Per lo stupro di gruppo è sufficiente che gli aggressori siano due

Il delitto di violenza sessuale di gruppo costituisce una fattispecie autonoma di reato plurisoggettiva propria, per l'integrazione della quale è sufficiente che gli aggressori siano in due, mentre non rileva quale elemento necessario il previo accordo dei partecipanti alla condotta illecita.

Sesso & Droga. Il binomio, scritto così e orbato del terzo componente il rock and roll è espressivo della censurabile, almeno per quanto riguarda la droga sfrenata ricerca dell'edonismo. Tutto cambia, e assume una buia colorazione turpemente criminale quando c'è di mezzo la violenza . È questo il sinistro sfondo nel quale si realizzano fatti e condotte protagoniste del processo che è culminato nella sentenza che oggi vi proponiamo. Cinque giovani sono accusati e condannati sia in primo che in secondo grado di avere violentato tutti insieme una ragazza inglese all'interno di un albergo. L'accusa sosteneva che la vittima fosse stata drogata prima di essere abusata sessualmente, ma nel corso del giudizio di merito veniva accertato che la stessa, in realtà, versava in stato di ebbrezza perché aveva assunto notevoli quantità di bevande alcoliche. Contro la sentenza di Appello, che ritocca la pena per tutti gli imputati concedendo anche le attenuanti generiche, insorgevano tutti gli attori processuali i destinatari del trattamento sanzionatorio per ovvi motivi, e la Procura Generale per la concessione delle attenuanti generiche. Cambiano le modalità della minorata difesa la sentenza è legittima? Il primo problema che viene affrontato nella raffica di ricorsi per Cassazione esaminata dal Collegio è quello della ritenuta violazione del principio di correlazione tra contestazione e fatto ritenuto in sentenza. Il problema posto alla base, come vi abbiamo anticipato, è quello della mutazione del modo nel quale la vittima del reato sarebbe caduta in uno stato tale da non consentirle di esprimere un valido consenso al compimento di atti sessuali , in coppia o con più persone. Non più droga, ma alcool. Non più somministrato subdolamente, ma assunto liberamente ed in prima persona. Ecco che di fronte all'accertamento di come andarono veramente le cose, la Cassazione sostiene che il mancato aggiornamento dell'imputazione non rileva ai fini della regolarità della sentenza. La violazione del principio di correlazione , infatti, sussiste soltanto quando il fatto accertato è del tutto eterogeneo rispetto a quello contestato tanto da potersi definire incompatibile con questo. Tra l'altro, nel caso di specie, il venir meno della eteroinduzione nello stato di minorata difesa generava conseguenze favorevoli agli imputati, facendo venir meno un'aggravante. Ecco che ancora di meno può dirsi violato il principio di corrispondenza tra accusa e sentenza. La violenza sessuale di gruppo è sufficiente essere in due. Fermo restando, sostiene la Corte, che l'approfittamento dello stato di ebbrezza della persona offesa è sufficiente ad escluderne il consenso al compimento di atti sessuali, tanto da far ritenere integrato il delitto di violenza sessuale, la questione più spinosa è quella della perimetrazione dei requisiti essenziali del delitto di stupro di gruppo. A questo proposito viene ricordato che ai fini della configurabilità di questa autonoma e gravissima fattispecie criminale occorre innanzitutto che più persone partecipino al compimento di atti sessuali violenti cioè non sorretti da un valido consenso prestato dalla vittima . Siamo quindi nel mondo delle fattispecie plurisoggettive proprie, cioè quelle nelle quali l'assenza della pluralità di agenti fa venir meno la possibilità di integrare il reato, connotate dal fatto che tutti i soggetti attivi sono destinatari del trattamento punitivo. La pluralità di agenti, come ha ricordato la Suprema Corte in alcune pronunce nella sentenza se ne cita una del 2012 è quindi un elemento costituivo della fattispecie penale. Cosa si intende, però, per più persone? Su questo punto un univoco indirizzo interpretativo formatosi nel 2003 ha precisato che sono sufficienti due agenti, poiché la compresenza di più aggressori rende legittimo rispondere con un trattamento sanzionatorio più grave di quello che sarebbe riservato dalla fattispecie monosoggettiva di violenza sessuale, alla quale associare eventualmente il concorso di un secondo soggetto. Nella violenza sessuale di gruppo , quindi, ciò che conta è la contemporanea azione illecita di almeno due soggetti, mentre - sempre secondo un recente orientamento interpretativo consolidatosi nel 2019 non sarebbe affatto necessario il previo accordo tra gli agenti. Un distinguo che si impone come necessario. La decisione in commento, se riguardata sotto il profilo della rispondenza alla fedeltà dei fatti accertati, non fa una piega. Convince un poco meno nella parte in cui disegna i connotati del delitto di violenza sessuale di gruppo, sposando la tesi della sufficienza di due soli aggressori e specificando che i partecipanti per rispondere del reato non devono necessariamente compiere atti di violenza sessuale ma è sufficiente che forniscano un qualsiasi apporto causale. Ci piacerebbe, a questo punto, che venissero evidenziate con maggiore chiarezza le linee distintive dal concorso di persone nel delitto di violenza sessuale monosoggettiva, onde evitare incertezze applicative con pesanti ricadute in malam partem sanzionatorie.

Presidente Aceto Relatore Di Stasi Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 12.12.2019, il Tribunale di Torre Annunziata dichiarava D.F.C., D.V.F., G.G.D., M.A. e R.R. responsabili del reato di cui all' art. 609-octies c.p. , commi 2 e 3, in relazione all' art. 609-ter c.p. , comma 1, n. 2, perché compivano atti di violenza sessuale di gruppo consistiti in rapporti vaginali, anali ed orali in danno della cittadina britannica K.D.M., con l'aggravante di aver commesso il fatto previa somministrazione alla vittima di sostanze appartenenti alle classi farmacologiche di Z-drugs e Benzodiazepine cdòdroga da stupro , fatto avvenuto in omissis e, esclusa la contestata circostanza aggravante per D. e R. ed applicata a quest'ultimo la circostanza attenuante di cui all' art. 609-octies c.p. , comma 4, li condannava alle seguenti pene G.D.G. alla pena di anni nove di reclusione, M.A. e D.V.F. alla pena di anni otto di reclusione, D.F.C. alla pena di anni sette di reclusione, R.R. alla pena di anni quattro di reclusione. 2. Con sentenza del 25/02/2021, la Corte di appello di Napoli, in riforma della predetta sentenza, esclusa la contestata circostanza aggravante per M.A., D.V.F. e G.G.D., riconosciute a tutti gli imputati le circostanze attenuanti generiche, rideterminava la pena nei confronti di M.A., D.V.F. e D.F.C. in anni quattro di reclusione ciascuno, di G.G.D. in anni quattro e mesi otto di reclusione e di R.R. in anni tre di reclusione. Avverso tale sentenza hanno proposto ricorso per cassazione il Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Napoli e gli imputati, articolando i motivi di seguito enunciati. M.A., a mezzo del difensore dell'avv. omissis , sostituto processuale del difensore di fiducia avv. omissis , chiede l'annullamento della sentenza impugnata, articolando quattro motivi di ricorso. Con il primo motivo deduce erronea e falsa applicazione dell' art. 78 c.p.p. e degli artt. 538 e 541 c.p.p Argomenta che erroneamente la Corte di appello aveva confermato la condanna del ricorrente al risarcimento del danno in favore della parte civile omissis Hotel Srl , in quanto la costituzione della predetta era avvenuta non alla prima udienza del 13.12.2018 ma alla successiva udienza del 17.01.2019 e nei confronti del solo imputato R.R., in relazione al quale, alla prima udienza del 13.12.2018 era stato disposto lo stralcio dal procedimento per la rinnovazione della citazione in giudizio la decisione della Corte di appello si fondava sull'erronea lettura del verbale stenotipico dell'udienza del 17.01.2019, nel quale alla pagina 12 si dava atto che la costituzione della parte civile omissis sri era stata effettuata ed era valida limitatamente alla posizione dell'imputato R.R Con il secondo motivo deduce erronea e falsa applicazione degli artt. 43,47,609-bis e 609-octies c.p. e vizio di motivazione. Argomenta che, nel ritenere sussistente il reato contestato, la Corte di appello aveva dato per scontato che il ricorrente avesse somministrato dei cocktails alcolici alla persona offesa ovvero che avesse contezza dello stato di alterazione in cui versava la vittima, esprimendo una motivazione carente, contraddittoria e frutto di macroscopico travisamento in particolare, i Giudici di appello avevano utilizzato informazioni e dati non corretti la circostanza/somministrazione delle sostanze alcoliche da parte del M., non emergeva dalle risultanze istruttorie ed era basata sulla sola qualifica del predetto di addetto al servizio la circostanza della conoscenza della condizione di inferiorità della vittima si era palesata solo nella seconda fase della vicenda, svoltasi nell'alloggio dei dipendenti, e non anche nella prima, quella svoltasi nella spa, nella quale la donna aveva mostrato iniziale interesse e che aveva visto coinvolto anche il M., il quale si era fermato non appena la donna aveva palesato il suo malessere il dissenso della persona offesa ai rapporti sessuali di gruppo non era stato manifestato nella prima fase della vicenda, durante la quale la donna aveva, anzi, manifestato interesse ad avere rapporti sessuali con il M. ed il coimputato D.V Inoltre, la Corte di appello non aveva valutato la consapevolezza delle minorate condizioni del soggetto passivo ed aveva ritenuto sussistente l'elemento psicologico del reato senza adeguata motivazione in definitiva, la Corte di appello non aveva fornito adeguate risposta alle censure difensive mosse con l'atto di appello, non avendo valutato specificamente la posizione del M Con il terzo motivo deduce erronea e falsa applicazione degli artt. 50,609-bis e 609-octies c.p. . Argomenta che con il quarto motivo di appello la difesa aveva chiesto il riconoscimento della scriminante putativa, contestando la somministrazione delle sostanze alcoliche alla persona offesa ed allegando di aver agito con la persuasione di incontrare il consenso della donna sul punto la Corte di appello era rimasta silente. Con il quarto motivo deduce erronea e falsa applicazione dell' art. 609-octies c.p. , comma 4. Argomenta che con il sesto motivo di gravame la difesa aveva chiesto il riconoscimento della circostanza attenuante di cui