La S.C. sulle misure di prevenzione personali

Può essere affermata la riconducibilità del preposto ad una delle categorie di pericolosità di cui al d.lgs. numero 159/2011, articolo 1 e 4, «non solo sulla base di sentenze di condanna che abbiano accertato la pregressa commissione di condotte delittuose rilevanti a tal fine, ma anche ove, a carico del destinatario della misura, non sia mai stato proposto un giudizio penale, per le ragioni più varie».

  La Corte d'Appello, in accoglimento dell'impugnazione eccepita da R.P., riduceva da tre a due anni la misura della prevenzione personale della sorveglianza speciale applicata all'appellante dal Tribunale di Bari. R.P. ricorre in Cassazione, denunciando che con i motivi di appello era stato evidenziato che il giudice di prime cure, al fine di ritenere sussistente la pericolosità sociale del ricorrente, aveva preso in considerazione, tra le condotte che violano la sicurezza e la tranquillità pubblica, anche un episodio di estorsione, per il quale era stata emessa ordinanza di custodia cautelare, che non poteva essere valutato come elemento per qualificare la pericolosità di cui «alla lett. c , ma al più avrebbe potuto integrare la diversa ipotesi di pericolosità sociale di cui alla lett. b dell'articolo 1 d.lgs. numero 159/2011, ma che la risposta sul punto della Corte d'Appello non era conforme a legge». La doglianza è inammissibile. La Corte d'Appello, infatti, dopo aver elencato le pendenze di R.P. per resistenza a pubblico ufficiale, ha osservato come nei confronti dello stesso sia stato disposto anche un decreto che dispone il giudizio per il reato di cui agli articolo 56 e 575 c.p., affermando che le circostanze esaminate indicavano una persistente pericolosità oltre che un irrefrenabile impulso a delinquere. Si tratta quindi, secondo la Corte di Cassazione, di una motivazione logica e coerente con i dati esaminati, sulla quale non è ammesso il sindacato di legittimità. Infatti, «in tema di sindacato sulla motivazione, è esclusa dal novero dei vizi deducibili in sede di legittimità l'ipotesi dell'illogicità manifesta di cui all'articolo 606, lett. e , c.p.p., potendosi esclusivamente denunciare con il ricorso […]», il caso di motivazione inesistente o meramente apparente Cass. numero 33451/2014 . Inoltre, si deve ricordare, che il giudice della prevenzione non è vincolato dall'esistenza di un giudizio penale ed è invece abilitato, alla luce del principio di autonomia del giudizio di prevenzione, «a riscostruire, motu proprio ed anche in assenza di un procedimento penale correlato, gli episodi storici portati alla sua attenzione» Cass. numero 36080/2020 . Si può quindi affermare la riconducibilità del preposto ad una delle categorie di pericolosità di cui agli articolo 1 e 4 d.lgs. numero 159/2011, «non solo sulla base delle sentenze di condanna che abbiano accertato la pregressa commissione di condotte delittuose rilevanti a tal fine, ma anche ove, a carico del destinatario della misura, non sia mai stato proposto un giudizio penale, per le ragioni più varie perché la notitia criminis è stata archiviata perché le prove raccolte non furono ritenute sufficienti a sostenere un'accusa penale […]». In questi casi, quindi, il giudice della prevenzione, dopo aver verificato, anche incidentalmente, la valenza penale di quelle condotte e dopo averle sussunte entro precise fattispecie penali, «deve valutare, senza i limiti stringenti della prova penale, se quelle condotte siano sintomatiche della pericolosità sociale del proposto e, quindi, se sussistano congiuntamente tutti i requisiti previsti dalla normativa di riferimento, dandone conto nella motivazione». Per questi motivi, la Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso.

