Vengono sottoposte alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, in via pregiudiziale e ai sensi dell’articolo 267 del TFUE Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea , due questioni.
1 Se l’articolo 1, par. 2 e 3 e gli articolo 3 e 4 della decisione quadro 2022/584/GAI debbano essere interpretati nel senso che non consentono all’autorità giudiziaria dell’esecuzione di rifiutare o comunque differire la consegna della madre con figli minorenni conviventi 2 se in caso di positiva risposta alla precedente questione le norme citate siano compatibili con articolo 7 e 24, par. 3 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, anche alla luce della giurisprudenza della Corte Europea dei diritti dell’uomo in materia di articolo 8 CEDU e delle Costituzioni degli Stati membri, ove impongano, con la consegna, di recidere i rapporti tra madre e figlio minore senza tener conto del best interest of child. Il caso. L'autorità giudiziaria belga, dopo aver condannato una donna per tratta di esseri umani e agevolazione dell'immigrazione clandestina, emetteva mandato di arresto europeo nei suoi confronti. Questa, al momento dell'arresto, avvenuto il 2 settembre 2021 in Italia, si trovava col figlio minorenne, che veniva affidato ai servizi sociali. Nondimeno, in ordine a tale richiesta di consegna, la Corte di Appello di Bologna, dopo aver richiesto informazioni circa il trattamento carcerario che la condannata avrebbe subito e alle misure che sarebbero state adottate nei confronti del minore, non riceveva risposta in ordine a tali quesiti e perciò negava la consegna, deducendo di non avere alcuna certezza che nell'ordinamento dello Stato richiedente siano riconosciute modalità di detenzione assimilabili a quelle dello Stato italiano, che tutelino la madre e il rapporto con i figli, e d'altra parte che assicurino ai figli la necessaria assistenza materna costituzionalmente garantita. Questioni prospettate nei ricorsi. È stato proposto ricorso per Cassazione sia da parte del Procuratore generale presso la Corte di Appello che da parte della stessa condannata. Secondo la Procura generale la sentenza va annullata perché la Corte avrebbe dovuto riproporre la propria richiesta all'Autorità competente a fornire le informazioni richieste. Secondo l'interessata, invece, il rifiuto alla consegna è connesso alla circostanza che la ricorrente è stata condannata all'esito di un giudizio contumaciale del quale non ha mai avuto conoscenza. In secondo luogo, perché l'esecuzione della consegna determinerebbe la lesione del diritto alla salute della madre e dell'interesse superiore del minore a non vedere reciso il rapporto con il genitore. Infine, seppure l'essere madre incinta o di prole inferiore a tre anni non sia uno dei motivi di rifiuto obbligatorio della consegna della condannata, secondo la difesa, dovrebbe essere sollevata questione di legittimità costituzionale dell' articolo 18 l. numero 69/2005 in relazione agli articolo 2, 31, 3, e 111 e 10 della Costituzione , in relazione agli articolo 8 della CEDU e all'articolo 17 della Carta Sociale Europea. Il ragionamento della Corte. La Corte di Cassazione, con la sentenza in commento, ha stabilito che, per addivenire alla decisione dei predetti ricorsi, sia necessario l'intervento, in via pregiudiziale, della Corte di giustizia dell'Unione Europea, affinchè precisi l'esatta interpretazione ed eventuale validità della decisione quadro 2002/584/GAI relativa al mandato di arresto europeo e alle procedure di consegna tra gli Stati membri. Tale decisione è stata attuata in Italia con la L. 69/2005 che, nella sua formulazione originaria, prevedeva, all'articolo 18, venti motivi di “rifiuto della consegna” obbligatori. Tra i vari motivi era previsto anche che «la Corte di appello rifiuta la consegna … se la persona richiesta è donna incinta o madre di prole di età inferiore a tre anni con lei convivente», a meno che le esigenze cautelari, nel caso specifico, non siano di eccezionale gravità. Orbene, la giurisprudenza di legittimità ha ritenuto che tale motivo di rifiuto si applicasse sia nel caso di mandato di arresto esecutivo che di mandato di arresto processuale Sez. Feriale, numero 35286/2008 e che tale divieto andasse esteso anche in materia di estradizione ex plurimis , Sez. 6, numero 1677/2019 . Intervento della l. numero 117/2019 . Con la l. numero 117/2019 è stata conferita delega al Governo al fine di adeguare la normativa nazionale alla decisione quadro 2022/584/GAI, così modificando la l. numero 69/2005 . Ciò si è reso necessario, atteso che la normativa di attuazione introduceva dei motivi di rifiuto ulteriori e del tutto nuovi rispetto a quelli previsti dalla decisione quadro. Pertanto, la novella ha previsto una differenziazione tra motivi di rifiuto obbligatori e motivi di rifiuto facoltativi, introducendo l'articolo 18- bis , riducendo gli stessi da venti a diciassette, e mantenendo quello relativo alla donna incinta o madre di prole di età inferiore a tre anni. Il d. lgs numero 19/2021 . Tuttavia, non molto tempo dopo, con il d.lgs. numero 10/2021 sono stati abrogati tutti quei motivi di rifiuto non previsti come obbligatori dalla decisione quadro o che comunque, seppure previsti, avevano subito, nella legislazione nazionale una estensione maggiore rispetto a quanto previsto dal diritto dell'Unione. L' articolo 18 della l. numero 69/2005 è stato, quindi, sostituito integralmente dall'articolo 14 della novella, con la previsione di soli tre motivi di rifiuto della consegna. Si tratta del caso in cui il reato contestato con il mandato di arresto europeo si sia estinto per amnistia in Italia del caso in cui in Italia, per gli stessi fatti, sia stata emessa sentenza o decreto penale o sentenza di non luogo a procedere definitiva, o quando in uno stato estero sia stata emessa una sentenza di condanna definitiva e la pena sia stata eseguita o sia in corso di esecuzione o non possa essere più eseguita ed infine, del caso in cui la persona oggetto del mandato di arresto sia minore degli anni 14 al momento della commissione dei fatti. La nuova normativa è entrata in vigore il 20 febbraio 2021, pertanto, soggiacendo al principio tempus regit actum si applica a tutti i