Respinta la richiesta di protezione presentata da un cittadino nigeriano. Per i Giudici è evidente la non credibilità del suo racconto. Rilevanti anche le contraddizioni in merito all’epoca in cui è stata scoperta la relazione dello straniero con un altro uomo.
Niente protezione in Italia per lo straniero che dichiara di essere gay ma fa confusione su passaggi fondamentali della sua storia, ossia la presa di coscienza della propria omosessualità e la venuta alla luce della sua relazione con un altro uomo. Riflettori puntati su un uomo, originario della Nigeria, che, una volta approdato in Italia, chiede protezione e spiega di essere gay e di essere scappato dal proprio Paese perché lì l' omosessualità è considerata un reato. I giudici di merito respingono però, sia in primo che in secondo grado, l'istanza presentata dallo straniero. Tale decisione è basata anche sulle contraddizioni presenti nel racconto dall'uomo, contraddizioni che, osservano i giudici, riguardano passaggi salienti della sua vicenda. Inutile il ricorso proposto in Cassazione dal cittadino nigeriano. Anche per i Giudici di terzo grado, difatti, è evidente la scarsa credibilità del racconto da lui fatto e posto alla base della richiesta di protezione in Italia. In particolare, i magistrati parlano di «palesi contraddizioni logiche», relative alla «modalità di scoperta, da parte di terze persone, della sua relazione omosessuale con un amico» ed alla «presa di coscienza del suo orientamento sessuale». Impossibile, checché ne dica lo straniero, sostenere ci si trovi di fronte a incongruenze riguardanti aspetti marginali della vicenda. Al contrario, «non è marginale che il cittadino nigeriano, persona istruita avendo frequentato l'Università di 35 anni, sia caduto in contraddizione proprio sulla narrazione dei fatti riguardanti il momento topico in cui – in un Paese, peraltro, in cui l'omosessualità costituisce reato – la sua relazione intima con un amico sarebbe diventata di pubblico dominio, o quando avrebbe scoperto il proprio reale orientamento sessuale». Su quest'ultimo punto, viene precisato, «l'uomo ha riferito alla Commissione che tale scoperta era avvenuta all'età di 31 anni», mentre davanti ai Giudici «ha dichiarato di essersene accorto quando frequentava le scuole superiori, nella fascia di età tra i 16 e 18 anni».
Presidente Meloni – Relatore Fidanzia Rilevato - che viene proposto, affidandolo a due motivi, ricorso avverso la sentenza numero 1007/2020, depositata il 5.10.2020, della Corte d'Appello di Ancona, la quale ha rigettato l'appello proposto da A.A. , cittadino della … , avverso il provvedimento del 21.9.2016 con cui il Tribunale di Ancona ha rigettato le domande per il riconoscimento della protezione internazionale e umanitaria - che il Ministero si è tardivamente costituito in giudizio ai soli fin idi un'eventuale partecipazione all'udienza di discussione - che sono stati ritenuti sussistenti i presupposti ex articolo 380-bis c.p.c Considerato 1. che con il primo motivo ed il secondo motivo, illustrati congiuntamente, il ricorrente ha dedotto rispettivamente la nullità della sentenza impugnata per violazione degli articolo 112 c.p.c. , D.Lgs. numero 25 del 2008, articolo 9 comma 2, articolo 132 c.p.c. , comma 2, e articolo 429 c.p.c. , articolo 118 disp. att. c.p.c. , articolo 111 Cost. , comma 6 primo motivo , e la violazione del D.Lgs. numero 251 del 2007, articolo 3 e 5, 8, 9 e articolo 13, comma 1-bis, D.Lgs. numero 25 del 2008 , articolo 27 comma 1 e 1-bis, articolo 16 dir. numero 2012/32/UE secondo motivo . - che il ricorrente lamenta che la Corte d'Appello ha eluso i principi di diritto enunciati da questa Corte nell'ordinanza numero 26822/2019 con cui, nell'annullare la precedente sentenza della Corte d'Appello numero 57/2018 , aveva qualificato come apparente e perplessa, secondo i parametri stabiliti nella sentenza delle S.U. numero 8053/2014, la motivazione resa precedentemente dalla Corte territoriale che, in particolare, il ricorrente assume l'intrinseca illogicità delle argomentazioni con cui la Corte d'Appello, nella sentenza ora impugnata, ha evidenziato le contraddizioni in cui lo stesso sarebbe incorso nel proprio racconto, avendo il giudice di merito soffermato la propria analisi su elementi marginali in relazione alla complessa vicenda vissuta dal richiedente e riproponendo i medesimi vizi già censurati dal giudice di legittimità - che va preliminarmente osservato che la valutazione con il giudice di merito valuta la credibilità del racconto del richiedente costituisce apprezzamento di fatto che è censurabile in cassazione solo ai sensi dell' articolo 360 c.p.c. , comma 1, numero 5 come omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, come mancanza assoluta della motivazione, come motivazione apparente, come motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile, dovendosi escludere l'ammissibilità della prospettazione di una diversa lettura ed interpretazione delle dichiarazioni rilasciate dal richiedente, trattandosi di censura attinente al merito Cass. numero 3340 del 05/02/2019 - che, nel caso di specie, la Corte d'Appello, nella ricostruzione della vicenda del richiedente, e nella valutazione della sua attendibilità, non è affatto incorsa in una grave anomalia motivazionale - che, in particolare, se la prima sentenza numero 57/2018 della Corte d'Appello di Ancona era stata annullata da questa Corte sul rilievo che il giudizio espresso dal giudice di gravame sulla genericità del narrato non risulta fondato su argomentazioni intellegibili , La Corte ha poi assunto la contraddittorietà di alcune circostanze descritte, ma senza spiegare le ragioni che avrebbero dovuto fondare la valutazione espressa difatti, la motivazione del provvedimento non contiene alcuna puntuale indicazione di vere e proprie antinomie logiche della narrazione , la sentenza ora impugnata ha, invece fondato la valutazione di non credibilità del richiedente su argomentazioni che soddisfano il minimo costituzionale secondo i parametri delle S.U. numero 8053/2014 e che sono immuni da vizi logici - che, infatti, le palesi contraddizioni logiche del racconto del richiedente, evidenziate dalla Corte, e relative alla modalità di scoperta da parte di terzi della sua relazione omosessuale con un suo amico ed alla presa di coscienza del suo orientamento sessuale, non riguardano affatto aspetti marginali, come dedotto dal ricorrente - che, infatti, non è marginale che il richiedente, persona istruita avendo frequentato l'Università di 35 anni, sia caduto in contraddizione proprio sulla narrazione dei fatti riguardanti il momento topico in cui in un paese, peraltro, in cui l'omossessualità costituisce reato la sua relazione intima con un suo amico sarebbe diventata di pubblico dominio o quando avrebbe scoperto proprio reale orientamento sessuale su quest'ultimo punto aveva riferito alla Commissione che tale scoperta era avvenuta all'età di 31 anni, mentre, in sede giurisdizionale, ha dichiarato di essersene accorto quando frequentava le scuole superiori nella fascia di età tra i 16 e 18 anni - che con i precisi rilievi della Corte d'Appello vedi pagg. 4 e 5 sentenza impugnata il ricorrente non si è seriamente confrontato, di talché le censure dallo stesso svolte si appalesano come di merito - che la soccombenza del ricorrente non comporta la condanna dello stesso al pagamento delle spese processuali in considerazione dell'inammissibilità della costituzione tardiva del Ministero. P.Q.M. Dichiara il ricorso inammissibile. Ai sensi del D.P.R. numero 115 del 2002, articolo 13 , comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis, ove dovuto.