Regime differenziato: il diritto ai colloqui in videochiamata

Nella circostanza in cui sia impossibile eseguire i colloqui in presenza, «coloro che sono sottoposti al regime penitenziario di cui all’articolo 41-bis ord. pen. possono essere autorizzati dall’Amministrazione penitenziaria ad effettuare detti colloqui in modalità da remoto, mediante mezzi di comunicazione audiovisivi».

Il Tribunale di sorveglianza di Roma accoglieva con ordinanza il reclamo proposto da un detenuto sottoposto al regime detentivo differenziato ex articolo 41-bis, comma 2, ord. penumero avverso il silenzio dell'Amministrazione penitenziaria, a cui il detenuto aveva domandato di sostenere una videochiamata con i familiari, essendo diventati impossibili i colloqui in presenza in carcere a causa delle restrizioni dovute all'emergenza pandemica. Il Ministero della Giustizia propone ricorso avverso tale ordinanza, deducendo violazione di legge in relazione agli articolo 35-bis, 41-bis, e 69, comma 6, ord. penumero , per avere il Tribunale riconosciuto il diritto ai colloqui in videochiamata a favore di un soggetto sottoposto al regime detentivo differenziato. Secondo il Ministero, infatti, l'esclusione di tali detenuti dai colloqui in videochiamata è in linea con la previsione di cui all'articolo 221, comma 10, d.l. numero 34/2020, che indica il ricorso a tale strumento come una semplice possibilità rimessa alla discrezionalità dell'Amministrazione penitenziaria. Il ricorrente, inoltre, ritiene che neanche lo stato di emergenza sanitaria possa costituire una situazione eccezionale tale da riconoscere indiscriminatamente a tutti i detenuti ex articolo 41-bis ord. penumero l'accesso al video-colloquio. La doglianza è infondata. Quello ai colloqui, tutelato da molteplici fonti normative, è un diritto imprescindibile e, come tale, è riconosciuto anche ai detenuti sottoposti al regime differenziato. Se è vero, da un lato, che la definizione delle modalità di svolgimenti dei colloqui spetti all'Amministrazione penitenziaria che deve provvedere, con riferimento a tali soggetti, ad imporre regole più restrittive, dall'altro però tali limitazioni hanno motivo di esistere solo nella misura in cui siano effettivamente connesse ad esigenze di ordine e sicurezza e non siano altrimenti gestibili Corte Cost. numero 97/2020 . Quindi, nella circostanza in cui sia impossibile eseguire i colloqui in presenza, coloro che sono sottoposti al regime differenziato possono essere autorizzati dall'Amministrazione penitenziaria a svolgere detti colloqui da remoto, mediante mezzi di comunicazione audiovisivi. Tale modalità, funzionale alla gestione dell'emergenza sanitaria, è infatti espressamente prevista dal d.l. numero 29/2020, che non fa alcuna differenza in merito alle modalità di svolgimento dei colloqui, pertanto la stessa può essere esclusa nei confronti di coloro che sono sottoposti al regime differenziato solo nel caso in cui ciò sia necessario per prevenire i contatti tra il detenuto e il gruppo criminale di appartenenza. La Suprema Corte, inoltre, afferma che il mezzo di comunicazione “Skype for business”, validato tecnicamente dal Servizio telematico penitenziario, sia «perfettamente idoneo a garantire le regolarità e la sicurezza del colloquio». Per questi motivi, la Suprema Corte rigetta il ricorso.