mandati di arresto emessi dopo quella data, come nel caso di specie. Per tale motivo, dunque, attualmente, la consegna di donna incinta o madre di prole minorenne convivente non può essere rifiutata, atteso che tale motivo non rientra più tra quelli normativamente previsti. Si tratta di casi inderogabili? Secondo la giurisprudenza, tuttavia, nonostante l'abrogazione della norma suddetta, la consegna di donna incinta o madre di prole minorenne con lei convivente, se disposta senza preliminare verifica circa le modalità di detenzione dello Stato richiedente che devono essere assimilabili a quelle del nostro ordinamento , potrebbe violare i diritti fondamentali della persona. Se l'ordinamento dello Stato richiedente, pertanto, non preveda forme di tutela del minore comparabili con quelle previste sia a livello costituzionale che della CEDU , sarebbe lecito il rifiuto della consegna, ai sensi dell' articolo 2, l. numero 69/2005 , così come riformulato dall'articolo 2, comma 1, l. numero 10/2021, laddove prevede una prevalenza dei «principi supremi dell'ordine costituzionale o dei diritti inalienabili della persona riconosciuti dalla Costituzione, dei diritti fondamentali e dei fondamentali principi sanciti dall'articolo 6 del trattato sull'Unione europea o dei diritti fondamentali garantiti dalla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali». Il parametro del “best interest of child”. Sulla base di tali premesse, dunque, l'obbligo assoluto di consegna di una madre di prole inferiore ad anni tre in esecuzione di un mandato di arresto europeo si pone in una situazione di conflitto non solo con i principi nazionali, ma anche con quelli europei che tutelano i diritti fondamentali sia della madre che del minore. A ciò si aggiunga che, sulla scorta del dettato dell' articolo 24, comma 3, della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea «in tutti gli atti relativi ai bambini, siano essi compiuti da autorità pubbliche o da istituzioni private, l'interesse superiore del bambino deve essere considerato preminente». Tale principio è ribadito dall'articolo 3, par. 1, della Convenzione sui diritti del fanciullo e dall'articolo 6, della Convenzione europea sull'esercizio dei diritti dei fanciulli. Il parametro del best interest of child, dunque, deve sicuramente porsi alla base di qualunque scelta in ordine all'esecuzione di un mandato di arresto europeo, sia che coinvolga in prima persona un minore, sia che interessi la madre di un soggetto minore di anni tre con lei convivente e ciò, a prescindere dal principio di riconoscimento reciproco tra Stati membri. Per tutte queste ragioni, la Corte ha ritenuto necessario sottoporre la questione alla Corte di Giustizia dell'unione europea nei termini già precisati.
Presidente Fidelbo – Relatore D'Arcangelo Ritenuto in fatto 1. L'autorità giudiziaria belga ha emesso in data 26 giugno 2020 un mandato d'arresto Europeo nei confronti della cittadina nigeriana Y.F. per l'esecuzione della pena di cinque anni di reclusione inflitta dal Tribunale di Anversa con la sentenza numero 2268 del 2020 per i reati di tratta di essere umani e di agevolazione dell'immigrazione clandestina, commessi tra il omissis . 1.1. La persona richiesta in consegna all'atto dell'arresto, avvenuto in omissis era con il figlio minorenne Y.G.S., nato a omissis , e con lei convivente, che è stato affidato ai servizi sociali. Nel corso dell'interrogatorio reso all'udienza del 3 settembre 2021 la Y. non ha acconsentito alla sua consegna all'autorità giudiziaria belga e il Consigliere delegato ha convalidato l'arresto, disponendo la custodia cautelare in carcere, di seguito sostituita, con ordinanza del 5 ottobre 2021, con gli arresti domiciliari. 1.2. All'udienza del 17 settembre 2021, sentite le richieste delle parti, la Corte di appello di Bologna ha disposto l'acquisizione presso l'autorità giudiziaria richiedente di informazioni relative alle modalità di esecuzione della pena per le madri conviventi con figli minorenni nell'ordinamento belga, al trattamento carcerario al quale la Y. sarebbe stata sottoposta e alle misure che sarebbero state adottate nei confronti del minore, nonché sulla possibilità di rinnovazione del giudizio conclusosi con la pronuncia di una condanna in absentia. Con nota del 5 ottobre 2021, l'Ufficio del Procuratore del Re di Anversa ha comunicato alla Corte di appello di Bologna che le risposte ai quesiti formulati erano di competenza del Servizio Pubblico Federale per la giustizia. 1.3. Con sentenza emessa in data 15 ottobre 2021 la Corte di appello di Bologna ha rifiutato la consegna all'autorità giudiziaria del Belgio di Y.F. e ha revocato la misura cautelare applicata, disponendo l'immediata rimessione in libertà della persona richiesta in consegna. La Corte di appello ha rilevato che, in mancanza di risposta dell'autorità giudiziaria belga, non vi sarebbe la certezza che nell'ordinamento dello Stato richiedente siano riconosciute modalità di detenzione assimilabili a quelle dello Stato italiano e, segnatamente, che tutelino il diritto della madre a non essere privata del rapporto con i figli e al loro accudimento e che assicurino ai figli la necessaria assistenza materna e familiare costituzionalmente garantita in conformità alle previsioni degli articolo 3 e 31 Cost. , dall'articolo 3 della Convenzione sui diritti del fanciullo e dell' articolo 24 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea . 2. Avverso tale sentenza hanno presentato ricorso per cassazione il Procuratore generale presso la Corte di appello di Bologna e la persona richiesta in consegna. 3. Il Procuratore generale presso la Corte di appello di Bologna, con unico motivo, ha chiesto l'annullamento della sentenza impugnata, censurando l'erronea applicazione della L. numero 69 del 2006, articolo 16 e 18 e l'illogicità della motivazione. Deduce il Procuratore generale ricorrente che la Corte di appello di Bologna avrebbe dovuto quanto meno riproporre la richiesta di informazioni integrative all'autorità correttamente individuata e che non vi sarebbe motivo di dubitare che lo Stato richiedente non riconosca modalità di detenzione assimilabili a quelle garantite dallo Stato italiano. 