione” Consiglio di Stato, Comm. spec., 2 agosto 2016, numero 1767 . Va inoltre aggiunto, per quanto di rilevanza nel presente quesito, che il Consiglio ha reiteratamente escluso la “possibilità di richiedere pareri facoltativi su materie o fattispecie per le quali già siano pendenti o in corso di attivazione controversie giurisdizionali” parere 2941/2005 . In talune pronunce è stato difatti affermato che “in presenza di contrasti interpretativi già insorti, la richiesta di parere è inammissibile” Consiglio di Stato, Sez. II, 26 giugno 2013, numero 3006 e Sez. II, 9 marzo 2011, numero 1589 nel senso che “nell'esercizio dell'attività consultiva, il Consiglio di Stato, quale organo di consulenza imparziale e terzo dello Stato ordinamento e non dello Stato-apparato, non è destinato a supportare le scelte decisionali delle Amministrazioni, quante volte esse ritengano, a loro discrezione, di avvalersi della consulenza del Consiglio stesso, dal momento che la funzione consultiva svolta nell'interesse non dell'ordinamento generale, ma dell'Amministrazione assistita, compete all'Avvocatura dello Stato. Il Consiglio di Stato fornisce il proprio parere solo su questioni di massima, la cui soluzione potrà guidare la successiva azione amministrativa nel suo futuro esplicarsi” Consiglio di Stato, Sez. II, 9 marzo 2011, numero 1589 Comm. Spec., 26 settembre 2017, numero 2065 . Dai summenzionati pareri si evince come l'attività consultiva, di tipo facoltativo, non possa richiedersi quando vada ad incidere, direttamente od indirettamente, su un contenzioso in atto, o potenziale, avente lo stesso oggetto del quesito posto dall'amministrazione, poiché in tali casi l'esercizio della funzione consultiva potrebbe dar luogo ad indebite sovrapposizioni, che arrecherebbero un vulnus al principio di imparzialità del giudice e di parità fra le parti, sancito espressamente oggi a livello costituzionale dall'articolo 111, comma 2, della Costituzione cfr. pareri numero 118/02 numero 2994/02 numero 9/03 numero 1212/03 numero 1274/03 numero 82/99 numero 4212/02 numero 2564/02 numero 2250/2007 . Questa Sezione ha ribadito, di recente, tale orientamento affermando che per garantire il corretto equilibrio istituzionale, va esclusa la «possibilità di richiedere pareri facoltativi su materie o fattispecie per le quali già siano pendenti o in corso di attivazione controversie giurisdizionali» Consiglio di Stato, Sez. I., 13 novembre 2020, numero 1807 . 4. Il quadro normativo La Sezione ritiene necessario esaminare innanzi tutto il quadro normativo relativo al quesito posto da ANAcomma 4.1. Articolo 79, comma 2, lettera c del d.P.R. numero 207 del 2010 La soluzione del problema esegetico rimesso alla valutazione della Sezione richiede un preliminare inquadramento normativo degli speciali requisiti di qualificazione economico-finanziaria previsti per la partecipazione alle procedure di affidamento dei contratti pubblici di lavori. Com'è noto, le verifiche circa l'idoneità degli operatori economici privati all'esecuzione di specifiche categorie di lavori pubblici sono affidate in via esclusiva alla competenza delle società organismi di attestazione SOA , le quali, ove accertino la rispondenza delle imprese richiedenti al modello di qualificazione soggettiva e oggettiva previsto dall'ordinamento, rilasciano un titolo di validità quinquennale per la partecipazione alle procedure di evidenza pubblica. Il controllo preventivo di adeguatezza della struttura aziendale rispetto alla natura delle prestazioni oggetto dell'affidamento è compiuto dalle SOA alla stregua di criteri speciali di qualificazione, la cui disciplina, nelle more dell'emanazione del nuovo regolamento di esecuzione, attuazione e integrazione del codice dei contratti pubblici, continua ad essere affidata alle disposizioni di cui all'articolo 79 del d.P.R. numero 207 del 2010. Ed in specie, il comma 1 della norma citata prevede che “i requisiti d'ordine speciale occorrenti