Presidente Casa – Relatore Liuni Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza del 13/5/2021 il Tribunale di Sorveglianza di Roma ha accolto il reclamo proposto da C.G. , sottoposto al regime detentivo differenziato ex articolo 41 bis, comma 2, O.P., avverso il silenzio dell'Amministrazione penitenziaria, alla quale il detenuto aveva chiesto di sostenere un video-colloquio ed un colloquio aggiuntivo con i familiari residenti in Sicilia sulla loro utenza telefonica privata, essendo divenuti impossibili i colloqui visivi in carcere a causa delle limitazioni agli spostamenti interregionali determinate dall'emergenza sanitaria da Covid-19 all'epoca in atto. 1.1. Con ordinanza del 21/5/2020, il Magistrato di sorveglianza di Viterbo aveva disatteso la richiesta di video-colloquio, ritenendo esclusa simile modalità in quanto non prevista dalla legge, in considerazione della possibile presenza di terzi occulti durante i video-colloqui a distanza, mentre aveva autorizzato il colloquio telefonico aggiuntivo del C. con la figlia minore S. , residente in omissis , annullando in parte qua la disposizione della circolare DAP del 27/3/2020 che vietava il colloquio telefonico aggiuntivo ai minori. 1.2. Nell'impugnata ordinanza il reclamo è stato ritenuto fondato nella parte in cui invoca la possibilità di sostenere un video-colloquio a distanza invero, si è ammessa tale modalità di colloquio, attraverso la piattaforma Skype for business tecnicamente validata dal Servizio telematico penitenziario, dalla Direzione Generale del personale e delle risorse del DAP e dalla DGSIA , ogniqualvolta questo risulti l'unico strumento di esercizio del diritto al colloquio tra il detenuto e i familiari, in costanza di circostanze che rendano impossibile o gravemente difficoltoso il colloquio in presenza. 2. Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il Ministero della Giustizia, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, deducendo violazione di legge in relazione agli articolo 35-bis, 41-bis e 69, comma 6, O.P., per avere riconosciuto il diritto ai colloqui in video-collegamento a favore dei sottoposti al regime detentivo differenziato, indebitamente estendendo a tale categoria di detenuti la disciplina dettata per i ristretti in media e alta sicurezza, nonostante l'esclusione operata dall'Amministrazione penitenziaria, alla cui esclusiva discrezionalità è rimessa la relativa valutazione. La tesi del Ministero ricorrente è sostenuta in base all'analisi del quadro normativo susseguitosi dall'introduzione all'attuale vigenza della disciplina emer-genziale, sostenendosi che la disciplina dei colloqui prevista per i sottoposti al regime differenziato, inserita nella norma speciale dell'articolo 41 bis, comma 2 quater lett. b O.P., non è interessata dal richiamo all'articolo 18 O.P. compiuto dal D.L. numero 19 maggio 2020, numero 34, articolo 221, comma 10, conv. con modificazioni dalla L. 17 luglio 2020, numero 77 . Inoltre, si afferma che le modalità ordinarie di svolgimento dei colloqui soddisfano tutte le prescrizioni in merito al distanziamento fisico, poiché i colloqui si svolgono mediante l'uso del vetro divisorio. Si è quindi concluso che l'esclusione dei detenuti sdttoposti al regime differenziato dai colloqui in video-collegamento è in linea con la previsione dell'articolo 221, comma 10, citato D.L., in quanto detta disposizione indica il ricorso al video-colloquio come una mera possibilità, evidentemente rimessa all'apprezzamento discrezionale dell'Amministrazione, che deve continuare a considerare anche lo specifico profilo di pericolosità del singolo detenuto in relazione ai rischi - anche di eventuale intrusione informatica da parte di terzi - ai quali potrebbe dare luogo il colloquio a distanza. Ripercorrendo la casistica giurisprudenziale in cui era stato considerato il tema dei colloqui da remoto per i detenuti in regime differenziato, il Ministero ricorrente ha rilevato che i casi di eccezionale riconoscimento di tale possibilità sono stati ancorati a situazioni altrettanto eccezionali strettamente connesse