4. L'avvocato Roberto Ghini, difensore della Y., ha chiesto l'annullamento della sentenza impugnata, deducendo tre motivi. Premette il difensore che la ricorrente ha interesse a ricorrere, pur avendo la Corte di Appello negato la sua consegna, in quanto la Corte di appello di Bologna aveva fondato il rigetto della richiesta di consegna su motivi estranei al merito della stessa e, dunque, la sentenza impugnata non precluderebbe definitivamente l'esecuzione della consegna richiesta. Il rifiuto alla consegna avrebbe, invece, dovuto essere pronunciato per ragioni di merito, in quanto l'esecuzione del mandato di arresto Europeo, già allo stato degli atti e prescindendo dagli esiti dell'integrazione probatoria, sarebbe lesiva delle garanzie costituzionali e dei diritti fondamentali garantiti dalle convenzioni sovranazionali. 4.1. Con il primo motivo il difensore censura l'erronea applicazione della L. numero 69 del 2005, articolo 2 e 17 e deduce che la Corte di appello di Bologna avrebbe dovuto rifiutare la richiesta di consegna, in quanto la ricorrente era stata condannata all'esito di un processo contumaciale di cui non aveva avuto notizia e che era stato celebrato in assenza di difensore e in lingua neerlandese a lei ignota. 4.2. Con il secondo motivo il difensore lamenta la violazione della L. numero 69 del 2005, articolo 2, in quanto, essendo la ricorrente in stato di gravidanza, come risulta dalla documentazione medica acquisita successivamente alla sentenza impugnata, e madre di un bambino di poco più di due anni, l'esecuzione della consegna avrebbe determinato la lesione del diritto alla salute della madre e dell'interesse superiore del minore a non veder reciso il proprio rapporto con la madre. Il difensore rileva che, pur essendo stato abrogato lo specifico motivo di rifiuto della consegna previsto dall'articolo 18, lett. s della formulazione originaria della L. numero 69 del 2005 per le donne incinta o madri con prole inferiore ai tre anni, la consegna dovrebbe essere esclusa in ragione della clausola generale di cui al novellato L. numero 69 del 2005, articolo 2 al fine di evitare la lesione dei diritti fondamentali all'infanzia e alla maternità. 4.3. Con il terzo motivo il difensore rileva che, qualora la Corte di cassazione ritenesse di non aderire all'interpretazione che consente di rifiutare la consegna di donna incinta o di madre con prole convivente ai sensi della L. numero 69 del 2005, articolo 2, dovrebbe sollevare questione di legittimità costituzionale della L. numero 69 del 2005, articolo 18, nella parte in cui irragionevolmente non prevede quale causa obbligatoria di rifiuto della consegna l'essere donna incinta ovvero madre di figlio di età inferiore ai tre anni per contrasto con gli articolo 2,31,3 e 111 Cost. e con l' articolo 10 Cost. , in relazione agli articolo 8 della Convenzione Europea dei diritti dell'uomo e all'articolo 17 della Carta sociale Europea. 5. All'esito della camera di consiglio del 16 dicembre 2021 il Collegio, dopo aver sentito le parti, ha differito la deliberazione, ai sensi dell' articolo 615 c.p.p. , alla camera di consiglio del 14 gennaio 2022. Considerato in diritto 1. La Corte di appello di Bologna, nella sentenza impugnata, ha rifiutato la consegna all'autorità giudiziaria belga di Y.F., in quanto madre di un bambino di età inferiore a tre anni, convivente solo con lei al momento dell'arresto. Secondo la Corte di appello, in materia di mandato di arresto Europeo, ai fini della consegna di madre di prole di età non superiore a sei anni è necessario che l'ordinamento dello Stato richiedente riconosca modalità di detenzione assimilabili a quelle garantite dall'ordinamento italiano e che assicurino ai figli la necessaria assistenza materna e familiare garantita dagli articolo 3 e 31 Cost. , dall'articolo 3 della Convenzione sui diritti del fanciullo e dell' articolo 24 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea . 2. Ritiene la Corte che la decisione dei ricorsi proposti avverso questa sentenza imponga, in via pregiudiziale, di sollecitare un chiarimento da parte della Corte di giustizia dell'Unione Europea sull'esatta interpretazione, ed eventualmente sulla validità, della disciplina delineata dalla Decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio, del 13 giugno 2002, relativa al mandato d'arresto Europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri, come modificata dalla decisione quadro 2009/299/GAI del Consiglio, del 26 febbraio 2009, per la consegna di madre di prole minorenne con lei convivente. 3. La disciplina italiana di attuazione, la L. 22 aprile 2005, numero 69 Disposizioni per conformare il diritto interno alla decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio, del 13 giugno 2002, relativa al mandato d'arresto Europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri , nella formulazione originaria, prevedeva, all'articolo 18, venti motivi di rifiuto della consegna obbligatori. La L. numero 69 del 2005, articolo 18, lett. s , in particolare, prevedeva che La corte di appello rifiuta la consegna se la persona richiesta in consegna è una donna incinta o madre di prole di età inferiore a tre anni con lei convivente, salvo che trattandosi di mandato d'arresto Europeo emesso nel corso di un procedimento, le esigenze cautelari poste a base del provvedimento restrittivo dell'autorità giudiziaria emittente risultino di eccezionale gravità . Con questa previsione, che non trovava corrispondenza nella decisione quadro, il legislatore italiano aveva trasposto nella disciplina di recepimento del mandato di arresto Europeo il precetto dell' articolo 275 c.p.p. , comma 4, che nell'ordinamento interno sancisce il divieto per il giudice di disporre la custodia cautelare in carcere, se non a fronte di esigenze cautelari eccezionali, nei confronti dell'imputata che sia madre di prole di età non superiore a tre anni il limite di tre anni è di seguito stato elevato a sei anni dalla L. 21 aprile 2011, numero 62, articolo 1, comma 1 . La giurisprudenza di questa Corte ha ritenuto che il motivo di rifiuto previsto dalla L. numero 69 del 2005, articolo 18, lett. s si applicasse sia ai casi di mandato di arresto c.d. esecutivo, che ai casi di c.d. mandato di arresto processuale