«In tema di atti persecutori, ai fini della configurabilità della circostanza aggravante di cui all’articolo 612-bis, comma 2, c.p., per “relazione affettiva” non s’intende necessariamente la sola stabile condivisione della vita comune ovvero il coinvolgimento sentimentale con prospettive di futuro duraturo, ma qualsiasi legame di significativa frequentazione, indipendentemente dalla convivenza con la vittima, dalla stabilità e/o durata della “relazione”, che faciliti il delitto, consentendo all’agente lo sfruttamento del rapporto di fiducia della vittima nei suoi confronti».
La Corte d'Appello di Milano confermava la pronuncia del Tribunale di Udine con cui un imputato è stato condannato ad undici mesi di reclusione, in quanto ritenuto responsabile di stalking e lesioni aggravate ai danni della compagna, con il riconoscimento dell'aggravante della recidiva reiterata specifica infraquinquennale. Il condannato ricorre in Cassazione deducendo, tra i vari motivi, l'inesistenza di una relazione affettiva di ordine sentimentale tra lui e la vittima, come quella richiesta dall'articolo 612-bis c.p., non essendoci stata coabitazione, ma solo un rapporto di amicizia sfociato in rapporti sessuali occasionali. La doglianza è inammissibile. Secondo la Corte di Cassazione, in tema di atti persecutori, ai fini della configurabilità della circostanza aggravante di cui all'articolo 612-bis, comma 2, c.p., per “relazione affettiva” non s'intende necessariamente la sola stabile condivisione della vita comune, ma anche il legame connotato da un reciproco rapporto di fiducia Cass. numero 11920/2018 . Nel caso di specie, tale rapporto era presente, a prescindere dalla percezione della sua natura che avesse il ricorrente. Ne consegue, quindi, che «in tema di atti persecutori, ai fini della configurabilità della circostanza aggravante di cui all'articolo 612-bis, comma 2, c.p., per “relazione affettiva” non s'intende necessariamente la sola stabile condivisione della vita comune ovvero il coinvolgimento sentimentale con prospettive di futuro duraturo, ma qualsiasi legame di significativa frequentazione, indipendentemente dalla convivenza con la vittima, dalla stabilità e/o durata della “relazione”, che faciliti il delitto, consentendo all'agente lo sfruttamento del rapporto di fiducia della vittima nei suoi confronti».
Presidente Palla – Relatore Brancaccio Ritenuto in fatto 1. Con il provvedimento in epigrafe, la Corte d'Appello di Milano ha confermato la pronuncia del Tribunale di Udine del 21.11.2019, con cui M.A. è stato condannato alla pena di undici mesi di reclusione perché ritenuto responsabile dei delitti di atti persecutori e lesioni aggravate ai danni di V.E. , con la quale aveva da poco instaurato una relazione sentimentale. La vittima, che dopo qualche tempo dall'inizio del rapporto aveva notato un atteggiamento insano ed assillante da parte dell'imputato, tentando di allontanarlo, è stata colpita da questi con pugni al volto, il omissis , perché si era rifiutata di dormire con lui quella sera, riportando da tale aggressione lesioni gravi, consistite in fratture delle ossa del naso, giudicate guaribili in 15 giorni. In seguito a tale episodio, l'imputato - nei giorni successivi, nel tentativo di riconciliarsi con lei dopo quanto accaduto - ha cominciato a pedinare e molestare la donna ripetutamente, con telefonate e messaggi telefonici continui ed insistenti, fino a quando, il giorno omissis , si è appostato sotto casa della vittima, l'ha ingiuriata e minacciata pesantemente anche di morte ed inseguita, costringendola a trovare rifugio in una banca. Nei confronti dell'imputato è stata riconosciuta sussistente anche l'aggravante della recidiva reiterata specifica infraquinquennale, giudicata equivalente, insieme alle ulteriori aggravanti contestate, alle circostanze attenuanti generiche concesse. 2. Avverso la sentenza predetta ha proposto ricorso M.A. , tramite il difensore di fiducia, deducendo tre distinti motivi. 2.1. La prima ragione di censura evidenzia mancanza di motivazione del provvedimento impugnato in relazione all'eccezione del ricorrente, già formulata con i motivi d'appello, che proponeva la configurabilità del reato di molestie previsto dall'articolo 660 c.p., piuttosto che del delitto di atti persecutori, alla luce del concreto atteggiarsi delle condotte realizzate dall'imputato. La tesi del ricorrente è che non vi sarebbe quella connotazione abituale delle condotte, necessaria a configurare il delitto di stalking ai sensi dell'articolo 612-bis c.p. si tratterebbe di episodi sporadici di un rapporto in corso tra i due protagonisti della vicenda, nè dalla condotta del ricorrente sarebbero derivati paura o timore per la persona offesa. 