Protezione internazionale: la credibilità del richiedente deve essere valutata secondo il criterio analitico

Nel procedimento di protezione internazionale si deve adottare «un modello di valutazione di credibilità improntato ad un criterio atomistico-analitico» e «la valutazione dei fatti secondo un modello analitico segue un percorso logico distinto in due fasi – che ne consente una parziale combinazione con quello olistico – fondate, dapprima, su di un rigoroso esame di ciascun singolo fatto indiziante[…]»

Con la sentenza in esame, la Corte di Cassazione ha accolto il ricorso presentato da uno straniero a cui era stato negato il diritto al riconoscimento della protezione internazionale da parte del Tribunale di Perugia. Secondo il giudice, infatti, il racconto del richiedente presentava elementi di sommarietà e lacune non superabili. Sul punto, la Suprema Corte ha affermato che, nel procedimento di protezione internazionale, si deve adottare «un modello di valutazione di credibilità improntato ad un criterio atomistico-analitico» e che «la valutazione dei fatti secondo un modello analitico segue un percorso logico distinto in due fasi – che ne consente una parziale combinazione con quello olistico – fondate, dapprima, su di un rigoroso esame di ciascun singolo fatto indiziante che emerge dal racconto del richiedente asilo onde eliminare quelli privi di rilevanza rappresentativa e conservare quelli che, valutati singolarmente, offrano un contenuto positivo, quantomeno parziale, sotto il profilo dell’efficacia del ragionamento probatorio , e successivamente, su di una valutazione congiunta, complessiva e globale, di tutti quei fatti, alla luce dei principi di coerenza logica, compatibilità inferenziale, congruenza espositiva, concordanza prevalente, onde accertare se la loro combinazione, frutto di accurata sintesi logica e non di acritica somma aritmetica, possa condurre all’approdo della prova presuntiva del factum probandum – che potrebbe non considerarsi raggiunta attraverso una valutazione atomistica di ciascun indizio quae singula non possunt, collecta iuvant ». Il Collegio, in merito alla valutazione della prova documentale, ha inoltre osservato che essa «va condotta entro i rigorosi termini dell’affermazione della sua autenticità ovvero della sua falsità, palesando, in tale ultimo caso, ed all’esito dell’attivazione di poteri istruttori officiosi, le ragioni per cui viene privilegiato un giudizio di falsità, attesa la impredicabilità, sul piano processuale, di una terza ipotesi valutativa, consistente in una fantomatica “scarsa plausibilità” documentale».

Presidente Travaglino Premesso in fatto - che il signor N., nato in omissis , ha chiesto alla competente commissione territoriale il riconoscimento della protezione internazionale di cui al D.Lgs. 25 gennaio 2008, numero 25, articolo 4, ed in particolare a in via principale, il riconoscimento dello status di rifugiato, D.Lgs. 19 novembre 2007, numero 251, ex articolo 7 e segg. b in via subordinata, il riconoscimento della protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. 19 novembre 2007, numero 251, articolo 14 c in via ulteriormente subordinata, la concessione del permesso di soggiorno per motivi umanitari, D.Lgs. 25 luglio 1998, numero 286, ex articolo 5, comma 6 nel testo applicabile ratione temporis - che la Commissione Territoriale ha rigettato l'istanza - che, avverso tale provvedimento, egli ha proposto, ai sensi del D.Lgs. 28 gennaio 2008, numero 25, articolo 35, ricorso dinanzi al Tribunale di Perugia - che, a sostegno della domanda di riconoscimento delle cd. protezioni maggiori , il ricorrente, non comparso personalmente in udienza dinanzi al giudice di primo grado che aveva ritenuto superfluo procedere ad una sua nuova audizione, destinata a costituire una non utile ripetizione di quella già svolta così al folio 3 del decreto impugnato , aveva dichiarato alla commissione territoriale di essere fuggito dal proprio Paese per il fondato timore di essere vittima di gravi atti di persecuzione a causa della sua appartenenza al movimento pacifista omissis acronimo di omissis , composto da appartenenti al gruppo etnico Igbo, avente lo scopo di staccarsi dalla Nigeria per dar vita alla nazione indipendente del Biafra - che, in dettaglio, il ricorrente riferiva, in sede di audizione dinanzi alla commissione territoriale - di aver partecipato, nel mese