Sez. F, numero 35286 del 02/09/2008, Zvenca, Rv. 241002 - 01 , come era dimostrato dall'operatività della deroga in essa prevista quando il mandato di arresto Europeo fosse stato emesso nel corso di un procedimento e, dunque, prima dell'esercizio dell'azione penale . La giurisprudenza di legittimità ha, inoltre, affermato, in numerose pronunce, che il divieto di consegna previsto dalla L. 22 aprile 2005, numero 69, articolo 18, lett. p , pur espressamente sancito in materia di mandato di arresto Europeo, in quanto espressione di un principio generale e, segnatamente, della primaria esigenza di tutela dell'interesse dei minori, dovesse trovare applicazione anche in materia estradizionale l'esecuzione dell'estradizione nei confronti della madre con prole minorenne convivente era, dunque, ammessa solo previa verifica che lo specifico trattamento penitenziario cui sarebbe sottoposta l'estradanda consentisse la salvaguardia dell'integrità psicofisica del minore ex plurimis Sez. 6, numero 1677 del 11/12/2019, dep. 2020, Kurti, Rv. 278216 - 01 Sez. 6, numero 19148 del 10/03/2009, Crudu, Rv. 243318 - 01 Sez. 6, numero 12498 del 04/12/2007, dep. 2008, Kochanska, Rv. 239145 - 01 . 3.1. La L. 4 ottobre 2019, numero 117 Delega al Governo per il compiuto adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni della decisione quadro 2002/584/GAI, relativa al mandato d'arresto Europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri, e disposizioni in materia di mandato di arresto Europeo e procedure di consegna tra Stati ha modificato il testo della L. numero 69 del 2005 , al fine di adeguarla più compiutamente alla decisione quadro. Diffuse criticità della legge italiana di attuazione erano, infatti, emerse nella Relazione di valutazione del gruppo di esperti del Consiglio dell'Unione Europea sul quarto ciclo di valutazioni reciproche concernente l'applicazione pratica del mandato di arresto Europeo e delle corrispondenti procedure di consegna tra Stati membri , pubblicata in data 23 febbraio 2009, nonché nella più recente Relazione della Commissione sull'attuazione della decisione quadro sul mandato d'arresto Europeo, trasmessa in data 2 luglio 2020 al Parlamento Europeo e al Consiglio, che si concludeva prospettando l'eventualità di una procedura di infrazione. Uno dei punti maggiormente critici era costituito proprio dall'introduzione, da parte del legislatore italiano, di motivi di rifiuto ulteriori e del tutto nuovi rispetto a quelli previsti dalla decisione quadro. La L. numero 117 del 2019 ha, dunque, introdotto la distinzione tra motivi di rifiuto obbligatori e facoltativi, elencati rispettivamente all'articolo 18 ed al nuovo articolo 18-bis, e ha conferito una delega al Governo per apportare le opportune modifiche a questi articoli, in vista del loro compiuto allineamento alla decisione quadro. In questo contesto la L. numero 117 del 2019, articolo 6, comma 5, lett. a ha ridotto a diciassette i motivi di rifiuto obbligatori enunciati dall'articolo 18, mantenendo, tuttavia, in ordine alla consegna di donna incinta o di madre, la medesima formulazione previgente, trasposta però alla lett. p . 3.2. Il D.Lgs. 2 febbraio 2021, numero 10 Disposizioni per il compiuto adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni della decisione quadro 2002/584/GAI, relativa al mandato d'arresto Europeo e alle procedure di consegna tra stati membri, in attuazione delle delega di cui alla L. 4 ottobre 2019, numero 117, articolo 6 ha operato una generalizzata soppressione di tutte le disposizioni interne che erano difformi dalla disciplina Europea. Il D.Lgs., in particolare, ha abrogato i motivi di non esecuzione del mandato di arresto Europeo non previsti, come obbligatori , dalla decisione quadro o che, pur previsti dalla decisione quadro, nella legge di attuazione italiana assumevano un'estensione maggiore di quella delineata dal diritto dell'Unione. Il D.Lgs. numero 10 del 2021, articolo 14 ha, dunque, sostituito integralmente il testo della L. 22 aprile 2005, numero 69, articolo 18, relativo ai motivi di rifiuto obbligatorio della consegna , prevedendo che la corte di appello rifiuta la consegna nei seguenti casi a se il reato contestato nel mandato d'arresto Europeo è estinto per amnistia ai sensi della legge italiana, quando vi è la giurisdizione dello Stato italiano sul fatto b se risulta che nei confronti della persona ricercata, per gli stessi fatti, sono stati emessi, in Italia, sentenza o decreto penale irrevocabili o sentenza di non luogo a procedere non più soggetta a impugnazione o, in altro Stato membro dell'Unione Europea, sentenza definitiva, purché, in caso di condanna, la pena sia stata già eseguita ovvero sia in corso di esecuzione, ovvero non possa più essere eseguita in forza delle leggi dello Stato che ha emesso la condanna c se la persona oggetto del mandato d'arresto Europeo era minore di anni 14 al momento della commissione del reato . Allo stato attuale, dunque, la disciplina italiana di attuazione del mandato di arresto Europeo non contempla più la causa di rifiuto relativa alla consegna di madre incinta o con prole di età inferiore a tre anni. 3.3. Il D.Lgs. numero 10 del 2021 è entrato in vigore il 20 febbraio 2021 e, in ossequio al principio tempus regit actum, le sue disposizioni sostituiscono le precedenti e si applicano ai mandati di arresto emessi a partire da tale data. Il D.Lgs. numero 10 del 2021, articolo 28, con riferimento ai mandati di arresto Europeo pendenti a tale data, ha previsto, inoltre, che i procedimenti relativi alle richieste di esecuzione di mandati di arresto Europeo in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto proseguono con l'applicazione delle norme anteriormente vigenti quando a tale data la corte d'appello abbia già ricevuto il mandato d'arresto Europeo o la persona richiesta in consegna sia stata già arrestata . Nel caso di specie, dunque, la richiesta di consegna della ricorrente è assoggettata alla disciplina dettata dal D.Lgs. numero 10 del 2021 , in quanto, pur essendo stato emesso in data 26 giugno 2020 dal Tribunale di Anversa il mandato di arresto Europeo, l'arresto della persona richiesta in consegna è avvenuto a omissis . 