Il richiamo della vettura da parte dell’azienda non basta per ritenere accertato il difetto e considerarlo la causa dell’incidente

Respinta la richiesta di risarcimento avanzata nei confronti di una società automobilistica dai familiari di una donna morta alla guida della propria vettura a seguito di un incidente. Insufficiente la considerazione fatta dal consulente tecnico d’ufficio su una possibile avaria in occasione del sinistro.

Nessun addebito per la società automobilistica nonostante l'incidente mortale che ha coinvolto un veicolo da essa prodotto e oggetto, poco tempo prima, di una campagna di richiamo a causa di un problema al meccanismo del pedale dell'acceleratore. Insufficiente, difatti, l'ipotesi avanzata dal consulente tecnico d'ufficio in merito al nesso tra un possibile bloccaggio del pedale e il sinistro frutto dell'eccessiva velocità della vettura. Respinta, di conseguenza, la richiesta di risarcimento avanzata dai familiari della conducente morta a seguito dell'incidente stradale. Decisivo è il passaggio in Appello. Lì i giudici “assolvono” l'azienda automobilista e, di conseguenza, respingono la richiesta di risarcimento avanzata dai familiari di una donna deceduta nel giugno del 2009 a seguito di un incidente stradale verificatosi mentre ella era alla guida di un veicolo prodotto dall'azienda. Per i giudici va escluso, contrariamente a quanto sostenuto dai familiari dell'automobilista, il nesso tra il presunto «difettoso funzionamento del pedale dell'acceleratore» e l'incidente stradale. Su questo punto insiste il ricorso proposto in Cassazione dal legale che rappresenta i familiari dell'automobilista. In particolare, egli contesta la visione tracciata in Appello, secondo cui è mancata «la prova della difettosità del pedale dell'acceleratore», e a questo proposito sottolinea che il consulente tecnico d'ufficio ha asserito che «all'atto dell'ispezione il meccanismo “pedale acceleratore” funzionava correttamente» ma ha aggiunto che ciò non basta ad escludere «la possibile avaria del pedale al momento dell'incidente» e che quindi non può essere scartata «la possibilità del bloccaggio del pedale in particolari condizioni». E in questo ragionamento, secondo il legale, non può essere ignorato il fatto che, poco tempo prima dell'incidente, il veicolo era stato oggetto di una campagna di richiamo proprio a causa di un problema al pedale dell'acceleratore. Prima di esaminare in dettaglio la posizione dei familiari dell'automobilista, i Giudici della Cassazione ricordano che «la responsabilità da prodotto difettoso ha natura non già oggettiva bensì presunta, in quanto prescinde dall'accertamento della colpevolezza del produttore ma non anche dalla dimostrazione dell'esistenza di un difetto del prodotto, e, alla luce del cosiddetto Codice del consumo, tocca al soggetto danneggiato dare la prova del collegamento causale, non già tra prodotto e danno, bensì tra difetto e danno», e, una volta che tale prova è stata fornita, tocca al produttore «fornire la cosiddetta prova liberatoria, consistente nella dimostrazione che il difetto non esisteva nel momento in cui il prodotto veniva posto in circolazione o che all'epoca non era riconoscibile in base allo stato delle conoscenze tecnico-scientifiche». Nella vicenda presa in esame, però, osservano i Giudici, il consulente tecnico d'ufficio ha fatto balenare solo «la possibilità del bloccaggio del pedale». In sostanza, si tratta di una mera ipotesi, ritenuta plausibile dal consulente solo perché «l'azienda automobilistica effettivamente avviò una campagna di richiamo, che coinvolse anche la vettura di proprietà della donna, a causa di un problema al meccanismo “pedale-acceleratore”» ed egli «non poté esprimere un giudizio sull'usura del pezzo, né verificare, in particolare, se il bloccaggio del pedale potesse avvenire anche in presenza di usura minima e se particolari condizioni ambientali e di usura potessero condizionare il bloccaggio del pedale, poiché non erano più reperibili gli assieme “pedale-acceleratore” con configurazione identica» a quella del veicolo coinvolto nell'incidente. In conclusione, non è dimostrato il fatto che «il pedale dell'acceleratore della vettura fosse realmente difettoso», e quindi è logico ritenere, osservano i Giudici della Cassazione, che «l'incidente mortale si verificò a causa dell'eccesso di velocità con cui la donna alla guida affrontò la curva della strada», anche tenendo presente il rapporto della Polizia stradale.