all' art. 609-octies c.p. , comma 4 sul punto la Corte di appello era rimasta silente il motivo di appello aveva evidenziato specifiche circostanze di fatto comprovanti come il M. avesse svolto un ruolo di minima importanza nella vicenda delittuosa sussiste, quindi, la circostanza attenuante in questione. R.R., a mezzo del difensore di fiducia avv. omissis , chiede l'annullamento della sentenza articolando quattro motivi di ricorso. Con il primo motivo deduce la nullità della sentenza in relazione all' art. 178 c.p.p. , lett. c e art. 179 c.p.p. . Argomenta che il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Torre Annunziata aveva disposto in data 09/07/2018 che si procedesse ad incidente probatorio ex art. 400 c.p.p. , differendo ad horas alle ore 13.00 dello stesso giorno 9/07/2018 l'udienza per l'assunzione della testimonianza della persona offesa, a causa dell'omessa notificazione dell'originario provvedimento di fissazione dell'udienza e della richiesta di incidente probatorio al difensore di fiducia del R., avv. omissis la nullità era stata tempestivamente eccepita dal codifensore di fiducia avv. omissis intervenuto alle ore 13.00, l'avv. omissis , al quale l'avviso di fissazione dell'udienza era stato notificato meno di due ore prima, reiterava le eccezioni già sollevate dal codifensore ed eccepiva la nullità del provvedimento emesso nei suoi confronti ex art. 400 c.p.p. , per lesione del diritto di difesa, rappresentando, in particolare, che la mancata notifica della richiesta di incidente probatorio aveva soppresso totalmente la fase relativa alla presentazione delle deduzioni ex art. 396 c.p.p. il Tribunale aveva rigettato l'eccezione in base alla considerazione che non vi era stata alcuna lesione del diritto di difesa, avendo il codifensore ricevuto le notifiche e presentato deduzioni ex art. 396 c.p.p. la decisione era erronea ed illogica, in quanto la legge, nel caso di imputato assistito da due difensori, riserva a ciascuno di essi l'esercizio delle facoltà difensive la decisione era stata, poi, erroneamente confermata dal Tribunale e dalla Corte di appello di Napoli. Con il secondo motivo deduce nullità della sentenza per vizio di motivazione in relazione all'affermazione di responsabilità, argomentando che i Giudici di appello, in contrasto con le emergenze istruttorie ricostruzione della vicenda da parte dei coimputati e mancato riconoscimento del ricorrente da parte della persona offesa nel corso dell'incidente probatorio , avevano affermato che il R. aveva partecipato con la propria presenza alla seconda fase della vicenda, quella svoltasi preso l'alloggio degli imputati, mentre egli non era mai stato presente nel momento in cui venivano consumati i rapporti sessuali, essendo subito uscito dalla stanza in cui tali atti venivano posti in essere. Con il terzo motivo deduce nullità della sentenza per violazione dell' art. 609-octies c.p. . Argomenta che, con i motivi di appello, si era evidenziata l'assenza di qualunque contributo causale alla commissione del reato da parte del R., in ragione del fatto che il predetto non era mai stato presente quando si stavano compiendo i rapporti sessuali ma era rimasto all'esterno dell'alloggio, entrando solo quando era stato chiamato dal coimputato D. ed al solo fine di scattare delle foto, che, peraltro, non ritraevano rapporti sessuali. Con il quarto motivo deduce nullità della sentenza per omessa motivazione in ordine alla censura relativa alle statuizioni civili in favore dell'Hotel omissis , sollevata con il quinto motivo di appello. D.V.F., a mezzo del difensore di fiducia avv. omissis , chiede l'annullamento della sentenza ed articola cinque motivi di ricorso. Con il primo motivo deduce inosservanza degli artt. 516,517,518,519 e 521 c.p.p. , per mancato rispetto del principio di correlazione tra chiesto e pronunciato. Argomenta che era intervenuta condanna per un fatto diverso da quello contestato, mutato nelle sue circostanze essenziali, e, cioè con riferimento alle modalità con cui si sarebbe verificato lo stato di minorazione della persona offesa non più procurato ma autoindotto ed alla sostanza che tale stato avrebbe procurato alcol e non più droga la Corte di appello, nell'escludere la circostanza aggravante contestata, aveva confermato l'affermazione di responsabilità violando il principio di correlazione tra chiesto e pronunciato. Con il secondo motivo deduce vizio di motivazione in relazione alla sussistenza della consapevolezza dello stato di incapacità della persona offesa. Argomenta che non vi era prova che i segni di ubriachezza della persona offesa fossero evidenti, quanto meno nella prima fase della vicenda, alla quale aveva partecipato il D.V. la Corte di appello aveva parlato di una assunzione ripetuta di vino, cocktail e superalcolici, desumendo tale circostanza dalla condotta descritta dalla stessa persona offesa tale affermazione era palesemente illogica e contraddittoria, non trovando adeguato riscontro nelle risultanze istruttorie, in quanto non emergeva con chiarezza la quantità di alcolici assunta dalla donna né la consapevolezza dello stato di ubriachezza da parte degli imputati. Con il terzo motivo deduce vizio di motivazione in relazione all'attendibilità della persona offesa, lamentando che, pur a fronte di motivo di gravame sul punto, la Corte di appello aveva confermato tale valutazione con argomentazioni carenti ed illogiche, che sminuivano le incongruenze interne al narrato accusatorio le dichiarazioni della figlia della persona offesa, ritenute riscontro esterno al narrato accusatorio, ne confermavano solo parzialmente il contenuto le presunte contraddizioni nelle dichiarazioni rese dagli imputati, che non riguardava D.V., erano relative alla sola posizione del M. ed erano probatoriamente neutre inoltre, non era stato considerato dalla Corte di appello che era emersa la propensione della persona offesa a mentire sulle sue vicende personali e sull'assunzione di farmaci e che era risultata smentita la circostanza della somministrazione di droghe la notte del omissis . Con il quarto motivo deduce vizio di motivazione e travisamento della prova in relazione alla costituzione di parte civile dell'Hotel omissis nei confronti di D.V., M., G. e D., lamentando che la Corte di appello era incorsa in errore macroscopico nella lettura del verbale di udienza del 17/01/2019, nel quale emergeva che la predetta parte civile si era costituita solo nei confronti di R.R. erronea era, quindi, la conferma delle statuizioni civili aventi ad oggetto il risarcimento del danno in favore della parte civile Hotel omissis nei confronti del ricorrente. Con il quinto motivo deduce violazione degli artt. 79 e 484 c.p.p. , lamentando che la Corte di appello avrebbe dovuto rilevare, comunque, la tardività della costituzione della parte civile nei confronti degli imputati diversi dal R.R D.F.C., a mezzo del difensore di fiducia avv. omissis , chiede l'annullamento della sentenza articolando tre motivi di ricorso. Con il primo motivo deduce vizio di motivazione e travisamento della prova in relazione all'affermazione di responsabilità, censurando il travisamento della prova scientifica e la non corretta valutazione dei Giudici di appello, in quanto fondata su una disamina solo apparente delle risultanze istruttorie con omessa considerazione delle prove contrarie e con omesso vaglio critico delle dichiarazioni rese dalla persona offesa. In particolare, la Corte territoriale aveva richiamato per relationem la sentenza di primo grado fornendo una motivazione carente in ordine alle doglianze difensive avente ad oggetto il travisamento della perizia tossicologica espletata dalla Dott.ssa S. in relazione all'accertato stato di alterazione alcolica della persona offesa al momento del fatto. La prova scientifica era stata travisata, poiché il perito aveva espresso un giudizio di astratta compatibilità del narrato della persona offesa con uno stato di assunzione di etanolo in elevate quantità, ma aveva escluso in concreto che il quantitativo del metabolita dell'etanolo rinvenuto nel campione di urine potesse fornire indicazioni sulla quantità di alcol effettivamente assunto. La motivazione era carente in ordine alla valutazione di attendibilità della persona offesa, avendo omesso la Corte di merito la disamina delle censure difensive che avevano evidenziato in maniera specifica contraddizioni, reticenze e ricorsi parziali presenti nel narrato accusatorio della donna ora in cui si trovava al bar dell'hotel in compagnia della figlia, contenuto del discorso fatto dalla figlia con i baristi, circostanze in cui si era allontanata dal bar e dalla figlia, consegna in bagno delle chiavi della camera alla figlia, numero delle persone presenti ai fatti, abusi sessuali subiti in passato dalla stessa persona offesa . Evidenzia, poi, la palese contraddittorietà ed illogicità della motivazione, in relazione alla adesione della Corte di appello alla valutazione del Tribunale secondo cui il dissenso della persona offesa sarebbe stato implicitamente ricavabile dalla condizione di incapacità della vittima, procurata, secondo il Tribunale, dall'uso di droghe ed alcol, ed invece dal solo abuso di bevande alcoliche secondo il giudizio della Corte di appello. Con il secondo motivo deduce violazione dell' art. 79 c.p.p. , argomentando che il ricorrente non poteva essere condannato al risarcimento dei danni ed alla refusione delle spese in favore della parte civile omissis srl, perché costituitasi parte civile solo nel processo penale a carico di R.R. la costituzione della parte civile, pertanto, non poteva spiegare effetti anche nei confronti del D., in quanto tardivamente intervenuta quando l'istruttoria dibattimentale era stata già dichiarata aperta, come chiaramente evincibile dalla lettura dei verbali di udienza del 13.12.2018 e del 17.1.2019. Con il terzo motivo deduce violazione dell' art. 360 c.p.p. , essendo erronea la valutazione della Corte di appello in ordine alla indifferibilità dell'attività di prelievo campioni di capelli alla persona offesa espletata nella fase delle indagini preliminari. Espone che con motivo di appello era sta eccepita l'inutilizzabilità, ai sensi dell' art. 360 c.p.p. , comma 5, delle risultanze dell'attività di prelievo di campioni di capelli dalla persona offesa, disposta ai sensi dell' art. 360 c.p.p. , dal PM con avviso di accertamento tecnico irripetibile per la esecuzione in data 12.05.2017, al fine di rinvenire tracce di sostanze droganti in particolare, in data 10.05.2017 la difesa aveva formulato riserva di promuovere incidente