per la qualificazione sono a adeguata capacità economica e finanziaria b adeguata idoneità tecnica e organizzativa c adeguata dotazione di attrezzature tecniche d adeguato organico medio annuo”. Ai sensi della lettera c del successivo comma 2, l'adeguata capacità economica e finanziaria è altresì dimostrata, “limitatamente ai soggetti tenuti alla redazione del bilancio, dal patrimonio netto, costituito dal totale della lettera A del passivo di cui all'articolo 2424 del codice civile, riferito all'ultimo bilancio depositato, di valore positivo”. Benché non si possa dubitare che la disciplina del suddetto parametro patrimoniale sia posta a presidio dell'interesse generale alla regolare esecuzione dei lavori, l'applicazione del regime di accertamento delle capacità finanziarie deve nondimeno garantire la massima apertura del mercato dei contratti pubblici al confronto concorrenziale fra gli operatori economici. Giova in tal senso ricordare come la stessa legge 28 gennaio 2016, numero 11, nell'affidare al Governo la “definizione dei requisiti di capacità economico-finanziaria, tecnica, ivi compresa quella organizzativa, e professionale, … che gli operatori economici devono possedere per partecipare alle procedure di gara”, individuasse nella più ampia partecipazione alle procedure di affidamento e nella tutela degli interessi delle micro, piccole e medie imprese i principi direttivi per la regolazione del sistema di qualificazione articolo 1, comma 1, lettera r . 4.2. Articoli 46 del d.l. numero 189 del 2016 e 6 del d.l. numero 23 del 2020 Il requisito di qualificazione patrimoniale consistente nella disponibilità di un patrimonio netto di valore positivo deve oggi essere esaminato alla luce degli interventi normativi volti al contrasto delle conseguenze economiche sfavorevoli prodotte dal terremoto del 2016 e dalla recente crisi sanitaria da Covid-19. A seguito degli eventi sismici che, a partire dal 24 agosto 2016, hanno colpito il territorio dell'Italia centrale, il legislatore ha introdotto un complesso apparato di misure emergenziali intese a favorire la ricostruzione dei beni danneggiati ed il rilancio delle attività economiche operanti nelle aree terremotate. Per quanto d'interesse in questa sede, il d.l. 17 ottobre 2016, numero 189, convertito con modificazioni dalla legge 15 dicembre 2016, numero 229, ha previsto, tra l'altro, la temporanea derogabilità del regime civilistico di ricapitalizzazione delle perdite riconducibili al verificarsi dell'evento sismico. In specie, l'articolo 46 del citato d.l. numero 189 del 2016 dispone che “dal 31 dicembre 2016, per le imprese che hanno sede o unità locali nel territorio dei Comuni di cui all'articolo 1, le perdite relative all'esercizio in corso alla data del 31 dicembre 2016 non rilevano, nell'esercizio nel quale si realizzano e nei quattro esercizi successivi, ai fini dell'applicazione degli articoli 2446,2447,2482-bis, 2482-ter, 2484 e 2545-duodecies del codice civile”. Analoghe esigenze di supporto alla continuità operativa di imprese operanti in contesti di radicale interruzione dei processi produttivi hanno ispirato le strategie legislative di contrasto della crisi socio-economica conseguente all'emergenza sanitaria da Covid-19. Nell'ambito del piano di superamento della congiuntura economica sfavorevole, il d.l. 8 aprile 2020, numero 23, convertito con modificazioni dalla legge 5 giugno 2020, numero 40, ha previsto l'introduzione di misure di sostegno allo svolgimento dell'attività d'impresa, fra le quali si annovera la provvisoria derogabilità delle norme di diritto comune in materia di riduzione del capitale nominale per perdite e di scioglimento del vincolo societario. In specie, l'articolo 6 del citato d.l. 23/20 dispone che “a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto e fino alla data del 31 dicembre 2020 per le fattispecie verificatesi nel corso degli esercizi chiusi entro la predetta data non si applicano gli articoli 