Presidente Sestini – Relatore Scarano Svolgimento del processo Con sentenza del 26/2/2019 la Corte d'Appello di Napoli, in accoglimento del gravame interposto dalla società omissis s.p.a. e in conseguente riforma della pronunzia Trib. Napoli 19/5/2015, ha respinto la domanda nei confronti della medesima in origine proposta dai sigg. M.G. ed altri, quali eredi della defunta sig. C.G. , di risarcimento dei danni sofferti in conseguenza di sinistro avvenuto il … asseritamente a cagione del difettoso funzionamento del pedale dell'acceleratore, all'esito del quale la medesima decedeva. Avverso la suindicata pronunzia della corte di merito i sigg. M.G. ed altri propongono ora ricorso per cassazione, affidato a 2 motivi, illustrati da memoria. Resistono con separati controricorsi la società omissis s.p.a., che ha presentato anche memoria, e la società omissis s.r.l Motivi della decisione Va anzitutto osservato che la società omissis s.r.l. ha presentato controricorso, chiedendo il rigetto del ricorso, pur non essendo stata ivi formulata alcuna domanda nei suoi confronti, e difettando pertanto di interesse a partecipare al presente giudizio. Come emerge dall'impugnata sentenza, in sede di gravame la società omissis s.r.l. si è costituita . facendo rilevare che non è stato impugnato il capo di sentenza che ha escluso la sua legittimazione passiva , e nessuna pronunzia è stata emessa nel dictum conclusivo di quel giudizio. Essa stessa nel controricorso dà invero atto che il Tribunale di Napoli con la sentenza numero 7529/2015 dichiarava il difetto di legittimazione passiva della omissis srl, nel giudizio di risarcimento danni promosso dagli eredi della signora C.G. , deceduta in occasione di sinistro stradale a bordo di un'autovettura a marchio … commercializzata da essa omissis srl. Nel medesimo giudizio veniva citata anche la omissis spa quale società importatrice e distributrice del prodotto in Italia, società destinataria della condanna al pagamento in primo grado. In grado di appello tale capo della sentenza non veniva impugnato e la Corte territoriale pur accogliendo il gravame proposto dalla omissis spa, nulla poteva statuire nulla poteva statuire sul punto. La decisione su tale capo è quindi inoppugnabile . Orbene, come questa Corte ha già avuto modo di affermare, in un giudizio svoltosi con una pluralità di parti in cause scindibili, e cioè in cause cumulate nello stesso processo per un mero rapporto di connessione, la notificazione dell'impugnazione e la sua conoscenza assolvono alla funzione di litis denuntiatio, volta a far conoscere al destinatario l'esistenza di un'impugnazione al fine di consentirgli di proporre impugnazione incidentale nello stesso processo ove non esclusa o preclusa, e garantire così la concentrazione nel tempo di tutti i gravami contro la stessa sentenza v., da ultimo, Cass., 14/2/2019, numero 4352 . A tale stregua, il destinatario della notificazione non diviene per ciò solo parte nella fase di impugnazione, non sussistendo pertanto i presupposti per la pronunzia in suo favore della condanna alle spese a norma dell'articolo 91 c.p.c., che esige la qualità di parte, e perciò una vocatio in ius, e la soccombenza v. Cass., 14/2/2019, numero 4352 Cass. 21/3/2016, numero 5508 Cass. 16/2/2012, numero 2208 Cass., 16/4/2007, numero 9002 Cass., 23/4/2001, 5977 . Con il 1 motivo i ricorrenti denunziano violazione degli articolo 112,116,132 c.p.c., articolo 118 disp. att. c.p.c., articolo 24,111 Cost., in riferimento all'articolo 360 c.p.c., comma 1, numero 4. Con il 2 complesso denominato 2, 3 e 4 motivo denunziano “violazione e falsa applicazione degli articolo 61,115 e 116 c.p.c., D.Lgs. numero 206 del 2005, articolo 103, 114, 115,116,117,118,120, articolo 2697,2727,2729 c.c., in riferimento all'articolo 360 c.p.c., comma 1, numero 3 nonché omesso esame di fatto decisivo per il giudizio, in