Nella procedura di L.C.A., l’atto di appello deve essere formulato con atto di citazione che va notificato nel termine di 15 giorni dalla notificazione della sentenza di primo grado del Tribunale fallimentare.
Con l’ordinanza in esame, la Suprema Corte è stata chiamata a pronunciarsi sulla validità dell’ appello proposto dai dipendenti di una banca contro le sentenze emesse in merito alle opposizioni allo stato passivo nell’ambito della procedura di liquidazione coatta amministrativa. A riguardo, la Suprema Corte ha chiarito che, poiché l’art. 88 T.U.B., nel rinviare soltanto ai commi 4 e 5 del precedente art. 87, non prevede il rinvio anche al comma 2 dello stesso articolo regolante la modalità di proposizione della domanda nella forma del ricorso, è necessario il rispetto della forma dell’atto di citazione per l’instaurazione del giudizio di secondo grado, anche in considerazione della previsione del citato comma 4 dell’art. 88, che pone esplicito riferimento, per quanto non espressamente disposto, alle disposizioni del codice di procedura civile sul processo di cognizione. Pertanto, pur costituendo l'opposizione allo stato passivo della liquidazione coatta amministrativa un'azione tipica del fallimento seppure abbia ad oggetto diritti riconducibili a rapporti di lavoro , anche se l’art. 87 T.U.B. prevede che il giudizio di primo grado debba essere introdotto con ricorso da depositarsi nei 15 giorni, l’atto di appello deve, però, essere formulato con atto di citazione che va notificato nel termine di 15 giorni dalla notificazione della sentenza di primo grado del Tribunale fallimentare ne deriva la tardività dell’atto di appello che sia stato solo depositato nel termine di 15 giorni ma notificato alla parte appellata oltre il decorso dello stesso termine, senza, quindi, che possa venire in rilievo l’applicabilità del principio generale del raggiungimento dello scopo. Per questi motivi, la Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
Presidente Di Virgilio Relatore Carrato Ritenuto in fatto 1. I sigg. F.M., R.G. e S.A. proponevano, con distinti ricorsi depositati in data 18-23 aprile 2012 presso la Cancelleria della Sezione fallimentare del Tribunale di Milano, opposizione allo stato passivo di [ ] s.p.a. in L.C.A., ai sensi del D.Lgs. n. 385 del 1993, art. 87 cd. T.U.B . , chiedendo, ognuno per proprio conto, l'accertamento e la dichiarazione di invalidità e/o di inefficacia dei licenziamenti loro intimati con lettere del 26 ottobre 2010 dalla suddetta [ ], congiuntamente all'accertamento del loro diritto al risarcimento dei danni per mancato accesso al Fondo di solidarietà, oltre all'ammissione al passivo con privilegio di ulteriori crediti di lavoro. Nella costituzione in tutti i giudizi della convenuta [ ] in L.C.A., l'adito Tribunale rigettava, con tre distinte sentenze, le domande dei predetti ricorrenti. 2. Decidendo sui separati appelli - poi riuniti - dei soccombenti ricorrenti, cui resisteva l'appellata la quale ne eccepiva, in via pregiudiziale, l'inammissibilità e/o l'improcedibilità per la tardività della notifica ai sensi dell' art. 88 T.U.B ., insistendo, comunque, nel merito per il rigetto dei gravami , la Corte di appello di Milano, con sentenza n. 2136/2017 pubblicata il 18 maggio 2017 , dichiarava l'inammissibilità, in quanto tardivi, di ciascuno degli appelli, con la conseguente condanna di ognuno degli appellanti alla rifusione delle spese del grado. A fondamento dell'adottata pronuncia la Corte milanese osservava che l'appello contro le sentenze emesse in merito alle opposizioni allo stato passivo della procedura di L.C.A. deve essere proposto, in base alla norma generale di cui all' art. 342 c.p.c. compresa nel richiamo effettuato dalla disposizione dell' art. 88, comma 4 T.U.B . in vigore al momento dell'instaurazione della procedura , mediante atto di citazione e che tale atto, sulla scorta della norma specifica dettata dallo stesso art. 88, al comma 1, deve essere proposto entro 15 giorni dalla notificazione della sentenza di primo grado. Sulla scorta di tale inquadramento, la Corte di secondo grado - a fronte dell'avvenuta notificazione delle sentenze di primo grado in data 13 ottobre 2014 - rilevava che gli appelli erano stati proposti mediante ricorsi depositati in cancelleria il 23 ottobre 2014 ma che essi, in uno al decreto presidenziale, erano stati poi notificati all'appellata l'11 novembre 2014, ragion per cui essi erano da ritenersi tardivi per mancato rispetto del suddetto termine quindicinale. 