Con ordinanza interlocutoria numero 13947/2022, la Corte di Cassazione ha affrontato una controversia inerente l’obbligo di somministrazione di un assegno di divorzio.
In una controversia inerente il riconoscimento dell'assegno divorzile, C.S. ricorre in Cassazione deducendo, tra i vari motivi, la violazione degli articolo 5 e 9, l numero 898/1970, in quanto la Corte di merito, nell'osservare che «la disparità economica dei coniugi non era sufficiente per il riconoscimento dell'assegno, essendo necessario verificare se una simile disparità discendesse da scelte condivise dai coniugi in costanza di vita familiare, ha valutato la breve durata del matrimonio, trascurando però – in tesi di parte ricorrente - di considerarne le ragioni», esclusivamente ascrivibili all'ex marito. Ella sostiene, infatti, che tale accertamento poteva essere condotto dal giudice in sede di verifica dell'an debeatur e poteva essere rimesso in discussione solo dimostrando l'esistenza di eventuali modifiche, delle quali i giudici di merito hanno presunto l'esistenza in ragione della sopravvenienza di due figli. Inoltre, con motivo di ricorso incidentale, viene denunciata la violazione e falsa applicazione degli articolo 4 e 9, l. numero 898/1970 e il difetto assoluto di motivazione, in ordine all'individuazione della data di decorrenza della revoca dell'assegno. Secondo C.S., infatti, la Corte territoriale avrebbe erroneamente individuato come «momento di decorrenza della revoca che era stata disposta la data della decisione, ritenendo assorbito il secondo motivo di reclamo e operando un incongruo richiamo alla giurisprudenza di questa Corte», non tenendo conto del principio secondo cui «la variazione dell'ammontare dell'assegno deve decorrere dalla data della domanda di revisione e non da quella di decisione, dato che un diritto non può restare pregiudicato dal tempo necessario per farlo valere in giudizio». Per tutti questi motivi la Suprema Corte ritiene che la «questione sollevata con il motivo di ricorso incidentale impone di verificare, in primo luogo, la natura delle pronunce assunte in applicazione dell'articolo 9, comma 1, l. numero 898/1970, al fine di individuare il momento da cui le stesse possano incidere sul precedente giudicato impositivo dell'obbligo di somministrazione di un assegno di divorzio. Nel caso in cui si ritenga che il giudice possa stabilire che la revoca o la modifica decorrano dalla data della domanda di revisione, e non da quella della decisione su di essa, sarà necessario altresì stabilire quali siano le condizioni che consentano al giudicante di disporre che la statuizione abbia effetto fin dal momento della domanda».
Presidente Bisogni – Relatore Pazzi Rilevato che 1. Il Tribunale di Palermo, in parziale accoglimento della richiesta, avanzata da B.S., di revisione delle statuizioni previste all'interno del decreto emesso dalla Corte d'appello di Palermo in data 2 marzo 2005, riduceva da Euro 1.550 mensili a Euro 850 l'importo da questi dovuto, a titolo di assegno divorzile, all'ex coniuge S.C., con decorrenza dalla data della decisione. 2. La Corte d'appello di Palermo, a seguito del reclamo principale presentato dalla S. e del reclamo incidentale proposto dal B., registrava che il più recente orientamento della giurisprudenza di legittimità aveva ancorato l'accertamento dell'inadeguatezza dei mezzi del coniuge richiedente l'assegno divorzile e dell'incapacità di procurarseli per ragioni obiettive alle caratteristiche concrete di conduzione della relazione familiare e alla ripartizione dei ruoli endofamiliari. Osservava che in sede di revisione L. numero 898 del 1970, ex articolo 9, il giudice deve verificare l'esistenza di circostanze sopravvenute, collegate a dati fattuali e non a sopravvenute modifiche nell'interpretazione del diritto, che legittimano la richiesta. Rilevava che dopo il decreto della Corte d'appello di Palermo del 2 marzo 2005 il B. aveva visto peggiorare la propria situazione economica, in conseguenza della nascita nel omissis e nel omissis e della crescita di due figli, mentre la situazione patrimoniale e reddituale della S. era migliorata in maniera rilevante, in conseguenza dell'acquisizione di alcuni immobili e dell'aumento del suo stipendio. Una volta acclarata la presenza di fatti sopravvenuti che avevano modificato in maniera significativa il divario economico tra le parti, sottolineava che nell'ambito di un matrimonio durato appena quindici mesi l'apporto della S. alla costituzione del patrimonio familiare era stato inconsistente, né vi era stato da parte della stessa alcun sacrificio di aspettative professionali e reddituali in funzione dell'assunzione di un eventuale ruolo trainante endofamiliare. Riteneva, di conseguenza, che l'assenza di un pur minimo contributo da parte della S. all'implementazione del patrimonio familiare non consentisse, a seguito delle mutate condizioni economiche delle parti, di mantenere l'assegno già riconosciutole, sulla base degli indici previsti dalla prima parte della L. numero 898 del 1970, articolo 5, comma 6, come interpretati dalla più recente giurisprudenza della Corte di legittimità. Revocava, pertanto, l'assegno di divorzio già riconosciuto alla S. a decorrere dalla data della decisione , considerando assorbito il secondo motivo del reclamo incidentale, subordinato al primo, con cui era stato richiesto di far decorrere gli effetti della modifica dalla data della pronuncia. 