4. Nell'attuale assetto della disciplina di attuazione sul mandato di arresto Europeo, dunque, la consegna di donna incinta o madre di prole minorenne convivente non può essere rifiutata, in quanto questa ipotesi non rientra in alcuno dei motivi di rifiuto tassativamente previsti dal legislatore. 5. Secondo due pronunce di questa Corte, richiamate nella sentenza della Corte di appello di Bologna, tuttavia, l'intervenuta abrogazione del motivo obbligatorio di rifiuto della consegna già previsto dalla L. numero 69 del 2005, articolo 18, lett. p non vale di per sé a ritenere consentita la consegna, in esecuzione di un mandato di arresto Europeo, all'autorità richiedente della madre di prole di età inferiore a tre anni Sez. 6, numero 25333 del 25/06/2021, Eminovic, Rv. 281533 - 01 Sez. 6, numero 22124 del 03/06/2021, Tonuzi, Rv. 281349 - 01 . La consegna di madre con prole inferiore a tre anni con lei convivente potrebbe, infatti, violare i diritti fondamentali della persona se disposta senza una previa verifica da parte dell'ordinamento dello Stato richiedente che riconosca modalità di detenzione assimilabili a quelle garantite dall'ordinamento italiano, tali da escludere che l'interessata possa essere sottoposta a condizioni incompatibili con la tutela della condizione di madre, a salvaguardia degli interessi del minore Sez. 6, numero 22124 del 03/06/2021, Tonuzi, Rv. 281349 - 01 . Qualora l'ordinamento dell'autorità giudiziaria richiedente non contempli forme di tutela del diritto dei figli a non essere privati del ruolo della madre, secondo modalità comparabili a quelle previste dall'ordinamento interno, si determinerebbe, infatti, una lesione di diritti fondamentali, previsti sia dalla Costituzione che dalla CEDU , il che imporrebbe il rifiuto della consegna ai sensi della L. numero 69 del 2005, articolo 2, come riformulato dal D.Lgs. numero 10 del 2021, articolo 2, comma 1. Questa disposizione sancisce, infatti, che l'esecuzione del mandato di arresto Europeo non può, in alcun caso, comportare una violazione dei principi supremi dell'ordine costituzionale dello Stato o dei diritti inalienabili della persona riconosciuti dalla Costituzione, dei diritti fondamentali e dei fondamentali principi giuridici sanciti dall'articolo 6 del trattato sull'Unione Europea o dei diritti fondamentali garantiti dalla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950, resa esecutiva dalla L. 4 agosto 1955, numero 848 , e dai Protocolli addizionali alla stessa . 6. L'interpretazione della L. numero 69 del 2005, articolo 2 è stata chiarita dalla Corte costituzionale nell'ordinanza numero 216 del 2021 , nella quale ha chiesto, in via pregiudiziale, alla Corte di giustizia se l'articolo 1, paragrafo 3, della decisione quadro 2002/584/GAI sul mandato di arresto Europeo, letto alla luce degli articolo 3,4 e 35 della Carta dei diritti fondamentali dell'unione Europea CDFUE , debba essere interpretato nel senso che l'autorità giudiziaria di esecuzione, ove ritenga che la consegna di una persona afflitta da gravi patologie di carattere cronico e potenzialmente irreversibili possa esporla al pericolo di subire un grave pregiudizio alla sua salute, debba richiedere all'autorità giudiziaria emittente le informazioni che consentano di escludere la sussistenza di questo rischio, e sia tenuta a rifiutare la consegna allorché non ottenga assicurazioni in tal senso entro un termine ragionevole. La Corte costituzionale, nel motivare il rinvio pregiudiziale, ha rilevato che spetta in primo luogo alla Corte di giustizia dell'Unione Europea stabilire in quali casi - oltre quelli previsti dalla legge nazionale e dalla decisione quadro 2002/584/GAI - l'autorità giudiziaria italiana possa rifiutarsi di dare esecuzione a un mandato d'arresto Europeo. Nelle materie oggetto di integrale armonizzazione normativa, infatti, spetta in primo luogo al diritto dell'Unione stabilire gli standard di tutela dei diritti fondamentali al cui rispetto sono subordinate la legittimità della disciplina del mandato di arresto Europeo e la sua concreta esecuzione a livello nazionale . La Corte costituzionale ha rilevato che sarebbe manifestamente in contrasto con il primato, l'unità e l'effettività del diritto dell'Unione un'interpretazione del diritto nazionale che riconoscesse all'autorità giudiziaria di esecuzione il potere di rifiutare la consegna dell'interessato al di fuori dei casi tassativi previsti dalla legge in conformità alle previsioni della decisione quadro, sulla base di disposizioni di carattere generale come quelle contenute nel testo della L. numero 69 del 2005, articolo 1 e 2 anteriormente alle modifiche apportate dal D.Lgs. numero 10 del 2021, o come l'articolo 2 della medesima legge nella formulazione oggi vigente . Richiamando le ricorrenti affermazioni della Corte di giustizia, dunque, la Corte costituzionale ha affermato che è precluso agli Stati membri condizionare l'attuazione del diritto dell'Unione, nei settori oggetto di integrale armonizzazione, al rispetto di standard puramente nazionali di tutela dei diritti fondamentali, laddove ciò possa compromettere il primato, l'unità e l'effettività del diritto dell'Unione ex plurimis Corte giustizia, 26/02/2013, in causa C-617/10, Fransson, par. 29 26/02/2013, in causa C-399/11, Melloni, par. 60 . I diritti fondamentali al cui rispetto la decisione quadro è vincolata ai sensi del suo articolo 1, paragrafo 3, sono, piuttosto, quelli riconosciuti dal diritto dell'Unione Europea, e conseguentemente da tutti gli Stati membri allorché attuano il diritto dell'Unione diritti fondamentali alla cui definizione, peraltro, concorrono in maniera eminente le stesse tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri articolo 6, paragrafo 3, TUE e 52, paragrafo 4, CDFUE . 7. Il Collegio condivide questa interpretazione e rileva che il riferimento allo standard comune definito a livello Europeo di tutela dei diritti fondamentali nell'applicazione della L. numero 69 del 2005, articolo 2 impone preliminarmente l'interpretazione del diritto dell'Unione Europea. 