riferimento all'articolo 360 c.p.c., comma 1, numero 5. Si dolgono che, con acritica motivazione per relationem alla sentenza del giudice di prime cure, la corte di merito abbia ritenuto non fornita la prova della difettosità del pedale dell'acceleratore in argomento, senza nemmeno effettuare un ragionamento presuntivo che nella situazione di acquisizioni fattuali emersa nel giudizio di merito avrebbe potuto e dovuto svolgere . I motivi, che possono congiuntamente esaminarsi in quanto connessi, sono in parte inammissibili e in parte infondati. Nel premettere facendo specifico richiamo al precedente costituito da Cass. numero 29828 del 2018 che - diversamente da quanto dagli allora appellanti ed odierni ricorrenti sostenuto - la responsabilità da prodotto difettoso ha natura non già oggettiva bensì presunta, in quanto prescinde dall'accertamento della colpevolezza del produttore ma non anche dalla dimostrazione dell'esistenza di un difetto del prodotto, e ai sensi del D.Lgs. numero 206 del 2005, articolo 120 c.d. codice del consumo incombe al soggetto danneggiato dare la prova del collegamento causale, non già tra prodotto e danno, bensì tra difetto e danno e che, una volta fornita tale prova, a norma dell'articolo 118 c.p.c., incombe sul produttore fornire la c.d. prova liberatoria, consistente nella dimostrazione che il difetto non esisteva nel momento in cui il prodotto veniva posto in circolazione o che all'epoca non era riconoscibile in base allo stato delle conoscenze tecnico-scientifiche dopo aver posto in rilievo che il CTU . nel corso della sua relazione ha ripetutamente affermato di non aver riscontrato vizi o anomalie di alcun genere nel pedale, all'atto dell'ispezione , ed altresì sottolineato che il CTU ha anche scritto di poter asserire che, all'atto dell'ispezione, l'assieme pedale acceleratore funzionasse correttamente, ma ciò non esclude la possibile avaria del pedale al momento del sinistro . per cui non può essere esclusa la possibilità del bloccaggio del pedale in particolari condizioni di esercizio, queste ultime . non note , nel criticamente vagliare - nel legittimo esercizio dei propri poteri - le risultanze della espletata CTU rilevando che siffatta conclusione risulta formulata solo come ipotesi, ritenuta plausibile dall'ausiliare perché 1 la … effettivamente avviò una campagna di richiamo di auto … tra cui quella della compianta sig.ra C. a causa di un problema al meccanismo pedale-acceleratore 2 l'ausiliare non potè esprimere un giudizio sull'usura del pezzo, in particolare se il bloccaggio del pedale potesse avvenire anche in presenza di usura minima e se particolari condizioni di usura ed ambientali possono condizionare il bloccaggio del pedale . perché, al momento delle operazioni peritali, non erano più reperibili gli assieme pedale con configurazione identica a quella di cui trattasi , nell'impugnata sentenza la corte di merito è quindi pervenuta a concludere che entrambe le circostanze sub 1-2 non dimostrano affatto che il pedale dell'acceleratore della … della C. fosse realmente difettoso e che l'incidente mortale si verificò a causa di questo difetto, piuttosto che per l'eccesso di velocità con cui la vittima affrontò la curva della strada cfr. rapporto della Polizia Stradale in atti , sicché in difetto della prova del difetto, l'evento dannoso non può essere riportato causalmente ad esso . A tale stregua la corte di merito ha fatto invero piena e corretta applicazione del principio affermato da questa Corte in base al quale il giudice che abbia disposto una consulenza tecnica c.d. percipiente v., da ultimo, Cass., 3/7/2020, numero 13736 può anche disattenderne le risultanze ove come nella specie motivi in ordine agli elementi di valutazione adottati e a quelli probatori utilizzati per addivenire alla decisione, specificando le ragioni per le quali ha ritenuto di discostarsi dalle conclusioni del CTU v. Cass., 25/11/2021, numero 36638 Cass., 8/10/2021, numero 27411 Cass., 11/1/2021, numero 200 . Orbene, a fronte del suindicato accertamento in fatto operato dalla corte di merito e delle argomentazioni dalla medesima poste a base dell'impugnata decisione, nell'erroneamente - in quanto smentito per tabulas - argomentare che la corte di merito non ha considerato gli esiti favorevoli della CTU , e nel contraddittoriamente sostenere che tale giudice non abbia nemmeno proceduto allo svolgimento presuntivo che avrebbe dovuto compiere non valutando o limitandosi a negare valore indiziario a singoli elementi acquisiti in giudizio , del tutto infondatamente gli odierni ricorrenti deducono invero la mancanza della motivazione ex articolo 132 c.p.c., viceversa sussistente in termini senz'altro ben al di là del necessario minimo costituzionale v. Cass., Sez. Unumero , 7/4/2014, numero 8053 e congrua. Senza per altro verso sottacersi che al di là della formale intestazione dei motivi essi deducono in realtà doglianze anche di vizi di motivazione al di là dei limiti consentiti dalla vigente formulazione dell'articolo 360 c.p.c., comma 1, numero 5 v. Cass., Sez. Unumero , 7/4/2014, numero 8053 , nel caso ratione temporis applicabile, sostanziantesi nel mero omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che sia stato oggetto di discussione tra le parti, dovendo riguardare un fatto inteso nella sua accezione storico-fenomenica, e non anche come nella specie l'omessa e a fortiori l'erronea valutazione di determinate emergenze probatorie cfr. Cass., Sez. Unumero , 7/4/2014 numero 8053, e, conformemente, Cass., 29/9/2016, numero 19312 . Emerge pertanto evidente come le deduzioni degli odierni ricorrenti, oltre a risultare formulate secondo un modello difforme da quello delineato all'articolo 366 c.p.c., comma 1, numero 6, in realtà si risolvono nella mera inammissibile prospettazione di una rivalutazione del merito della vicenda comportante accertamenti di fatto invero preclusi a questa Corte di legittimità, nonché una rivalutazione delle emergenze probatorie, laddove solamente al giudice di merito spetta individuare le fonti del proprio convincimento e a tale fine valutare le prove, controllarne la attendibilità e la concludenza, scegliere tra le risultanze istruttorie quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione, dare prevalenza all'uno o all'altro mezzo di prova, non potendo in sede di legittimità riesaminare il merito dell'intera vicenda processuale, atteso il fermo principio di questa Corte secondo cui il giudizio di legittimità non è un giudizio di merito di terzo grado nel quale possano sottoporsi alla attenzione della Corte Suprema di Cassazione elementi di fatto già considerati dai giudici del merito, al fine di pervenire ad un diverso apprezzamento dei medesimi cfr. Cass., 14/3/2006, numero 5443 . All'inammissibilità e infondatezza dei mortivi consegue il rigetto del ricorso. Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo in favore della controricorrente omissis s.p.a., seguono la soccombenza. Non è viceversa a farsi luogo a pronunzia in ordine alle spese del giudizio di cassazione in favore della controricorrente omissis s.r.l., non avendo la medesima interesse a partecipare al medesimo. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Condanna i ricorrenti al pagamento, in solido, delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 8.000,00, di cui Euro 7.800,00 per onorari, oltre a spese generali ed accessori come per legge, in favore della controricorrente omissis s.p.a Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, numero 115, articolo 13, comma 1-quater, come modif. dalla L. 24 dicembre 2012, numero 228, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte dei ricorrenti dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis, se dovuto.