3. Per la cassazione di tale decreto, pubblicato in data 26 novembre 2018, ha proposto ricorso S.C., prospettando due motivi di doglianza, ai quali ha resistito con controricorso B.S., il quale, a sua volta, ha proposto ricorso incidentale, affidato a un unico motivo. Considerato che 4. Il primo motivo del ricorso principale denuncia, ai sensi dell'articolo 360 c.p.c., comma 1, nnumero 3 e 5, la violazione della L. numero 898 del 1970, articolo 5 e 9 la Corte di merito, nell'osservare che la disparità economica dei coniugi non era sufficiente per il riconoscimento dell'assegno, essendo necessario verificare se una simile disparità discendesse da scelte condivise dai coniugi in costanza di vita familiare, ha valutato la breve durata del matrimonio, trascurando però - in tesi di parte ricorrente di considerarne le ragioni, esclusivamente ascrivibili al B Un simile accertamento supplementare, peraltro, poteva essere condotto dal giudice in sede di verifica dell'an debeatur, già in precedenza compiuto e ribadito, ed essere rimesso in discussione soltanto dimostrando l'esistenza di eventuali circostanze di fatto di carattere modificativo, delle quali i giudici di merito hanno presunto l'esistenza in ragione della sopravvenienza di due figli. L'accertamento dell'inadeguatezza dei mezzi andava compiuto attraverso l'applicazione dei criteri previsti dalla prima parte della L. numero 898 del 1970, articolo 5, comma 6, sicché la Corte territoriale non poteva ignorare - prosegue la ricorrente - le opposte consistenze patrimoniali dei coniugi, il fatto che la cessazione degli effetti civili del matrimonio era stata pronunciata a causa della disgregazione del rapporto ascrivibile al B. e l'enorme sproporzione tra i redditi dichiarati dai due ex coniugi. La Corte d'appello, inoltre, non ha dato adeguata contezza né dell'esistenza di circostanze sopravvenute, né della loro specifica incidenza, limitandosi a supporre che la costituzione da parte del B. di una nuova famiglia e la nascita di due figli avesse comportato un'apprezzabile e significativa compressione della sua capacità economica, senza valutare se queste maggiori uscite avessero diminuito la capacità economica dell'ex marito, avessero eroso del tutto le sue cospicue maggiori entrate, occasionate dalla successione del padre, e corrispondessero quantitativamente alla misura della riduzione dell'assegno che era stata disposta. 5. Il secondo motivo di ricorso lamenta, ai sensi dell'articolo 360 c.p.c., comma 1, nnumero 3 e 5, la violazione dell'articolo 92 c.p.c., e D.P.R. numero 115 del 2002, articolo 13, comma 1-quater, perché la Corte territoriale, accogliendo il reclamo, avrebbe dovuto condannare controparte alla refusione delle spese di lite di entrambi i gradi di giudizio, anziché compensarle, e si sarebbe dovuta astenere dal condannare la S. al pagamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato. 6. Il motivo di ricorso incidentale denuncia la violazione e falsa applicazione della L. numero 898 del 1970, articolo 4 e 9 e il difetto assoluto di motivazione o il carattere meramente apparente della stessa in ordine all'individuazione della data di decorrenza della revoca dell'assegno la Corte di merito, in presenza di un reclamo incidentale che domandava, oltre alla revoca dell'assegno divorzile, anche che tale statuizione avesse decorrenza dalla data della domanda, dato che la carenza dei presupposti era ad essa antecedente, ha invece individuato come momento di decorrenza della revoca che era stata disposta la data della decisione, ritenendo assorbito il secondo motivo di reclamo e operando un incongruo richiamo alla giurisprudenza di questa Corte. In realtà l'impugnazione attinente alla data di decorrenza non era stata affatto spiegata in via subordinata, sicché non rimaneva assorbita dalla statuizione di revoca dell'assegno. Per di più la decisione - a dire del ricorrente incidentale - era errata anche nel merito, poiché, in maniera del tutto immotivata, non teneva conto del principio secondo cui la variazione dell'ammontare dell'assegno deve decorrere dalla data della domanda di revisione e non da quella di decisione, dato che un diritto non può restare pregiudicato dal tempo necessario per farlo valere in giudizio. 7. La questione sollevata con il motivo di ricorso incidentale impone di verificare, in primo luogo, la natura delle pronunce assunte in applicazione della L. numero 898 del 1970, articolo 9, comma 1, al fine di individuare il momento da cui le stesse possano incidere sul precedente giudicato impositivo dell'obbligo di somministrazione di un assegno di divorzio. Nel caso in cui si ritenga che il giudice possa stabilire che la revoca o la modifica decorrano dalla data della domanda di revisione, e non da quella della decisione su di essa, sarà necessario altresì stabilire quali siano le condizioni che consentano al giudicante di disporre che la statuizione abbia effetto fin dal momento della domanda. P.Q.M. La Corte, visto l'articolo 375 c.p.c., u.c., rimette la trattazione del ricorso in pubblica udienza. In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri titoli identificativi a norma del D.Lgs. numero 196 del 2003, articolo 52, in quanto imposto dalla legge. Così deciso in Roma, il 2 marzo 2022.