di omissis , in occasione del omissis nel quale il Biafra ebbe ad annunciare la propria indipendenza , ad una manifestazione pacifista nella cittadina di omissis , svolgendo la propria attività di addetto alla sicurezza per conto del movimento omissis - documentando la circostanza con la produzione di un certificato attestante la sua appartenenza al gruppo indipendentista - di essere stato, in quell'occasione, dapprima percosso e poi arrestato dalla Polizia che lo aveva poi trattenuto in stato di fermo nella stazione di omissis , sottoponendolo a brutali vessazioni , intervenuta a reprimere la manifestazione con lancio di lacrimogeni, uccidendo molte persone - di essere riuscito a fuggire insieme con altri detenuti, scavalcando un muro, dopo aver tramortito un agente di guardia - di essersi rifugiato presso la nonna materna, per poi partire alla volta della Libia, e di lì verso l'Italia - di essere giunto in Libia nella prima settimana del 2017, dove era stato arrestato e detenuto per 5 mesi - per poi essere venduto ad un libico per il quale avrebbe lavorato senza essere pagato - subendo ferite documentate fotograficamente innanzi alla commissione - di essere stato destinatario di un ordine di cattura emesso nei suoi confronti, mostrato in copia alla commissione, emesso dalla Federal High Court del Paese, contenente un puntuale riferimento ai fatti a lui ascritti e da lui narrati - di essere stato altresì destinatario di una lettera di arresto, anch'essa ritualmente prodotta in commissione, spiccata dalla polizia nigeriana e consegnata alla sua comunità di appartenenza per ottenere informazioni su di lui dopo la sua fuga - di aver seguito, una volta giunto in Italia, corsi di lingua italiana, interessandosi agli argomenti trattati in classe e mostrandosi sempre molto rispettoso e propositivo , come attestato dalla Relazione prodotta in atti della Arcisolidarietà del 18.4.2018 - Di aver reperito un impiego a tempo indeterminato, regolarmente retribuito, come addetto al lavaggio auto presso la ditta Egiziano Lavaggio Auto in omissis - che, in via subordinata, aveva poi dedotto l'esistenza dei presupposti per il riconoscimento, in suo favore, della protezione umanitaria, in considerazione della propria - oggettiva e grave - condizione di vulnerabilità - che il Tribunale ha ritenuto insussistenti i presupposti per il riconoscimento di tutte le forme di protezione internazionale invocate dal ricorrente, con la motivazione che segue 1 il racconto presentava elementi di sommarietà e lacune non superabili 2 le risposte in merito all'organizzazione di appartenenza risultavano stereotipate e laconiche , tanto in relazione agli obbiettivi del gruppo omissis , quanto ai nomi dei capi locali dell'organizzazione dei quali il ricorrente, non conoscendone i nomi, riferiva soltanto esservene uno per ogni zona 3 non era plausibile la circostanza della fuga saltando un muro, né erano chiarite le modalità dell'aggressione al sorvegliante 4 era scarsamente plausibile che un mandato di cattura a suo carico fosse stato emesso a notevole distanza di tempo dal fatto , e che lo stesso provvedimento, stante l'impossibilità di comunicarlo al ricorrente ormai fuggito, venisse notificato alla comunità perché ne curasse la consegna alla famiglia 5 era di scarsissimo rilievo la circostanza che effettivamente le fonti delle quali non viene, peraltro, fatto nessun più specifico cenno nel decreto riscontrassero la violenta repressione della manifestazione del 30 maggio 2026, in assenza di elementi individualizzanti di una effettiva adesione del ricorrente alla causa del movimento 6 il riferimento generico ed intrinsecamente poco coerente, ad un coinvolgimento nella repressione della manifestazione politica finiva per assumere il significato di un tema artificiosamente introdotto con riferimento ad un episodio di cui era agevole reperire informazioni 7 le copie dei documenti trasmessi al ricorrente dai suoi familiari, attestanti la veridicità delle dichiarazioni del ricorrente, non erano significative , considerando che i puntuali rilievi in merito al dubbio della loro non attendibilità non erano stati affatto affrontati nel ricorso introduttivo, ove non era offerto alcun elemento che valesse a dimostrare che le copie degli estratti whatsapp fossero riferibili a fatti storici realmente verificatisi così, testualmente, è dato leggere nel decreto impugnato, al