2.2. La seconda censura contesta vizio di motivazione manifestamente illogica quanto alla ritenuta sussistenza dell'aggravante dell'esservi una relazione sentimentale tra vittima ed autore dei reati. La tesi del ricorrente è che tra lui e la vittima non vi fosse una relazione affettiva di ordine sentimentale come quella richiesta dalla norma aggravatrice dell'articolo 612-bis c.p., poiché non vi era stata coabitazione e, in ultima analisi, tra loro sussisteva soltanto un rapporto di amicizia, sfociato in rapporti sessuali occasionali. Di contro, la nozione di relazione sentimentale contemplata dal legislatore, come situazione interpersonale che determina un aggravamento del disvalore della condotta persecutoria commessa nei confronti del partner, implicherebbe un consolidato rapporto reciproco di affidamento, non sussistente nel caso di specie. Si cita giurisprudenza di questa Corte regolatrice che confermerebbe l'assunto difensivo, disarticolando il ragionamento motivazionale del giudice d'appello, che ha, invece, puntato a ritenere irrilevante la natura più o meno stabile e profonda dei sentimenti che legano vittima e stalker, ritenendo sufficiente, ai fini dell'aggravante, che tra costoro esista un legame interpersonale privilegiato, denotante coinvolgimento sentimentale e frequentazione affettiva, anche solo sessuale. 2.3. Infine, un terzo motivo di ricorso denuncia mancanza di motivazione in ordine al diniego della sospensione condizionale della pena, che evoca brevemente una prognosi non positiva nei confronti del ricorrente, senza null'altro aggiungere. 3. Il PG ha concluso per il rigetto del ricorso, riportandosi alle conclusioni scritte. Considerato in diritto 1. Il ricorso è complessivamente inammissibile. 2. Il primo motivo è manifestamente infondato. Deve premettersi che, ai fini della verifica di sussistenza di un vizio di omessa motivazione del provvedimento impugnato, la Cassazione ha solidamente ricostruito una linea ermeneutica che descrive la sentenza come un tutto coerente ed organico, sicché, ai fini del controllo critico sulla sussistenza di un valido percorso giustificativo, ogni punto non può essere autonomamente considerato, dovendo essere posto in relazione agli altri, con la conseguenza che la ragione di una determinata statuizione può anche risultare da altri punti della sentenza ai quali sia stato fatto richiamo, sia pure implicito cfr. Sez. 4, numero 4491 del 17/10/2012, dep. 2013, Spezzacatena, Rv. 255096 Sez. 5, numero 8411 del 21/5/1992, Chirico ed altri, Rv. 191487 . Più in generale, si è affermato che la sentenza di merito non è tenuta a compiere un'analisi approfondita di tutte le deduzioni delle parti e a prendere in esame dettagliatamente tutte le risultanze processuali, essendo sufficiente che, anche attraverso una valutazione globale di quelle deduzioni e risultanze, spieghi, in modo logico ed adeguato, le ragioni del proprio convincimento, dimostrando che ogni fatto decisivo è stato tenuto presente, sì da potersi considerare implicitamente disattese le deduzioni difensive che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata Sez. 4, numero 26660 del 13/5/2011, Caruso e altro, Rv. 250900 Sez. 6, numero 20092 del 4/5/2011, Schowick, Rv. 250105 . La conseguenza è che, in sede di legittimità, non è censurabile una sentenza per il suo silenzio su una specifica deduzione prospettata con il gravame, quando risulti che la stessa sia stata disattesa dalla motivazione del provvedimento complessivamente considerato Sez. 1, numero 27825 del 22/5/2013, Caniello, Rv. 256340 Sez. 5, numero 6746 del 13/12/2018, Currò, Rv. 275500 . Nel caso di specie, la motivazione del giudice d'appello ha seguito uno schema logico che, ricostruendo i fatti ampiamente nella loro modalità allarmante di accadimento, ha ritenuto la configurabilità degli elementi costitutivi del delitto di stalking - e non già di altre, meno gravi fattispecie di reato, come quella invocata dalla difesa e prevista dall'articolo 660 c.p. - sia avuto riguardo alla condotta posta in essere dal ricorrente, che per il risultato lesivo costitutivo dall'essersi configurati almeno due dei tre eventi alternativi di danno previsti dalla disposizione incriminatrice di cui all'articolo 612-bis c.p La tesi del ricorrente - come già evidenziato - è che non vi sarebbe abitualità, necessaria a configurare il delitto di stalking si tratterebbe di episodi sporadici di un rapporto in corso tra i due protagonisti della vicenda neppure si sarebbe dato luogo ad uno degli eventi alternativi del reato dalla condotta del ricorrente non sarebbero derivati paura o timore per la persona offesa. Le censure sono manifestamente infondate e si scontrano con i chiari approdi dei giudizi di merito, ricostruiti sulla base del tessuto di prova. Ed infatti, sotto il primo profilo, la sentenza impugnata ha dato atto di un comportamento molesto e minaccioso, posto in essere in maniera insistente dal ricorrente per un consistente lasso temporale e composto da pedinamenti, aggressioni e minacce che con un'inusuale dinamica - hanno avuto inizio proprio con l'improvviso accesso di rabbia, rivelatosi sintomatico della sua indole violenta ed incline ad un comportamento morboso ed ossessivo nei confronti del partner e che ha causato alla vittima importanti fratture delle ossa nasali, solo perché costei si era rifiutata di dormire con lui la sera dei fatti. Un nuovo culmine di ira persecutoria, poi, si è avuto nell'episodio conclusivo della vicenda, quando l'imputato si è appostato sotto casa della vittima, l'ha ingiuriata e minacciata pesantemente anche di morte ed inseguita, costringendola a trovare rifugio in una banca. Nel mezzo, giorni di pedinamenti, appostamenti, molestie, anche telefoniche, e minacce, nel tentativo di riconciliarsi con la vittima dopo l'episodio aggressivo parossistico che aveva bruscamente interrotto la relazione tra i due. Le condotte sinteticamente ripercorse sono sicuramente idonee a configurare il delitto di stalking dal punto di vista dell'elemento oggettivo del reato e dell'evento. Invero, in tema di stalking, ai fini della configurabilità del reato, è sufficiente la consumazione anche di uno solo degli eventi alternativamente previsti dall'articolo 612-bis c.p. Sez. 5, numero 43085 del 24/9/2015, A., Rv. 265231 . Inoltre, la prova dello stato d'ansia o di paura denunciato dalla vittima del reato può essere dedotta anche dalla natura dei comportamenti tenuti dall'agente, qualora questi siano idonei a determinare in una persona comune tale effetto destabilizzante Sez. 5, numero 24135 del 9/5/2012, G., Rv. 253764 e, più in generale, può essere desunta da elementi sintomatici di tale turbamento psicologico, ricavabili dalle dichiarazioni della stessa vittima del reato, dai suoi comportamenti conseguenti alla condotta posta in essere dall'agente ed anche da quest'ultima, considerando tanto la sua astratta idoneità a causare l'evento, quanto il suo profilo concreto in riferimento alle effettive condizioni di luogo e di tempo in cui è stata consumata cfr., ex multis, Sez. 5, numero 17795 del 2/3/2017, S., Rv. 269621 Sez. 6, numero 50746 del 14/10/2014, P.C., Rv. 261535 Sez. 5, numero 14391 del 28/2/2012, S., Rv. 252314 . Ed ancora, ai fini della configurabilità del reato di atti persecutori, non è necessario che la vittima prospetti espressamente e descriva con esattezza uno o più degli eventi alternativi del delitto - tra i quali lo stato d'ansia provocatole dall'imputato o il fondato timore per l'incolumità propria o di un prossimo congiunto, che sono certamente enucleabili dal contesto della vicenda in esame - potendo la prova di essi desumersi dal complesso degli elementi fattuali altrimenti acquisiti e dalla condotta stessa dell'agente Sez. 5, numero 47195 del 6/10/2015, S., Rv. 265530 Sez. 5, numero 57704 del 14/9/2017, P., Rv. 272086 . Nel caso di specie, come detto, molteplici elementi concreti concorrono a delineare la configurabilità almeno di due tra i più eventi del reato previsti dalla fattispecie incriminatrice, e precisamente quelli costituiti dallo stato d'ansia e di paura ingenerato nella vittima e dal timore per l'incolumità propria o di prossimi congiunti - le minacce gravi ed i pedinamenti realizzati ai danni della persona offesa - le molestie ossessive - le condotte lesive poste in essere ai danni della vittima, derivate dall'aggressione che ha dato la stura poi alla persecuzione, seguita all'interruzione del rapporto di frequentazione, proprio in ragione dell'accaduto. Quanto all'abitualità