probatorio ai sensi dell' art. 360 c.p.p. , comma 4 e la richiesta era stata rigettata in pari data, sulla base della non differibilità del prelievo del campione di capelli tale valutazione era smentita dalle stesse osservazioni contenute nella relazione di consulenza chimico-tossicologica redatta dal consulente del Pm, Dott.ssa B.R. l'eccezione di inutilizzabilità era stata proposta al Tribunale che l'aveva disattesa e, poi, reiterata alla Corte di appello, che aveva confermato la decisione del Tribunale la valutazione di indifferibilità ed urgenza era erronea perché non assoluta e basata sulla circostanza che il taglio volontario o accidentale dei capelli della persona offesa avrebbe determinato l'irrimediabile perdita di una potenziale fonte di prova. G.G.D., a mezzo del difensore di fiducia avv. omissis , chiede l'annullamento della sentenza articolando cinque motivi di ricorso. Con il primo motivo deduce violazione degli artt. 521 e 521-bis c.p.p. , art. 111 Cost. , comma 2 e art. 6, comma 3, lett. A e B CEDU . Argomenta che la Corte di appello, nell'escludere la configurabilità della aggravante contestata, aveva riqualificato il fatto quale reato di cui all' art. 609-octies c.p. , commi 2 e 3, mediante approfittamento dello stato di incapacità della vittima, autoindotto dall'abuso di bevande alcoliche, mentre la contestazione richiamava un pactum sceleris finalizzato ad approfittare della persona offesa con la somministrazione di droghe da stupro. Con il secondo motivo deduce vizio di motivazione in relazione all'affermazione di responsabilità. Argomenta che la Corte di appello aveva fondato il suo giudizio sulla valutazione di attendibilità delle dichiarazioni rese dalla persona offesa, minimizzando le incongruenze e contraddizioni presenti nel racconto accusatorio pregressi abusi sessuali subiti dalla persona offesa, modalità in cui la persona offesa si spostava nei due diversi luoghi in cui si consumava il reato contestato, numero di uomini presente nell'alloggio di servizio, violenze subite nella fase svoltasi nell'alloggio di servizio, ragioni del silenzio serbato dalla persona offesa con la figlia al momento in cui rientrava in camera dopo i fatti le dichiarazioni rese dalla figlia della persona offesa erano state ritenute riscontro esterno al narrato accusatorio, con motivazione illogica e contraddittoria la valutazione sulla condizione di incapacità derivante da assunzione di sostanze alcoliche era stato fondato su un dato fattuale del tutto indimostrato e non dimostrabile, essendo rimasto sconosciuto il valore del tasso alcolemico assunto dalla persona offesa del pari illogica era la motivazione posta alla base del convincimento che il G. potesse avvedersi dello stato di alterazione alcolica della persona offesa, alla luce dello stesso narrato della persona offesa che aveva riferito che la passeggiata fatta dall'albergo alla spiaggia, ove vi era l'alloggio di servizio dei dipendenti, era stata piacevole nonché del successivo comportamento tenuto dalla stessa presso l'alloggio durante la consumazione del rapporto sessuale, comportamento che evidenziava la consensualità dell'atto la Corte di appello non aveva valutato le dichiarazioni rese dai testi di Pg, B.E. e G.D. in ordine alle indagini ed all'atteggiamento collaborativo tenuto dagli imputati, dal teste C.G. in ordine agli atteggiamenti confidenziali notati tra la persona offesa e G., dai testi C.G. e D.A., rispettivamente portiere di notte in servizio la notte dei fatti e direttore della struttura alberghiera, dichiarazioni tutte che costituivano un riscontro alla veridicità di quanto dichiarato dal ricorrente la Corte di appello, inoltre, in maniera irrazionale ed illogica, aveva ritenuto riscontro esterno al narrato accusatorio il referto redatto presso il centro anti-violenza al quale si era rivolta la persona offesa il omissis , in quanto rappresentativo di lesioni che nulla avevano a che fare con i presunti episodi di violenza denunciati del pari carente e viziata era la motivazione espressa per l'affermata irrilevanza delle dichiarazioni rese dal prof. S.G., consulente medico-legale della difesa la conferma dell'affermazione di responsabilità del ricorrente era, in definitiva, fondata, su motivazione carente e viziata, in quanto, esclusa la ricorrenza della contestata aggravante, si basava sullo stato, non dimostrato, di temporanea intossicazione alcolica della persona offesa infine, la Corte di appello aveva ritenuto attendibile la persona offesa non dando rilievo agli accertamenti effettuati dalla Polizia Scientifica di Napoli su campioni biologici ed indumenti della persona offesa ed oggetti sequestrati presso l'alloggio dei dipendenti, risultati negativi al test per il rinvenimento di sangue e/o liquido seminale. Con il terzo motivo deduce vizio di motivazione in relazione alla mancata assoluzione dell'imputato ai sensi dell' art. 530 c.p.p. , comma 2, richiamando le argomentazioni svolte a fondamento del motivo che precede ed evidenziando che i seri e concreti dubbi sull'attendibilità della persona offesa e sugli elementi costitutivi del reato contestato consentivano di ritenere non provata la responsabilità del ricorrente oltre ogni ragionevole dubbio . Con il quarto motivo deduce vizio di motivazione in relazione al trattamento sanzionatorio, lamentando che la Corte territoriale aveva determinato a carico del ricorrente un trattamento sanzionatorio più grave rispetto agli altri coimputati, rimarcandone il ruolo di regista rispetto alla realizzazione dell'intero progetto criminoso, pur non essendo emersa prova di un preventivo accordo tra i coimputati per abusare sessualmente della persona offesa. Con il quinto motivo deduce violazione degli artt. 538 e 541 c.p.p. , lamentando che era illegittima la condanna al risarcimento dei danni in favore della parte civile Società omissis s.r.l., in quanto la stessa, come evincibile dalla lettura dei verbali di udienza del 13.12.2018 e del 17.01.2019 si era costituita solo nei confronti del coimputato R.R Il Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Napoli articola un unico motivo di ricorso, con il quale deduce violazione dell' art. 62-bis c.p. e vizio di motivazione. Argomenta che la Corte di appello aveva applicato le circostanze attenuanti generiche a tutti gli imputati, richiamando l'intervenuta ammissione dell'addebito quanto al nucleo centrale della vicenda e la non allarmante personalità, desunta dalla assenza di precedenti penali e dalla giovane età tale decisione era stata formulata in violazione di legge in particolare, erroneamente i Giudici di appello avevano valorizzato positivamente la condotta degli imputati, i quali, invece, non avevano fornito alcun utile contributo per la esatta ricostruzione dei fatti né per la individuazione degli altri responsabili, non identificati, dei gravi fatti accertati le dichiarazioni di ammissione dei fatti si erano sostanziate nel prendere atto della ineluttabilità probatoria dell'accusa ed il contributo processuale offerto era risultato probatoriamente inerte e neutro senza alcuna agevolazione per il giudizio di responsabilità come evidenziato dal Tribunale, gli imputati si erano limitati a fornire una prospettazione alternativa del fatto storico rispetto alle dichiarazioni rese dalla persona offesa, che a loro dire sarebbero state non solo false ma anche calunniose perché frutto di una gravissima forma di premeditazione inoltre, vi erano rilevantissime aporie e divergenze tra le narrazioni rese dai singoli imputati in ordine alla dinamica dei fatti in definitiva, per concedere le circostanze attenuanti generiche è necessaria la dimostrazione di elementi di segno positivo, nella specie non rilevabili, non potendo le attenuanti generiche essere oggetto di benevola e discrezionale concessione. Chiede, pertanto, l'annullamento con rinvio della sentenza impugnata limitatamente alla concessione delle circostanze attenuanti generiche. 3. L'avv. omissis , nell'interesse di M.A., ha depositato memoria difensiva ex art. 121 c.p.p. con la quale ha chiesto di dichiarare inammissibile il ricorso del P.G Considerato in diritto 1. Vanno previamente esaminati i motivi di ricorso degli imputati aventi ad oggetto questioni di natura preliminare. 1.1. Il primo motivo di D.V.F. ed il primo motivo di G.G.D., entrambi afferenti alla violazione del principio di correlazione tra chiesto e pronunciato, sono manifestamente infondati. Va ricordato che, secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte di legittimità, si ha violazione del principio di correlazione tra contestazione e fatto ritenuto in sentenza solo quando il fatto ritenuto si trovi rispetto a quello contestato in rapporto di eterogeneità o di incompatibilità sostanziale, nel senso che si sia realizzata una vera e propria trasformazione, sostituzione o variazione dei contenuti essenziali dell'addebito. La verifica dell'osservanza del principio di correlazione va, invero, condotta in funzione della salvaguardia del diritto di difesa dell'imputato cui il principio stesso è ispirato. Ne consegue che la sua violazione è ravvisabile soltanto qualora la fattispecie concreta - che realizza l'ipotesi astratta prevista dal legislatore e che è esposta nel capo di imputazionevenga mutata nei suoi elementi essenziali in modo tale da determinare uno stravolgimento dell'originaria contestazione, onde emerga dagli atti che su di essa l'imputato non ha avuto modo di difendersi. Sicché, si è affermato che non sussiste violazione del principio di correlazione della sentenza all'accusa contestata quando nella contestazione, considerata nella sua interezza, siano contenuti gli stessi elementi del fatto costitutivo del reato ritenuto in sentenza, in quanto l'immutazione si verifica solo nel caso in cui tra i due episodi ricorra un rapporto di eterogeneità o di incompatibilità sostanziale per essersi realizzata una vera e propria trasformazione, sostituzione o variazione dei contenuti essenziali dell'addebito nei confronti dell'imputato, posto, così, a sorpresa di fronte ad un fatto del tutto nuovo senza aver avuto nessun possibilità d'effettiva difesa cfr. sez. 6 n. 35120 del 13.6.2003 Sez. 6, n. 17799 del 06/02/2014, Rv. 260156 Sez. 6, n. 899 del 11/11/2014, dep. 12/01/2015 Rv. 261925 ne consegue, pertanto, l'affermazione che si ha violazione del principio di correlazione tra accusa e sentenza solo se il fatto contestato sia mutato nei suoi elementi essenziali in modo tanto determinante da comportare un effettivo pregiudizio ai diritti della difesa cfr. sez. 6 n. 12156 del 5.3.2009 Sez. 