2446, commi secondo e terzo, 2447, 2482-bis, commi quarto, quinto e sesto, e 2482-ter del codice civile. Per lo stesso periodo non opera la causa di scioglimento della società per riduzione o perdita del capitale sociale di cui agli articoli 2484, primo comma, numero 4 , e 2545 duodecies del codice civile”. Analogamente a quanto previsto dall'articolo 182-sexies della legge fallimentare per le imprese ammesse al procedimento di concordato preventivo, la provvisoria sospensione del meccanismo di riallineamento coattivo del valore del capitale nominale all'effettiva consistenza del patrimonio sociale rientra dunque nel novero degli strumenti individuati dal legislatore per contrastare le crisi di liquidità in cui siano incorse le società di capitali e cooperative a seguito degli eventi sismici del 2016 e della recente emergenza sanitaria. 4.3. Esame dei richiami alle norme del codice civile. La Sezione ritiene che la corretta delimitazione dell'oggetto del quesito richieda un esame delle norme di diritto comune richiamate dagli articoli 46 del d.l. numero 189 del 2016 e 6 del d.l. numero 23 del 2020. È noto che il patrimonio sociale, originariamente coincidente con il valore dei conferimenti, muta la propria consistenza qualitativa e quantitativa in funzione dei rapporti giuridici attivi e passivi di cui la società è partecipe nell'esercizio dell'attività imprenditoriale. La differenza tra le voci di bilancio positive e negative costituisce a sua volta la rappresentazione della composizione patrimoniale della società al momento della chiusura dei singoli esercizi finanziari. Secondo il tradizionale insegnamento della dottrina, il capitale nominale individua invece la frazione indisponibile del patrimonio sociale stabilmente destinata al perseguimento dello scopo imprenditoriale predeterminato dai soci. A differenza del patrimonio sociale, il capitale nominale permane infatti costante nel corso del rapporto societario, salvo che non se ne stabilisca l'aumento o la riduzione con una delibera di modificazione dell'atto costitutivo. Al pari della funzione di garanzia ordinariamente assolta dal valore monetario delle voci attive di bilancio, il capitale nominale assicura la soddisfazione delle posizioni giuridiche soggettive dei terzi creditori in una misura pari alla quota di patrimonio che non è liberamente distribuibile fra i soci fino alla liquidazione della compagine societaria. Alla luce di tale ricostruzione, si comprende che nello svolgimento dell'attività d'impresa possa astrattamente configurarsi, specie in ipotesi di crisi di liquidità, una riduzione del patrimonio sociale al di sotto del valore del capitale nominale. La fattispecie è disciplinata, con riferimento alle società per azioni, dagli articoli 2446 2447 del codice civile, i quali assegnano al depauperamento del patrimonio sociale una distinta rilevanza giuridica a seconda che la perdita di oltre un terzo del capitale nominale si spinga o meno al di sotto della soglia del minimo legale. Ai sensi dell'articolo 2446, comma 1, del codice civile, “quando risulta che il capitale è diminuito di oltre un terzo in conseguenza di perdite”, gli organi di amministrazione o di controllo della società convocano senza indugio l'assemblea, affinché siano assunti gli “opportuni provvedimenti”. Il comma 2 della medesima norma precisa tuttavia che l'assemblea ordinaria o il consiglio di sorveglianza, in sede di approvazione del bilancio, sono tenute a deliberare la riduzione del capitale nominale in proporzione delle passività accertate, “se entro l'esercizio successivo la perdita non risulta diminuita a meno di un terzo”. In caso di inerzia di tali organi, gli amministratori e i sindaci o il consiglio di sorveglianza formulano un'istanza di riduzione al tribunale competente, il quale provvede con decreto soggetto a reclamo. Ben più rigorosa la disciplina prevista dal codice civile per l'ipotesi in cui alla perdita di oltre un terzo del capitale