La S.C. sul sequestro preventivo per equivalente sul bene del terzo interessato

«Il terzo che affermi di avere diritto alla restituzione del bene oggetto di sequestro, può dedurre, in sede di merito e di legittimità, unicamente la propria effettiva titolarità o disponibilità del bene e l’inesistenza di un proprio contributo al reato attribuito all’indagato, senza potere contestare l’esistenza dei presupposti della misura cautelare».

Il Tribunale di Rovigo dichiarava inammissibile l'istanza di riesame del decreto di sequestro preventivo per equivalente promossa da A.C., terzo interessato e proprietario delle quote della società su cui era stato eseguito il sequestro. Secondo il giudice, infatti, il proprietario delle quote non era legittimato a proporre i motivi attinenti ai presupposti del sequestro per equivalente. A.C. ricorre in Cassazione, denunciando la violazione di legge relativamente agli articolo 322-ter c.p., 321, comma 2-bis, c.p.p. e 324 c.p.p. Il proprietario delle quote societarie, infatti, afferma che il Tribunale avrebbe erroneamente dichiarato inammissibile l'istanza di riesame proposta dal terzo interessato, in quanto se è riconosciuto il diritto del terzo interessato, proprietario del bene sequestrato, a proporre il riesame del decreto di sequestro, «tale diritto non potrebbe avere dei limiti o precludere al terzo di censurare il provvedimento genetico o i suoi presupposti di legittimità». A.C., inoltre, lamenta la mancata verifica da parte della PG dell'incapienza dei beni degli indagati su cui operare il sequestro in via diretta del profitto del reato. La doglianza è infondata.  È pacifico che, in tema di sequestro, «il terzo che affermi di avere diritto alla restituzione del bene oggetto di sequestro, può dedurre, in sede di merito e di legittimità, unicamente la propria effettiva titolarità o disponibilità del bene e l'inesistenza di un proprio contributo al reato attribuito all'indagato, senza potere contestare l'esistenza dei presupposti della misura cautelare» Cass. numero 36347/2019 . Il profilo dell'indagine sull'incapienza dei beni da sottoporre a confisca in via diretta attiene, infatti, ai requisiti di legittimità del sequestro che, quindi, il terzo non è legittimato a prospettare. Nel caso in esame, il terzo nei confronti del quale era stato eseguito il sequestro non aveva dimostrato la titolarità o disponibilità del bene sequestrato e neppure l'inesistenza del collegamento concorsuale con l'indagato. Pertanto, la Suprema Corte dichiara il ricorso inammissibile.  

Presidente Aceto – Relatore Gai Ritenuto in fatto 1.- Il sig. C.A. , terzo interessato, proprietario delle quote sociali della società … srl, ricorre per l'annullamento dell'ordinanza del Tribunale di Rovigo che ha dichiarato inammissibile l'istanza di riesame del decreto di sequestro preventivo per equivalente, emesso dal Giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Rovigo, nell'ambito di indagini svolte in relazione a plurime violazioni del D.Lgs. 10 marzo 2000, numero 74, articolo 2,5 e 8 e articolo 416 c.p H Tribunale di Rovigo, con l'impugnata ordinanza, premesso che il decreto di sequestro preventivo emesso dal Giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Rovigo, nell'ambito di indagini svolte nei confronti di numerosi soggetti indagati di reati fiscali e associazione a delinquere, disponeva il sequestro diretto del profitto del reato e per equivalente su beni mobili, immobili o altre disponibilità degli indagati L.R.G. e L.R.R. , e che era stato eseguito per equivalente sul 100% delle quote sociali della … srl, di proprietà di C.A. , ha dichiarato inammissibile l'istanza di riesame del C. in quanto non legittimato a proporre motivi attinenti ai presupposti del sequestro per equivalente e quindi del profilo del difetto del presupposto dell'incapienza dei beni degli indagati. 