Per il TAR Catania, la misura del tempo, quale causa efficiente della stabilizzazione dei rapporti di forza sul territorio, si pone quale elemento cardine per la configurabilità del fenomeno mafioso.
La vicenda posta all’attenzione del Tribunale amministrativo riguarda l’impugnazione dell’informativa interdittiva antimafia da parte del socio di una cooperativa sociale operante nel settore dei servizi socio-sanitari. Nello specifico, il ricorrente lamenta l’assenza di attualità dei fatti alla base del provvedimento. A riguardo, il Collegio afferma che la norma di cui all’articolo 416-bis c.p. è diretta a tutelare l’ordine pubblico, minacciato dall’utilizzo della forza di intimidazione e dalla conseguente condizione di assoggettamento ed omertà che ne deriva, dovendo sussistere «un alone penetrante e avvertibile di presenza sopraffattrice, frutto di uno stile di vita consolidato nel tempo». L’associazione, per godere di una certa fama di violenza e sviluppare attorno a sé, nella comunità di riferimento, una potenza intimidatrice concreta e stabile, impiega pertanto un certo lasso di tempo la misura del tempo, quale causa efficiente della stabilizzazione dei rapporti di forza sul territorio, si pone dunque quale elemento cardine per la stessa configurabilità del fenomeno mafioso. A tal proposito, il Collegio ritiene che lo svilupparsi di comportamenti caratterizzati dalla forza di intimidazione e dalla conseguente condizione di assoggettamento e di omertà nel tempo sia essenziale non soltanto per la configurabilità della fattispecie penalmente rilevante, ma anche per valutare il dato fattuale ai fini delle successive determinazioni da assumere nella dimensione della prevenzione antimafia. Ciò premesso, il Collegio osserva che la vita di una associazione mafiosa si compone di tre fasi il primo momento, ovvero quello della strutturazione del fenomeno e del suo consolidamento, richiede un evidente lasso di tempo per la stessa configurabilità del reato di cui all’articolo 416-bis c.p. la seconda fase, ovvero la piena operatività del sodalizio, è condizionata dall’azione delle forze di polizia sul territorio e dai conseguenti provvedimenti dell’autorità giudiziaria il terzo ed ultimo momento, ovvero il venir meno degli effetti del fenomeno mafioso, richiede una convergenza di intenti da parte della società civile, particolarmente gravosa proprio perché deve reagire ad una condizione di assoggettamento, di intimidazione ed omertà strutturata sul territorio. «Considerare, quindi, la misura del tempo esclusivamente con riferimento alla distanza tra i fatti alla base della misura di prevenzione antimafia ed il momento applicativo della stessa» concludono i Giudici «è operazione parziale e pericolosa, in chiave di solidità dell’impianto prefettizio» ben noti, infatti, sono i casi in cui gruppi criminali, apparentemente annientati, risultavano soltanto quiescenti e si sono ricostituiti a distanza di tempo, alla luce della caratura criminale dei capi e promotori ovvero di personaggi inseriti in ambiti di mafie storiche. Alla luce di tali considerazioni, il Tribunale amministrativo rileva che nel caso di specie la prospettata assenza di attualità dei fatti alla base del provvedimento non sia dirimente, atteso che le seppur limitate e risalenti frequentazioni del ricorrente, in uno con i legami di sangue, «assumono un peso specifico che va valutato in chiave proattiva e non statica». Per questi motivi, il TAR accoglie il ricorso.
Presidente Leggio Estensore Buonomo Fatto 1. Con il ricorso introduttivo in epigrafe, ritualmente notificato e depositato, parte ricorrente, società cooperativa sociale operante nel settore dei servizi socio-sanitari trasporto infermi e/o infortunati, impugna l'informativa interdittiva antimafia e gli atti presupposti e consequenziali, tra cui l'annotazione nel Casellario informativo degli operatori economici ad opera dell'-OMISSIS- emessa dal Prefetto di omissis in data 10.05.2021. Il provvedimento è motivato, ai sensi dell'articolo 91 d.lgs. 159/2011, sulla base di riscontrati indici di possibili tentativi di infiltrazione mafiosa, tendenti a condizionare le scelte e gli indirizzi dell'impresa, fondati essenzialmente sulla figura di omissis , componente del consiglio di amministrazione ed asseritamente vicino alla famiglia mafiosa di omissis . Con un