8. Nello spirito di leale cooperazione tra corti nazionali ed Europee nella definizione di livelli comuni di tutela dei diritti fondamentali - obiettivo questo di primaria importanza in materie oggetto di armonizzazione normativa Corte Cost., ord., numero 117 del 2019 , come quella di cui si controverte -, e', dunque, necessario stabilire, mediante proposizione di rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia, se la consegna, in esecuzione di un mandato di arresto Europeo, di una madre di figlio minorenne con lei convivente sia conforme o meno ai diritti fondamentali garantiti dal diritto Europeo, e in particolare dalla CDFUE, interpretata in armonia con le tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri, richiamate anche dall'articolo 52, paragrafo 4, della stessa CDFUE come fonti rilevanti. 9. Posto che il diritto alla vita privata e familiare, la protezione dell'infanzia e il diritto del minore a scelte operate nel suo best interest trovano pari riconoscimento nella Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea così come nella Costituzione italiana, si e', invero, al cospetto di un caso di c.d. doppia pregiudizialità, che richiede al giudice italiano un'attenta valutazione circa l'opzione tra rinvio pregiudiziale e scrutinio di costituzionalità alla luce della più recente giurisprudenza della Corte costituzionale C. Cost., sent. numero 20 del 2019 sent. numero 63 del 2019 sent. numero 269 del 2017 ord. numero 117 del 2019 . 9.1. Il Collegio ritiene, tuttavia, nel caso di specie di optare per la pregiudiziale sovranazionale, anche indipendentemente dall'obbligo del giudice di ultima istanza di sollevare questione innanzi alla Corte di giustizia ai sensi dell' articolo 267, comma 3 del Trattato sul funzionamento dell'Unione Europea da ultimo Corte giustizia, 6/10/2021, in causa C-561/19, Consorzio Italian Management e Catania Multisevizi , proprio in ragione della necessità prioritaria di chiarire lo standard di tutela comune offerto sul punto dal diritto dell'Unione. L'interpretazione della Corte di giustizia, peraltro, proprio nel silenzio della L. numero 69 del 2005 sulla disciplina della consegna delle madri di prole minorenne convivente, potrebbe risultare idonea a tutelare i diritti fondamentali in gioco senza necessità di procedere ad alcuna dichiarazione di incostituzionalità di disposizioni della legge di attuazione. 9.2. Il rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia si rende necessario, peraltro, anche per pervenire a una interpretazione uniforme del diritto dell'Unione sul punto. La Corte suprema del Regno Unito ha, infatti, rifiutato la consegna di madri in esecuzione di un mandato di arresto Europeo, in quanto l'interferenza con il diritto alla vita familiare sancito dall' articolo 8 della Convenzione EDU non può ritenersi proporzionata se non quando l'interesse superiore del minore, secondo la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti del fanciullo e la CDFUE, abbia ricevuto una considerazione primaria Corte Suprema del Regno Unito, 20 giugno 2012, HH e PH contro Vice Procuratore della Repubblica italiana, Genova FK contro Autorità giudiziaria polacca 2012 UKSC 25 . 9.3. La proposizione del ricorso pregiudiziale alla Corte di giustizia, peraltro, non esclude il ricorso alla Corte costituzionale nel caso in cui una norma della disciplina di attuazione, in violazione dell' articolo 11 Cost. e articolo 117 Cost. , comma 1, non consenta di garantire lo standard Europeo dei diritti fondamentali o anche nel caso, sommamente improbabile , in cui questo standard risulti contrastante con l'osservanza dei principi supremi dell'ordine costituzionale italiano e dei diritti inalienabili della persona Corte Cost., ord. numero 24 del 2017 . 10. La decisione quadro 2002/584/GAI, del 13 giugno 2002, relativa al mandato d'arresto Europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri, è fondata sul principio del reciproco riconoscimento, di cui ha costituito la prima concretizzazione. 10.1. L'articolo 1, par. 2, della decisione quadro sul mandato di arresto Europeo sancisce che gli Stati membri danno esecuzione ad ogni mandato d'arresto Europeo in base al principio del riconoscimento reciproco e conformemente alle disposizioni della presente decisione quadro . A questa regola la decisione quadro prevede tassative eccezioni costituite dai motivi di non esecuzione obbligatoria articolo 3 e facoltativa articolo 4 e 4-bis . 10.2. La Corte di giustizia dell'Unione Europea ha, peraltro, affermato che il primato del diritto dell'Unione e la sua effettività precludono agli Stati membri la possibilità di introdurre ex novo motivi ostativi dell'esecuzione o di estendere la portata di quelli previsti dalla decisione quadro. La decisione quadro ha, infatti, disciplinato la materia dei limiti alla consegna in modo esaustivo e, pertanto, non è possibile imporre restrizioni ulteriori all'esecuzione di un mandato, né mediante le norme statali di trasposizione né attraverso l'attività interpretativa dei giudici nazionali Corte di giustizia, 26/02/2013, in causa C-399/11, Melloni, par. 44 . 11. Posto che la decisione quadro non contempla un motivo di rifiuto per la consegna di madre convivente con prole minorenne, in questo caso la consegna sembrerebbe incondizionatamente dovuta. 12. L'obbligo incondizionato di consegna, in esecuzione di un mandato di arresto Europeo, di una donna madre di prole di età inferiore a tre anni con lei convivente sembra, tuttavia, porsi obiettivamente in tensione non solo con lo standard nazionale, ma anche con quello Europeo di tutela dei diritti fondamentali dei soggetti incisi il diritto al rispetto della vita privata e familiare della madre ma anche e soprattutto del figlio minorenne , potendone determinare un'esasperata compressione, se non un sacrificio vero e proprio. L'articolo 1, par. 3, della decisione quadro 2002/584/GAI prevede, peraltro, che L'obbligo di rispettare i diritti fondamentali e i fondamentali principi giuridici sanciti dall'articolo 6 del trattato sull'Unione Europea non può essere modificata per effetto della presente decisione quadro . Il dodicesimo considerando della decisione quadro aggiunge, inoltre, che La presente decisione quadro rispetta i diritti fondamentali ed osserva i principi sanciti dall'articolo 6 del trattato sull'Unione Europea e contenuti nella Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea , segnatamente il capo VI . Tale principio e', peraltro, sotteso all'intero ordinamento giuridico dell'Unione, nel quale - come risulta, tra l'altro, dall' articolo 51, paragrafo 1, della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea CDFUE - i diritti fondamentali vincolano tanto le istituzioni, organi e organismi dell'Unione, in primis nella loro produzione normativa, quanto gli Stati membri allorché attuino il diritto dell'Unione. 