2. - Per l'annullamento dell'ordinanza, il difensore del C. , munito di procura speciale, deduce con un unico motivo la violazione di legge in relazione all'articolo 322 ter c.p., articolo 321 c.p.p., comma 2 bis e articolo 324 c.p.p. Secondo il ricorrente il tribunale del riesame avrebbe erroneamente dichiarato l'inammissibilità dell'istanza di riesame proposta dal terzo interessato sul rilievo che se è riconosciuto il diritto del terzo interessato, proprietario del bene sequestrato, a proporre il riesame del decreto che dispone il sequestro del bene, tale diritto non potrebbe avere limiti e non potrebbe precludere al terzo di censurare il provvedimento genetico e i suoi presupposti di legittimità. Quanto al caso in esame, il decreto di sequestro preventivo per equivalente necessitava del presupposto della verifica dell'incapienza dei beni degli indagati sui cui operare il sequestro in via diretta del profitto del reato. Tale mancanza avrebbe influenza sull'efficacia del sequestro disposto per equivalente nei confronti del terzo. La polizia giudiziaria avrebbe omesso tale verifica prima di sottoporre a vincolo beni di proprietà del C. , terzo interessato, ed avrebbe operato in violazione dell'articolo 321 c.p.p., trattandosi finanche di un atto arbitrario della polizia giudiziaria. Il ricorrente avrebbe interesse ad impugnare il provvedimento genetico e quello emesso nella fase esecutiva e l'omissione di verifica circa l'incapienza dei beni degli indagati determinerebbe l'inefficacia del decreto dei confronti del C. . L'interesse ad impugnare il decreto di sequestro anche con riguardo alla mancanza dei presupposti genetici, da parte del terzo, non potrebbe essere superata dalla circostanza che i beni del terzo, sottoposti a sequestro, risultino nella disponibilità degli indagati. Anche in questo caso sussisterebbe un vulnus per il terzo nel caso di ritenuta mancanza di interesse ad impugnare. 3. Il Procuratore generale, ha chiesto l'inammissibilità del ricorso. Considerato in diritto 4. Il ricorso è manifestamente infondato perché diretto a rimettere in discussione un indirizzo interpretativo assolutamente consolidato con argomenti di pure critica e dissenso non supportati da valide ragioni giuridiche. Secondo l'indirizzo giurisprudenziale assolutamente consolidato, in tema di sequestro preventivo, il terzo che affermi di avere diritto alla restituzione del bene oggetto di sequestro, può dedurre, in sede di merito e di legittimità, unicamente la propria effettiva titolarità o disponibilità del bene e l'inesistenza di un proprio contributo al reato attribuito all'indagato, senza potere contestare l'esistenza dei presupposti della misura cautelare Sez. 3, numero 36347 del 11/07/2019, Pica, Rv. 276700 - 01, in tema di sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente D.Lgs. 10 marzo 2000, numero 74, ex articolo 12-bis . 5. Va ricordato che, ai sensi del D.Lgs. numero 74 del 2000, articolo 12-bis la condanna per taluni dei delitti previsti dal D.Lgs. numero 74 del 2000 comporta invariabilmente la confisca dei beni che ne costituiscono il profitto o il prezzo, salvo che appartengano a persona estranea al reato, ovvero, quando essa non è possibile, la confisca dei beni, di cui il reo ha la disponibilità, per un valore corrispondente a tale prezzo o profitto . In particolare, la confisca per equivalente - e, prima ancora, il sequestro ad essa funzionale - ha la finalità di impedire che l'impiego economico dei beni di provenienza delittuosa possa consentire al colpevole di garantirsi il vantaggio che era oggetto specifico del disegno criminoso Sez. 3, numero 10120 del 01/12/2010, Provenzale, Rv. 249752 . Va, altresì, ricordato che, in tema di sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente nei reati tributari, si ammette la praticabilità del sequestro preventivo a struttura mista Sez. 3, numero 38858 del 14/06/2016, Fiusco, Rv. 267631 , ossia quello che prevede, come petitum cautelare, sia il sequestro in forma diretta in via principale che quello per equivalente ma in via subordinata , subordinatamente cioè all'impossibilità di esecuzione del primo, nel senso che l'eseguibilità