unico motivo di ricorso, si deducono in sostanza le seguenti censure Violazione e falsa applicazione degli articolo 67,84 e 91 del d.lgs. 159/2011 – violazione e falsa applicazione dell'articolo 3 l. 241/90 – violazione degli articolo 41 e 97 Costituzione – Eccesso di potere sotto diverse forme sintomatiche carenza di motivazione, difetto di istruttoria, sviamento, ingiustizia manifesta e travisamento dei fatti . Assume parte ricorrente che il quadro indiziario descritto nel provvedimento sia inficiato da una serie di vizi – in termini di concretezza ed attualità – di seguito sintetizzati il sig. omissis sarebbe scevro da pregiudizi penali, come emergerebbe dal Certificato del Registro delle Notizie di Reato, dei Carichi Pendenti e del Casellario Giudiziale il coinvolgimento in due risalenti operazioni di polizia giudiziaria, peraltro risalenti nel tempo, non avrebbe condotto ad alcun esito, essendo stato prosciolto con formula piena l'unico controllo di polizia con soggetti appartenenti a sodalizi mafiosi ed i presunti rapporti di affari con gli stessi nell'ambito di un'altra società risalirebbero al 1991 ma non avrebbero portato ad alcuna condanna giudiziaria peraltro, già nell'anno 2000, la Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di omissis aveva rigettato una proposta di applicazione della misura della sorveglianza speciale di P.S., sulla base delle informazioni fornite dal Commissariato di P.S. di omissis , il quale descrive il omissis come soggetto dalla regolare condotta il dato oggettivo di essere il fratello di omissis , omissis anche per reati di mafia, nulla aggiungerebbe sul piano degli effetti del condizionamento familiare, poiché i rapporti con lui si sarebbero interrotti sin da quell'epoca e non sarebbe provata la circostanza che il parente controindicato continui ad operare nell'ambito malavitoso gli asseriti rapporti di lavoro tra i due fratelli, nell'ambito della società attinta dall'interdittiva impugnata ed in un'altra società di omissis , sarebbero smentiti, in parte, dalla circostanza che il omissis era già detenuto all'epoca della costituzione della prima società e, in parte, dall'estratto previdenziale del omissis nell'impresa non figurerebbero altri soggetti controindicati la società sarebbe stata sottoposta a plurime verifiche antimafia con esito positivo, sin dalla sua costituzione anno 2011 ed in occasione del rilascio dell'autorizzazione sanitaria, della stipula della convenzione con l'ASP e dei relativi rinnovi ad ogni modo, il omissis per tutelare le ragioni dell'impresa, si sarebbe dimesso dalla carica societaria. 2. Con ricorso per motivi aggiunti, ritualmente notificato e depositato, parte ricorrente impugnava i provvedimenti dell'ASP di -OMISSIS con i quali veniva disposta la sospensione dell'attività di trasporto infermi mediante ambulanze della società odierna ricorrente. In particolare, oltre a richiamate per illegittimità derivata le censure proprie del provvedimento interdittivo, aggiunge che sarebbero violati gli articolo 6 e 21 della l. 241/90, in quanto l'intervento cautelare dell'ASP si configurerebbe come sine die sul piano degli effetti nei confronti dell'impresa. 3. Si costituivano il Ministero dell'Interno, concludendo per l'infondatezza del ricorso, e l'ASP di omissis , evidenziando profili di irricevibilità del ricorso per motivi aggiunti, oltre che di inammissibilità e di infondatezza nel merito. 4. All'udienza del 10.03.2022, in vista della quale venivano prodotte memorie, il ricorso è stato trattenuto in decisione. Diritto 1. Preliminarmente il Collegio procede a delibare l'eccezione di irricevibilità del ricorso per motivi aggiunti, avanzata dall'ASP intimata, la quale si palesa come infondata. Invero, la deliberazione numero omissis pubblicata all'albo pretorio per 10 giorni presenta i caratteri dell'atto endo-procedimentale, che poi va a sfociare nel provvedimento oggetto di impugnazione datato 31.05.2021. Nonostante la prima denoti profili di afflittività in danno dell'odierno ricorrente, pur tuttavia solo con la determinazione finale a lui formalmente e singolarmente partecipata si viene a concretizzare quella lesione definitiva del bene della vita poi contestato in giudizio. 