si associ la diminuzione di quest'ultimo al di sotto del minimo legale. Ai sensi dell'articolo 2447, infatti, non è ulteriormente consentito attendere le risultanze del successivo esercizio finanziario, ma è imposto l'obbligo di “deliberare la riduzione del capitale ed il contemporaneo aumento del medesimo ad una cifra non inferiore al detto minimo, o la trasformazione della società”. In termini non dissimili è regolata la ricapitalizzazione delle passività accertate dal bilancio di esercizio delle società a responsabilità limitata articoli 2482-bis e 2482 ter del codice civile . Sulla base della delineata ricostruzione dell'apparato normativo civilistico, deve ritenersi che l'approvazione della delibera di riduzione del capitale nominale per perdite non realizzi un'effettiva diminuzione del valore del patrimonio sociale. Il sistema di riallineamento previsto dalle citate norme del codice civile determina invece il mero adeguamento contabile dell'originario ammontare dei conferimenti all'attuale minor valore assunto dal patrimonio. Secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, “non va infatti trascurato che la riduzione del capitale sociale per perdite ha una funzione, per così dire, meramente dichiarativa. Serve cioè a far coincidere l'entità del capitale nominale della società con quello effettivo, riconducendo il primo alla misura del secondo, se ed in quanto questo sia realmente divenuto inferiore all'ammontare indicato nell'atto costitutivo” Cass. civ., Sez. I, 23 marzo 2004, numero 5740 Cass. civ., Sez. I, 13 gennaio 2006, numero 543 Cass. civ., Sez. I, 2 aprile 2007, numero 8222 . In stretta connessione sistematica con le norme in materia di ricapitalizzazione delle passività risultanti dal bilancio, l'articolo 2484, comma 1, numero 4 del codice civile annovera tra le cause di scioglimento delle società di capitali “la riduzione del capitale al disotto del minimo legale, salvo quanto è disposto dagli articoli 2447 e 2482-ter”. L'articolo 2545-duodecies del codice civile stabilisce invece che lo scioglimento delle società cooperative consegue, tra l'altro, all'integrale esaurimento del capitale sociale. Tanto si giustifica in considerazione della specialità del modello cooperativo, il quale ammette variazioni del capitale anche in assenza di delibere modificative dell'atto costitutivo. In forza del rinvio alle disposizioni di cui agli articoli 2447 e 2482-ter del codice civile, la disciplina sullo scioglimento delle società di capitali subordina l'efficacia della fattispecie dissolutiva del vincolo contrattuale alla condizione risolutiva del ripristino del valore del capitale nominale o della radicale trasformazione del modello societario. In tal senso è orientata la tradizionale giurisprudenza della Corte di Cassazione, la quale, chiamata ad esprimersi sull'esegesi dell'articolo 2484, comma 1, numero 4 del codice civile, osserva quanto segue “premesso che la causa di scioglimento della società per riduzione del capitale al di sotto del minimo legale consiste in una fattispecie complessa risultante dalla perdita del capitale sociale e dalla omessa deliberazione di reintegrazione del capitale o di trasformazione della società combinato disposto degli articoli 2447 e 2484, comma 1, numero 4 del codice civile , nelle ipotesi in cui venga convocata l'assemblea per le deliberazioni conseguenti alla perdita integrale del capitale sociale, una volta constatata siffatta perdita, rientra nella facoltà dell'assemblea medesima determinare l'inefficacia dello scioglimento determinatosi di diritto, ed impedirne, quindi, gli effetti articolo 2449 del codice civile , attraverso l'adozione dei provvedimenti previsti dall'articolo 2447, senza che sia necessario, a tal fine, convocare un'apposita, ulteriore assemblea, posto che le eventuali delibere di reintegrazione del capitale sociale o di trasformazione della società costituiscono l'oggetto legale tipico dell'assemblea convocata ai sensi dell'articolo 2447 del codice civile” Cass. civ., Sez. I, 5 maggio 1995, numero 4923 . 5. Risposta al quesito La Sezione ritiene che, in virtù di una lettura sistematica del delineato quadro normativo, sia consentito il rilascio delle attestazioni di qualificazione alle imprese che, in conseguenza degli eventi sismici del 2016 e della recente emergenza epidemiologica da Covid-19, presentino un patrimonio netto di valore negativo. Militano in tal senso le seguenti considerazioni. In primo luogo, va osservato che la disciplina emergenziale del 2016 e del 2020 ha lo scopo di consentire alle imprese che si trovano in difficoltà non per motivi di tipo “strutturale” ma per ragioni eccezionali e imprevedibili, quali il sisma o la pandemia da Covid 19, di proseguire l'attività, derogando agli obblighi ordinariamente previsti dal codice civile. In questo quadro, dunque, tra le due possibili soluzioni ermeneutiche deve scegliersi quella più coerente con la ratio legis e, dunque, quella che favorisce maggiormente la prosecuzione dell'attività dell'impresa. In secondo luogo, va osservato che, in forza della disciplina derogatoria introdotta dagli articoli 46 del d.l. numero 189 del 2016 e 6 del d.l. numero 23 del 2020, ove la diminuzione del capitale nominale al di sotto della soglia del minimo legale sia imputabile alle perdite verificatesi nel corso degli esercizi finanziari espressamente considerati dalle norme citate, lo scioglimento automatico della società è in ogni caso precluso, senza che sia a tal fine necessario approvare in sede assembleare la reintegrazione del valore dei conferimenti o la trasformazione dello schema societario. Se dunque il legislatore dell'emergenza ha previsto la “sopravvivenza” della società senza imporre tutte quelle attività che ordinariamente sono stabilite dal codice civile, in via di principio non v'è ragione di escludere che queste società, munendosi di attestato SOA, oltre a sopravvivere, possano partecipare alle procedure di evidenza pubblica. In altri termini, al pari dell'ammissione al procedimento di concordato preventivo, ex articolo 160 e segg. della legge fallimentare, anche i tragici effetti economico sociali del sisma del 2016 e dell'emergenza sanitaria da Covid-19 connotano in termini di specialità l'esercizio dell'attività imprenditoriale e giustificano, per un verso, come previsto dall'articolo 182 sexies della legge fallimentare, la sospensione del meccanismo di adeguamento contabile delle risultanze di bilancio e, per altro verso, la derogabilità delle norme generali in materia di qualificazione previste dal d.P.R. numero 207 del 2010. La Sezione non ignora che, a differenza del concordato preventivo con continuità aziendale, la partecipazione alle procedure di evidenza pubblica da parte delle imprese di cui agli articoli 46 del d.l. numero 189 del 2016 e 6 del d.l. numero 23 del 2020 non si inserisce nell'ambito di uno specifico piano di risanamento della crisi di liquidità. Al riguardo, occorre tuttavia osservare che l'interesse della pubblica amministrazione allo svolgimento di rapporti contrattuali con soggetti che soddisfino gli essenziali criteri di adeguatezza economico-finanziaria è tutelato dai ristretti termini temporali entro i quali è ammessa la derogabilità dell'articolo 79, comma 2, lettera c , come più sotto sarà specificato. In terzo luogo, non può negarsi che l'adesione alla contraria tesi dell'inderogabilità del requisito previsto dall'articolo 79, comma 2, lettera c del d.P.R. numero 207 del 2010, oltre a produrre conseguenze applicative contraddittorie, verrebbe di fatto a vanificare lo scopo perseguito dal legislatore con l'introduzione della speciale disciplina emergenziale in esame, compromettendo irrimediabilmente sia le possibilità di ripresa delle società colpite dalla crisi sia le possibilità di ripresa dell'economia nazionale. Sotto il primo aspetto – ossia quello della contraddittorietà – l'articolo 79, comma 2, lett. e , del