Conflitto di interessi e recesso: no alla sanzione disciplinare nei confronti dell'avvocato che assume la difesa di alcuni soci

Le Sezioni Unite Civili, con sentenza numero 8337/2022, hanno accolto il ricorso di un avvocato, sospeso dall’esercizio della professione forense, per aver violato l’articolo 24 del Codice deontologico, avendo prestato attività difensiva in conflitto di interessi, assumendo la difesa di alcuni soci, in un giudizio di accertamento della giusta causa di recesso.

Il Consiglio distrettuale di disciplina di Brescia sanzionava un avvocato con la sospensione dall'esercizio della professione per sei mesi, per aver violato l'articolo 24 del Codice deontologico, avendo prestato attività difensiva in conflitto di interessi, assumendo inizialmente incarichi professionali per una società e poi per un'altra, in un giudizio di accertamento della giusta causa di recesso. Il CNF riduceva parzialmente la sanzione da sei a due mesi. Il professionista ricorre in Cassazione deducendo, tra i vari motivi, la violazione del suddetto articolo 24 c.d.f. La doglianza è fondata. L'articolo citato, intitolato “conflitto di interessi”, prevede che «l'avvocato deve astenersi dal prestare attività professionale, quando questa possa determinare un conflitto con gli interessi della parte assistita e del cliente o interferire con lo svolgimento di altro incarico anche non professionale». Secondo il comma 3, «il conflitto di interessi sussiste anche nel caso in cui il nuovo mandato determini la violazione del segreto sulle informazioni fornite da altra parte assistita o cliente, la conoscenza degli affari di una parte possa favorire ingiustamente un'altra parte assistita o cliente, l'adempimento di un precedente mandato limiti l'indipendenza dell'avvocato nello svolgimento del nuovo incarico». Nel caso di specie, quindi, è evidente l'errore di diritto, laddove la pronuncia afferma che «un incarico assunto nell'interesse di una società in nome collettivo va ritenuto automaticamente relativo anche a un interesse dei singoli soci», ravvisando il conflitto di interessi rilevante ex articolo 24 c.d.f Ne consegue che «l'aver assunto incarichi pur sempre per la società o per i soci in posizioni analoghe quelli non receduti , in posizione contrapposta a quella di altro socio quello receduto , non integra l'illecito de quo». Per tutti questi motivi le Sezioni Unite Civili accolgono il ricorso, cassano la sentenza impugnata e annullano la sanzione inflitta all'avvocato.

Presidente Raimondi – Relatore Nazzicone Fatti di causa Nei confronti dell'avvocato ricorrente, il consiglio distrettuale di disciplina di Brescia ha applicato la sanzione disciplinare della sospensione dall'esercizio della professione per mesi sei, in relazione alla responsabilità per l'illecito di cui all'articolo 24 codice deontologico, per avere egli prestato attività difensiva in conflitto di interessi, avendo dapprima assunto incarichi professionali per la S.P. s.numero c. e, poi, per i soci T.E. e R.P. , in un giudizio di accertamento della giusta causa di recesso, intrapreso contro tutti i soci e contro la società dal socio recedente B.I. . Il ricorso, dal predetto proposto al Consiglio nazionale forense, è stato parzialmente accolto con sentenza dell'11 giugno 2021, che ha ridotto la sospensione al periodo di due mesi. Il C.N.F. ha affermato, per quanto ancora rileva, che a in punto di fatto, l'avv. P. ha difeso sempre la società in nome collettivo, ma dapprima allorché il sig. B.I. ne era socio e, poi, nel giudizio da questi intrapreso per far dichiarare la giusta causa del proprio recesso dalla società, esercitato ai sensi dell'articolo 2285 c.c. b in punto di diritto, l'avere assunto incarichi professionali pur sempre per la società, ma alcuni quando della stessa era parte il socio B.I. e l'altro quando questi era receduto, al fine di resistere al medesimo nel giudizio sul recesso per giusta causa dal medesimo intrapreso, integra