folio 5, primo capoverso, righi 11 e ss. 8 dall'audizione era emerso che il ricorrente avesse in animo, prima della riferita adesione al movimento omissis , di trasferirsi all'estero per lavoro, avendo richiesto nel 2015 il visto di lavoro per l' O., così che la sua posizione era riconducibile a differenti motivazioni, di matrice essenzialmente economica . - che altrettanto impredicabile veniva poi ritenuta una effettiva situazione di vulnerabilità del richiedente asilo idonea a giustificare il riconoscimento dei presupposti per la protezione umanitaria. Il provvedimento del Tribunale di Perugia è stato impugnato per cassazione dall'odierno ricorrente sulla base di 4 motivi di censura Il Ministero dell'interno non si è costituito in termini mediante controricorso. Osserva in diritto Il ricorso è manifestamente fondato. Con il primo motivo, si censura il decreto impugnato per violazione e falsa applicazione del D.Lgs. numero 251 del 2007, articolo 2, 3, 5,14, D.Lgs. numero 25 del 2008, articolo 3,8, per non aver valutato il Tribunale di Perugia la credibilità sulla base dei parametri stabiliti nel D.Lgs. numero 251 del 2007, articolo 3, comma 5 articolo 360 c.p.c., numero 3 . Lamenta, del tutto condivisibilmente, la difesa del richiedente asilo - dopo aver evidenziato, al folio 7 dell'atto di impugnazione, come il decreto del tribunale sia basato su una mera e pedissequa riproposizione delle considerazioni svolte dalla commissione territoriale, omettendosi del tutto un autonomo scrutinio delle informazioni e delle allegazioni documentali prodotte - che la valutazione di credibilità del ricorrente sia stata oggetto, in parte, dell'omissione, in parte, della distorsione, dei criteri fissati dalla legge. Osserva preliminarmente il collegio come la valutazione di credibilità del richiedente asilo sia tematica assai delicata, perché pone, in parte qua, la questione del significato dell'attribuzione di poteri istruttori particolarmente incisivi al giudice civile. Il quadro normativo è composito. Oltre che nel D.Lgs. 19 novembre 2007, numero 251, di attuazione della Direttiva 2004/83/CE, recante norme minime sull'attribuzione, a cittadini di Paesi terzi o apolidi, della qualifica di rifugiato o di persona altrimenti bisognosa della protezione internazionale, nonché norme minime sul contenuto della protezione riconosciuta , e nel D.Lgs. 28 gennaio 2008, numero 25, di attuazione della Direttiva 2005/85/CE recante norme minime per le procedure applicate negli Stati membri ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di rifugiato , la disciplina processuale di riferimento è contenuta nel D.L. 17 febbraio 2017, numero 13, convertito in L. 13 aprile 2017, numero 46, che ha istituito, presso i tribunali ordinari del luogo nel quale hanno sede le Corti d'appello, le sezioni specializzate in materia di immigrazione, protezione internazionale e libera circolazione dei cittadini dell'Unione Europea, prevedendo che le controversie vengano trattate con rito camerale e con competenza collegiale dopo che il D.Lgs. 1 settembre 2011, numero 150, recante Disposizioni complementari al codice di procedura civile in materia di riduzione e semplificazione dei procedimenti civili di cognizione, ai sensi della L. 18 giugno 2009, numero 69, articolo 54 , aveva previsto invece che le controversie aventi ad oggetto l'impugnazione dei provvedimenti previsti dal D.Lgs. 28 gennaio 2008, numero 25, articolo 35, fossero regolate dal rito sommario di cognizione . La disciplina è stata incisa anche dai cd. decreti sicurezza D.L. 4 ottobre 2018, numero 113, e D.L. 14 giugno 2019, numero 539 , su cui è intervenuto da ultimo il D.L. 21 ottobre 2020, numero 130, conv. con L. 18 dicembre 2020, numero 173. Da questo quadro emerge la delicatezza del tema della prova, cui si collega quello, sfuggente anche nel diritto processuale civile ordinario, dell'allegazione dei fatti. Dovendo offrire il necessario rilievo alle condizioni culturali, materiali e psicologiche in cui versa il richiedente asilo, e alle difficoltà di fornire le prove richieste, il legislatore ha dato ampio spazio all'iniziativa officiosa in tema di prova, scolpendo regole probatorie di cui il giudice si deve fare interprete, in un processo che comunque è retto dal principio della domanda - ed in cui il monopolio dell'allegazione dei fatti è dunque rimesso alle parti - così che i poteri istruttori