3, n. 9916 del 12/11/2009, dep. 11/03/2010, Rv. 246226 Sez. 6, n. 6346 del 09/11/2012, dep. 08/02/2013, Rv. 254888 Sez. 6, n. 899 del 11/11/2014, dep. 12/01/2015, Rv. 261925 . Ed è stato osservato, inoltre, che ai fini della valutazione di corrispondenza tra pronuncia e contestazione di cui all' art. 521 c.p.p. , deve tenersi conto non solo del fatto descritto in imputazione, ma anche di tutte le ulteriori risultanze probatorie portate a conoscenza dell'imputato e che hanno formato oggetto di sostanziale contestazione, sicché questi abbia avuto modo di esercitare le sue difese sul materiale probatorio posto a fondamento della decisione Sez. 6, n. 47527 del 13/11/2013, Rv. 257278 . Nella specie, a fronte di una contestazione ipotizzante il reato di violenza sessuale di gruppo aggravato dalla previa somministrazione di sostanze appartenenti alle classi farmacologiche di Z-drugs e benzodiazepine diluite in bevanda alcolica offerta alla persona offesa delitto di cui all' art. 609-octies c.p. , commi 2 e 3 in relazione all' art. 609-ter c.p. , comma 1, n. 2 , il Tribunale, in piena aderenza all'imputazione, aveva ritenuto integrato il reato con l'abuso di una condizione di inferiorità fisica e psichica della vittima, in stato di alterazione per la volontaria assunzione di sostanze alcoliche, con l'aggravante della previa somministrazione di sostanze con effetto drogante riconosciuta sussistente nei confronti degli imputati M., G. e D.V Va ricordato che la condotta tipica della violenza sessuale di gruppo è integrata, secondo la previsione legislativa contenuta nell'art. 609-octies, comma 1, dalla partecipazione di più persone riunite ad atti di violenza sessuale di cui all'art. 609-bis . Secondo la consolidata giurisprudenza di legittimità Sez. 3, 3 giugno 1999, n. 11541, Rv 215149 Sez. 3, n. 11560 del 11/03/2010, Rv. 246448 - 01, in motivazione l' art. 609-octies c.p. , nell'individuazione della condotta punibile, si riferisce espressamente a tutti gli atti di violenza sessuale di cui all' art. 609 bis c.p. , e, quindi, non solo alle ipotesi previste dal comma 1, commesse mediante violenza o minaccia o abuso di autorità, ma anche alle ipotesi previste dal comma 2, di detta norma tra cui - ipotesi che qui rileva la violenza compiuta abusando delle condizioni di inferiorità fisica o psichica della persona offesa al momento del fatto. In grado di appello, la Corte territoriale confermava l'integrazione del reato contestato con le accertate modalità di abuso delle condizioni di inferiorità fisica o psichica della persona offesa al momento del fatto ma escludeva, invece, in radice, la sussistenza della circostanza aggravante contestata. Risulta allora evidente che nella sentenza di appello non vi è stata alcuna immutazione del fatto contestato ma una diversa qualificazione giuridica dello stesso, meno grave e prevedibile per l'imputato, quale reato semplice e non aggravato, a seguito dell'esclusione della circostanza aggravante contestata. Non sussiste, pertanto, la dedotta violazione del principio di correlazione tra accusa e sentenza. 1.2. Il primo motivo di R.R. è manifestamente infondato. L' art. 400 c.p.p. , dispone che Quando per assicurare l'assunzione della prova è indispensabile procedere con urgenza all'incidente probatorio, il giudice dispone con decreto motivato che i termini previsti dagli articoli precedenti siano abbreviati nella misura necessaria . I termini oggetto di abbreviazione cui si riferisce la norma sono quelli indicati negli artt. 396,397 e 398 c.p.p. . La finalità della norma è quella di assicurare l'assunzione della prova e il provvedimento del giudice è obbligatorio, adottabile ex officio ed è inoppugnabile secondo la giurisprudenza di questa Suprema Corte la disposizione in esame non fissa per il giudice alcun limite minimo, tranne quello imposto dalla necessità di consentire alle parti la possibilità di comparire e, conseguentemente, le eventuali deduzioni formulate dalle parti ex art. 396 c.p.p. , se improponibili nel corso della udienza destinata alla trattazione dell'incidente probatorio, potranno essere fatte valere nel prosieguo del procedimento o del giudizio cfr Sez. 1, 21.3.1995, Grabowski . Nella specie, come evincibile dalla lettura degli atti processuali, ai quali questa Corte ha accesso vertendosi in ipotesi di violazione di norma processuale, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Torre Annunziata, con provvedimento pronunciato ex art. 400 c.p.p. , all'udienza del 09/07/2018, congruamente motivato in relazione in relazione alla necessità di assicurare l'assunzione della prova e l'urgenza di provvedere a detta assunzione stato di detenzione dei cinque indagati e provenienza della persona offesa dall'estero , differiva ad horas l'assunzione dell'incidente probatorie alle ore 13.00 dello stesso giorno per il mancato avviso dell'udienza, di cui all' art. 398 c.p.p. , al codifensore del ricorrente avv. omissis conseguentemente, si determinava l'abbreviazione, nella misura necessaria, dei termini previsti dagli artt. 396 e 398 c.p.p. . Ribadito il principio di diritto suesposto, secondo il quale la norma di cui all' art. 400 c.p.p. , non fissa per il giudice alcun limite minimo, tranne quello imposto dalla necessità di consentire alle parti la possibilità di comparire, deve rilevarsi che, nella specie, l'avv. omissis riceveva l'avviso e compariva alla nuova udienza fissata per l'assunzione dell'incidente probatorio. Risulta, quindi, manifestamente infondata la doglianza avente ad oggetto la violazione dell' art. 400 c.p.p. , atteso che il provvedimento di abbreviazione dei termini risulta congruamente motivato e veniva effettivamente garantita la partecipazione dell'avv. omissis , il quale compariva all'udienza del 09/07/2018 e svolgeva la sua attività difensiva correttamente, pertanto, la Corte di appello, confermando la decisione del Tribunale, riteneva infondata la censura qui riproposta. Quanto alla ulteriore doglianza relativa alla soppressione delle fasi antecedenti notifica della richiesta di incidente probatorio al fine di effettuare le deduzioni di cui all' art. 396 c.p.p. , va ribadito che le eventuali deduzioni ex art. 396 c.p.p. ulteriori rispetto a quelle già proposte dal codifensore del R. , alla luce del suesposto principio di diritto, potevano essere avanzate dal difensore nel prosieguo del giudizio sul punto, la doglianza proposta risulta tutto generica, in quanto in ricorso si lamenta genericamente la violazione del diritto di difesa senza prospettare ed illustrare alcuna concreta questione di ammissibilità o fondatezza della richiesta dell'incidente probatorio il motivo, quindi, sotto tale profilo, si caratterizza per assoluta genericità, integra la violazione dell' art. 581 c.p.p. , lett. d , che nel dettare, in generale, quindi anche per il ricorso per cassazione, le regole cui bisogna attenersi nel proporre l'impugnazione, stabilisce che nel relativo atto scritto debbano essere enunciati, tra gli altri, I motivi, con l'indicazione specifica delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che sorreggono ogni richiesta violazione che, ai sensi dell' art. 591 c.p.p. , comma 1, lett. c , determina l'inammissibilità dell'impugnazione stessa cfr. Sez. 2, n. 34216 del 29/04/2014, Rv.260851 - 01 Sez. 6, 30.10.2008, n. 47414, Rv. 242129 Sez. 6, 21.12.2000, n. 8596, Rv. 219087 . 1.3. Il terzo motivo di D.F.C., è inammissibile per carenza di interesse. L' art. 568 c.p.p. , comma 4, dispone che per proporre impugnazione è necessario avervi interesse . La sussistenza dell'interesse ad impugnare va valutata con riferimento non ad uno specifico risultato bensì all'ottenimento di un risultato più favorevole al proponente tale interesse deve essere, quindi, concreto, sicché esso non si può riscontrare quando si risolva in una mera pretesa, teorica ed astratta, all'esattezza della decisione o, comunque, sia tale da non condurre ad alcuna modifica degli effetti del provvedimento Sez. U, n. 10372 del 27/09/1995, Rv. 202269 Sez. 1, n. 9531 del 22/03/1999, Rv. 215126 Sez. 5, n. 27917 del 06/05/2009, Rv. 244207 Sez. 3, n. 23485 del 07/03/2014, Rv. 260082 . Difatti, l'impugnazione si configura pur sempre come un rimedio a disposizione della parte per la tutela di posizioni soggettive giuridicamente rilevanti, e non già di interessi di mero fatto, non apprezzabili dall'ordinamento giuridico Sez. U, n. 2110 del 23/11/1995, dep. 23/02/1996, Rv. 203762 . Nella specie, la doglianza proposta ha ad oggetto la violazione dell' art. 360 c.p.p. in relazione alla eccepita inutilizzabilità, ai sensi dell' art. 360 c.p.p. , comma 5, delle risultanze dell'attività di prelievo di campioni di capelli dalla persona offesa, disposta ai sensi dell' art. 360 c.p.p. dal PM con avviso di accertamento tecnico irripetibile e del prelievo e successivo esame degli stessi al fine di rinvenire tracce di sostanze droganti. Orbene, deve rilevarsi che la Corte di appello, accogliendo le censure mosse in sede di gravame, pur disattendendo le censure qui riproposte, ha, comunque, escluso la configurabilità della contestata circostanza aggravante di cui all'art. 609-ter c.p.p., comma 1, n. 2, diversamente valutando, rispetto alla decisione di primo grado, le risultanze del disposto accertamento tecnico irripetibile. Il ricorrente, quindi, ha ottenuto un effetto favorevole dalla sentenza impugnata, che non crea alcuna situazione di concreto pregiudizio, sicché non esiste un concreto interesse ad impugnare, che deve essere collegato agli effetti primari e diretti dell'atto da impugnare e sussiste solo se il gravame è idoneo ad eliminare una decisione pregiudizievole, determinando per l'impugnante una situazione pratica più vantaggiosa di quella esistente Sez. 5, n. 9135 del 18/06/1999, Rv. 213963 - 01 . 2. Vanno, quindi, esaminati i motivi di ricorso afferenti all'affermazione di responsabilità. Prima di procedere all'esame dei motivi, ragioni di economia processuale e di ordine sistematico impongono di svolgere alcune considerazioni di carattere generale allo scopo sia di evitare inutili ripetizioni che di illustrare i criteri cui questo Collegio intende attenersi nella valutazione delle doglianze proposte. 