il conflitto di interessi ex articolo 24, comma 1 cod. deont. forense ciò, in quanto la società in nome collettivo è priva di personalità giuridica ed i soci sono personalmente e solidalmente responsabili per le obbligazioni sociali, onde l'incarico assunto nell'interesse della società è automaticamente assunto anche nell'interesse dei soci ai sensi della regola ricordata, il conflitto può essere anche solo potenziale inoltre, l'avv. P. ha violato l'articolo 24, comma 3 cod. deont. forense, avendo formulato istanza di interrogatorio formale e prodotto documenti nella predetta controversia col B. c peraltro, la sanzione non è proporzionata all'illecito, onde essa va ridotta alla sospensione dalla professione per due mesi. Avverso tale sentenza è stato proposto ricorso per cassazione dal professionista, sulla base di due motivi. Con il medesimo ricorso, il ricorrente ha sollecitato la sospensione della esecutorietà della sentenza impugnata. Nessuno degli intimati ha svolto attività difensiva in questa sede. Il P.G. ha chiesto l'accoglimento del ricorso. Il ricorrente ha depositato una memoria illustrativa in prossimità dell'udienza. Ragioni della decisione 1. - I motivi del ricorso vanno come di seguito riassunti 1 violazione dell'articolo 111 Cost., articolo 342 c.p.c. e articolo 24 cod. deont. forense, in relazione al R.D.L. 27 novembre 1933, numero 1578, articolo 56 Ordinamento delle professioni di avvocato e procuratore , R.D. 22 gennaio 1934, numero 37, articolo 59 e 63 Norme integrative e di attuazione del R.D.L. 27 novembre 1933, numero 1578, sull'ordinamento della professione di avvocato , oltre a vizio di motivazione apparente, per non avere il C.N.F. considerato la circostanza decisiva del recesso di B.I. dalla società, efficace sin dalla comunicazione agli altri soci ed alla società il 5 giugno 2013, onde, quando il ricorrente ha assunto l'incarico di difendere la S.P. s.numero c., il B. non era più socio della stessa inoltre, non ha pregio l'assunto di una diversa ricostruzione dei fatti proposta dal ricorrente innanzi al C.N.F., non essendo quello parificabile all'appello 2 violazione dell'articolo 111 Cost., articolo 2304 c.c. e articolo 24 cod. deont. forense, in relazione al R.D.L. 27 novembre 1933, numero 1578, articolo 56 Ordinamento delle professioni di avvocato e procuratore , oltre a vizio di motivazione apparente, per non avere il C.N.F. considerato che la società di persone è soggetto giuridico autonomo, nè ciò è contraddetto dalla responsabilità solidale dei soci per le obbligazioni sociali dunque, proprio cliente mandante e parte assistita era solo la società, e non mai i singoli soci inoltre, il precedente codice deontologico prevedeva solo il conflitto di interessi effettivo e tale deve ritenersi quello rilevante anche ai sensi delle nuove disposizioni, quando si tratti di diritti disponibili quando all'illecito relativo alla violazione del segreto professionale, per avere il ricorrente richiesto l'interrogatorio formale del B. e prodotto documenti nel giudizio sul recesso di costui, il C.N.F. nulla ha detto sulle doglianze dal ricorrente formulate. 2. - I due motivi, che possono essere congiuntamente trattati per la loro evidente connessione, sono fondati per taluni profili, che assorbono i rimanenti. 2.1. - L'avvocato odierno ricorrente è stato sanzionato dal consiglio distrettuale di disciplina di Brescia, decisione confermata circa l'esistenza dell'illecito, pur ridotto nella sanzione applicata, dal Consiglio Nazionale Forense, con la comminatoria della sanzione disciplinare della sospensione dall'esercizio della professione per mesi sei, poi ridotti a due , per avere egli commesso l'illecito di cui all'articolo 24 codice deontologico. La condotta sanzionata consiste nell'avere prestato attività difensiva in conflitto di interessi, avendo dapprima svolto incarichi professionali in favore della S.P. s.numero c., allorché il sig. B.I. era ancora socio ed, in seguito, difendendo i soci T.E. e R.P. nel giudizio di accertamento della giusta causa di recesso, esercitato ai sensi dell'articolo 2285 c.c. dal B. . 2.2. - Dispone l'articolo 24 cod. deont. forense, intitolato al conflitto di interessi , che l'avvocato deve astenersi dal prestare attività professionale, quando questa possa determinare un conflitto con gli interessi della parte assistita e del cliente o interferire con lo svolgimento di altro incarico anche non professionale. Secondo il comma 3, il conflitto di interessi sussiste anche nel caso in cui il nuovo mandato determini la violazione del segreto sulle informazioni fornite da altra parte assistita o cliente, la conoscenza degli affari di una parte possa favorire ingiustamente un'altra parte assistita o cliente, l'adempimento di un precedente mandato limiti l'indipendenza dell'avvocato nello svolgimento del nuovo incarico. Elemento costitutivo di entrambi gli enunciati è la individuazione della parte assistita e del cliente del professionista, ossia del soggetto che gli abbia conferito mandato, in relazione ad un diverso soggetto per il quale pure egli abbia assunto l'incarico professionale, ma in conflitto di interessi col primo. Diviene, dunque, decisivo l'errore di diritto, contenuto nella decisione impugnata, laddove essa afferma, condividendo l'assunto del consiglio distrettuale di disciplina, che un incarico assunto nell'interesse di una società in nome collettivo va ritenuto automaticamente relativo anche a un interesse dei singoli soci , in ciò ravvisando il conflitto di interessi rilevante ex articolo 24 cod. deont. forense. Tale argomentazione non tiene conto dei principi consolidati in tema di diritto delle società personali, affermati dal giudice di legittimità. Ed invero, costituisce principio da tempo affermato che le società personali, pur prive di personalità giuridica, sono soggetti del diritto. Ciò deriva dal disposto positivo dell'articolo 2266 c.c., intitolato alla rappresentanza della società, secondo cui la società acquista diritti e assume obbligazioni per mezzo dei soci e sta in giudizio nella persona dei medesimi. Non solo, quindi, una comproprietà dei beni con vincolo di destinazione, ma un nuovo soggetto giuridico. La soggettività è fondata, altresì, sulle ulteriori disposizioni, regolanti la sede e la ragione sociale, il divieto di concorrenza in capo ai soci, il conferimento di beni in proprietà della società, e, al di fuori della disciplina delle società, gli articolo 2659 e 2839 c.c., in tema di trascrizioni ed iscrizioni immobiliari. In tal senso è la giurisprudenza costante fra le altre, Cass. 21 gennaio 2021, numero 1225, in tema di plusvalenza tassabile anche nel caso di conferimento di azienda in una società di persone verso il corrispettivo di una rendita vitalizia in favore del conferente Cass. 27 aprile 2020, numero 8222, sulla possibilità di costituzione tra coniugi in regime di comunione legale di una società di persone Cass. 6 ottobre 2020, numero 21426, non massimata Cass. 13 ottobre 2015, numero 20552 Cass., sez. unumero , 6 novembre 2014, numero 23676, sull'impresa familiare Cass. 17 gennaio 2007, numero 1045, sulla responsabilità degli amministratori Cass. 7 agosto 1996, numero 7228 . È vero che, ai sensi degli articolo 2267,2191 e 2313 c.c., il socio illimitatamente responsabile di società personale risponde per le obbligazioni sociali. Si tratta di una responsabilità assimilabile ad una garanzia patrimoniale legale, che ha i caratteri di una responsabilità immediata, solidale, sussidiaria e per obbligazione altrui. La responsabilità del socio è immediata, nel senso che sorge al momento stesso dell'assunzione in capo alla società è solidale con la società e con gli altri soci, vincolo non escluso dalla sussidiarietà Cass. 26 settembre 2013, numero 22093 Cass. 31 luglio 2008, numero 20891 , quale obbligazione solidale ad interesse principale di uno dei condebitori. Per quanto specificamente