12.1. La Corte di giustizia, peraltro, ha più volte interpretato la disciplina del mandato di arresto Europeo coniugando l'attuazione del principio del mutuo riconoscimento con la tutela dei diritti fondamentali, come nelle sentenze relative alla non esecuzione del mandato di arresto Europeo in caso di rischio di violazione dell'articolo 4 CDFUE Corte giustizia, 5/04/2016, in cause riunite C-404/15 e C659/15 PPU, Aranyosi e Caldararu o del rischio di violazione del diritto a un processo equo da ultimo, Corte giustizia, 20/02/2022, in cause riunite C-562/21 PPU e C-563/21, X e Y 17/12/2020, in cause riunite C-354/20 PPU e C-412/20 PPU, L e P . 12.2. Parimenti la Corte EDU ha affermato che, nel contesto dell'esecuzione di un mandato d'arresto Europeo da parte di uno Stato membro dell'Unione Europea, il meccanismo di riconoscimento reciproco non dovrebbe essere automaticamente e meccanicamente applicato a discapito dei diritti fondamentali Corte EDU, 17/04/2018, Pirozzi c. Belgio, p.p. 57-64 . La Corte Edu ha, inoltre, affermato, anche con riferimento ai casi di consegna di sospettati per i reati più gravi, che l'esecuzione del mandato di arresto Europeo da parte dello Stato di esecuzione, pur essendo riconducibile agli obblighi procedurali, discendenti dall'articolo 2 CEDU , di cooperare perché le persone sospettate di aver commesso un omicidio siano processate e, ove ritenute colpevoli, condannate nello Stato ove il reato è stato commesso, tuttavia, trova un limite nel rischio, fondato su gravi motivi , della violazione dei diritti fondamentali del ricercato Corte EDU, 9/07/2019, Romeo Castario contro Belgio, p.p. 79, 92 . 13. L' articolo 7 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea , che ha lo stesso valore dei Trattati articolo 6, paragrafo 1, del TUE , afferma che Ogni individuo ha diritto al rispetto della propria vita privata e familiare, del proprio domicilio e delle sue comunicazioni . L' articolo 24, par. 3, della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea sancisce, inoltre, che In tutti gli atti relativi ai bambini, siano essi compiuti da autorità pubbliche o da istituzioni private, l'interesse superiore del bambino deve essere considerato preminente e il par. 3 aggiunge che Ogni bambino ha diritto di intrattenere regolarmente relazioni personali e contatti diretti con i due genitori, salvo qualora ciò sia contrario al suo interesse . L'articolo 3, par. 1, della Convenzione sui diritti del fanciullo, inoltre, sancisce che In tutte le decisioni relative ai fanciulli, di competenza sia delle istituzioni pubbliche o private di assistenza sociale, dei tribunali, delle autorità amministrative o degli organi legislativi, l'interesse superiore del fanciullo deve essere una considerazione permanente e analogo principio è affermato dall'articolo 6 della Convenzione Europea sull'esercizio dei diritti dei fanciulli. 13.1. La Corte di giustizia nel caso Piotrowski, pur ritenendo compatibile con il diritto dell'Unione la consegna, in esecuzione di un mandato di arresto Europeo, di minori che raggiungano la soglia di età per la responsabilità penale così come definita dal diritto nazionale, ha posto in evidenza la necessità di garanzie procedurali atte ad assicurare che l'interesse superiore dei minori che sono oggetto di un mandato d'arresto Europeo sia sempre considerato preminente, a norma dell'articolo 24, paragrafo 2, della Carta e conformemente al considerando numero 8 della Direttiva UE 2016/800 del Parlamento Europeo e del Consiglio dell'11 maggio 2016 sulle garanzie procedurali per i minori indagati o imputati nei procedimenti penali Corte giustizia, 23/01/2018, in causa C-367/16, Piotrowski, par. 37 . Sarebbe, dunque, singolare che il parametro del best interest of the child, che deve informare le scelte di esecuzione del mandato di arresto Europeo nei confronti del minore accusato o condannato, non assuma rilievo per i minori, in età ampiamente inferiore, che convivono con la loro madre, destinataria di un mandato di arresto Europeo, e che sono estranei a ogni contestazione penale. 13.2. La preminenza del superiore interesse del minore e', peraltro, stata affermata dalla Corte di giustizia in materia di asilo nel contesto del cd. Regolamento Dublino II Corte giustizia, 6/06/2013, in causa C-648/11, MA e a., par. 57 , strumento fondato anch'esso sui principi di mutuo riconoscimento e di fiducia reciproca. 14. Il diritto fondamentale al rispetto della vita privata e della vita familiare sancito dall'articolo 7 della CDFUE deve, peraltro, avere pari latitudine del diritto al rispetto della vita privata e familiare riconosciuto dall'articolo 8 della Convenzione, così come interpretato dalla Corte EDU. Secondo l'articolo 52, par. 3, della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europa, infatti, Laddove la Carta contenga diritti corrispondenti a quelli garantiti dalla Convenzione Europea per la salvaguardia dei Diritti dell'Uomo e delle Libertà fondamentali , il significato e la portata degli stessi sono uguali a quelli conferiti dalla suddetta convenzione . 