2.1. E' pacifica acquisizione della giurisprudenza di questa Suprema Corte come debba essere ritenuto inammissibile il ricorso per cassazione fondato su motivi che riproducono le medesime ragioni già discusse e ritenute infondate dal giudice del gravame, dovendosi gli stessi considerare non specifici. La mancanza di specificità del motivo, infatti, va valutata e ritenuta non solo per la sua genericità, intesa come indeterminatezza, ma anche per la mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell'impugnazione, dal momento che quest'ultima non può ignorare le esplicitazioni del giudice censurato senza cadere nel vizio di aspecificità che conduce, a norma dell' art. 591 c.p.p. , comma 1, lett. c , alla inammissibilità della impugnazione in tal senso Sez. 5, n. 28011 del 15.2.2013, Rv. 255568 Sez. 2, n. 29108 del 15.7.2011, non mass. Sez. 4, n. 18826 del 9.2.2012, Rv. 253849 sez. 2, n. 19951 del 15.5.2008, Rv. 240109 Sez. 4, n. 34270 del 3.7.2007, Rv. 236945 Sez. 1, n. 39598 del 30.9.2004, Rv. 230634 Sez. 4, n. 15497 del 22.2.2002, Rv. 221693 . Ancora di recente, questa Corte di legittimità ha ribadito come sia inammissibile il ricorso per cassazione fondato sugli stessi motivi proposti con l'appello e motivatamente respinti in secondo grado, sia per l'insindacabilità delle valutazioni di merito adeguatamente e logicamente motivate, sia per la genericità delle doglianze che, così prospettate, solo apparentemente denunciano un errore logico o giuridico determinato Sez. 3, n. 44882 del 18.7.2014, Rv. 260608 . 2.2. Va, poi, evidenziato che ci si trova di fronte ad una doppia conforme affermazione di responsabilità - per quanto rileva in questa sede - e che, legittimamente, in tale caso, è pienamente ammissibile la motivazione della sentenza di appello per relationem a quella della sentenza di primo grado, sempre che le censure formulate contro la decisione impugnata non contengano elementi ed argomenti diversi da quelli già esaminati e disattesi. E', infatti, giurisprudenza pacifica di questa Suprema Corte che la sentenza appellata e quella di appello, quando non vi è difformità sui punti denunciati, si integrano vicendevolmente, formando un tutto organico ed inscindibile, una sola entità logicogiuridica, alla quale occorre fare riferimento per giudicare della congruità della motivazione, integrando e completando con quella adottata dal primo giudice le eventuali carenze di quella di appello Sez. 3, n. 44418 del 16/07/2013, Rv. 257595 Sez. 2 n. 34891 del 16.05.2013, Rv. 256096, non massimata sul punto conf. Sez. 3, n. 13926 del 1.12.2011, dep. 12.4.2012, Rv. 252615 sez. 2, n. 1309 del 22.11.1993, dep. 4.2.1994, Rv. 197250 . Ne consegue che il giudice di appello, in caso di pronuncia conforme a quella appellata, può limitarsi a rinviare per relationem a quest'ultima sia nella ricostruzione del fatto sia nelle parti non oggetto di specifiche censure, dovendo soltanto rispondere in modo congruo alle singole doglianze prospettate dall'appellante. In questo caso il controllo del giudice di legittimità si estenderà alla verifica della congruità e logicità delle risposte fornite alle predette censure. Inoltre, secondo la giurisprudenza di questa Corte, nella motivazione della sentenza il giudice del gravame di merito non è tenuto a compiere un'analisi approfondita di tutte le deduzioni delle parti e a prendere in esame dettagliatamente tutte le risultanze processuali, essendo invece sufficiente che, anche attraverso una loro valutazione globale, spieghi, in modo logico e adeguato, le ragioni del suo convincimento, dimostrando di aver tenuto presente ogni fatto decisivo Sez. 4, n. 26660 del 13/05/2011, Caruso e altro, Rv. 250900 Sez. 5, n. 8411 del 21/05/1992, Chirico ed altri, Rv. 191488 . Ne consegue che in tal caso debbono considerarsi implicitamente disattese le deduzioni difensive che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata cfr. sez. 6, n. 49970 del 19.10.2012, Muià ed altri rv. 254107, Sez. 3, n. 7406 del 15/01/2015, dep. 19/02/2015, Rv. 262423 . Non e', dunque, censurabile in sede di legittimità la sentenza che indichi con adeguatezza e logicità le circostanze e le emergenze processuali che siano state determinanti per la formazione del convincimento del giudice, consentendo così l'individuazione dell'iter logico-giuridico seguito per addivenire alla statuizione adottata. Pertanto, anche il silenzio su una specifica deduzione prospettata col gravame non rileva qualora questa sia stata disattesa dalla motivazione della sentenza complessivamente considerata perché non è necessario che il giudice confuti esplicitamente la specifica tesi difensiva disattesa, ma è sufficiente che evidenzi nella sentenza una ricostruzione dei fatti che conduca alla reiezione implicita di tale deduzione senza lasciare spazio ad una valida alternativa cfr. Sez. 2, 12/02/2009, n. 8619 . 2.3. Ulteriore causa di inammissibilità deve individuarsi nella esposizione di censure che si risolvono in una mera rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata, sulla base di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, senza individuare vizi di logicità tali da evidenziare la sussistenza di ragionevoli dubbi, ricostruzione e valutazione, quindi, in quanto tali precluse in sede di giudizio di cassazione cfr. Sez. 1, 16.11.2006, n. 42369, De Vita, Rv. 235507 sez. 6, 3.10.2006, n. 36546, Bruzzese, Rv. 235510 Sez. 3, 27.9.2006, n. 37006, Piras, Rv. 235508 . Va, quindi, ribadito, che, anche a seguito delle modifiche dell' art. 606 c.p.p. , comma 1, lett. e , introdotte dalla L. n. 46 del 2006, art. 8, non è consentito dedurre il travisamento del fatto , stante la preclusione per il giudice di legittimità di sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi di merito Sez. 6, n. 27429 del 04/07/2006, Rv. 234559 Sez. 5, n. 39048/2007, Rv. 238215 Sez. 6, n. 25255 del 2012, Rv. 253099 ed in particolare di operare la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione o l'autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti cfr. Sez. 6, 26.4.2006, n. 22256, Rv. 234148 . La Corte di Cassazione deve circoscrivere il suo sindacato di legittimità, sul discorso giustificativo della decisione impugnata, alla verifica dell'assenza, in quest'ultima, di argomenti viziati da evidenti errori di applicazione delle regole della logica, o fondati su dati contrastanti con il senso della realtà degli appartenenti alla collettività, o connotati da vistose e insormontabili incongruenze tra loro, oppure inconciliabili, infine, con atti del processo , specificamente indicati dal ricorrente e che siano dotati autonomamente di forza esplicativa o dimostrativa, tale che la loro rappresentazione disarticoli l'intero ragionamento svolto, determinando al suo interno radicali incompatibilità, così da vanificare o da rendere manifestamente incongrua la motivazione Sez. 4 08/04/2010 n. 15081 Sez. 6 n. 38698 del 26/09/2006, Rv. 234989 Sez. 5, n. 6754 del 07/10/2014, dep. 16/02/2015, Rv. 262722 . 2.4. Va, poi, ricordato che, come da orientamento costante, il Giudice può trarre il proprio convincimento circa la responsabilità penale anche dalle sole dichiarazioni rese dalla persona offesa, sempre che sia sottoposta a vaglio positivo circa la sua attendibilità, senza la necessità di applicare le regole probatorie di cui all' art. 192 c.p.p. , commi 3 e 4, che richiedono la presenza di riscontri esterni cfr., Sez. U, n. 41461 del 19/07/2012, Rv. 253214 Sez. 2, n. 43278 del 24/09/2015, Rv. 265104 - 01 Sez. 1, n. 29372 del 27/7/2010, Rv. 24801 . Si è anche precisato come tale controllo, considerato l'interesse di cui la persona offesa è naturalmente portatrice ed al fine di escludere che ciò possa comportare una qualsiasi interferenza sulla genuinità della deposizione testimoniale, debba essere condotto con la necessaria cautela, attraverso un esame particolarmente rigoroso e penetrante, che tenga conto anche degli altri elementi eventualmente emergenti dagli atti. Quanto ai criteri per la valutazione delle dichiarazioni accusatorie della persona offesa, per consolidato indirizzo interpretativo, il relativo procedimento involge la disamina della credibilità soggettiva, onde verificare che il narrato non sia inquinato da situazioni, attinenti alla sfera personale del dichiarante, in grado di alterarne, finanche in maniera inconsapevole, la genuinità ed il vaglio della attendibilità intrinseca intesa come capacità del racconto di offrire una rappresentazione coerente e logicamente congrua degli eventi evocati quanto agli eventuali riscontri estrinseci al narrato accusatorio della persona offesa, essi, peraltro ritenuti non necessari dalla consolidata giurisprudenza di questa Corte, possono consistere in qualsiasi elemento idoneo a escludere l'intento calunniatorio del dichiarante, non dovendo risolversi in autonome prove del fatto, né assistere ogni segmento della narrazione Sez. 5, n. 21135 del 26/03/2019, Rv. 275312 - 01 . Ed è acquisizione pacifica che la valutazione circa l'attendibilità della persona offesa involge un'indagine positiva sulla credibilità soggettiva del dichiarante e sulla attendibilità intrinseca del racconto, che si connota quale giudizio di tipo fattuale, ossia di merito, in quanto attiene al modo di essere della persona escussa tale giudizio può essere effettuato solo attraverso la dialettica dibattimentale, mentre è precluso in sede di legittimità, specialmente quando il giudice del merito abbia fornito una spiegazione plausibile della sua analisi probatoria cfr., Sez. 2, n. 7667 del 29/01/2015, Rv.262575 Sez. 3, n. 8382 del 22/01/2008, Rv. 239342 Sez. 3, n. 41282 del 05/10/2006, Rv. 235578 . 