alla storia personale dei detenuti autorizzati, ed ha affermato che neppure lo stato di emergenza sanitaria potrebbe costituire una situazione eccezionale, tale da riconoscere indiscriminatamente a tutti i detenuti ex articolo 41 bis O.P. l'accesso al colloquio in video-collegamento, trattandosi di una situazione transitoria, che involge in egual modo sia i diritti della popolazione libera che quelli dei detenuti. Infine, si è rilevato che il venire meno delle limitazioni alla circolazione sul territorio nazionale avrebbe dovuto determinare la conferma del provvedimento di diniego assunto dal Magistrato di sorveglianza. 3. Il Procuratore generale ha presentato una requisitoria scritta in cui ha chiesto il rigetto del ricorso, richiamando un recente arresto giurisprudenziale di questa Corte di legittimità in tal senso. Considerato in diritto 1. Il ricorso è infondato e, pertanto, deve essere respinto. 2. È cruciale innanzitutto premettere che il diritto allo svolgimento dei colloqui con i familiari è riconosciuto e tutelato da molteplici fonti normative di diversa natura, prime fra tutte le disposizioni di matrice costituzionale e convenzionale che tutelano la famiglia ed i suoi componenti si vedano gli articolo 29,30 e 31 Cost., nonché l'articolo 8 della Convenzione Europea dei diritti dell'Uomo, in base al quale ogni persona ha diritto al rispetto della sua vita privata e familiare . Vige poi una più specificà disciplina dettata in materia da apposite disposizioni dell'ordinamento penitenziario, dalle quali si evince che il colloquio visivo è espressione del fondamentale diritto del detenuto alla vita familiare ed al mantenimento delle relazioni con i più stretti congiunti l'articolo 28 Ord. penumero , per esempio, statuisce che particolare cura è dedicata a mantenere, migliorare, o ristabilire le relazioni dei detenuti e degli internati con le famiglie l'articolo 18, comma 3, attribuisce particolare favore ai colloqui familiari l'articolo 1, comma 6, e 15 riconoscono come i colloqui siano funzionali alla realizzazione della finalità rieducativa della pena infine il D.P.R. 30 giugno 2000, numero 230, articolo 61, comma 1, lett. a e articolo 73, comma 3, riconoscono e tutelano il diritto ai colloqui con i familiari anche in caso di sottoposizione del detenuto alla sanzione disciplinare dell'isolamento con esclusione dalle attività in comune. È evidente quindi come l'origine e il tenore di tali disposizioni impongano che le modalità, ma, soprattutto, le limitazioni all'esercizio di detto diritto debbano essere espressamente delineate dalla legge e debbano essere giustificate dall'esigenza di prevenzione di reati, di pubblica sicurezza e ordine pubblico, di protezione della salute, dei diritti e delle libertà altrui così Sez. 1, numero 23819 del 22/6/2020, Madonia, in motivazione . 2.1. Tutto ciò premesso, è possibile affermare che quello ai colloqui sia un diritto imprescindibile e, come tale, riconosciuto anche ai detenuti sottoposti al regime penitenziario di cui all'articolo 41-bis Ord. penumero in questi casi è tuttavia necessaria l'applicazione di alcune restrizioni, definite dallo stesso articolo 41-bis, relative al numero ed alle modalità di svolgimento dei colloqui medesimi. Quest'ultima disciplina prevede che il detenuto abbia diritto ad un colloquio al mese con i familiari e conviventi, da svolgersi in locali attrezzati in modo da impedire il passaggio di oggetti, con obbligo di controllo auditivo e di registrazione, previa autorizzazione dell'autorità giudiziaria competente. Inoltre, per chi non effettua colloqui è prevista, solo dopo i primi sei mesi di applicazione del regime differenziato, l'effettuazione di un colloquio telefonico mensile con i medesimi soggetti, della durata massima di dieci minuti, sottoposto anch'esso a registrazione e comunque a videoregistrazione. Nel caso di specie il Magistrato di sorveglianza ha ritenuto che il detenuto non potesse svolgere un video-colloquio poiché simile modalità non sarebbe espressamente prevista dalla legge. 