COVID-19, la sospensione dei termini non si applica ai procedimenti per cause relative ad alimenti o ad obbligazioni alimentari

L'emergenza sanitaria legata alla diffusione del COVID-19 non sospende i termini processuali per l'obbligo alimentare e per la prestazione di mantenimento.

La vicenda da cui origina la questione riguarda il ricorso proposto da una donna avverso il provvedimento di revoca dell’ obbligo di mantenimento della figlia minore posto a carico del padre. A riguardo, la Suprema Corte ha chiarito che l’obbligo alimentare soddisfa la mancanza di mezzi di sostentamento e viene incontro alle più elementari esigenze di vita del beneficiario , mentre la prestazione di mantenimento consente invece al beneficiato di godere di quanto necessario alla conservazione del pregresso tenore di vita corrispondente alla posizione economico-sociale dei coniugi, e, nel rapporto con i figli, dei genitori. Ciò premesso, i Giudici ricordano che la legge n. 27/2020 stabilisce, a chiare lettere, che la sospensione dei termini non opera per le cause relative ad alimenti o a obbligazioni alimentari derivanti da rapporti di famiglia, parentela e affinità . La norma sull'emergenza da COVID-19, pertanto, sottrae entrambe le ipotesi alla sospensione dei termini processuali, e stabilisce per le due tipologie di accertamento alimentare puro e alimentare di mantenimento da valere nell'ambito familiare una trattazione in sede giurisdizionale destinata ad operare anche durante la sospensione dei termini processuali , pur in un periodo segnato nella necessità del contenimento del rischio pandemico, e tanto in ragione di una discrezionalità legislativa che, esercitata nel contemperamento degli interessi in gioco, non si segnala come irragionevole . Da qui, l’ inammissibilità del ricorso in quanto proposto oltre il termine c.d. lungo di cui all'art. 327 c.p.c.