2. Si procede ora ad esaminare il ricorso introduttivo. Il Collegio rileva che la prospettata assenza di attualità dei fatti alla base del provvedimento non sia dirimente nel caso di specie, atteso che le seppur limitate e risalenti frequentazioni del omissis , in uno con i legami di sangue, assumono un peso specifico che va valutato in chiave proattiva e non statica. Invero, i rapporti tra lo stesso, il fratello omissis ed altri elementi apicali della famiglia mafiosa di omissis e delle famiglie più sanguinarie della omissis per come emergono dagli atti giudiziari versati in giudizio , proprio perché ancorati ad un contesto fortemente permeato dalla condizione di assoggettamento, dall'omertà e dalla forza di intimidazione, presentano una valenza sostanziale particolarmente pregnante anche in chiave prognostica. La norma di cui all'articolo 416 bis c.p., è diretta a tutelare l'ordine pubblico, minacciato dall'utilizzo della forza di intimidazione e dalla conseguente condizione di assoggettamento ed omertà che ne deriva. La giurisprudenza prevalente ritiene che la formula si avvalgono della forza di intimidazione debba essere intesa nel senso che l'associazione abbia come programma il ricorso alla forza di intimidazione per realizzare i propri scopi. Conseguentemente, non viene ritenuto necessario l'effettivo ricorso dell'associazione al compimento di atti intimidatori, dovendo però sussistere un alone penetrante e avvertibile di presenza sopraffattrice, frutto di uno stile di vita consolidato nel tempo. L'associazione, dunque, per godere di una certa fama di violenza e sviluppare attorno a sé, nella comunità di riferimento, una potenza intimidatrice concreta e stabile, impiega un certo lasso di tempo. Il conseguente pericolo che ne deriva è dato dalla stessa esistenza dell'associazione, a prescindere dalle finalità che essa persegue e potendo questa avere ad oggetto anche attività lecite. La misura del tempo, quale causa efficiente della stabilizzazione dei rapporti di forza sul territorio, si pone quale elemento cardine per la stessa configurabilità del fenomeno mafioso. Lungi dal considerare tale assunto come il frutto di un ragionamento sociologico o comunque meta giuridico, il Collegio ritiene, in omaggio a consolidata giurisprudenza di Cassazione Penale, che lo svilupparsi di comportamenti caratterizzati dalla forza di intimidazione e dalla conseguente condizione di assoggettamento e di omertà nel tempo sia essenziale non soltanto per la configurabilità della fattispecie penalmente rilevante ma anche per valutare il dato fattuale ai fini delle successive determinazioni da assumere nella dimensione della prevenzione antimafia. Invero, il tempo, inteso sia nella concezione greca di kronos, ovvero di collocamento di fatti lungo una linea retta in sequenza successiva, sia in quella sempre di tradizione ellenica di kairòs, ovvero di opportunità di cui un soggetto beneficia in un determinato istante o segmento temporale, sono concetti ben noti al diritto amministrativo ed applicati – secondo la logica giuridica e non sociologica – in molteplici ambiti tra tutti, quello del risarcimento del danno . Considerare, quindi, la misura del tempo esclusivamente con riferimento alla distanza tra i fatti alla base della misura di prevenzione antimafia ed il momento applicativo della stessa è operazione parziale e pericolosa, in chiave di solidità dell'impianto prefettizio. La vita di una associazione mafiosa, analizzata nella sua dimensione diacronica, si compone di tre fasi strutturazione e consolidamento, piena operatività, venir meno degli effetti. Il primo momento, ovvero quello della strutturazione del fenomeno e del suo consolidamento, richiede come sopra ampiamente evidenziato un evidente lasso di tempo per la stessa configurabilità del reato di cui all'articolo 416 bis. La seconda fase, ovvero la piena operatività del sodalizio, è condizionata dall'azione delle forze di polizia sul territorio e dai conseguenti provvedimenti dell'autorità giudiziaria. Il terzo ed ultimo momento, ovvero il venir meno degli effetti del fenomeno mafioso, invece, è un qualcosa che richiede una convergenza di intenti da parte della società civile, particolarmente gravosa proprio perché deve reagire ad una condizione di assoggettamento, di intimidazione ed omertà strutturata sul territorio. Ben noti e facilmente acquisibili, anche da fonti aperte, sono i casi in cui gruppi criminali, apparentemente