ed alla durata minima delle condotte, secondo l'orientamento interpretativo condiviso dal Collegio, integrano il delitto di atti persecutori di cui all'articolo 612-bis c.p. anche due sole condotte di minaccia o di molestia, come tali idonee a costituire la reiterazione richiesta dalla norma incriminatrice Sez. 5, numero 33842 del 3/4/2018, P., Rv. 273622 Sez. 5, numero 46331 del 5/6/2013, D.V., Rv. 257560 Sez. 5, numero 6417 del 21/1/2010, Oliviero, Rv. 245881 , nonché singole condotte reiterate in un arco di tempo molto ristretto, a condizione che si tratti di atti autonomi e che la reiterazione di questi, pur concentrata in un brevissimo arco temporale, sia la causa effettiva di uno degli eventi considerati dalla norma incriminatrice Sez. 5, numero 38306 del 13/6/2016, C., Rv. 267954 Sez. 5, numero 33563 del 16/6/2015, B., Rv. 264356 entrambe le sentenze hanno ritenuto sussistente il reato in caso di condotte realizzate nell'arco di una solo giornata . Ciò che la norma incriminatrice richiede ai fini della configurabilità del reato, infatti, è la reiterazione delle condotte da cui discenda una loro particolare afflittività nei confronti della vittima, afflittività che possa definirsi connotata dal carattere persecutorio , e cioè ripetutamente e insistentemente molesto, minaccioso e lesivo, capace di produrre uno degli eventi alternativi previsti dalla fattispecie delittuosa. Non è, invece, richiesta una prolungata sequenza temporale - peraltro, nel caso di specie, la condotta si è snodata nel corso di diversi giorni - nella quale tale reiterazione di condotte persecutorie debba essere attuata. In ultima analisi, la fattispecie è stata correttamente inquadrata entro i confini del delitto di stalking, piuttosto che di quello di molestie, posto che il criterio distintivo tra il reato di atti persecutori e quello di cui all'articolo 660 c.p. consiste nel diverso atteggiarsi delle conseguenze della condotta che, in entrambi i casi, può estrinsecarsi in varie forme di molestie, sicché si configura il delitto di cui all'articolo 612-bis c.p. quando le condotte molestatrici siano idonee a cagionare nella vittima un perdurante e grave stato di ansia ovvero l'alterazione delle proprie abitudini di vita, mentre sussiste il reato di cui all'articolo 660 c.p. ove le molestie si limitino ad infastidire la vittima del reato Sez. 5, numero 15625 del 9/2/2021, R., Rv. 281029 . 3. Il secondo motivo di ricorso è inammissibile sia perché generico, reiterativo delle medesime censure già proposte in appello e ritenute prive di pregio dalla sentenza impugnata con motivazione logica ed adeguata, sia perché manifestamente infondato. Il ricorrente contesta il vizio di motivazione manifestamente illogica quanto alla ritenuta sussistenza dell'aggravante dell'esservi una relazione sentimentale tra vittima ed autore dei reati articolo 612-bis c.p., comma 2 . La tesi difensiva è che tra l'imputato e la vittima non vi fosse una relazione affettiva di ordine sentimentale come quella richiesta dalla norma aggravatrice, poiché non vi era stata coabitazione e, in ultima analisi, tra loro sussisteva soltanto un rapporto di amicizia, sfociato in rapporti sessuali occasionali. Di contro, la nozione di relazione sentimentale contemplata dal legislatore, come situazione interpersonale che determina un aggravamento del disvalore della condotta persecutoria commessa nei confronti del partner, implicherebbe un consolidato rapporto reciproco di affidamento, non sussistente nel caso di specie. L'eccezione è priva di pregio. Questa Corte regolatrice ha già chiarito che, in tema di atti persecutori, ai fini della configurabilità della circostanza aggravante di cui all'articolo 612-bis c.p., comma 2, per relazione affettiva non s'intende necessariamente la sola stabile condivisione della vita comune, ma anche il legame connotato da un reciproco rapporto di fiducia Sez. 3, Sentenza numero 11920 del 09/01/2018, Rv. 272383 -01 . Nel caso di specie, un legame interpersonale tra persecutore e vittima era indubbiamente esistente, a prescindere dalla percezione della sua natura che avesse il ricorrente che insiste su una sorta di nozione di amicizia con risvolti sessuali , dalla sua connotazione di stabilità o serietà di intenti rispetto ad un futuro reciproco impegno ed in disparte qualsiasi considerazione collegata alla profondità dei sentimenti affettivi nutriti dai soggetti coinvolti nel