3. A tal proposito si sottolinea che la competenza a definire le modalità di svolgimento dei colloqui spetta senz'altro all'Amministrazione penitenziaria, che, con riferimento ai detenuti sottoposti al regime di cui all'articolo 41-bis ord. penumero , provvederà ad imporre regole inevitabilmente più restrittive, perseguendo l'obiettivo di evitare che il detenuto riesca a comunicare con l'esterno e a far recepire una sua ancora attuale autorità nel sodalizio di appartenenza. Simili limitazioni, tuttavia, hanno ragion d'essere esclusivamente nella misura in cui siano effettivamente connesse a esigenze di ordine e sicurezza ‘e che non siano gestibili altrimenti, poiché, se così non fosse, avrebbero natura meramente ed ingiustamente afflittiva. Ciò è statuito dalla giurisprudenza della Corte Costituzionale sentenza numero 97 del 2020 e numero 351 del 1996 , nonché da quella della Corte Europea dei diritti dell'uomo che, in ossequio al principio di proporzione, ritiene legittime le misure che incidono sulle libertà riconosciute dalla Convenzione EDU solo se perseguono un fine legittimo se sono idonee rispetto all'obiettivo di tutela se non esistono alternative altrettanto idonee al raggiungimento dello scopo se non comportano un sacrificio eccessivo del diritto compresso così Sez. 1, numero 43436 del 29/5/2019, Gallucci, in motivazione . 3.1 La recente giurisprudenza della Corte di cassazione ha stabilito, compatibilmente con la cornice interpretativa sopra delineata, che nella circostanza in cui sia impossibile 6, comunque, estremamente difficile eseguire i colloqui in presenza, coloro che sono sottoposti al regime penitenziario di cui all'articolo 41-bis ord. penumero possono essere autorizzati dall'Amministrazione penitenziaria ad effettuare detti colloqui in modalità da remoto, mediante mezzi di comunicazione audiovisivi. Quest'ultima modalità di svolgimento è infatti espressamente prevista dal decreto L. 10 maggio 2020, numero 29, in quanto funzionale alla gestione dell'emergenza sanitaria da COVID-19. È pacifico che la norma in questione non abbia disposto alcuna differenza in merito alle modalità di svolgimento dei colloqui, pertanto, tale disciplina è pienamente applicabile anche ai detenuti ex 41-bis costoro possono essere esclusi solo se ciò sia effettivamente necessario a prevenire contatti fra detenuto e gruppo criminale di appartenenza. 3.2. Nel caso di specie, il Ministero ricorrente ha ritenuto che i detenuti sottoposti al regime speciale di cui all'articolo 41-bis non rientrino nell'ambito di applicazione di suddetta disciplina, essendo i colloqui in video-collegamento una mera possibilità, evidentemente rimessa all'apprezzamento discrezionale dell'Amministrazione, la quale deve continuare a considerare anche lo specifico profilo di pericolosità del singolo detenuto in relazione ai rischi - anche di eventuale intrusione informatica da parte di terzi - ai quali potrebbe dare luogo il colloquio a distanza. Tuttavia, tale eccezione non può essere accolta non solo il mezzo di comunicazione Skype for business, tecnicamente validato dal Servizio telematico penitenziario, dalla Direzione Generale del personale e delle risorse del DAP e dalla DGSIA, è perfettamente idoneo a garantire la regolarità e la sicurezza del colloquio, ma è da censurare altresì l'eccezione sollevata dal ricorrente in merito all'esaurirsi della situazione sanitaria emergenziale, che, con il venire meno delle restrizioni agli spostamenti, determinerebbe la sopravvenuta carenza di interesse alla pretesa di video-colloqui. Infatti, se, da un lato, è indubbio che sia stata ripristinata la libertà di movimento all'interno del territorio dello Stato, dall'altro la situazione pandemica è ancora in atto e vi sono perduranti ragioni prudenziali legate all'acuirsi dei contagi che sconsigliano di eliminare la possibilità dei colloqui da remoto. 4. Alla luce delle considerazioni che precedono, il ricorso deve essere rigettato. La natura pubblica della Parte ricorrente osta alla condanna alle spese Sez. U, numero 3775 del 21/12/2017, dep. 2018, Tuttolomondo, Rv. 271650 . P.Q.M. Rigetta il ricorso.