annientati, risultavano soltanto quiescenti e si sono ricostituiti a distanza di tempo, alla luce della caratura criminale dei capi e promotori ovvero di personaggi inseriti in ambiti di mafie storiche. In tali casi non si è resa necessaria una esteriorizzazione della forza di intimidazione, considerato il capitale criminale accumulato dall'associazione mafiosa di riferimento ed il diffuso riconoscimento della capacità di aggressione di persone e patrimoni da parte della stessa Cass. Penumero numero 27808/2019 . Altrettanto noti sono i casi di soggetti di spicco di sodalizi mafiosi, i quali, nonostante avessero iniziato un percorso di collaborazione con la giustizia, lo hanno poi abbandonato a distanza di tempo, disconoscendo il nuovo legame di fedeltà instaurato con lo stato, macchiandosi di nuovi delitti o – peggio ancora – rendendo dichiarazioni indizianti poi non suffragate da riscontri probatori e conseguentemente inattendibili. 2.1 Privo di pregio è anche il ragionamento di parte ricorrente, laddove riconduce alla mancata applicazione della misura di prevenzione della sorveglianza speciale di P.S., un giudizio prognostico di affidabilità imprenditoriale – per quanto rileva ai fini del presente giudizio – obliterando che le due misure presentano presupposti e caratteri di afflittività completamente diversi, attingendo la prima anche e soprattutto la libertà personale del destinatario. 2.2 Ciò che non sorregge l'impianto del provvedimento interdittivo è invece la sua concretezza in termini di indici sintomatici dell'infiltrazione mafiosa. Invero, la valutazione prefettizia è monca di quella valutazione complessiva sul possibile condizionamento dell'impresa, che viene ricondotta esclusivamente alla presenza del omissis nell'ambito del consiglio di amministrazione, senza operare un penetrante discernimento, anche in chiave attualizzata, di tutti gli altri elementi spia richiesti dalla logica della prevenzione frequentazioni, legami familiari, modalità di gestione dell'impresa, presenza di altri soggetti controindicati etc… . Ancor più pregnante, atteso che la parte pubblica non si è difesa sul punto, è la circostanza che la società in questione abbia operato sin dalla sua costituzione, anche nei rapporti convenzionali con la Pubblica Amministrazione, superando le reiterate verifiche antimafia, senza che fossero mai presi in considerazione i dati di fatto alla base dell'odierno provvedimento impugnato, peraltro tutti antecedenti alla stessa costituzione della società -OMISSIS-. In altri termini, appare immotivato e contraddittorio aver concesso periodiche autorizzazioni ed aver stipulato convenzioni con l'ASP di omissis , laddove il quadro di situazione non era mutato, essendo i fatti addebitati tutti riferibili a periodi precedenti. Da ultimo, il Collegio non può obliterare la decisione del omissis di dimettersi dalla carica societaria, per tutelare l'integrità dell'impresa. In assenza di una corretta ed approfondita istruttoria, peraltro monca di riferimenti attuali, il provvedimento si palesa carente in termini motivazionali e contraddittorio rispetto alle precedenti determinazioni dell'Amministrazione. 3. Atteso che il ricorso introduttivo è fondato nel merito, il provvedimento di sospensione del servizio adottato dall'ASP, impugnato con motivi aggiunti avvinto da un rapporto di consequenzialità immediata e diretta con il presupposto provvedimento interdittivo antimafia come evidenziato dalla stessa ASP intimata in memoria ne segue le sorti. 4. Per le ragioni sopra esposte, i ricorsi sono meritevoli di accoglimento per contraddittorietà, difetto di istruttoria e di motivazione in via principale e derivata e, conseguentemente, i provvedimenti impugnati vanno annullati, fatte salve le ulteriori determinazioni delle amministrazioni intimate. 5. La peculiarità della vicenda giustifica la compensazione delle spese tra le parti. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia sezione staccata di Catania Sezione Quarta , definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie ai sensi e per gli effetti di cui in motivazione. Spese compensate. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, numero 196 e degli articoli 5 e 6 del Regolamento UE 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016 , a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità.