Un pasto e un tovagliolo: va rivista l’equazione che inchioda il ristoratore

Legittima la ricostruzione operata dal Fisco. Però va tenuto presente, osservano i Giudici, che dal numero totale di tovaglioli utilizzati bisogna sottrarre quelli impiegati per altri scopi, quali i pasti dei dipendenti, e sempre tenendo in considerazione che ciascun cliente può essere indotto ad usare più tovaglioli durante il pasto.

Il numero di tovaglioli utilizzati all’interno del ristorante è elemento rilevante per ricostruire il reddito d’impresa. Ma esso va pesato con attenzione, considerando, ad esempio, il fatto che una percentuale dei tovaglioli posti in rilievo dal Fisco non siano stati impiegati dai clienti del ristorante, ma, ad esempio, dai camerieri, e quindi non corrispondano a un pasto preparato e servito. A finire sotto i riflettori dell’Agenzia delle Entrate è un ristorante in Calabria. Consequenziale è la ricostruzione del reddito prodotto nel corso di un anno. E in questa ottica l’ accertamento fiscale è centrato anche, anzi soprattutto, sul numero dei tovaglioli utilizzati . Chiara la linea seguita dal Fisco un tovagliolo equivale a un pasto servito ai clienti. Questa linea viene contestata dal proprietario del ristorante, il quale in Cassazione sostiene sia stato erroneamente non considerato il possibile impiego alternativo dei tovaglioli, ad esempio durante i pasti consumati dal personale. Dalla Cassazione ribadiscono che è legittimo l’accertamento induttivo del reddito operato mediante la determinazione dei ricavi di un’impresa di ristorazione in base al consumo unitario dei tovaglioli utilizzati , consumo risultante per i tovaglioli di carta dalle fatture o dalle ricevute di acquisto e per quelli di stoffa dalle ricevute della lavanderia . Ciò perché è un dato assolutamente normale quello secondo cui per ciascun pasto ogni cliente adoperi un solo tovagliolo e rappresentando, quindi, il numero dei tovaglioli un fatto noto idoneo, anche di per sé solo, a lasciare presumere il numero dei pasti effettivamente consumati . Tuttavia, aggiungono i Giudici accogliendo le obiezioni proposte dal ristoratore e affidando nuovamente la vicenda ai giudici tributari regionali, si deve ragionevolmente sottrarre dal totale dei tovaglioli utilizzati dal ristorante una certa percentuale di tovaglioli normalmente i mpiegati per altri scopi , quali i pasti dei dipendenti e l’uso da parte dei camerieri , senza dimenticare, infine, che ciascun cliente può essere indotto ad usare più tovaglioli durante il pasto.

Presidente Mocci Relatore Francanzani Rilevato che il contribuente G.E. ricorre avverso la sentenza della CTR per la Calabria - Catanzaro che ha riformato la pronuncia della CTP di Catanzaro, ove erano apprezzate le ragioni della parte contribuente in tema di ammortamento o neri deducibili e modalità di accertamento inferenza dal numero di tovaglioli che l'Amministrazione è rimasta intimata. Considerato che il ricorso è affidato a due motivi che con il primo motivo si prospetta censura ex art. 360 c.p.c. , n. 3, per violazione D.P.R. n. 917 del 1986, art. 102, comma 6, per aver ritenuto la CTR che le spese di manutenzione fossero deducibili nella misura del 3% annuo e, per il primo anno, del 1,5% che in tema di imposte sui redditi e con riferimento alla determinazione del reddito d'impresa, le spese sostenute per la manutenzione, riparazione, trasformazione ed ammodernamento di beni materiali strumentali, qualora non siano imputate ad incremento del costo dei beni ai quali si riferiscono, sono deducibili, D.P.R. n. 917 del 1986, ex art. 102, comma 6, nel limite del 5 percento del costo complessivo di tutti i beni materiali ammortizzabili e l'eventuale eccedenza è deducibile per quote costanti nei cinque esercizi successivi a quello nel quale la spesa è stata sostenuta. Fattispecie relativa a spese di rifacimento del tetto dell'immobile sede dell'attività di impresa e manutenzione di uno stampo che nel caso di specie la CTR non ha applicato la predetta percentuale di legge che con il secondo motivo si prospetta censura ex art. 360 c.p.c. , n. 3, per violazione T.U. n. 917 del 1986, oltre che delle disposizioni sul reddito di impresa e violazione art. 2729 c.c. , nella sostanza per doppia presunzione in tema di numero di tovaglioli, da cui ricavare i pasti serviti, donde indurre il reddito, oltre a non aver considerato i pasti del personale ed altro che l'accertamento induttivo del reddito, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d , operato mediante la determinazione dei ricavi di un'impresa di ristorazione in base al consumo unitario dei tovaglioli utilizzati risultante per quelli di carta dalle fatture o ricevute di acquisto e per quelli di stoffa dalle ricevute della lavanderia , è legittimo, in quanto costituisce un dato assolutamente normale quello secondo cui per ciascun pasto ogni cliente adoperi un solo tovagliolo e rappresentando, quindi, il numero di questi un fatto noto idoneo, anche di per sé solo, a lasciare presumere il numero dei pasti effettivamente consumati, pur dovendosi ragionevolmente sottrarre dal totale una certa percentuale di tovaglioli normalmente utilizzati per altri scopi, quali i pasti dei dipendenti, l'uso da parte dei camerieri e le evenienze più varie per le quali ciascun cliente può essere indotto ad utilizzare più tovaglioli che, nel caso di specie, la CTR ha dato conto della riduzione di sfrido a favore del contribuente che, pertanto, il ricorso è fondato per le ragioni attinte dal primo motivo. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla CTR per la Calabria - Catanzaro in diversa composizione, cui demanda altresì la regolazione delle spese del presente giudizio di legittimità.