14.1. La Corte EDU ha riconosciuto in più occasioni che è particolarmente problematico stabilire se i neonati e i bambini piccoli possano rimanere in carcere con le loro madri. A questo proposito, la Corte ha preso atto del riconoscimento da parte del Comitato Europeo per la prevenzione della tortura e delle pene o trattamenti inumani o degradanti CPT , che, da un lato, le prigioni non forniscono un ambiente adeguato per i neonati e i bambini piccoli, mentre, dall'altro, la separazione forzata di madri e neonati è altamente indesiderabile. La Corte EDU ha anche osservato che le Regole delle Nazioni Unite per il trattamento delle donne detenute affermano che le decisioni di consentire ai bambini di rimanere con le loro madri in prigione si basano sull'interesse superiore dei bambini Corte EDU, 26/11/2013, X v. Lettonia, p. 95 24/03/2016, Korneykova e Korneykov v. Ucraina, p. 129 . Recentemente la Corte EDU ha, inoltre, ritenuto violato il diritto alla vita privata e familiare del ricorrente, di nazionalità nigeriana, in ragione dell'ordine di espulsione dal Regno Unito emesso nei suoi confronti dopo avere riportato una condanna penale per la falsificazione di un documento di identità, non avendo le autorità nazionali correttamente bilanciato la considerazione della natura e della gravità del reato commesso dal ricorrente con il miglior interesse del figlio minore. La decisione da queste adottata di espellere il ricorrente costituiva, pertanto, una interferenza sproporzionata nella sua vita familiare, poiché essa aveva per conseguenza la separazione dal figlio Corte EDU, 24/11/2020, Unuane v. Regno Unito, p.p. 86-90 . 15. La Corte di giustizia ha affermato che uno degli obiettivi della decisione quadro 2002/584 è quello della lotta contro l'impunità Corte giustizia, 20 febbraio 2022, in cause riunite C-562/21 PPU e C-563/21, X and Y e ha precisato che la decisione quadro 2002/584/GAI presuppone un impegno comune degli Stati membri a lottare contro l'impunità di una persona ricercata che si trovi in un territorio diverso da quello nel quale si suppone abbia commesso un reato Corte giustizia, sentenza L e P, paragrafo 62, e ulteriori precedenti ivi citati . L'indefettibile separazione forzata di madri e neonati o figli conviventi minorenni in esecuzione del mandato di arresto Europeo e', tuttavia, altamente problematica, in ragione dell'estrema vulnerabilità del bambino in tenera età, e può determinare conseguenze eccezionalmente gravi, su un soggetto estraneo a ogni addebito penale. Non spetta a questa Corte il delicato compito di conciliare l'obbligo di esecuzione del mandato di arresto Europeo, in attuazione del mutuo riconoscimento delle decisioni giudiziarie nello spazio comune Europeo, con i diritti fondamentali del minore convivente con la madre richiesta in consegna. La valorizzazione del canone del best interest of child, che esige una valutazione primaria ma non esclusiva dell'interesse del minore, potrebbe, tuttavia, indurre a differire la consegna della madre convivente in un momento nel quale, tenuto conto delle condizioni individuali e delle circostanze del caso di specie, sia maggiormente rispettosa dell'interesse del minore o a consentire la consegna del minore, unitamente alla madre, solo previa verifica delle condizioni di detenzione che saranno garantite nello stato richiedente. Il trasferimento dei neonati e per i bambini, unitamente alla madre, infatti, impone, secondo quanto sancito dalle Raccomandazioni dell'Organizzazione mondiale della sanità del 6 ottobre 2010, United Nations Rules for the Treatment of Women Prisoners and Non-custodia/ Measures for Women Offenders the Bangkok Rules , l'obbligo per le autorità di garantire adeguatamente la salute e il benessere del bambino Corte EDU, 24/03/2016, Korneykova e Korneykov v. Ucraina, p. 131 . La mancata adozione di misure, in ragione dell'estrema vulnerabilità del minore, può, infatti, integrare un trattamento inumano e degradante, ai sensi dell'articolo 3 CEDU , per la madre e il figlio Corte EDU, 24/03/2016, Korneykova e Korneykov v. Ucraina, p.p. 140-148 17/10/2019, G.B. e altri v. Turchia, p.p. 101117 and 151 7/12/2017, S.F. e altri v. Bulgaria, 2017, p.p. 84-93 . 16. Sulla base di questi rilievi la Corte ritiene, pertanto, di sottoporre alla Corte di giustizia dell'Unione Europea, in via pregiudiziale ai sensi e per gli effetti dell' articolo 267 del Trattato sul funzionamento dell'Unione Europea TFUE , come modificato dall'articolo 2 del Trattato di Lisbona del 13 dicembre 2007 e ratificato dalla L. 2 agosto 2008, numero 130 , le seguenti questioni pregiudiziali a se l'articolo 1, paragrafi 2 e 3, e gli articolo 3 e 4 della decisione quadro 2002/584/GAI, debbano essere interpretati nel senso che non consentono all'autorità giudiziaria dell'esecuzione di rifiutare o comunque di differire la consegna della madre con figli minorenni conviventi b se, in caso di positiva risposta a tale prima questione, l'articolo 1, paragrafi 2 e 3, e gli articolo 3 e 4 della decisione quadro 2002/584/GAI siano compatibili con gli articolo 7 e 24, par. 3, della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea , anche alla luce della giurisprudenza della Corte Europea dei diritti dell'uomo in materia di articolo 8 CEDU e delle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri, nella misura in cui impongono la consegna della madre recidendo i legami con i figli minori conviventi senza considerare il best interest of the child . 17. Deve, pertanto, essere disposta la sospensione del presente giudizio sino alla definizione delle questioni pregiudiziali proposte. Si chiede l'esame delle indicate questioni mediante procedimento accelerato ai sensi dell'articolo 105 del Regolamento di Procedura della CGUE, in quanto si tratta di decisione che incide sui diritti fondamentali di una madre incinta e di un minore di pochi anni, convivente solo con la s essa, e che è necessaria per superare l'incertezza che attualmente perdura sulla i sua futura custodia. I quesiti proposti pongono, inoltre, all'attenzione della Corte di Giustizia questioni comuni a un numero significativo di casi pendenti innanzi alla giurisdizione italiana ma anche di altri Stati membri e in un ambito, quale quello del mandato di arresto Europeo, che secondo quanto previsto dall'articolo 17 della decisione quadro 2002/584/GAI deve essere trattato con la massima urgenza . P.Q.M. Visto l 'articolo 267 del Trattato sul funzionamento dell'Unione Europe a, come modificato dall'articolo 2 del Trattato di Lisbona del 13 dicembre 2007, ratificato dalla L. 2 agosto 2008, numero 13 0, sospende il presente giudizio sino alla definizione delle questioni pregiudiziali formulate. Chiede che le questioni siano decise con procedimento accelerato. Ordina la trasmissione di copia della presente ordinanza, unitamente agli atti del giudizio, alla cancelleria della Corte di giustizia dell'Unione Europea.