Presidente Parise – Relatore Scalia Rilevato che 1. M.G.D. , ricorre con tre motivi, illustrati da memoria, per la cassazione della sentenza in epigrafe indicata, con cui la Corte d'Appello di Reggio Calabria, in riforma della sentenza del locale tribunale ed in accoglimento dell'opposizione proposta ex art. 316 bis, comma 4, da P.A.C. , ha disposto la revoca del provvedimento emesso dal Presidente f.f. del tribunale reggino il 20 gennaio 2014, pubblicato il 21 gennaio 2014, che aveva condannato, per quanto ancora d'interesse in giudizio, P.A.C. , nonna materna di I.G.D. , nata l' omissis dalla convivenza della ricorrente con I.G.F. , a corrispondere a M.G.D. la somma di Euro 100,00 mensili per il mantenimento della minore, e, ancora, i nonni paterni della piccola al pagamento della somma di Euro 200,00 mensili, non avendo mai il padre provveduto al mantenimento della figlia, nell'impossibilità della madre di far fronte al proprio obbligo. 2. Su opposizione di P.A.C. la corte di merito ha ritenuto la mancata prova dell'inadempimento paterno all'obbligo di mantenimento della figlia e apprezzando come mai dedotta l'incapacità reddituale del padre ha revocato il titolo, condannando la signora M. a restituire all'opponente le somme riscosse. Resiste con controricorso P.A.C. Considerato che 2. Con i tre articolati motivi la ricorrente denuncia la violazione dell' art. 316-bis c.c. e dell'art. 345 c.p.c. e vizio di motivazione ex art. 360 c.p.c. , comma 1, n. 5. La corte d'appello con l'impugnata sentenza aveva fatto erronea applicazione della norma, l' art. 316-bis c.c. , comma 1, che stabilisce il concorso degli ascendenti nel fornire i mezzi necessari per i nipoti e tanto non solo in via suppletiva, rispetto ai genitori, ma anche in via sussidiaria, il tutto nel preminente interesse dei figli, tanto più se minorenni. La corte territoriale aveva posto a sostegno dell'assunta decisione documentazione prodotta tardivamente in appello, senza valutare la capacità del fissato contributo ad incidere negativamente sulla situazione reddituale della nonna materna. 3. In via preliminare la controricorrente ha eccepito la tardività del ricorso. La sentenza della Corte d'appello di Reggio Calabria, non notificata, era stata depositata il 16 dicembre 2019 ed il termine di sei mesi, da valere ex art. 327 c.p.c. , per proporre impugnativa era scaduto il 16 giugno 2020 là dove il ricorso per cassazione era stato consegnato per la notifica solo il 17 settembre 2020 e quindi dopo tre mesi dalla scadenza del termine semestrale. Da qui l'inammissibilità del ricorso per cassazione perché intervenuto dopo il passaggio in cosa giudicata della sentenza della corte reggina. 4. L'eccezione è fondata. Il D.L. n. 18 del 2020, art. 83, comma 3, lett. a , contenente Nuove misure urgenti per contrastare l'emergenza epidemiologica da COVID-19 e contenerne gli effetti in materia di giustizia civile, penale, tributaria e militare , convertito in L. n. 27 del 2020 - e successive proroghe -, stabilisce, a chiare lettere, che la sospensione dei termini prevista alla medesima norma, comma 1, per la proposizione delle impugnazioni e, in genere, di tutti i termini procedurali, non opera, tra l'altro, per le cause relative ad alimenti o ad obbligazioni alimentari derivanti da rapporti di famiglia, di parentela, di matrimonio o di affinità . La dizione utilizzata dal legislatore dell'emergenza pandemica distingue, per poi assoggettarle alla medesima disciplina, due ipotesi a quella delle cause relative agli alimenti, da ascrivere all' art. 433 c.c. b quella in cui l'obbligazione alimentare - per una più ampia dizione, ripresa dal Regolamento Ce N. 4/2009 del Consiglio del 18 dicembre 2008, che relativo alla Competenza, alla legge applicabile, al riconoscimento e all'esecuzione delle decisioni e alla cooperazione in materia di obbligazioni alimentari conosce all'art. 1, comma 1, le obbligaioni alimentari derivanti da rapporti di famiglia, di parentela, di matrimonio o di affinità che assoggetta a quella medesima fonte - si inserisce, descrivendone una delle possibili vicende, quale ancillare portato, negli accertamenti sul rapporto di famiglia, parentela, matrimonio ed affinità. L'indicata distinzione si fonda sulla diversa funzione assolta dall'obbligazione alimentare nei differenti contesti di riferimento 1. l'obbligo alimentare sub a soddisfa la mancanza di mezzi di sostentamento e viene incontro alle più elementari esigenze di vita del beneficiato 2. la prestazione di mantenimento nell'ipotesi sub b consente invece al beneficiato di godere di quanto necessario alla conservazione del pregresso tenore di vita corrispondente alla posizione economico-sociale dei coniugi e, nel rapporto con i figli, dei genitori. La norma sull'emergenza da COVID 19, per il suo chiaro portato letterale, sottrae entrambe le ipotesi alla sospensione dei termini processuali e stabilisce per le due tipologie di accertamento alimentare puro e ed alimentare di mantenimento da valere nell'ambito familiare una trattazione in sede giurisdizionale destinata ad operare anche durante la sospensione dei termini processuali, pur in un periodo segnato nella necessità del contenimento del rischio pandemico, e tanto in ragione di una discrezionalità legislativa che, esercitata nel contemperamento degli interessi in gioco, non si segnala come irragionevole. 5. Il ricorso è, pertanto, inammissibile perché tardivamente proposto oltre il termine cd. lungo di cui all' art. 327 c.p.c. 6. La novità della questione sostiene la compensazione delle spese di lite tra le parti. Procedimento esente dal contributo unificato. Dati oscurati. P.Q.M. La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Spese compensate. Trattandosi di procedimento esente dal contributo unificato, non trova applicazione il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13 , comma 1-quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1 , comma 17. Si dispone che ai sensi del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52 , siano omessi le generalità e gli altri dati identificativi in caso di diffusione del presente provvedimento.