Presidente Imperiali – Relatore Coscioni Ritenuto in fatto 1. Con decreto del 18 novembre 2020, il Tribunale di Bari applicava la misura di prevenzione personale della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno nel Comune di residenza per anni tre a R.P. la Corte di appello di Bari, in parziale accoglimento dell'appello presentato, riduceva la misura della prevenzione personale applicata ad anni due. 1.1 Avverso il decreto ricorre per Cassazione il difensore di R. , eccependo che con i motivi di appello si era evidenziato che il Tribunale di Bari, al fine di ritenere sussistente la pericolosità sociale, aveva preso in considerazione, tra le condotte violative della sicurezza e della tranquillità pubblica anche un fatto di estorsione per il quale era stata emessa ordinanza di custodia cautelare, episodio che non avrebbe potuto essere valutabile come elemento qualificante della pericolosità di cui alla lett. c , ma al più avrebbe potuto integrare la diversa ipotesi di pericolosità sociale di cui al D.Lgs. numero 159 del 2011, articolo 1, lett. b , trattandosi di reato cd. lucro-genetico, ma che la risposta sul punto della Corte di appello non era conforme a legge inoltre, nel decreto impugnato venivano richiamati un tentato omicidio di dieci anni prima e maltrattamenti in famiglia commessi nel 2013, date che evocavano l'assenza dell'attualità. Il difensore osserva inoltre che un reato lucro-genetico ed un grave episodio di violenza subita non rientravano nel novero degli elementi di fatto richiamati dal citato articolo 1, lett. c , e che unico elemento valutabile era al più una denuncia per oltraggio, che però essendo fatto isolato non aveva il crisma della dedizione richiesto dalla norma in esame sussisteva quindi il vizio di violazione di legge, essendo stata compiuta una valutazione unitaria di diversi elementi di faro che denotavano sì una pericolosità sociale, ma certamente diversa da quella individuata dai giudici di merito ovvero sussumibile nella fattispecie di cui al D.Lgs. numero 159 del 2011, articolo 1, lett. a . Considerato in diritto 1. Il ricorso è inammissibile. 1.1 il D.Lgs. numero 159 del 2011, articolo 1, lett. c ritiene persone socialmente pericolose coloro che per il loro comportamento debba ritenersi, sulla base di elementi di fatto, che sono dediti alla commissione di reati che offendono o mettono in pericolo , la sicurezza e la tranquillità pubblica sul punto la Corte di appello, dopo aver elencato le pendenze di R. per resistenza a pubblico ufficiale, estorsione e lesioni, ha osservato come nei confronti dello stesso sia stato disposto anche decreto che dispone il giudizio per il reato di cui agli articolo 56 e 575 c.p., concludendo che le circostanze esaminate indichino una persistente pericolosità oltre che di irrefrenabile impulso a delinquere trattasi di motivazione logica e coerente con i dati esaminati, sulla quale non è ammesso sindacato di legittimità. Infatti, le doglianze relative alla consistenza indiziaria ed alla valutazione dell'attualità della pericolosità sono inammissibili, poiché, nel procedimento di prevenzione, il ricorso per cassazione è ammesso soltanto per violazione di legge, secondo il disposto del D.Lgs. numero 159 del 2011, articolo 10, comma 3, e del precedente L. 27 dicembre 1956, numero 1423, articolo 4, richiamato dalla L. 31 maggio 1965, numero 575, articolo 3 ter, comma 2 . Ne consegue che, in tema di sindacato sulla motivazione, è esclusa dal novero dei vizi deducibili in sede di legittimità l'ipotesi dell'illogicità manifesta di cui all'articolo 606 c.p.p., lett. e , potendosi esclusivamente denunciare con il ricorso, poiché qualificabile come violazione dell'obbligo di provvedere con decreto motivato imposto al giudice d'appello dalla predetta L. numero 1423 del 1956, articolo 4, comma 9 ora D.Lgs. numero 159 del 2011, articolo 10, comma 2 , il caso di motivazione inesistente o meramente apparente Sez. U, numero 33451 del 29/05/2014, Repaci, Rv. 260246, che, in motivazione, ha ribadito che non può essere proposta come vizio di motivazione mancante o apparente la deduzione di sottovalutazione di argomenti difensivi che, in realtà, siano stati presi in considerazione dal giudice o comunque risultino assorbiti dalle argomentazioni poste a fondamento del provvedimento impugnato ved anche Sez.2, Sentenza numero 20968 del 06/07/2020, PG/Noviello, Rv. 279435-01 Sez. 1, numero 6636 del 07/01/2016, Pandico, Rv. 266365 Sez. 6, numero 50946 del 18/09/2014, Catalano, Rv. 261590 . Nel caso di specie il vizio radicale di motivazione in realtà non si rinviene. Il decreto impugnato è corredato di motivazione adeguata e logicamente coerente, nel quadro di un ragionamento unitario, articolato in argomentazioni saldamente connesse sulla base di concetti razionalmente ordinati ed espressi. Si deve infine ricordare che, secondo quanto costantemente affermato da questa Corte, il giudice della prevenzione non è vincolato dall'esistenza di un giudizio penale ed è invece abilitato, alla luce del principio, comunemente ricevuto, di autonomia del giudizio di prevenzione, ribadito anche in esito alla introduzione del codice antimafia D.Lgs. numero 159 del 2011, articolo 28 e 29 , a ricostruire, motu proprio ed anche in assenza di un procedimento penale correlato, gli episodi storici portati alla sua attenzione da ultimo, tra le tante in tal senso, Sez. 1, numero 36080 dell'11/09/2020, Rv.280207 . Può, dunque, essere affermata la riconducibilità del preposto ad una delle categorie di pericolosità di cui al D.Lgs. 6 settembre 2011, numero 159, articolo 1 e 4, non solo sulla base di sentenze di condanna che abbiano accertato la pregressa commissione di condotte delittuose rilevanti a tal fine, ma anche ove, a carico del destinatario della misura, non sia mai stato proposto un giudizio penale, per le ragioni più varie perché la notitia criminis, è stata archiviata perché le prove raccolte non furono ritenute sufficienti a sostenere un'accusa penale perché l'azione penale era già paralizzata, al momento della conoscenza della notitia criminis, da una causa di estinzione o di improcedibilità . In questi casi, il giudice della prevenzione, dopo avere verificato - sia pure incidentalmente - la valenza penale di quelle condotte e, quindi, dopo averle sussunte entro precise fattispecie penali , deve valutare - senza i limiti stringenti della prova penale - se quelle condotte siano sintomatiche della pericolosità sociale del proposto e, quindi, se sussistano congiuntamente tutti i requisiti previsti dalla normativa di riferimento, dandone conto nella motivazione. 2. Alla luce delle superiori considerazioni, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile ai sensi dell'articolo 616 c.p.p., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, la parte privata che lo ha proposto deve essere condannata al pagamento delle spese del procedimento, nonché - ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità - al pagamento a favore della Cassa delle ammende della somma di Euro 3.000,00 così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 3.000,00 a favore della Cassa delle ammende.