del sequestro di valore si pone in stretta relazione con il verificarsi dell'impossibilità di eseguire quello in forma specifica. Ferma la legittimità del decreto di sequestro preventivo funzionale alla confisca che presenti una struttura mista , prevedendo, in via principale, la sottoposizione a vincolo, a titolo di sequestro diretto, del profitto dei reati conseguito dalla persona giuridica e, subordinatamente all'accertata impossibilità di esecuzione di questo, il sequestro di un valore equivalente nella disponibilità del legale rappresentante dell'ente Sez. 3, numero 46973 del 10/05/2018, Rv. 274074 - 01 , la circostanza che, per disporre subordinatamente il sequestro in funzione della confisca per equivalente, si debba procedere ad accertare l'impossibilità di esecuzione del sequestro in via diretta del profitto del reato, non rileva e non ha riflessi sul terzo estraneo al reato proprietario dei beni sequestrati in via equivalente. Si è già visto come la confisca per equivalente - e, prima ancora, il sequestro ad essa funzionale - ha la finalità di impedire che l'impiego economico dei beni di provenienza delittuosa possa consentire al colpevole di garantirsi il vantaggio che era oggetto specifico del disegno criminoso e, a differenza della confisca diretta, impone un vincolo di valore corrispondente al profitto del reato che risulta in sé non più in tutto o in parte aggredibili. Per queste ragioni si afferma il principio della verifica dell'incapienza. Ciò sta a significare che il requisito del previo accertamento dell'incapienza dei beni degli indagati attiene ai requisiti di legittimità del sequestro che non il terzo non è legittimato a prospettare. Ma tale presupposto di legittimità del sequestro non rileva per il terzo che, proprietario del bene, è del tutto indifferente rispetto alla questione egli, infatti, per domandare la restituzione del bene, unica richiesta di interesse, deve unicamente allegare la situazione giuridica con la cosa sequestrata che fonda il suo diritto alla restituzione e l'assenza di contributo nel reato. Di conseguenza, deve confermarsi il principio secondo cui, in tema di sequestro preventivo, il terzo che affermi di avere diritto alla restituzione della cosa sequestrata non può contestare l'esistenza dei presupposti della misura cautelare, tra cui il profilo dell'indagine sull'incapienza dei beni da sottoporre a confisca in via diretta, potendo unicamente dedurre la propria effettiva titolarità o disponibilità del bene sequestrato e l'inesistenza di relazioni di collegamento concorsuale con l'indagato si vedano al riguardo Sez. 6, numero 42037 del 14/09/2016, Tessarolo, Rv. 268070 Sez. 3, n 15139 del 20/02/2019, Organo, non massimata . Una volta che il terzo dimostri l'effettività del contenuto del diritto di proprietà di cui è formalmente titolare, vede riconosciuta la sua pretesa, indipendentemente dalla sussistenza del fumus del reato ascritto all'indagato. 5. Tali principi non subiscono, non essendovi ragioni giuridiche, deroghe nel caso, come quello in esame, in cui il sequestro disposto dal Giudice, è a struttura mista. Da cui l'affermazione che il terzo che affermi di avere diritto alla restituzione della cosa sequestrata non può contestare l'esistenza dei presupposti della misura cautelare, potendo unicamente dedurre la propria effettiva titolarità o disponibilità del bene sequestrato e l'inesistenza di relazioni di collegamento concorsuale con l'indagato, circostanze neppure dimostrate dal ricorrente. Infine, non è invocabile l'inefficacia derivata al di fuori delle ipotesi contemplate dall'articolo 324 c.p.p 6. Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile e il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali ai sensi dell'articolo 616 c.p.p. Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data 13 giugno 2000, numero 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità , si dispone che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende. Motivazione semplificata.