interessa la presente controversia, la responsabilità sussidiaria dei soci è per debito altrui perché il socio non risponde di un debito sorto immediatamente in capo a lui, ma di un debito della società, soggetto distinto arg. ex articolo 2269 e 2290 c.c., posto che rispondono entrambi, con limitazione dell'obbligo di conferimento anche nelle società personali, mentre nel bilancio non viene meno una posta passiva, quando paga il socio . Si parla di garanzia ex lege e di una responsabilità da posizione Cass. 6 ottobre 2020, numero 21426, ordinanza di rimessione alla p.u. nonché es. Cass. 14 maggio 2019, numero 12714, in obiter ma, si noti, se pure si voglia usare tale espressione per sottolineare che concerne indistintamente tutti i debiti dell'obbligato principale, con ciò non deve però ritenersi scalfito il principio della alterità soggettiva e della responsabilità per debiti altrui. Detto altrimenti, pur se il socio risponde non dello specifico debito contratto in nome e per conto dell'ente, ma per tutti i debiti sociali, resta che non si tratta di debito originato come proprio. In tal senso, una volta acquisita la distinta soggettività della società di persone rispetto alle persone dei suoi soci, il debito sociale configura in ogni caso un debito non già proprio del socio, ma unicamente della società, il socio illimitatamente responsabile venendo ad assumere, piuttosto, la posizione di mero garante ex lege per un debito altrui. L'orientamento si sostanzia nel rilevare che la società costituisce un distinto centro di interessi e imputazione di situazioni, dotato di una propria autonomia e capacità rispetto ai soci che la responsabilità verso terzi dei soci, sancita dagli articolo 2304 e 2291 c.c., si atteggia come una forma di garanzia fissata ex lege tanto che il socio, il quale ha provveduto a pagare il debito sociale, ha azione di regresso nei confronti della società cfr., fra le altre, Cass. 20 gennaio 2021, numero 979, in motivazione Cass., 22 marzo 2018, numero 7139 Cass. 12 febbraio 2014, numero 3163, non mass. Cass. 12 dicembre 2007, numero 26012 . Onde - sebbene sia innegabile la riferibilità ai soci dell'esercizio dell'impresa e delle obbligazioni che ne derivano - tale constatazione della situazione resta di natura esclusivamente economica e fattuale, la quale non induce a concludere che manchi un diverso soggetto giuridico. Alla fine, invero, quel discorso potrebbe farsi per qualsiasi società, anche di capitali, o per le associazioni ed altri enti non commerciali, per i quali il soggetto sottostante al velo resta pur sempre il socio o associato. Ne deriva, in conclusione, che l'avere assunto incarichi pur sempre per la società o per soci in posizioni analoghe quelli non receduti , in posizione contrapposta a quella di altro socio quello receduto , non integra l'illecito de quo. 3. - L'impossibile sussunzione dei fatti accertati nella fattispecie di illecito disciplinare contestata impone la cassazione della decisione impugnata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la decisione nel merito ai sensi dell'articolo 384 c.p.c., con la declaratoria della insussistenza nell'illecito contestato e l'annullamento della sanzione inflitta all'avvocato P.A. con provvedimento del 19 luglio 2017 dal Consiglio distrettuale di disciplina di Brescia. 4. - L'istanza di sospensione dell'efficacia della sentenza impugnata resta assorbita dall'annullamento di questa. 5. - Le spese seguono la soccombenza. P.Q.M. La Corte, pronunciando a Sezioni unite, accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, annulla la sanzione inflitta dal Consiglio distrettuale di disciplina di Brescia all'avvocato P.A. con provvedimento del 19 luglio 2017. Condanna il Consiglio dell'ordine di Brescia al pagamento delle spese di legittimità, liquidate in Euro 4.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre alle spese forfetarie sui compensi nella misura del 15% ed agli accessori di legge.