3. Avverso la citata sentenza di appello hanno formulato un congiunto ricorso per cassazione, riferito a due motivi, F.M., R.G. e S.A. Ha resistito con controricorso l'intimata [ ] s.p.a. in L.C.A. Le difese di entrambe le parti hanno depositato memoria ai sensi dell'art. 380-bis.1 c.p.c. Considerato in diritto 1. Con il primo motivo i ricorrenti hanno denunciato - ai sensi dell' art. 360 c.p.c. , comma 1, n. 3 - la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 385 del 1993, art. 87, comma 2 e art. 88, comma 1, e succ. modif., sostenendo l'illegittimità dell'impugnata sentenza che ha ritenuto tardivo il ricorso in appello avverso la sentenza di primo grado malgrado depositato in cancelleria nel termine prescritto di quindici giorni. 2. Con la seconda censura i ricorrenti hanno dedotto - con riferimento all' art. 360 c.p.c. , comma 1, n. 3 - la violazione o falsa applicazione dell' art. 121 c.p.c. , sul presupposto che la sentenza della Corte di appello non aveva tenuto conto del fatto che lo scopo dell'atto introduttivo del giudizio di secondo grado - ancorché proposto con ricorso - era stato raggiunto, così disattendendosi il generale principio della libertà delle forme. 3. Rileva il collegio che i due motivi, esaminabili congiuntamente in quanto all'evidenza connessi, sono infondati e devono, quindi, essere rigettati. Infatti, la Corte di appello, nell'impugnata sentenza, ha correttamente interpretato il quadro normativo di riferimento ai fini della individuazione della forma dell'atto introduttivo del giudizio di appello avverso la sentenza di primo grado che abbia statuito sull'opposizione allo stato passivo e, di conseguenza, sul criterio in base al quale valutare la sussistenza della sua tempestività o meno. A tal proposito è stato esattamente rilevato che, poiché l' art. 88 del T.U.B . nel testo ratione temporis applicabile nel rinviare soltanto al comma 4 in quanto compatibile e comma 5 del precedente art. 87 sempre con riferimento alla versione temporalmente vigente , non prevede il rinvio anche al comma 2 dello stesso articolo regolante la modalità di proposizione della domanda nella forma del ricorso, ne deriva la conseguente necessità - secondo la disciplina generale - del rispetto della forma dell'atto di citazione per l'instaurazione del giudizio di secondo grado con riguardo a siffatto procedimento, alla stregua anche della previsione dell'art. 88, citato comma 4, che pone esplicito riferimento, per quanto non espressamente disposto, alle disposizioni del codice di procedura civile sul processo di cognizione. Pertanto, premesso che l'opposizione allo stato passivo della liquidazione coatta amministrativa costituisce un'azione tipica del fallimento pure se abbia ad oggetto diritti riconducibili a rapporti di lavoro, come nel caso di specie , anche se l' art. 87 T.U.B . prevede che il giudizio di primo grado deve essere introdotto con ricorso da depositarsi nei 15 giorni, l'atto di appello deve, però, essere formulato con atto di citazione che va notificato nel termine di quindici giorni dalla notificazione della sentenza di primo grado del Tribunale fallimentare. Da tanto consegue la tardività dell'atto di appello che sia stato solo depositato nel citato termine di quindici giorni ma notificato alla parte appellata oltre il decorso dello stesso termine come verificatosi nel caso esaminato , senza, quindi, che - a fronte della maturazione di siffatta decadenza processuale - possa venire in rilievo l'applicabilità del principio generale evocato con il secondo motivo del raggiungimento dello scopo. 4. In definitiva, alla stregua delle argomentazioni complessivamente svolte, il ricorso deve essere respinto con conseguente condanna dei soccombenti ricorrenti, in solido, al pagamento delle spese del presente giudizio, che si liquidano nei sensi di cui in dispositivo. Infine, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, occorre dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, con vincolo solidale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti, in solido fra loro, al pagamento delle spese del presente giudizio, che si liquidano in complessivi Euro 5.500,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre contributo forfettario, iva e cpa nella misura e sulle voci come per legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13 , comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, in via solidale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.