Respinta la tesi difensiva, mirata a ridimensionare l’episodio e a presentarlo come un mero scippo. Decisivi, invece, secondo i Giudici, due dettagli, ossia l’oggetto della rapina e le lesioni riportate dalla vittima.
Vanno catalogati come rapinatori violenti gli scippatori che riescono a sottrarre ad un uomo l' orologio stretto al suo polso da un cinturino. Scenario dell'episodio, cioè uno scippo ai danni di un uomo, è il Napoletano. A finire sotto processo sono due uomini, accusati, in sostanza, di avere assieme messo a segno una rapina aggravata dall'impiego della violenza. Ricostruita nei dettagli l'azione criminosa compiuta per strada, i giudici di merito ritengono legittima, sia in primo che in secondo grado, la condanna dei due uomini sotto processo. Col ricorso in Cassazione i difensori puntano a ridimensionare la condotta tenuta dai loro clienti, sostenendo sia più corretto parlare di mero «furto con strappo», e non certo di rapina. Dalla Cassazione arriva una secca replica va applicato il principio secondo cui «nella fattispecie di furto con strappo la violenza si esercita esclusivamente sulla cosa, anche se, a causa della relazione fisica tra persona e cosa, può derivare una ripercussione indiretta e involontaria sulla persona» mentre «ricorre la rapina allorché la cosa è particolarmente aderente al corpo del possessore e costui, istintivamente o deliberatamente, contrasta la sottrazione, sì che la violenza necessariamente si estende alla persona» in quanto il malvivente «non deve superare soltanto la forza di coesione inerente al normale contatto della cosa con la parte lesa, ma deve vincere la resistenza della stessa parte lesa». In questa ottica si colloca anche l'ulteriore osservazione secondo cui «ricorre il delitto di rapina quando la condotta violenta sia stata esercitata per vincere la resistenza della persona offesa, anche ove l'oggetto sia particolarmente aderente al corpo del possessore e la violenza si estenda necessariamente alla persona», con la conseguenza che «in tal caso è la violenza stessa – e non lo strappo – a costituire il mezzo attraverso cui si realizza la sottrazione». Corretta, di conseguenza, la valutazione compiuta in Appello sulla condotta tenuta dai due uomini sotto processo. Ciò perché «per le particolari modalità della condotta» è logico parlare di « aggressione alla persona ». In particolare, «la tipologia dell'oggetto sottratto alla vittima, ossia un orologio tenuto al polso da apposito cinturino, deve fare escludere la possibilità di ritenere configurabile il semplice furto con strappo, posto che la sottrazione alla vittima comporta necessariamente un quantum di violenza in danno della stessa vittima, che deve essere pur brevemente immobilizzata e comunque subire lo sganciamento dell'orologio contro la sua volontà». E tale circostanza è stata ritenuta dimostrata, nella vicenda presa in esame, dalla «presenza di lesioni personali in danno della vittima, lesioni essa ha riportato proprio per effetto della condotta e consistite in una ferita al polso sinistro e cioè in quella parte del corpo ove portava l'orologio, lesioni che sono un inequivocabile indice dell'avvenuta aggressione alla sua incolumità fisica».
Presidente Cammino – Relatore Pardo Ritenuto in fatto 1.1 Con sentenza in 14 dicembre 2020, la corte di appello di Napoli, confermava la pronuncia del G.U.P. del medesimo tribunale del 17 giugno 2020 che aveva condannato C.M. e D.M. alle pene di legge in quanto ritenuti responsabili di concorso in rapina aggravata. 1.2 Avverso detta sentenza proponevano ricorso per cassazione gli imputati, tramite i propri difensori C. , con ricorso dell'avv.to R. C., con distinti motivi qui riassunti ex articolo 173 c.p.p. , deduceva - violazione dell' articolo 606 c.p.p. , lett. b ed e , in ordine alla corretta qualificazione dei e fatti che doveva ricondursi all'ipotesi di cui all' articolo 624 bis c.p. , posto che, nel caso di specie, non era stato contestato il reato di lesioni così che doveva ritenersi la violenza esercitata solamente sulla cosa ed indirettamente sulla persona - erronea interpretazione della legge penale in relazione alla negazione delle attenuanti generiche. 1.3 L'avv.to D. T. per D. lamentava con i motivi di seguito riassunti ex articolo 173 disp. att. c.p.p. - nullità dell'ordinanza 14 dicembre 2020 con la quale era stata respinta la richiesta di rinnovazione dell'istruzione dibattimentale per acquisire il DVD inerente le modalità di esecuzione dei fatti - nullità della sentenza per inosservanza, erronea applicazione di legge e contraddittorietà della motivazione quanto alla omessa derubricazione dei fatti nel meno grave delitto di furto con strappo - nullità della sentenza per violazione di legge e difetto di motivazione in relazione alla mancata esclusione dell'aggravante delle persone riunite - violazione di legge e difetto di motivazione in punto omessa concessione dell'attenuante di cui all' articolo 114 c.p. - nullità della sentenza per inosservanza, erronea applicazione di legge o quantomeno mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in relazione alla omessa concessione delle attenuanti generiche, alla mancata esclusione della recidiva, alla omessa riduzione della pena nei minimi edittali. Considerato in diritto 2.1 Tutti i motivi dei rispettivi ricorsi sono puramente reiterativi di questioni già devolute all'analisi della corte di appello e da questa adeguatamente affrontate e risolte e gli stessi devono, pertanto, essere dichiarati inammissibili. Quanto al primo motivo del ricorso D. , alcuna rinnovazione dell'istruzione dibattimentale doveva essere disposta nel corso del giudizio abbreviato di appello ed invero secondo l'orientamento di questa Corte di cassazione la celebrazione del processo nelle forme del rito abbreviato, se non impedisce al giudice d'appello di esercitare i poteri di integrazione probatoria, comporta tuttavia l'esclusione di un diritto dell'imputato a richiedere la rinnovazione dell'istruzione dibattimentale ed un corrispondente obbligo per il giudice di motivare il diniego di tale richiesta Sez. 2, numero 3609 del 18/01/2011 Rv. 249161 - 01 . E si è anche precisato che nel giudizio di appello conseguente allo svolgimento del giudizio di primo grado nelle forme del rito abbreviato le parti - ivi compreso il pubblico ministero nonostante non abbia più il potere di consenso sulla richiesta del rito speciale - non possono far valere un diritto alla rinnovazione dell'istruzione per l'assunzione di prove nuove sopravvenute o scoperte successivamente, spettando in ogni caso al giudice la valutazione se sia assolutamente necessaria la loro acquisizione Sez. 1, numero 35846 del 23/05/2012, Rv. 253729 - 01 . Ne consegue affermare che alcuna violazione di legge può ravvisarsi in relazione alla mancata rinnovazione che il giudice di appello riteneva evidentemente superflua alla luce della avvenuta ricostruzione dei fatti. 2.2 In relazione poi, al motivo comune ad entrambi i ricorsi e con il quale si contesta la qualificazione giuridica dei fatti nei termini della rapina, va fatta applicazione del principio secondo cui nella fattispecie di furto con strappo la violenza si esercita esclusivamente sulla cosa anche se, a causa della relazione fisica tra persona e cosa, può derivare una ripercussione indiretta e involontaria sulla persona ma ricorre la rapina allorché la cosa è particolarmente aderente al corpo del possessore e costui, istintivamente o deliberatamente, contrasta la sottrazione, sì che la violenza necessariamente si estende alla persona in quanto l'agente non deve superare soltanto la forza di coesione inerente al normale contatto della cosa con la parte lesa, ma deve vincere la resistenza di questa. Sez. 2, numero 7386 del 07/11/1990, Rv. 187714 01 . Il principio risulta ribadito anche recentemente da altre affermazioni secondo cui ricorre il delitto di rapina quando la condotta violenta sia stata esercitata per vincere la resistenza della persona offesa, anche ove la res sia particolarmente aderente al corpo del possessore e la violenza si estenda necessariamente alla persona, dovendo il soggetto attivo superarne la resistenza e non solo la forza di coesione inerente alla normale relazione fisica tra possessore e cosa sottratta, giacché in tal caso è la violenza stessa - e non lo strappo - a costituire il mezzo attraverso il quale si realizza la sottrazione si configura, invece, il delitto di furto con strappo quando la violenza sia immediatamente rivolta verso la cosa, seppur possa avere ricadute sulla persona che la detiene Sez. 2, numero 16899 del 21/02/2019 Rv. 276558 - 01 . L'applicazione dei sopra esposti principi deve fare proprio ritenere corretta la conclusione della corte di appello che ha sottolineato come per le particolari modalità della condotta la stessa dovesse necessariamente comportare un'aggressione alla persona invero la particolare tipologia dell'oggetto sottratto alla vittima, un orologio tenuto al polso da apposito cinturino, deve fare escludere la possibilità di ritenere configurabile il semplice furto con strappo posto che la sottrazione alla vittima comporta, necessariamente, un quantum di violenza in danno della stessa che deve essere pur brevemente immobilizzata e comunque subire lo sganciamento dell'orologio contro la sua volontà. E tale circostanza, nel caso in esame, è stata ritenuta dimostrata dalla presenza di lesioni personali in danno della vittima, che la stessa riportava proprio per effetto della condotta, consistite in una ferita proprio al polso sinistro e cioè in quella parte del corpo ove portava l'orologioì inequivocabile indice dell'avvenuta aggressione alla sua incolumità fisica. 2.3 Quanto agli altri motivi gli stessi reiterano doglianze già adeguatamente respinte dal giudice di appello invero - correttamente la corte di appello ha dato atto a pagina 8 della motivazione come nel caso di specie l'aggravante delle più persone riunite si desuma dalle modalità di svolgimento dei fattì che prevedevano la contemporanea presenza di più soggetti ed anche la precisa distribuzione dei ruoli - del tutto esente da censura appare la motivazione in ordine alla impossibilità di riconoscere l'attenuante di cui all' articolo 114 c.p. , stante il ruolo decisivo svolto da D. nella consumazione dei fatti sia durante la fase del pedinamento che a seguito della ricezione dell'orologio, poco prima rapinato accertato con valutazione in fatto in modo conforme dai giudici di merito - la mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche per entrambi i ricorrenti è giustificata da motivazione esente da manifesta illogicità, che, pertanto, è insindacabile in cassazione Cass., Sez. 6, numero 42688 del 24/9/2008 , Rv. 242419 , anche considerato il principio affermato da questa Corte secondo cui non è necessario che il giudice di merito, nel motivare il diniego della concessione delle attenuanti generiche, prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma è sufficiente che egli faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo disattesi o superati tutti gli altri da tale valutazione Sez. 2, numero 3609 del 18/1/2011, Sermone, Rv. 249163 Sez. 6, numero 34364 del 16/6/2010, Giovane, Rv. 248244 - il riconoscimento della recidiva è stato fondato su una precisa analisi dei precedenti e delle modalità di commissione dei fatti, indice di rinnovata pericolosità con valutazione in fatto esente dai denunciati vizi - la graduazione della pena, anche in relazione agli aumenti ed alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti, rientra nella discrezionalità del giudice di merito, che la esercita, così come per fissare la pena base, in aderenza ai principi enunciati negli articolo 132 e 133 c.p. ne discende che è inammissibile la censura che, nel giudizio di cassazione, miri ad una nuova valutazione della congruità della pena la cui determinazione non sia frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico Sez. 5, numero 5582 del 30/09/2013 - 04/02/2014, Ferrario, Rv. 259142 , ciò che - nel caso di specie - non ricorre essendosi fatto riferimento ai precedenti penali ed alla gravità dei fatti. In conclusione, le impugnazioni devono ritenersi manifestamente infondate alla relativa declaratoria consegue, per il disposto dell' articolo 616 c.p.p. , la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali, nonché al versamento in favore della Cassa delle ammende di una somma che, ritenuti e valutati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si determina equitativamente in Euro 3.000,00 ciascuno. P.Q.M. Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.