d.P.R. numero 207/2010 rinvia tout court alle disposizioni del codice civile in materia di rilevazione e valorizzazione, anche ai fini giuridici, dei dati bilancio. Di talché, se la perdita di capitale esclude, per effetto di una specifica disposizione di legge, la necessità di procedere alla sua ricostituzione a garanzia del ceto creditorio, la medesima conclusione non può non valere nei rapporti con le stazioni appaltanti rispetto alle quali il patrimonio netto e, dunque, anche il capitale sociale costituisce la garanzia dell'esatto adempimento delle obbligazioni contrattualmente assunte. Sotto il secondo aspetto – ossia quello della finalità della disciplina emergenziale – va ricordato che il legislatore, in ultimo col recente Piano nazionale di Ripresa e Resilienza, ha ritenuto di poter “riavviare” l'economia del Paese anche attraverso il rilancio degli appalti pubblici. Se si precludesse la possibilità alle imprese in condizioni di disequilibrio economico, per cause di natura non strutturale ma contingente, la partecipazione alle gare di appalto, molto probabilmente non si realizzerebbe l'obiettivo desiderato e lo squilibrio potrebbe non essere superato dalla società con conseguente crisi e ripercussioni negative anche sui livelli occupazionali. Va in ultimo aggiunto che, come condivisibilmente sostenuto da ANAC con la nota 1 febbraio 2022, numero 7221, la deroga in questione non deve essere concessa in modo indiscriminato a tutti gli operatori economici, cioè quelli che già prima del sisma 2016 o della pandemia da Covid 19 avevano perso, per svariate ragioni, tale requisito, “ma solo alle imprese i cui dati di bilancio sono cambiati in esito agli eventi cui si riferisce la normativa emergenziale”. Inoltre, come già affermato in sede di richiesta di parere, può consentirsi soltanto entro il limite espressamente indicato, rispettivamente, dall'articolo 46 del d.l. 189/2016 ovvero solo per le perdite relative all'esercizio in corso alla data del 31 dicembre 2016 che non rilevano, nell'esercizio nel quale si realizzano e nei quattro esercizi successivi e dall'articolo 6 del d.l. numero 23/2020 ovvero alla data di entrata in vigore del presente decreto e fino alla data del 31 dicembre 2020 per le fattispecie verificatesi nel corso degli esercizi chiusi entro la predetta data . Pertanto, una volta terminato il predetto lasso temporale nel corso del quale le perdite di esercizio non determinano l'applicazione dei meccanismi codicistici di salvaguardia del capitale, l'impresa dovrà necessariamente tornare in una condizione di equilibrio economico e, quindi, essere in possesso, ai fini attestativi, del requisito del patrimonio netto positivo di cui all'articolo 79, comma 2, d.p.r. 207/2010. A tale ultimo fine, considerato che l'attestazione di qualificazione, una volta rilasciata, abilita l'impresa all'esecuzione di lavori pubblici per tutto il periodo della sua validità 5 anni, con revisione al terzo anno , risulta altresì necessario prevedere che le SOA, nel caso in cui, per le imprese che ricadono nel regime speciale in esame, dovessero procedere al rilascio dell'attestazione di qualificazione in carenza del requisito di cui all'articolo 79, comma 2, d.p.r. numero 207/2010 - provvedano a comunicare tempestivamente all'Autorità l'avvenuto rilascio, con indicazione dell'impresa, nonché degli estremi dell'attestazione di qualificazione rilasciata allo scadere della efficacia della deroga concessa dalla normativa speciale, provvedano, relativamente alle attestazioni rilasciate in carenza del requisito speciale del patrimonio netto positivo, al monitoraggio circa la effettiva riacquisizione da parte dell'impresa attestata del predetto requisito, procedendo alla dichiarazione la decadenza dell'attestazione di qualificazione laddove tale monitoraggio abbia esito negativo comunichino tempestivamente all'Autorità l'esito del monitoraggio svolto. P.Q.M. Nei suesposti termini è il parere della Sezione.