dell'organo giurisdizionale devono muovere entro una cornice data, che è quella tracciata dai fatti allegati da queste ultime. La prova principale è rappresentata dall'audizione del richiedente tecnicamente, una vera e propria testimonianza della parte, sul presupposto che tutti quei fatti che sono noti soltanto a quest'ultima - o che, per ragioni a questa non imputabili, non si possano provare convenientemente con prove diverse dalla dichiarazione rappresentativa della parte - non possono essere considerati in giudizio come insussistenti. Mentre nel processo civile ordinario si discute della stessa funzione probatoria dell'interrogatorio libero delle parti, che è soprattutto strumento volto alla chiarificazione dei fatti di causa, cui si unisce, sia pure in modo più ambiguo, la funzione di strumento di conoscenza dei fatti stessi secondo un orientamento ormai consolidato della giurisprudenza di questa Corte, le dichiarazioni rese dalla parte nell'interrogatorio libero di cui all'articolo 117 c.p.c., pur non essendo un mezzo di prova, possono essere fonte anche unica del convincimento del giudice di merito , l'utilizzazione del sapere della parte nella formazione del convincimento giudiziale è il momento centrale dell'istruttoria nel sistema della protezione internazionale. Sistema che, sotto il profilo della prova, bilancia l'onere probatorio di cui all'articolo 2967 c.c., pur operante anche nelle controversie in materia di asilo, con un meccanismo che, diversamente da quel che avviene nelle altre tipologie di processo civile ivi comprese quelle che pure rispondono al modello istruttorio acquisitivo, caratterizzato dall'iniziativa istruttoria del giudice , permette la testimonianza della parte, riservandole un'efficacia probatoria diversa da quella tradizionalmente prevista per le dichiarazioni rese in seno all'interrogatorio libero, e non si limita ad ampliare le ipotesi in cui sono previsti poteri ufficiosi di assunzione dei mezzi di prova. Tanto premesso, integra gli estremi dell'errore di diritto, come tale censurabile in sede di legittimità, tanto una motivazione meramente di stile come quella predicativa, sic et simpliciter, senza alcuna ulteriore e reale argomentazione, di una pretesa scarsa verosimiglianza delle allegazioni, sommarietà non superabili, scarsa plausibilità, stereotipata laconicità quanto una valutazione del narrato che si sostanzi nella sua acritica scomposizione e nel suo sistematico frazionamento, volto alla ricerca delle singole, eventuali contraddizioni, pur talvolta esistenti, insite nella narrazione stessa, volta che il procedimento di protezione internazionale è caratterizzato, per sua natura, da una sostanziale mancanza di contraddittorio stante la sistematica assenza dell'organo ministeriale , con conseguente impredicabilità della diversa funzione - caratteristica del processo civile ordinario - di oggettivo bilanciamento tra posizioni e tesi contrapposte inter pares. Funzione del procedimento giurisdizionale di protezione internazionale deve ritenersi quella - del tutto autonoma rispetto alla precedente procedura amministrativa, della quale esso non costituisce in alcun modo prosecuzione impugnatoria - di accertare, secondo criteri legislativamente predeterminati, la sussistenza o meno del diritto al riconoscimento di una delle tre forme di asilo, onde il compito del giudice chiamato alla tutela di diritti fondamentali della persona appare funzionale - anche al di là ed a prescindere da quanto accaduto dinanzi alla Commissione territoriale - alla complessiva raccolta, accurata e qualitativa, delle predette informazioni, nel corso della quale dissonanze e incongruenze, di per se non decisive ai fini del giudizio finale, andranno opportunamente valutate in una dimensione di senso e di significato complessivamente inteso, secondo un criterio di unitarietà argomentativa e non di sistematico frazionamento, logico e sintattico, della narrazione, come confermato dal disposto del D.Lgs. numero 251 del 2007, articolo 3, comma 5, lett. e , a mente del quale, nella valutazione di credibilità, si deve verificare anche se il richiedente e', in generale, attendibile . Se, considerato isolatamente, ogni frammento dichiarativo può non essere ritenuto sufficiente a pervenire ad un giudizio complessivo di credibilità rectius, a fondare un parcellare quanto illegittimo giudizio di non credibilità , è l'insieme intrinseco delle connessioni logico-espositive delle dichiarazioni a formare oggetto di valutazione, che deve risultare complessiva, e non frantumata e/o relativizzata rispetto ad ogni singolo episodio esaminato ex se in modo del tutto avulso dalla complessa trama narrativa oggetto di esame e di giudizio. Nella valutazione della complessiva credibilità del racconto del richiedente asilo, ove, rispetto ad alcuni dettagli, residuino all'organo giudicante dubbi in parte qua, deve poi trovare legittima applicazione il principio del beneficio del dubbio - contra, non condivisibilmente, Cass. numero 16028 del 2019, che risulta in aperto e forse inconsapevole contrasto con quanto più volte affermato dalla Corte Europea dei Diritti dell'Uomo in materia di onere della prova stante la particolare situazione in cui si trovano i richiedenti asilo, sarà frequentemente necessario concedere loro il beneficio del dubbio quando si vada a considerare la credibilità delle loro dichiarazioni e dei documenti presentati a supporto CEDU, R.C. v. Svezia, 2010, paragrafo 50 CEDU, N. v. Svezia, 2010, paragrafo 53 CEDU, A.A. v. Svizzera, 2014, paragrafo 59 . Sul piano della prova, inoltre, il giudizio sulla credibilità del richiedente asilo trova le sue premesse metodologiche nella scelta del metodo di valutazione degli elementi di fatto disponibili i fatti indizianti della prova per presunzioni e sulla scelta tra un generico modello olistico ovvero un rigoroso metodo analitico. Nel procedimento di protezione internazionale, va adottato un modello di valutazione di credibilità improntato ad un criterio atomistico-analitico, atteso che un modello olistico si presterebbe facilmente a sovrapporre alla realtà dei fatti la sola loro narrazione, con il rischio che una perfetta coerenza narrativa, pur in ipotesi assolutamente falsa, possa fuorviare il giudice e condurlo ad una decisione ingiusta, mentre il metodo analitico-atomistico si fonda sulla premessa che la base della decisione sia rappresentata dai fatti e soltanto da essi. La valutazione dei fatti secondo un modello analitico segue un percorso logico distinto in due fasi - che ne consente una parziale combinazione con quello olistico - fondate, dapprima, su di un rigoroso esame di ciascun singolo fatto indiziante che emerge dal racconto del richiedente asilo onde eliminare quelli privi di rilevanza rappresentativa e conservare quelli che, valutati singolarmente, offrano un contenuto positivo, quantomeno parziale, sotto il profilo dell'efficacia del ragionamento probatorio , e successivamente, su di una valutazione congiunta, complessiva e globale, di tutti quei fatti, alla luce dei principi di coerenza logica, compatibilità inferenziale, congruenza espositiva, concordanza prevalente, onde accertare se la loro combinazione, frutto di accurata sintesi logica e non di acritica somma aritmetica, possa condurre all'approdo della prova presuntiva del factum probandum - che potrebbe non considerarsi raggiunta attraverso una valutazione atomistica di ciascun indizio quae singula non possunt, collecta iuvant . Accertata preliminarmente la valenza indicativa di ciascun fatto indiziante che emerge dal racconto del ricorrente secondo il modello analitico, si procederà poi all'esame metodologico dell'intera trama fattuale in modo complessivo e unitario, di tal che la possibile ambiguità dimostrativa di ciascun factum probans possa anche risolversi nel necessario significato dimostrativo che consente di ritenere raggiunta la prova logica del factum probandum. Il procedimento mentale da percorrere, per il giudice, è dunque quello della analisi di ciascun elemento di fatto e della sua collocazione e ricomposizione all'interno di un mosaico del quale il singolo indizio id.e., la singola vicenda narrata costituisce la singola tessera. Il contenuto del provvedimento impugnato, nel sottrarsi tout court ai principi sinora indicati, nello scomporre e frammentare i singoli fatti che compongono la narrazione, nel trascurare immotivatamente precisi elementi documentali allegati e provati dal ricorrente, oltrepassa insanabilmente la soglia dell'apparenza motivazionale giusta le indicazioni di cui a Cass. ss.uu. 8053/2014 e si caratterizza altresì per la sua costante apoditticità. Nessuna spiegazione viene offerta, nella motivazione del decreto, in ordine alla ritenuta sommarietà e insuperabile lacunosità del racconto , a fronte di una narrazione precisa, circostanziata e sorretta da prove documentali. Nessuna spiegazione viene offerta in ordine alla asserita non plausibilità dell'appartenenza all'organizzazione omissis - se non quella, del tutto arbitraria, fondata sulla mancata conoscenza dei nomi dei capi locali - a fronte della produzione di un certificato attestantene l'appartenenza del richiedente asilo, il quale aveva chiaramente evidenziato, nel corso dell'audizione dinanzi alla commissione territoriale, come il suo ruolo nell'organizzazione fosse soltanto quello di addetto alla sicurezza per conto del movimento organizzavamo le persone quando c'erano le proteste, controllavamo le persone che stavano in fila per evitare scontri con la polizia, monitoravamo le persone intorno , di tal che eventuali dubbi apoditticamente manifestati in motivazione ben avrebbero potuto trovare risposta disponendo l'audizione del ricorrente dinanzi al tribunale. Nessuna spiegazione al di là di una declamata non plausibilità viene offerta in ordine alle non credute vicende della fuga del ricorrente, che non avrebbe chiarito le modalità dell'aggressione al sorvegliante delle quali si fatica a comprendere la rilevanza probatoria per assicurarsi la fuga aggressione che appare, di converso, fatto storico sicuramente indiziante della veridicità dell'accaduto . Nessuna convincente spiegazione viene offerta al di là di una ritenuta scarsa plausibilità in relazione ai documenti offerti in copia dalla difesa del ricorrente - comprovanti l'esistenza di un mandato di cattura spiccato nei confronti del signor N. - se non quella della sua emissione a notevole distanza di tempo da fatto , ciò che avrebbe reso le relative dichiarazioni documentate scarsamente plausibili per il solo iato temporale - dovendo rilevarsi, in proposito, che la valutazione di una prova documentale va condotta entro i rigorosi termini dell'affermazione della sua autenticità ovvero della sua falsità, palesando, in tale ultimo caso, ed all'esito dell'attivazione di poteri istruttori officiosi, le ragioni per cui viene privilegiato un giudizio di falsità, attesa la impredicabilità, sul piano processuale, di una terza ipotesi valutativa, consistente in una fantomatica scarsa plausibilità documentale. Nessuna spiegazione viene offerta al di là di una asserita scarsa plausibilità in ordine alla non creduta circostanza che l'ordine di cattura fosse stato notificato alla comunità perché ne curasse la consegna alla famiglia, pur riconoscendosi f. 4, ultimo rigo del decreto l'impossibilità della cattura del ricorrente, ormai fuggito - e ciò in assenza di qualsivoglia approfondimento istruttorio circa le regole procedurali dell'Imo State sub specie dei tempi di emissione degli ordini di cattura e dei soggetti destinatari delle notificazioni di provvedimenti di carattere penale. Nessuna spiegazione viene offerta al di là del declamato scarsissimo rilievo circa la puntuale conoscenza, da parte del richiedente asilo, dei fatti e della violenza repressione della manifestazione del 30 maggio 2016, la cui narrazione viene inspiegabilmente ritenuta carente di elementi individualizzanti di una affettiva adesione alla causa del movimento , in totale spregio della produzione documentale comprovante tale adesione e delle circostanziate dichiarazioni rese dinanzi alla commissione. Le restanti censure, con le quali si lamenta, del tutto fondatamente, l'omesso esame della domanda di protezione sussidiaria si censura, altrettanto fondatamente, l'omessa cooperazione istruttoria ex officio da parte dell'organo giurisdizionale e la totale assenza, nel provvedimento impugnato, di COI attendibili e aggiornate si impugna, del pari fondatamente, il rigetto della domanda di protezione umanitaria, sono assorbiti dall'accoglimento del primo motivo. P.Q.M. La Corte accoglie il primo motivo del ricorso, assorbiti i restanti motivi, cassa il provvedimento impugnato in relazione al motivo accolto e rinvia il procedimento al Tribunale di Perugia, che, in diversa composizione, farà applicazione dei principi di diritto suesposti. Ai sensi del D.P.R. numero 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, inserito dalla L. numero 228 del 2012, articolo 1, comma 17, si dà atto della non sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, se dovuto, per il ricorso principale, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis.