Il rapporto di interdipendenza tra l'azione di regolamento dei confini e la sopravvenuta usucapione

Il caso esaminato muove da una doglianza sollevata da due soggetti, comproprietari di un fondo - medio tempore rimasto quale bene indiviso – ereditato dal genitore, del quale si dichiaravano quali unici manutentori, avendolo asseritamente condotto, tra le altre, provvedendo alla di questi coltivazione e raccolta dei frutti.

Avendo dei legittimi dubbi sull'esatta individuazione dei confini, chiamavano in giudizio, adendo il Tribunale di Taranto, il proprietario del fondo vicino, richiedendo, ex articolo 950 c.c., in via principale, che fosse verificata ed accertata la reale linea di confine tra i due plessi nonché, in subordine, ordinata la condanna del convenuto al rilascio dell'eventuale porzione di terreno di cui lo stesso si era asseritamente, sine titulo, impossessato con connessa e correlata condanna risarcitoria. Il proprietario del fondo si costituiva ritualmente in giudizio, contestando in fatto ed in diritto le richieste attoree, formulando, invece, dal canto suo, domanda riconvenzionale per ottenere il riconoscimento dell'acquisto a non domino - a titolo di usucapione – della porzione di terreno oggetto di controversia, procedendosi coattivamente all'actio finium regundorum di romana memoria. La Corte adita, delineata preliminarmente la natura giuridica dell'azione di regolamento di confini, verificata la sussistenza della ratio di cui agli elementi probatori minimi in ordine alla domanda riconvenzionale di usucapione, procedeva ad accogliere quest'ultima, ritenendo bastevole e provato – all'esito dell'istruttoria - il continuato possesso esclusivo, ininterrotto e pacifico posto in essere dal convenuto in relazione alla porzione di fondo contesa, statuendo giudizialmente la linea liministra i fondi limitrofi tenendo conto della ritenuta fondatezza della riconvenzionale. L'espletata istruttoria aveva dimostrato, a parere dell'organo giudicante, la sussistenza dei requisiti previsti dall'articolo 1158 c.c. utili e necessari ai fini dell'acquisto della proprietà per usucapione determinando un'inequivoca volontà dell'usucapiente di possedere uti dominus rendendo inutili gli accertamenti sull'esatta individuazione dei confini. La questione giuridica inerente alla lite conclusasi presso la Corte pugliese è basata sulla corretta qualificazione della richiesta introduttiva principale e sull'ammissibilità della formulazione della domanda riconvenzionale anche nel caso di azione di regolamento di confini. In particolare, il giudicante evidenziava come l'azione richiesta abbia carattere e natura congiuntamente reale e petitoria e, sebbene in assenza di una prescrizione civilistica espressa pare logico concludere che la stessa sia imprescrittibile, fatta salva la sopravvenuta eccezione di acquisto a non domino. La Corte ha parimenti precisato che, se da un lato, l 'azione di rivendica sottende ad una lite di titoli, di proprietà e di possesso, così come statuita dal convenuto - che prova una qualche legittimazione in proprio favore altro da sé rispetto a quella su cui l'attore pone le basi per supportare la richiesta originaria - dall'altro, nell'azione di regolamento di confini la controversia inerisce direttamente alla res, in quanto il convenuto ha l'onere di dedurre e provare che, sulla base di quanto assunto dall'attore, il confine, in verità, sia difforme, non avendo alcun rilievo - nel caso in cui l'an della controversia non sia il titolo bensì il confine stesso nella sua identificazione e consistenza - giusto acquisto a non domino medio tempore occorso, l'eventuale effetto recuperatorio volto all'accertamento della sola domanda attorea tendente a dirimere l'esatta identificazione dei confini. A tal proposito, la Corte evidenziava come, per giurisprudenza costante, nell'azione di regolamento di confini, diversamente da quella di rivendicazione, la controversia non verta, in verità, su titoli, bensì sulla mera ed esatta collocazione, delimitazione ed estensione dei fondi attigui. Nel prosieguo della pronuncia, era, tra le altre, precisato che la riconvenzionale del soggetto convenuto non sia, in astratto, lesiva e pregiudizievole della originaria domanda introduttiva, giusta natura indipendente, talché la doglianza miri esclusivamente ad accertare e dirimere la quaestiosui confini, senza, invero eccepire una qualche irregolarità latu sensu sul titolo di acquisto ex se, né, invero l'azione può, in rito, mutare per il solo fatto che l'attore chieda il rilascio di una zona determinata del terreno asseritamente rientrante nel confine del proprio fondo, essendo il rilascio di tali porzioni conseguenza dell'istanza introduttiva circa l'esatta determinazione del confine. La pronuncia in esame, dunque, analizza l'introduzione della domanda di acquisto della proprietà a titolo originario perusucapione in un procedimento incardinato attraverso un'azione di regolamento dei confini, azione petitoria a tutela della proprietà, in cui non vengono contestati i rispettivi titoli di proprietà, in conseguenza dell'eccezione di usucapione, ma si fa, piuttosto, valere una situazione sopravvenuta idonea ad eliminare l'incertezza sul confine, senza mettere in discussione il titolo di acquisto vantato ex adverso. Diverse sono le azioni e diverso è l'onereprobatorio gravante sulle parti come altrettanto differente appare la posizione del giudice rispetto alle prove fornite dalle parti e raccolte nel giudizio. Ed infatti, secondo i principi costantemente affermati dalla Suprema Corte, «l'azione di regolamento di confini si configura come una vindicatio duplex incertae partis nel senso che, ai fini dell'incidenza probatoria, la posizione dell'attore e quella del convenuto sono sostanzialmente eguali, incombendo a ciascuno di essi di allegare e fornire qualsiasi mezzo di prova idoneo all'individuazione dell'esatta linea di confine, mentre il giudice - svincolato dal principio actore non probante reus absolvitur - ha un amplissimo potere di scelta e valutazione dei mezzi probatori acquisiti al processo, salvo, nell'ipotesi di mancanza di prove o di inidoneità delle prove disponibili, il ricorso alle indicazioni delle mappe catastali» Cassazione civile sez. II, 11/03/2009, numero 5881, in Diritto e Giustizia online 2009 . Mentre per l'usucapione la prova rigorosa e specifica incombe sulla parte richiedente, la quale deve dimostrare di aver posseduto il bene, uti dominus, pubblicamente, ininterrottamente, pacificamente e per un periodo continuativo di vent'anni, per come richiesto dall'articolo 1158 c.c. Cassazione civile sez. II, 03/11/2021, numero 31238 . Dunque, in relazione all'obiettivo dell'azione di regolamento di confini, che è quello di dirimere l'incertezza del confine tra due fondi, il legislatore riconosce al giudice poteri più ampi di quelli inerenti all'accertamento della proprietà, svincolandolo dal principio espresso dal brocardo latino “actore non probante reus absolvitur”, fornendogli largo margine di scelta in merito agli elementi probatori ritenuti più attendibili cfr. Cass. Civ. 11.6.2004, numero 11200 Cass. Civ. 3.5.2001, numero 6189 Cass. Civ. 27.7.1999 numero 8072 , prescindendo da qualsivoglia gerarchia tra mezzi di prova in quanto il giudice è anche libero di valutare comparativamente tutte le prove fornite dalle parti e ritenute attendibili e rilevanti ai fini della determinazione dei confini tra i due fondi limitrofi. Vale la pena evidenziare, dunque, che il principio espresso dal giudice di prime cure, sia da intendere nell'accezione di considerare l'actio finium regundorum, quale fautrice, in potenza, di un accertamento incidentale volto a superare l'incertezza de qua, senza invero, avere la possibilità oggettiva nel petitum, di indagare sul titolo o sui titoli che sottendono agli assets contesi, pur nella particolare fattispecie che, ab initio, l'oggetto di controversia sia la effettiva consistenza degli assets stessi. Parimenti, non si modifica la natura dell'azione originaria anche allorquando, il convenuto, proprietario del bene attiguo conteso, sollevi una eccezione di acquisto a non domino medio tempore occorso su tutto o parte del bene, atta, da un lato a risolvere ipso facto ad eliminare l'incertezza sui confini, ma incapace di inficiare la validità del titolo attoreo su cui si fonda la pretesa iniziale. Rebus sic stantibus, con la pronuncia di accoglimento della domanda riconvenzionale di intervenuta usucapione e dunque con la riconduzione del fondo nella sua unitarietà nella sfera giuridica del convenuto attore in riconvenzionale si accerta una situazione sopravvenuta idonea ad eliminare la dedotta incertezza della lineadi confine oggetto della domanda principale promossa dall'attore, con conseguente assorbimento di quest'ultima nella prima.

Giudice Nigri Motivi della decisione La presente sentenza viene redatta con la concisa esposizione dello svolgimento del processo e con una motivazione consistente nella succinta enunciazione dei fatti rilevanti della causa e delle ragioni giuridiche della decisione, anche con riferimento a precedenti conformi, così come previsto dagli articolo 132 numero 4 c.p.c. e 118 disp. att. c.p.c Con atto di citazione regolarmente notificato, ha convenuto in giudizio dinanzi a questo Tribunale la germana omissis , asserendo che entrambi sono proprietari, in forza di atto di divisione ereditaria del 10/12/2001 concernente i beni già appartenuti ad entrambi i loro genitori e caduti in successione, di due fondi limitrofi che originariamente costituivano un unico appezzamento appartenente al padre che prima dell'atto di divisione avevano entrambi detenuto il fondo pro indiviso, occupandosi indistintamente della sua manutenzione, della coltivazione e della raccolta dei frutti che la convenuta, dal momento della divisione ereditaria, ritenendo di sua proprietà una fascia di terreno di 30,21 metri a sud est, e di 33,67 metri, a nord est, rispetto alla linea di confine, aveva occupato illegittimamente ed “usurpato” circa 695 mq del fondo a lui spettante in forza della predetta divisione. Aggiungeva che di ciò per lungo tempo non si era reso conto, non essendo delimitata la linea di confine tra i due appezzamenti da alcuna recinzione o linea di demarcazione. Chiedeva, pertanto, determinarsi l'esatta linea di confine tra le p.lle omissis e omissis accatastate al foglio omissis del Comune di omissis ordinarsi a omissis la restituzione della porzione di terreno illegittimamente occupata con condanna al risarcimento dei danni in suo favore nella misura di euro 29.640,00 o di quella maggiore o minore ritenuta di giustizia, per mancato utilizzo di tale porzione di fondo sulla quale risultavano impiantati 23 alberi di ulivo di cui 7 in produzione e 38 alberi di agrumi dal 2001 ad oggi e per ingiustificato arricchimento, oltre a interessi e rivalutazione dal dì del dovuto al saldo con vittoria di spese e competenze del giudizio. Con comparsa di costituzione e risposta, si costituiva in giudizio omissis asserendo di essere nel possesso esclusivo, pacifico ed indisturbato della porzione di terreno identificata in Catasto al omissis , ivi compresa la fascia di terreno oggetto di contestazione e pretesa da parte dell'attore, sin dal 1979 e anche prima della morte del padre intervenuta in tale anno. Chiedeva quindi, in via riconvenzionale, accertarsi e dichiararsi l'intervenuto acquisto per usucapione in suo favore della proprietà di tale fascia di terreno e ritenere determinati i confini tra i due fondi conformemente a tali risultanze, con vittoria di spese e competenze del giudizio. Concessi i termini di cui all'articolo 183, comma VI c.p.c., la causa veniva istruita mediante prova documentale, prova testi, interrogatorio formale e CTU e all'udienza per la precisazione delle conclusioni del 03/06/2020, era trattenuta per la decisione, previa la concessione dei termini di cui articolo 190 c.p.c. Va preliminarmente evidenziato, in punto di diritto, che la controversia tra proprietari confinanti in cui, senza porre in discussione i titoli di proprietà, si dibatta esclusivamente sulla estensione dei rispettivi fondi va qualificata come regolamento di confini, azione di natura reale, petitoria ed imprescrittibile finalizzata a risolvere il conflitto teso ad individuare l'esatto tracciato della linea confinaria cfr. Cass. 5134/2008 . Ciò allorché sussiste una situazione di incertezza, sia oggettiva possesso promiscuo , sia soggettiva, come accade quando il confine è ben delineato, ma un proprietario confinante ritiene che non sia quello effettivo Cfr. Cass. 15386/2000 Cass 3663/1994 Cass. 6594/1986 . L'onere della prova, diversamente da quanto avviene nel giudizio di rivendica, incombe su entrambe le parti che devono allegare e fornire qualsiasi mezzo di prova idoneo all'individuazione dell'esatta linea di confine ed il giudice, se esso non è compiutamente assolto, per l'individuazione della linea di separazione fra fondi limitrofi deve svolgere la sua indagine sulla scorta dell'esame e della valutazione dei titoli d'acquisto delle rispettive proprietà. In caso di mancata produzione delle stesse risulta giustificato il ricorso ad altri mezzi di prova, ivi comprese le risultanze delle mappe catastali aventi valore sussidiario ex plurimis Cass. numero 10501/2013 Cass. Civ., sez. 2^, 07.09.2012, numero 4993 Cass. numero 14993/2012 e Cass numero 10062/2018 . Quando - come nel caso di specie - il convenuto eccepisca l'usucapione della striscia di suolo oggetto della causa, ciò non vale a snaturare l'azione, posto che non si contesta il titolo di proprietà della controparte e si ha sempre riguardo ad una controversia concernente la striscia confinaria che cesserà se si dimostri l'avvenuta usucapione della zona nei pressi del confine cfr. Cass 20144/2013 . Ciò premesso, prima di valutare e decidere in ordine domanda dell'attore, deve esaminarsi la domanda proposta in via riconvenzionale dalla convenuta di avvenuto acquisto per usucapione della proprietà della fascia di terreno oggetto di contestazione che, in ipotesi di accoglimento della prima, dovrebbe essere restituita allo stesso. Al riguardo, va chiarito che la domanda di usucapione in un giudizio di regolamento di confini, non comporta la trasformazione in rivendica dell'azione proposta, giacché il convenuto, con la stessa non contesta il titolo del diritto di proprietà della controparte, ma si limita ad opporre una situazione idonea, se riconosciuta fondata, ad eliminare la dedotta incertezza del confine. Quest'ultima, come sopra accennato, può essere di carattere oggettivo, come in caso di promiscuità del possesso della zona confinaria o di carattere soggettivo, riscontrabile laddove l'attore – come nel caso di specie - sostenga che il confine apparente non è quello esatto, per avere il vicino usurpato ai suoi danni la zona confinaria adiacente. cfr. Cass. Sez. 2, Sentenza numero 12481 del 28/05/2007 . Ritiene questo giudicante che le risultanze probatorie acquisite nel corso del giudizio hanno adeguatamente riscontrato la pretesa della convenuta in punto di acquisto della proprietà per usucapione della fascia di terreno in contestazione. È noto che colui che agisce per ottenere l'accertamento dell'avvenuto acquisto della proprietà di un bene immobile per usucapione ventennale ha l'onere di provare di aver esercitato su detto bene, in maniera continua ed ininterrotta per almeno un ventennio, un potere di fatto corrispondente all'esercizio del diritto di proprietà, attraverso l'esplicazione pacifica e pubblica delle facoltà che formano il contenuto di tale diritto reale. In altri termini, il possessore deve esplicare con pienezza, esclusività e continuità il potere di fatto manifestato con un comportamento rivelatore anche all'esterno di una indiscussa e piena signoria di fatto. Nel caso di specie la convenuta ha dedotto di aver esercitato tale “signoria”, anche sulla parte di terreno de quo, prima della morte del padre, avvenuta nel omissis e, comunque, in seguito alla stessa allorché il fondo, nella sua interezza ed indiviso, cadeva in successione in favore suo e dei germani insieme ad altri beni. La questione da affrontare, è allora quella delle condizioni in cui è possibile l'acquisto della proprietà esclusiva di un bene immobile da parte di un comproprietario e a tale riguardo la giurisprudenza, alla quale questo Giudice intende aderire, ha chiarito non essere necessaria una interversione del possesso, bastando invece che detto comproprietario abbia esteso il proprio possesso fino a far sì che questo si caratterizzi in termini di esclusività. A tal fine - si è chiarito - non è sufficiente che gli altri contitolari si siano astenuti dall'uso della cosa, occorrendo invece che il comunista che invoca l'usucapione abbia goduto della stessa in modo inconciliabile con la possibilità di godimento altrui e tale da evidenziare una inequivoca volontà di possedere uti dominus e non più uti condominus si vedano, tra le altre, Cass. civ. numero 11696/99 1783/93 . Tanto premesso e venendo alla fattispecie oggetto del presente giudizio, l'espletata istruttoria orale ha dimostrato la sussistenza, in capo a omissis , della situazione sopra descritta e dei requisiti previsti dall'articolo 1158 c.c. utili e necessari ai fini dell'acquisto della proprietà per usucapione della parte della fascia di terreno che rivendica e che l'attore sostiene, invece, aver occupato illegittimamente. Ha inoltre dimostrato di aver esercitato il possesso avente le citate caratteristiche, utili e necessarie ai fini dell'usucapione, ancor prima dell'atto notarile di divisione intervenuto nel 2001 con i germani coeredi, sicché il compimento del ventennio utile a tale riguardo si è compiuto antecedentemente a tale anno ed alla stipula di tale atto notarile. Rilevano in tal senso innanzitutto le deposizioni del teste omissis , germano di entrambe le parti che, in assenza di elementi di giudizio di segno contrario, deve ritenersi avere una posizione di equidistanza o indifferenza nei confronti dell'esito dello stesso, avendo conseguito dalla successione dei genitori un bene diverso da quello oggetto di contesa. Tale teste ha dichiarato che la sorella omissis ha posseduto sin dalla morte del padre la metà del fondo in questione e quindi anche dei 695 mq. rivendicati dall'attore e che su di esso impiantava nell'anno 1979 un agrumeto, realizzando anche il relativo impianto di irrigazione. A sostegno di quanto esposto dalla convenuta, vi sono anche le dichiarazione rilasciate dalla teste omissis , che pure deve ritenersi teste credibile per le stesse considerazioni riguardanti l'altro fratello. La stessa ha dichiarato “che i suoi germani omissis e omissis sin dal 1979, si erano immessi nel possesso dei fondi e hanno delimitato le rispettive proprietà individuando come linea di confine tra di loro la linea mediana della striscia di terreno libero esistente tra l'ultima fila di agrumi è vero che dal ‘79 ad oggi le parti hanno posseduto e coltivato i rispettivi fondi nel rispetto della suddetta linea di confine, e senza contestazione alcuna”. Anche il teste omissis , nipote della convenuta, ha dichiarato ” sapevo che mia zia possedeva un agrumeto, perché se ne parlava in famiglia, ma solo nell'89 dopo essermi diplomato quale perito agrario, mi sono recato sul posto insieme a mio zio il marito di omissis che aveva bisogno di consigli sulla cura delle piante che erano sofferenti soprattutto sulla zona pianeggiante, in alcuni punti del terreno era già presente l'impianto di irrigazione era mio zio ad indicarmi la linea di confine e con le cure prescritte alle piante da me nei successivi sopralluoghi, era evidente che in tale zona c'era un miglioramento”. Tali inequivoche e concordi risultanze consentono di affermare l'accertato utilizzo ed esercizio del possesso in via esclusiva da parte di omissis della fascia di terreno in contestazione sin dalla morte del padre, apparendo in particolare significativa, a tale riguardo, la circostanza che la stessa vi impiantava un agrumeto e realizzava un impianto di irrigazione a servizio dello stesso, sostenendone in via esclusiva i costi ed interessando anche il nipote, perito agrario per la cura delle piante, ove se ne presentava la necessità. La convenuta ha inoltre dedotto e documentato – altra circostanza particolarmente significativa - che sin dal 1987 aveva dichiarato ai fini dell'integrazione del reddito numero 35 piante di olivo, 20 delle quali ricadenti nella porzione di terreno oggetto di pretesa da parte dell'attore, e per dette piante aveva beneficiato dei contributi dell'AIMA. L'attore, il quale ha sostenuto che il fondo prima della divisione è stato coltivato in comune con la sorella, dividendo i costi ed i proventi, avrebbe sicuramente partecipato alla esecuzione di tale pratica ed alla fruizione delle integrazioni al reddito ottenute dalla stessa, oltre che a sostenere i costi per la cura dell'agrumeto. Ma non è ha dato prova. Deve inoltre considerarsi che l'estensione delle particelle, così come attribuite alle parti con l'atto notarile del 2001 registra – come accertato dal CTU Geom. omissis - una maggiore ampiezza del fondo assegnato all'attore, pari a mq 3.660 mq, rispetto ai 2270 mq del fondo attribuito alla convenuta ed un maggior pregio del primo, caratterizzato da una superfice pianeggiante, al contrario di quello della sig.ra omissis che “ è caratterizzato da notevole pendenza tanto da essere organizzato su terrazzini. Inoltre l'estensione della fascia di terreno “rivendicata“ dall'attore pari a 695 mq sommata a mq 2270 alla stessa attribuita con l'atto di divisione, misura 2965 mq che è esattamente la metà di 5930 mq cioè della ampiezza dell'intero fondo che le parti hanno diviso tra loro. Alla luce di tali dati di fatto appare difficile ipotizzare che la convenuta abbia arbitrariamente occupato una parte del fondo pari al 30 % della estensione totale dopo l'atto divisione, mentre è verosimile che abbia semplicemente continuato ad occupare quella striscia di terreno perché già la coltivava in precedenza e sin dalla morte del padre. Tanto rende ragione anche della condotta dell'attore che avrebbe atteso ben 13 anni dall'atto di divisione, senza richiedere alla sorella alcuna indennità di occupazione senza accorgersi che il suo lotto era mancante di mq 695 e senza agire al fine di ottenere una regolamentazione dei confini. Non si ritiene possano avere valenza contraria alla predetta conclusione la circostanza, dedotta dall'attore che la sig.ra omissis non ha mai ottemperato al pagamento delle tasse per il pezzo di terra conteso, essendo ragionevole che i coeredi abbiano pagato pro quota le imposte relative ai beni caduti in successione cfr. modello ICI 2001, prodotto dall'attore prima dell'atto di divisione. Le testimonianze rese dai testi citati dall'attore non scalfiscono tale quadro probatorio, in quanto non particolarmente significative e, comunque per la genericità di quanto dagli stessi riferito. Il teste omissis , amico del figlio dell'attore, ha dichiarato che il sig. omissis “eseguiva i lavori su tutto il terreno” per cui è causa, ma che dopo la stipula dell'atto pubblico di divisione, gli aveva riferito che ne avrebbe coltivato solo una parte. Non appare infatti chiaro, i tempi della frequentazione del luogo per cui è causa da parte del teste, elementi essenziali per valutare la sua credibilità, considerata la sua tenera età all'epoca dei fatti. Anche quanto dichiarato dal teste omissis , figlio dell'attore, risulta verosimilmente il portato di circostanze riferite dal padre e quindi non rilevanti, considerato che anche costui all'epoca della divisione aveva solo venti anni e sicuramente non poteva avere contezza diretta e precisa, riguardo alla gestione del terreno da parte del padre e degli zii, dopo la morte del nonno e negli anni seguenti. In conclusione, la domanda di usucapione proposta in via riconvenzionale dalla convenuta deve essere accolta e tanto comporta che il confine tra i fondi per cui è causa deve individuarsi conformemente a tale accertamento, che supera le conclusioni a cui è giunto il CTU geom. omissis , il quale si è attenuto alle risultanze del titolo costituito dall'atto di divisione. In considerazione della natura e delle ragioni della decisione, nonché dei rapporti esistenti tra le parti, sussistono giustificati motivi per dichiarare compensate le spese di lite nella misura di 1/3, dovendo gravare i restanti 2/3, liquidati come da dispositivo, sull'attore, in applicazione del principio di soccombenza. Le spese della espletata CTU, liquidate come da decreto in atti, debbono porsi in via definitiva a carico di entrambe le parti, in solito e pro quota. P.Q.M. Il Tribunale di Taranto, in composizione monocratica e nella persona del sottoscritto magistrato, definitivamente pronunciando, respinta o assorbita ogni diversa istanza, eccezione e deduzione, così provvede - accoglie la domanda proposta in via riconvenzionale dalla convenuta e per l'effetto dichiara l'intervenuto acquisto per usucapione da parte di omissis della fascia di terreno di complessivi mq 695, composta di 30,21 metri a sud est e di 33,67 metri a nord est rispetto alla linea di confine risultante dalla espletata CTU - dichiara che, di conseguenza, la linea di confine tra i fondi di proprietà delle parti omissis del Comune di omissis , sia individuata in corrispondenza con quanto accertato dalla presente statuizione - condanna l'attore al rimborso delle spese processuali sostenute dalla convenuta nella misura dei 2/3, che liquida in euro 2.400,00 per compensi, oltre rimborso forfettario spese generali del 15%, Iva e Cap come per legge, dichiarando compensato tra le parti il rimanente terzo - pone definitivamente a carico di entrambe le parti in solido e pro quota le spese di ctu liquidate con separato decreto del 25.11.2019.