3.4. Vanno, quindi, esaminati congiuntamente il secondo motivo di M.A., il secondo ed il terzo motivo di D.V.F., il primo motivo di D.F.C il secondo ed il terzo motivo di G.G.D Alla luce dei suesposti principi di diritto, i motivi in esame devono ritenersi inammissibili e, comunque, manifestamente infondati. Va, innanzitutto, osservato come i ricorrenti, attraverso una formale denuncia di vizio di motivazione, richiedono sostanzialmente una rivisitazione, non consentita in questa sede, delle risultanze processuali. Nei motivi proposti, infatti, si espongono censure, meramente ripropositive di questioni già adeguatamente esaminate dai Giudici di appello, le quali si risolvono in una mera rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata, sulla base di diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, senza individuare vizi di manifesta illogicità della motivazione. Le censure proposte sollecitano, quindi, una rivalutazione di merito preclusa in sede di legittimità infatti, pur essendo formalmente riferite a vizi riconducibili alle categorie del vizio di motivazione, ai sensi dell' art. 606 c.p.p. , sono in realtà dirette a richiedere a questa Corte un inammissibile sindacato sul merito delle valutazioni effettuate dalla Corte territoriale Sez. 1, 16.11.2006, n. 42369, Rv. 235507 sez. 6, 3.10.2006, n. 36546, Rv. 235510 Sez. 3, 27.9.2006, n. 37006, Rv. 235508 Sez. U, n. 2110 del 23/11/1995, Rv. 203767 Sez. U, n. 6402 del 30/04/1997, Rv. 207944 Sez. U, n. 24 del 24/11/1999, Spina, Rv. 214794 Sez. U, n. 47289 del 24/09/2003, Rv. 226074 - 01 . Nel ribadire che la Corte di Cassazione è giudice della motivazione, non già della decisione, come si desume da una lettura sistematica degli artt. 606 e 619 c.p.p. , ed esclusa l'ammissibilità di una rivalutazione del compendio probatorio, va al contrario evidenziato che la sentenza impugnata ha fornito logica e coerente motivazione in ordine alla ricostruzione dei fatti, con argomentazioni prive di illogicità tantomeno manifeste e di contraddittorietà. La Corte territoriale, infatti, con apprezzamento di fatto immune da censure, e dunque insindacabile in sede di legittimità, nel richiamare la sentenza di primo giudice, ha confermato l'affermazione di responsabilità, fondando la decisione sulle dichiarazioni della persona offesa. Innanzitutto, ha condiviso la valutazione di attendibilità effettuata dal Tribunale, evidenziando, con argomentazioni congrue e logiche, la linearità e costanza del racconto accusatorio e chiarendo che la presenza di minime imprecisioni non incidevano sul nucleo essenziale della vicenda ha, quindi, ricostruito la genesi della notizia di reato, escludendo ogni intento calunnioso o speculativo, fornendo specifiche ed articolate risposte ai contrari rilievi difensivi mossi con i motivi di gravame ha, infine, esaminato i riscontri estrinseci al narrato accusatorio, costituiti dalle dichiarazioni testimoniali rese dalla figlia della persona offesa e dalle risultanze del referto medico e della documentazione sanitaria in atti. Il percorso argomentativo ha, poi, preso le mosse dalle condizioni di palese alterazione alcolica in cui versava la persona offesa al momento del fatto, alterazione alcolica certamente evidente, come evincibile dalle dichiarazioni testimoniali rese dalla persona offesa e dalla figlia, che comprovavano come le due donne, durante la cena e la successiva sosta al bar, avevano assunto, in modo significativo, vino e liquori superalcolici, circostanza che avveniva sotto gli occhi di camerieri e barman, che vi contribuivano attivamente, esibendosi nelle relative preparazioni e versando ripetutamente cocktails per l'intera serata. In particolare, i Giudici di appello hanno rimarcato che, pur non essendo stato possibile risalire al dato relativo alla esatta quantità di bevande alcoliche e superalcoliche effettivamente assunte, e, quindi, al valore del tasso alcolemico della persona offesa, le obiettive condizioni della stessa, emergenti dalle convergenti risultanze istruttorie, dimostravano che ella ne aveva assunto una notevole quantità, tanto da trovarsi in uno stato di temporanea intossicazione, caratterizzato da iniziale euforia, perdita delle inibizioni, loquacità, diminuzione della capacità di giudizio, con progressivo depauperamento della capacità cognitiva e di memorizzazione, rallentamento dei tempi di reazione, diminuzione del coordinamento motorio, confusione mentale, diminuzione delle percezioni della realtà esterna e generale alterazione della coscienza. La Corte di appello, quindi, nel ricostruire la vicenda fattuale - che si svolgeva in due fasi, in un primo momento nella piscina della Spa dell'albergo ed in un secondo momento presso l'alloggio dei dipendenti dell'albergo - e le singole condotte poste in essere dagli imputati, ha evidenziato che la persona offesa non aveva manifestato alcun consenso alla consumazione dei rapporti sessuali e che era, comunque, irrilevante un eventuale consenso in tal senso, alla luce delle condizioni di evidente alterazione alcolica in cui la donna si trovava al momento del fatto rimarcava anche che il dissenso era implicitamente ricavabile dalle condizioni di incapacità della vittima, rese evidente dal turbamento emotivo, dalla difficoltà di deambulare in scioltezza, dalle precarie modalità di comunicazione verbale, condizioni tutte che si manifestavano, palesemente, fin dalla prima fase della vicenda delittuosa e comprovavano la consapevolezza degli imputati della situazione di inferiorità psichica in cui la donna versava evidenziava, inoltre, che le risultanze istruttorie avevano consentito di accertare che, in alcuni momenti ben individuati temporalmente, la vittima aveva anche manifestato apertamente il proprio dissenso pianto, tremore, respingimento fisico, esplicite richieste di aiuto e la propria volontà di sottrarsi al congiungimento carnale ed al contatto sessuale con gli imputati alla luce di tali emergenze probatorie, quindi, ha ritenuto infondata la tesi difensiva degli imputati, secondo cui la donna avrebbe prestato il proprio consenso alla consumazione dei rapporti sessuali. La motivazione della Corte territoriale, insindacabile in questa sede quanto alla ricostruzione fattuale in quanto congruamente e logicamente argomentata, è in linea con i principi di diritto, che vanno ribaditi, affermati da questa Suprema Corte in subiecta materia. Va ricordato che la situazione di approfittamento dell'assunzione di sostanze stupefacenti o alcoliche da parte della vittima, avvenuta per libera iniziativa della stessa, e comunque per causa non imputabile all'agente, è ritenuta idonea ad integrare il reato di violenza sessuale. Infatti, secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, tra le condizioni di inferiorità psichica o fisica , previste dall'art. 609-bis c.p.p., comma 2, n. 1, rientrano anche quelle conseguenti alla volontaria assunzione di alcolici o di stupefacenti, in quanto anche in tali casi la situazione di menomazione della vittima, a prescindere da chi l'abbia provocata, può essere strumentalizzata per il soddisfacimento degli impulsi sessuali dell'agente Sez. 3, n. 8981 del 05/12/2019, dep. 05/03/2020, Rv. 278401 - 01 Sez. 3, n. 16046 del 13/02/2018, Rv. 273056 - 01 Sez. 3, n. 45589 del 11/01/2017, Rv. 271017 - 01 Sez. 3, n. 39800 del 21/06/2016, Rv. 267757 - 01 . Non rileva, quindi, l'eventuale consenso prestato dalla vittima, giacché esso è viziato ab origine dalla condizione di menomazione della stessa, ma rileva la consapevolezza dell'agente della situazione di inferiorità psichica in cui versi la persona offesa e il fatto che, in ragione di tale situazione la medesima non possa esprimere un valido consenso in forza delle condizioni in cui si trovi, situazione che l'autore del fatto sfrutta per accedere alla sfera sessuale della vittima. L'abuso delle condizioni di inferiorità psichica o fisica art. 609- bis c.p. , comma 2, n. 1 consiste, infatti, nel doloso sfruttamento della menomazione della vittima e si verifica quando le richiamate condizioni sono strumentalizzate per accedere alla sfera intima della persona che, versando in uno stato di difficoltà, viene ridotta ad un mezzo per l'altrui soddisfacimento sessuale Sez. 3, n. 20766 del 14/04/2010, Rv. 247655 - 01 . Le doglianze mosse con i ricorsi son manifestamente infondate, meramente ripropositive di questioni, adeguatamente vagliate dai Giudici di merito, di mero fatto ed orientate ad una rilettura delle risultanze istruttorie, che non può costituire oggetto del sindacato di legittimità. Ne' coglie nel segno il dedotto vizio di motivazione in relazione all' art. 530 c.p.p. , comma 2. Il rispetto della regola dell'oltre ogni ragionevole dubbio deve, come noto, guidare il giudice nel processo di ricerca della verità e nella affermazione della colpevolezza che va fatta solo quando questa sia accertabile in termini di certezza. La regola di giudizio predetta contenuta nell' art. 533 c.p.p. , comma 1, come modificato dalla L. n. 46 del 2006, art. 5 impone, infatti, al giudice il ricorso ad un metodo dialettico di verifica dell'ipotesi accusatoria secondo il criterio del dubbio, con la conseguenza che il giudicante deve effettuare detta verifica in maniera da scongiurare la sussistenza di dubbi interni ovvero la autocontraddittorietà o la sua incapacità esplicativa o esterni alla stessa ovvero l'esistenza di una ipotesi alternativa dotata di razionalità e plausibilità pratica in termini Sez. 1 24.10.2011 n. 41110, P.G. in proc. Javad, Rv. 251507 . Tale principio, però, non ha affatto innovato la natura del sindacato della Corte di Cassazione sulla motivazione della sentenza e non può, quindi, essere utilizzato per valorizzare e rendere decisiva la duplicità di ricostruzioni alternative del medesimo fatto, eventualmente emerse in sede di merito e segnalate dalla difesa, una volta che tale duplicità sia stata oggetto di attenta disamina da parte del giudice dell'appello Sez. 1, n. 41110 del 24/10/2011, Rv. 251507 . La condanna al là di ogni ragionevole dubbio comporta, infatti, in caso di prospettazione di un'alternativa ricostruzione dei fatti, che siano individuati gli elementi di conferma dell'ipotesi ricostruttiva accolta, in modo da far risultare la non razionalità del dubbio derivante dalla stessa ipotesi alternativa, non potendo detto dubbio fondarsi su un'ipotesi del tutto congetturale, seppure plausibile . Sez. 4, 17.6.2011, n. 30862, Giulianelli e altri, Rv. 250903 . In altri termini, si richiede che il dato probatorio acquisito lasci fuori soltanto eventualità remote, pur astrattamente formulabili e prospettabili come possibili in rerum natura ma la cui effettiva realizzazione, nella fattispecie concreta, sia esclusa in assenza di riscontri pur minimi nelle emergenze processuali, ponendosi al di fuori dell'ordine naturale delle cose e della normale razionalità umana così Sez. 13.3.2010 n. 17921, Giampà, Rv. 247449 . Nel caso di specie le affermazioni contenute nella sentenza impugnata sono frutto di una valutazione approfondita che ha tenuto conto di tutti i dati probatori acquisiti e sulla base della quale è stato espresso un giudizio di certezza in termini incontestabili, laddove dietro l'asserito mancato rispetto della regola di cui sopra si cela una pretesa ricostruzione alternativa della vicenda processuale che - nei termini in cui è stata posta - è preclusa nel giudizio di legittimità. 