rapporto. L'aggravante, infatti, è volta a sancire un maggior disvalore per quelle condotte che, approfittando di un coinvolgimento personale tra l'agente e la vittima del reato di stalking la relazione affettiva, appunto, latamente intesa , giungono alla persecuzione della persona offesa mediante la devianza del rapporto di fiducia instaurato dalla frequentazione, sia essa intesa come abitudine a frequentarsi a sfondo solo sessuale ovvero con un più profondo coinvolgimento sentimentale tale distinzione, invero, appartiene alle considerazioni intime dei protagonisti del rapporto qui peraltro contestate a senso unico, come se la volontà e i sentimenti del solo ricorrente fossero essenziali alla configurazione giuridica dell'aggravante , considerazioni che esulano dalla nozione oggettiva della circostanza aggravante prevista dall'articolo 612-bis c.p., comma 2 per come sopra descritta. Del resto, anche in tema di violenza sessuale, si è condivisibilmente affermato il principio, da ribadirsi in relazione al delitto di atti persecutori, che, ai fini della configurabilità della circostanza aggravante di cui all'articolo 609-ter c.p., comma 1, numero 5-quater, sussiste relazione affettiva quando il soggetto attivo possieda o abbia posseduto determinate qualità soggettive che, indipendentemente sia dalla convivenza con la vittima, sia dalla stabilità e/o durata della relazione , facilitino il delitto, consentendo all'agente lo sfruttamento del rapporto di fiducia della vittima nei suoi confronti e l'accesso violento o abusivo nella sfera più intima di quest'ultima Sez. 3, numero 42424 del 6/2/2018, L., Rv. 274518 . In motivazione, tale pronuncia ha chiarito che deve risultare l'esistenza di un legame stretto tra l'abusante e la vittima, dal quale sia scaturito, quantunque per un breve lasso di tempo, una comunanza di sentimenti che, se anche non sfociati in rapporti sessuali, si siano tradotti in un idem sentire o nell'assunzione, anche solo potenziale, di doveri di umana solidarietà, situazioni configurabili anche in modo alternativo tra loro che non costituiscono prerogativa delle sole coppie conviventi. Nel caso del ricorrente, il legame esistito con la vittima, anche se limitato - come asserito dalla difesa - alla sola sfera sessuale e senza coinvolgimento di stabile affettività, si è tradotto in un'identità e comunanza di sentire, per quanto circoscritta nel tempo, e nell'assunzione, necessariamente ed anche via solo potenziale, di doveri di reciproca, umana solidarietà, a prescindere da qualsiasi convivenza o dalle intenzioni per il futuro sentimentale del rapporto interpersonale. Deve affermarsi, in conclusione, che, in tema di atti persecutori, ai fini della configurabilità della circostanza aggravante di cui all'articolo 612-bis c.p., comma 2, per relazione affettiva non s'intende necessariamente la sola stabile condivisione della vita comune ovvero il coinvolgimento sentimentale con prospettive di futuro duraturo, ma qualsiasi legame di significativa frequentazione, indipendentemente dalla convivenza con la vittima, dalla stabilità e/o durata della relazione , che faciliti il delitto, consentendo all'agente lo sfruttamento del rapporto di fiducia della vittima nei suoi confronti. 4. Infine, il terzo motivo di ricorso è manifestamente infondato. La mancata concessione della sospensione condizionale della pena è stata adeguatamente motivata dalla Corte d'Appello, non già mediante mere formule di stile, bensì sottolineando il rilievo del precedente penale specifico da cui l'imputato è gravato, nonché l'evidente mancanza di una pur minima rivisitazione critica rispetto al suo comportamento. 5. Alla declaratoria d'inammissibilità del ricorso segue, ai sensi dell'articolo 616 c.p.p., la condanna del ricorrente che lo ha proposto al pagamento delle spese processuali nonché, ravvisandosi profili di colpa relativi alla causa di inammissibilità cfr. sul punto Corte Cost. numero 186 del 2000 , al versamento, a favore della Cassa delle Ammende, di una somma che si ritiene equo e congruo determinare in Euro 3.000 Deve essere disposto, altresì, l'oscuramento dei dati personali, ai sensi della disciplina vigente in materia articolo 52 D.Lgs. numero 196 del 2003 . P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende. In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi a norma del D.Lgs. numero 196 del 2003, articolo 52 in quanto imposto dalla legge.