4. Il terzo ed il quarto ed motivo di ricorso di M.A. sono manifestamente infondati. Quanto alla doglianza avente ad oggetto il mancato riconoscimento della scriminate putativa del consenso dell'avente diritto, va osservato che, secondo la condivisibile giurisprudenza di questa Corte, che va qui ribadita, in tema di violenza sessuale, il dissenso della vittima costituisce un requisito implicito della fattispecie e, pertanto, il dubbio sulla sua sussistenza investe la configurabilità del fatto - reato e non la verifica della presenza di una causa di giustificazione Sez. 3, n. 52835 del 19/06/2018, Rv. 274417 - 01 e l'errore sul dissenso si sostanzia pertanto in un errore inescusabile sulla legge penale Sez. 3, n. 17210 del 10/03/2011, Rv. 250141 - 01 . La doglianza era, quindi, del tutto infondata. Va, pertanto, richiamato il principio consolidato in tema di motivazione della sentenza, in base al quale, in sede di impugnazione, il giudice non è obbligato a motivare in ordine al mancato accoglimento di istanze, nel caso in cui esse appaiano improponibili sia per genericità, sia per manifesta infondatezza Sez. 2, n. 49007 del 16/09/2014, Rv. 261423 Sez. 3, n. 53710 del 23/02/2016, Rv. 268705 ovvero non risultino concedibili per il difetto di ogni presupposto che ne giustifichi la concessione od il riconoscimento Sez. 5, n. 30410 del 26/05/2011, Rv. 250583 Sez. 6, n. 20383 del 21/04/2009, Rv. 243841 Sez. 5, n. 7212/1989, Rv. 184373 . In ogni caso, va rilevato che la sentenza impugnata ha evidenziato come fosse palese la condizione di alterazione alcolica della persona offesa e, quindi, la sua incapacità di rendere un valido consenso all'atto sessuale, mentre l'esimente putativa può trovare applicazione solo quando sussista un'obiettiva situazione che possa ragionevolmente indurre in errore il soggetto attivo sull'esistenza delle condizioni fattuali corrispondenti alla configurazione della scriminante. Del tutto priva di fondamento è anche la doglianza relativa alla mancata applicazione della circostanza attenuante di cui all'art. 609-octies c.p.p., comma 4. Va ricordato che questa Corte ha affermato che in tema di violenza sessuale di gruppo, la circostanza attenuante del contributo di minima importanza di cui all' art. 609-octies c.p. , comma 4, può essere riconosciuta solo quando l'apporto del concorrente, tanto nella fase preparatoria quanto anche in quella esecutiva, sia stato di minima, lievissima e marginale efficacia eziologica, e, quindi, del tutto trascurabile nell'economia generale della condotta criminosa Sez. 3, n. 31842 del 02/04/2014, Rv. 259939 Sez. 3 n. 38616 del 10/04/2017, Rv. 270993 . E' stato, inoltre, chiarito come l'applicazione dell'attenuante esiga, sia in fase preparatoria che in quella esecutiva, e sempre che il contributo sia stato fornito in entrambe le fasi, la minima, lievissima, marginale efficacia eziologica del contributo stesso, che deve distinguersi per essere del tutto trascurabile nell'economia dell'impresa criminosa, sicché non è sufficiente, per la configurabilità dell'attenuante prevista dall' art. 609-octies c.p. , comma 4, la minore efficienza causale dell'attività di un correo rispetto a quella degli altri correi, ma è necessaria la minima efficienza causale dell'attività compiuta, Sez. U, n. 4708 del 27/03/1992, Fogliani, Rv. 190830 . Nel caso di specie, dall'esame congiunto delle sentenze di primo grado e di appello che, com'e' noto si integrano reciprocamente, Sez. 3, n. 44418 del 16/07/2013, Rv. 257595 , risulta palese l'infondatezza della censura, atteso che la Corte di appello, richiamando per relationem la sentenza del Tribunale, ha confermato il criterio di valutazione del primo giudice, che ha riconosciuto la circostanza attenuante in questione solo nei confronti del coimputato che non aveva partecipato materialmente alla consumazione dei rapporti sessuali pertanto, è stato ritenuto elemento ostativo alla configurabilità di un contributo di minima importanza l'aver compiuto atti sessuali nella fase di esecuzione del delitto, condotta, invece, realizzata dal ricorrente. Rispetto a tale profilo nulla argomenta il ricorrente, che si limita a proporre rilievi in fatto finalizzati ad una rivalutazione delle istanze istruttorie, preclusa in sede di legittimità. 5. Il secondo ed il terzo motivo di R.R. sono manifestamente infondati. Va ricordato, che ai fini della configurabilità del reato di violenza sessuale di gruppo, previsto dall' art. 609- octies c.p. , è necessario che più persone riunite partecipino alla commissione del fatto, costituendo tale delitto una fattispecie autonoma di reato necessariamente plurisoggettivo proprio, consistente nella partecipazione, da parte di più persone riunite, ad atti di violenza sessuale di cui all'art. 609 bis , in cui la pluralità di agenti è richiesta come elemento costitutivo Sez. 3, n. 36036 del 18/07/2012, Rv.253687 Sez.3, n. 3348 del 13/11/2003, dep.29/01/2004, Rv 227496 Sez. 3 del 11.10.1999, n. 11541, ric. Bombaci ed altri e si è chiarito che l'espressione più persone contenuta nell' art. 609-octies c.p. comprende anche l'ipotesi che gli autori del fatto siano soltanto due Sez. 3, n. 3348 del 13/11/2003, dep. 29/01/2004, Rv. 227496 - 01 e si è anche precisato che, ai fini della configurabilità del reato di violenza sessuale di gruppo, non è necessario l'accordo preventivo dei partecipanti, essendo sufficiente la consapevole adesione, anche estemporanea, all'altrui progetto criminoso Sez. 3, n. 29406 del 04/04/2019, Rv.276548 - 02 Sez. 3, n. 34212 del 01/07/2010, Rv. 248230 - 01 . La previsione di un trattamento sanzionatorio più grave si connette al riconoscimento di un peculiare disvalore alla partecipazione simultanea di più persone, in quanto una tale condotta partecipativa imprime al fatto un grado di lesività più intenso sia rispetto alla maggiore capacità di intimidazione del soggetto passivo ed al pericolo della reiterazione di atti sessuali violenti anche attraverso lo sviluppo e l'incremento di capacità criminali singole sia rispetto ad una più odiosa violazione della libertà sessuale della vittima nella sua ineliminabile essenza di autodeterminazione. La contemporanea presenza di più di un aggressore è idonea a produrre, infatti, effetti fisici e psicologici particolari nella parte lesa, eliminandone o riducendone la forza di reazione. Non è tuttavia richiesto che tutti i componenti del gruppo compiano atti di violenza sessuale, essendo sufficiente che dal compartecipe sia comunque fornito un contributo causale, materiale o morale, alla commissione del reato, né è necessario che i componenti del gruppo assistano al compimento degli atti di violenza sessuale, essendo sufficiente la loro presenza nel luogo e nel momento in cui detti atti vengono compiuti, anche da uno solo dei compartecipi, atteso che la determinazione di quest'ultimo viene rafforzata dalla consapevolezza della presenza del gruppo Sez. 3, n. 6464 del 05/04/2000, Rv. 216978 Sez. 3, n. 3348 del 13/11/2003, dep. 29/01/2004, Rv. 227495 Sez. 3, n. 11560 del 11/03/2010, Rv. 246448 . Il concetto di partecipazione , quindi, non può essere limitato nel senso di richiedere il compimento, da parte del singolo, di un'attività tipica di violenza sessuale ciascun compartecipe, cioè, dovrebbe porre in essere, in tutto o in parte, la condotta descritta nell' art. 609-bis c.p. , dovendo invece - secondo un'interpretazione più aderente alle finalità perseguite dal legislatore - ritenersi estesa la punibilità qualora sia comunque realizzato un fatto di violenza sessuale a qualsiasi condotta partecipativa, tenuta in una situazione di effettiva presenza non da mero spettatore , sia pure compiacente, sul luogo ed al momento del reato, che apporti un reale contributo materiale o morale all'azione collettiva Sez. 3, n. 15089 del 11/03/2010 Rv. 246614 Sez. 3, n. 44408 del 18/10/2011, Rv. 251610 . Nella specie, i Giudici di merito hanno rimarcato che il ricorrente non solo era stato presente nell'alloggio dei dipendenti durante il tempo in cui i coimputati ponevano in essere gli atti di violenza sessuale ma che realizzava anche videoriprese riprendeva la persona offesa nel momento in cui, dopo aver subito plurimi rapporti sessuali con uno dei coimputati, scivolava dal materasso ove si trovava e si accasciava al suolo, fotografandone i genitali , manifestando, in ogni caso, una chiara adesione alla violenza di gruppo, che rafforzava il proposito criminoso del gruppo, tanto che subito dopo quelle foto, la donna subiva un ulteriore rapporto sessuale cfr. pag. 79-81 della sentenza di primo grado e pag. 25-27 della sentenza di appello . Le argomentazioni sono congrue e logiche, nonché in linea con i suesposti principi di diritto. Rispetto a tale corretto percorso argomentativo, peraltro, le censure proposte dal ricorrente si sostanziano in rilievi in fatto che non possono trovare ingresso in sede di legittimità. 6. Il quarto motivo di G.G.D., afferente all'entità del trattamento sanzionatorio, è manifestamente infondato. Deve ricordarsi che la graduazione del trattamento sanzionatorio rientra nella discrezionalità del giudice di merito, il quale la esercita, così come per fissare la pena base, in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 c.p. , sicché è inammissibile la censura che nel giudizio di cassazione miri ad una nuova valutazione della congruità della pena Sez. 3, n. 1182 del 17/10/2007, dep. 11/01/2008, Rv. 238851 Sez. 5, n. 5582 del 30/09/2013, dep. 04/02/2014, Rv. 259142 . Inoltre, ai fini del trattamento sanzionatorio, è sufficiente che il giudice di merito prenda in esame, tra gli elementi indicati dall' art. 133 c.p. , quello o quelli che ritiene prevalente e atto a consigliare la determinazione della pena e il relativo apprezzamento discrezionale, laddove supportato da una motivazione idonea a far emergere in misura sufficiente il pensiero dello stesso giudice circa l'adeguamento della pena concreta alla gravità effettiva del reato e alla personalità del reo, non è censurabile in sede di legittimità se congruamente motivato Sez. 2 n. 3609 del 18/01/2011, Rv 249163 Sez. 2, n. 19907 del 19/02/2009, Rv.244880 Sez. 4, 4 luglio 2006, n. 32290 . Nella specie, la Corte territoriale, nel determinare in relazione alla posizione del ricorrente la pena base in misura superiore al minimo edittale, ha adeguatamente motivato l'esercizio del suo potere discrezionale, valutando le modalità di partecipazione alla commissioneTiresenza in entrambe le fasi durante le quali si perpetrava la violenza sessuale di gruppo, compimento di atti sessuali con la persona offesa e successiva consegna della stessa agli altri partecipi , ritenute dimostrative di particolare disvalore della condotta in termini di maggiore gravità ed elemento giustificativo di una determinazione della pena base in misura superiore rispetto a quella degli altri coimputati. La motivazione è congrua e priva di vizi logici e si sottrae, pertanto, al sindacato di legittimità. 7. Vanno, quindi, esaminati congiuntamente, il primo motivo di M.A., il quarto motivo di R.R., il quarto e quinto motivo di D.V.F., il secondo motivo di D.F.C., il quinto motivo di G.G.D Il quarto motivo di R.R. è inammissibile per genericità, mentre sono fondati tutti gli altri motivi. Con il quarto motivo di ricorso il predetto lamenta il difetto di motivazione in relazione al quinto motivo di appello che censurava le statuizioni civili disposte in favore della parte civile omissis S.r.l., limitandosi a richiamare le pagine dell'atto di appello relative a tale questione, senza evidenziare, però, il concreto contenuto delle censure mosse in sede di gravame. La censura e', pertanto, generica. Va ricordato che in tema di ricorso per cassazione, i relativi motivi non possono limitarsi al semplice richiamo per relationem ai motivi di appello, allo scopo di dedurre, con riferimento ad essi, la mancanza di motivazione della sentenza che si intende impugnare. Requisito, infatti, dei motivi di impugnazione è la loro specificità, consistente nella precisa e determinata indicazione dei punti di fatto e delle questioni di diritto da sottoporre al giudice del gravame. Conseguentemente, la mancanza di tali requisiti rende l'atto di impugnazione inidoneo ad introdurre il nuovo grado di giudizio ed a produrre effetti diversi dalla dichiarazione di inammissibilità Sez.5, n. 2896 del 09/12/1998, dep.03/03/1999, Rv.212610 Sez.2, n. 27044 del 29/05/2003, Rv.225168 Sez.6, n. 21858 del 19/12/2006, dep.05/06/2007, Rv.236689 Sez. 2, n. 9029 el 05/11/2013, dep.25/02/2014, Rv.258962 . Quanto agli altri motivi di ricorso summenzionati, essi, come detto, sono fondati. Va evidenziato, che, come evincibile dalla lettura degli atti processuali richiamati ai quali questa Corte ha accesso vertendosi in violazioni di norme processuali , alla prima udienza del giudizio di primo grado, celebrata in data 13/2/2018, nella fase degli atti preliminari, a seguito di eccezione, si rilevava l'omessa notifica al difensore di R.R. del decreto di giudizio immediato e si disponeva lo stralcio della relativa posizione con fissazione di nuova udienza per quanto qui rileva, si costituiva, quindi, in giudizio nei confronti di tutti gli imputati, quale parte civile, la persona offesa K.D.M., a mezzo del difensore avv. omissis , la cui costituzione veniva ammessa dal Tribunale si emetteva, poi, ordinanza ammissiva dei mezzi di prova richiesti dalle parti e si procedeva all'escussione di uno dei testi ammessi alla successiva udienza del 17.1.2019, veniva disposta la riunione del procedimento relativo alla posizione di R.R., oggetto del precedente provvedimento di stralcio dal procedimento principale nel predetto procedimento si costituivano, quali parti civili, la persona offesa K.D.M., a mezzo del difensore avv. omissis e la società omissis S.r.l., in persona del legale rappresentante, quale parte danneggiata dal reato, a mezzo dell'avv. omissis , il quale precisava che la costituzione era da intendersi nei confronti di R.R. il Tribunale ammetteva tali costituzioni e, su sollecitazione dei difensori degli altri imputati, chiariva che la costituzione della società omissis S.r.l. era stata effettuata e veniva ammessa solo nei confronti dell'imputato R.R., precisando, anche che, ove proposta anche nei confronti degli altri imputati, sarebbe stata, comunque, tardiva perché effettuata oltre i termini di cui all' art. 484 c.p.p. . Il lineare e chiaro contenuto degli atti processuali evidenzia la fondatezza delle censure sollevate e, dunque, l'erronea statuizione contenuta nella sentenza impugnata nella parte in cui confermava la condanna di tutti gli imputati - e non del solo R.R. - al risarcimento del danno nei confronti della società omissis S.r.l. ed alla rifusione delle relative spese processuali. Sul punto, pertanto, la sentenza impugnata va annullata senza rinvio con riferimento alle statuizioni civilistiche di condanna a favore della società omissis S.r.l. in relazione agli imputati D.F.C., D.V.F., G.G.D. e M.A., statuizioni che vanno eliminate. 8. Il ricorso proposto dal Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Napoli è fondato e va accolto. La motivazione della sentenza impugnata è viziata da contraddittorietà e illogicità in relazione alla applicazione delle circostanze attenuanti generiche. La Corte di appello ha riconosciuto agli imputati le predette circostanze in ragione della intervenuta ammissione dell'addebito quanto al nucleo centrale della vicenda che consentiva di accertare più agevolmente le singole condotte, della giovane età e dell'incensuratezza. Va osservato, però che, come dedotto dalla parte pubblica, erroneamente i Giudici di appello hanno valorizzato positivamente l'intervenuta ammissione dell'addebito da parte degli imputati, ponendosi tale valutazione in evidente contraddizione con quanto evidenziato dal Tribunale in tema di attendibilità della persona offesa, il cui percorso argomentativo veniva richiamato e ritenuto assolutamente condivisibile dalla Corte territoriale, e cioè, che le dichiarazioni, pur sostanzialmente ammissive rese dagli imputati, si erano concretizzate in una prospettazione alternativa del fatto storico, secondo la quale i rapporti sessuali sarebbero stati consensuali e le dichiarazioni accusatorie sarebbero state false, calunniose e frutto di una gravissima forma di premeditazione pag 8, 21 e 24 della sentenza impugnata, pag. 9-17 della sentenza di primo grado inoltre, nella stessa sentenza impugnata, la Corte territoriale ha ribadito che gli imputati avevano reso dichiarazioni contraddittorie soprattutto nella fase iniziale del procedimento , che vi erano divergenze significative tra il contenuto delle singole dichiarazioni, che emergeva la sostanziale inverosimiglianza delle plurime versione fornite e via via aggiustate in corso d'opera , che le imprecisioni ed i contrasti destavano legittimamente il sospetto di una ricostruzione della vicenda non genuina pag. 21 e pag. 36 della sentenza impugnata . Il riferimento all'elemento della giovane età degli imputati, poi, risulta del tutto generico. Va ricordato che questa Corte ha affermato che la giovane età può essere un fattore attenuativo solo allorquando svolga un'effettiva incidenza ed abbia uno specifico rilievo nella condotta criminosa ed e', quindi, necessario che il giudice accerti che la condizione giovanile abbia influito sulla personalità del soggetto, determinandone una non completa maturità e capacità di valutare il proprio comportamento secondo le norme del buon vivere civile Sez.2, n. 11985 del 04/02/2020, Rv.278633 - 01 Sez. 1, n. 7993 del 12/4/1985, Rv. 170382 su tali la Corte territoriale è rimasta silente. Infine, quanto allo stato di incensuratezza, va ricordato dopo la riforma dell'art. 62-bis, disposta con il D.L. 23 maggio 2008, n. 92 , convertito con modifiche nella L. 24 luglio 2008, n. 125 , per effetto della quale, ai fini della concessione delle circostanze attenuanti generiche, non è più sufficiente il solo stato di incensuratezza dell'imputato. E', pertanto, evidente che le argomentazioni, poste a fondamento del riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, sono caratterizzate da contraddizioni, carenze e illogicità motivazionali. S'impone, quindi, l'annullamento della sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio sul punto ad altra Sezione della Corte di appello. 8. In definitiva, la sentenza impugnata va annullata senza rinvio con riferimento alle statuizioni civilistiche di condanna a favore della società omissis S.r.l. in relazione agli imputati D.F.C., D.V.F., G.G.D. e M.A., i cui ricorsi vanno dichiarati inammissibili nel resto i predetti ricorrenti non devono essere condannati al pagamento delle spese processuali, stante il parziale annullamento della sentenza. Il ricorso di R.R. va dichiarato inammissibile e, in base al disposto dell' art. 616 c.p.p. , non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000 , alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura, ritenuta equa, indicata in dispositivo. In accoglimento del ricorso del Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Napoli la sentenza impugnata va annullata limitatamente alla applicazione delle circostanze attenuanti generiche, con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Napoli, che procederà a nuovo giudizio sul punto tenendo conto dei rilievi e dei principi di diritto suesposti. Tutti gli imputanti, infine, vanno condannati, in base al disposto dell' art. 541 c.p.p. , alla rifusione delle spese del grado sostenute dalla parte civile K.D.M., completamente vittoriosa nei loro confronti e che potrebbe disinteressarsi del giudizio di rinvio, da cui non può derivarle alcun pregiudizio e rispetto a cui non ha titolo, pertanto, alla rifusione delle spese cfr. Sez. 4 n. 9208 del 15/01/2020, RV 278908-02 Sez. 6 n. 8326 del 04/02/2015, Rv 262626-01 la condanna va disposta in via generica in quanto la predetta parte civile è ammessa al patrocinio a spese dello Stato e spetterà, poi, al giudice che ha pronunciato la sentenza passata in giudicato la liquidazione di tali spese mediante l'emissione del decreto di pagamento ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, artt. 82 e 83 Sez. U, n. 5464 del 26/09/2019, dep.12/02/2020, Rv.277760 - 01 . 9. Ai sensi dell' art. 624 c.p.p. va dichiarata l'irrevocabilità della sentenza impugnata nella parte relativa all'affermazione della penale responsabilità degli imputati. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata in relazione agli imputati D.F.C., D.V.F., G.G.D., M.A., limitatamente alle statuizioni civilistiche di condanna a favore della società Hotel omissis S.r.l., statuizioni che elimina. Dichiara inammissibile i ricorsi di D.F.C., D.V.F., G.G.D., M.A., nel resto. Annulla la sentenza impugnata nei confronti di tutti gli imputati limitatamente alla applicazione delle circostanze attenuanti generiche e rinvia per nuovo giudizio sul punto ad altra sezione della Corte di appello di Napoli. Dichiara inammissibile il ricorso di R.R. e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Condanna, inoltre, gli imputati alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile K.D.M. ammessa al patrocinio dello Stato, nella misura che sarà liquidata dalla Corte di appello Napoli con separato decreto di pagamento ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, artt. 8 2 e 83, disponendo il pagamento in favore dello Stato. Visto l 'art. 624 c.p.p ., dichiara la irrevocabilità della sentenza in ordine all'affermazione di responsabilità di tutti gli imputati. In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52 , in quanto imposto dalla legge.