Il concorso esterno nell'associazione di tipo mafioso è configurabile nelle ipotesi in cui il concorrente è un libero professionista, che, pur non essendo inserito nella struttura organizzativa della consorteria, instaura con la stessa un rapporto sinallagmatico, incentrato su un sistema di reciproci vantaggi, economici e professionali, che non viene meno laddove, nell'ambito dell'intesa intervenuta tra i due soggetti, è consentito al soggetto attivo del reato lo svolgimento di un'attività di intermediazione criminale a favore di cosche alleate o federate con quella con cui si è instaurato il sinallagma mafioso .
Con la sentenza in esame, la Suprema Corte è stata chiamata a pronunciarsi sulla responsabilità dell'imputato per il reato di concorso esterno in associazione di tipo mafioso in particolare, il concorso esterno contestato all'imputato, che svolgeva la professione di commercialista, si concretizzava in un'attività di intermediazione criminale , che consentiva a due note cosche della Ndrangheta di operare in regime monopolistico nel settore del trasporto di prodotti alimentari e al gruppo societario guidato da R.C. di essere protetto sul territorio controllato dalle due consorterie. A riguardo, la Suprema Corte precisa che il concorrente esterno di un'associazione di tipo mafioso è il soggetto che, non inserito stabilmente nella struttura organizzativa dell'associazione mafiosa e privo dell' affectio societatis [ ], fornisce tuttavia un concreto , specifico, consapevole e volontario contributo , sempre che questo abbia un'effettiva rilevanza causale ai fini della conservazione o del rafforzamento delle capacità operative dell'associazione [ ] e sia comunque diretto alla realizzazione, anche parziale, del programma criminoso della medesima Cass. pen., sez. unite, n. 33478/2005 . L'accertamento di una condotta di collusione professionale, pertanto, postula la verifica della sussistenza di un rapporto di cointeressenza fondato sulla reciprocità dei vantaggi in questi casi, ci si trova di fronte a un soggetto che, senza essere inserito nella struttura organizzativa del sodalizio criminale e privo della affectio societatis , instauri con la cosca un rapporto di reciproci vantaggi [ ] , che possono riguardare sia l'organizzazione mafiosa con cui si perfeziona l'intesa sinallagmatica sia gruppi alleati o federati Cass. pen., n. 30346/2013 . Ciò premesso, la Suprema Corte conclude che il concorso esterno nell'associazione di tipo mafioso è configurabile nelle ipotesi in cui il concorrente è un libero professionista, che, pur non essendo inserito nella struttura organizzativa della consorteria, instaura con la stessa un rapporto sinallagmatico , incentrato su un sistema di reciproci vantaggi, economici e professionali, che non viene meno laddove, nell'ambito dell'intesa intervenuta tra i due soggetti, è consentito al soggetto attivo del reato lo svolgimento di un'attività di intermediazione criminale a favore di cosche alleate o federate con quella con cui si è instaurato il sinallagma mafioso .
Presidente Boni Relatore Centonze Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza emessa il 04/06/2021 il Tribunale del riesame di Reggio Calabria confermava l'ordinanza di custodia cautelare in carcere disposta dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Reggio Calabria nei confronti di S.T. il 27/01/2021, per il reato di cui al capo 1, previa riqualificazione della fattispecie contestata all'indagato nel provvedimento cautelare genetico, ai sensi dell' art. 110 c.p. e art. 416-bis c.p., commi 1, 2, 3, 4, 5 e 6. Occorre premettere che il provvedimento cautelare genetico veniva adottato dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Reggio Calabria nel contesto di una più ampia attività d'indagine, collegata allo svolgimento di due operazioni di polizia, denominate omissis e omissis , che riguardavano la sfera di operatività della cosca ndranghetistica P., storicamente presente nei centri di , e , nella quale il ricorrente gravitava. Si accertava, in tale ambito, che la cosca P., attualmente egemonizzata da P.A. classe omissis , storicamente presente nell'area rosarnese, operava secondo il modello tipizzato dall'art. 416-bis c.p. - risultando dimostrati il metodo mafioso, la forza intimidatrice e il vincolo di omertà, attraverso cui si era imposta sul territorio - e risultava collegata alla Ndrangheta, della quale era una delle cellule maggiormente rappresentative in Calabria, articolandosi in diverse ndrine. Sulla sfera di operatività di questo sodalizio ndranghetistico nel provvedimento impugnato si richiamavano gli esiti di altri procedimenti penali, che confermavano l'ipotesi accusatoria relativa all'immutata presenza criminale nell'area calabrese della cosca P., chiarendo, tra l'altro, gli scenari nei quali operava la consorteria e la sua consolidata presenza nel territorio rosarnese, che costituisce l'oggetto del presente procedimento cautelare. In questa cornice, al capo 1 della rubrica, così come riqualificato dal Tribunale del riesame di Reggio Calabria, ex art. 110 c.p. e art. 416-bis c.p., commi 1, 2, 3, 4, 5 e 6, si contestava a S.T. il ruolo di concorrente esterno della cosca P. e della cosca Cacciola, - che risultano storicamente presenti nell'area rosarnese -, nell'ambito delle quali, sia pure in frazioni temporali non del tutto sovrapponibili, si occupava delle attività imprenditoriali collegate alla grande distribuzione alimentare, gestite dalla società Distribuzione Cambria s.r.l Il concorso esterno contestato a S.T. al capo 1, in particolare, si concretizzava in un'attività di intermediazione criminale, che consentiva alla cosca P. e alla cosca C. di operare in regime monopolistico nel settore del trasporto di prodotti alimentari e. al gruppo societario guidato da Ca.Ro. di essere protetto sul territorio controllato dalle due consorterie. Tale ruolo di intermediazione tra il gruppo societario guidato da Ca.Ro. e l'ambiente ndranghetistico rosarnese, secondo quanto affermato dal Tribunale del riesame di Reggio Calabria, veniva svolto da S.T. in un arco temporale pluriennale, sia con riferimento alla cosca P. sia con riferimento alla cosca C Il coinvolgimento di S.T. nella realizzazione delle attività di intermediazione criminale in esame si riteneva corroborato dalle captazioni, eseguite nei confronti del ricorrente, svolte nel corso delle indagini preliminari, che venivano passate in rassegna nelle pagine 7-24 dell'ordinanza impugnata, mediante diffusi richiami testuali. Si tratta delle intercettazioni registrate tra il 30/03/2012 e l'08/02/2013, che, tra l'altro, coinvolgevano S.T., M.A. e R.A., che confermavano l'assunto accusatorio, secondo cui il ricorrente era coinvolto nella gestione del settore del trasporto di prodotti alimentari, svolto nell'area rosarnese, per conto della società Distribuzione Ca. s.r.l., dalle imprese riconducibili alla cosca P. e alla cosca C Gli esiti delle intercettazioni effettuate nel corso delle indagini preliminari, a loro volta, si ritenevano corroborati dalle dichiarazioni accusatorie rese dai collaboratori di giustizia A.V. e C.G., le cui, convergenti, propalazioni consentivano di chiarire quale fosse il ruolo di intermediazione criminale tra il gruppo societario guidato da Ca.Ro. e l'ambiente ndranghetistico rosarnese svolto da S.T., quantomeno a partire dal 2012, sia con riferimento alla cosca P. sia con riferimento alla cosca C Si ritenevano, infine, sussistenti le esigenze cautelari indispensabili al mantenimento del regime detentivo patito da S.T., rilevanti ai sensi dell' art. 274 c.p.p. , comma 1, lett. c , in conseguenza dell'elevato disvalore del delitto associativo contestato al ricorrente al capo 1 e della sua riconducibilità a un più vasto ambito criminale, di matrice ndranghetistica, collegato alla sfera di operatività della cosca P. e della cosca C., nel cui contesto consortile si concretizzavano le attività di intermediazione criminale dell'indagato, svolte durante un lungo arco temporale, compreso tra il 2012 e il 2018. Sulla scorta di questi elementi indiziari il Tribunale del riesame di Reggio Calabria emetteva il provvedimento cautelare di cui in premessa. 3. Avverso questa ordinanza l'indagato S.T., a mezzo degli avvocati R.P. e L.A., ricorreva per cassazione, deducendo due motivi di ricorso. Con il primo motivo di ricorso si deducevano violazione di legge e vizio di motivazione dell'ordinanza impugnata, in riferimento all' art. 273 c.p.p. e art. 309 c.p.p. , comma 9 artt. 110 e 416-bis c.p., conseguenti al fatto che la decisione in esame risultava sprovvista di un percorso argomentativo che desse esaustivamente conto della configurazione del reato associativo contestato a S.T. al capo 1 della rubrica, rispetto alla quale si evidenziava una discrasia motivazionale insanabile tra la posizione di contiguità concorsuale ascritta all'indagato - collegata allo svolgimento della sua attività professionale di commercialista - e la sfera di operatività delle cosche ndranghetistiche P. e C Secondo la difesa del ricorrente, il percorso argomentativo seguito dal Tribunale del riesame di Reggio Calabria risultava elusivo dei parametri ermeneutici affermati dalla giurisprudenza di legittimità consolidata in tema di concorso esterno in associazione di tipo mafioso, diffusamente richiamata recte Sez. U, n. 33478 del 12/07/2005, Mannino, Rv. 236584-01 , atteso che non era stata raggiunta la prova dell'accordo sinallagmatico tra S.T., la cosca P. e la cosca C., indispensabile per affermare l'esistenza di un rapporto di contiguità concorsuale penalmente rilevante. L'inesistenza di tale rapporto sinallagmatico, del resto, risultava dimostrata dal fatto che era pacifico che il gruppo societario guidato da Ca.Ro., nell'arco temporale considerato, era stato sottoposto a estorsione da parte degli esponenti della cosca P. e della cosca C., che gestivano in regime monopolistico il settore del trasporto di prodotti alimentari, rendendo destituito di fondamento l'assunto accusatorio relativo alle cointeressenze imprenditoriali dei gruppi ndranghetistici rosarnesi nella gestione di questo segmento imprenditoriale. Si deduceva, al contempo, che il Tribunale del riesame di Reggio Calabria non aveva fatto chiarezza in ordine ai rapporti tra il ricorrente, la società Distribuzione Ca. s.p.a., la cosca P. e la cosca C., atteso che dal percorso argomentativo esplicitato nel provvedimento impugnato non si comprendeva se l'indagato svolgeva un ruolo di intermediazione tra il gruppo guidato da Ca.Ro. e le due consorterie ndranghetistiche ovvero tra lo stesso gruppo e singoli imprenditori operanti nel settore dei trasporti, vicini ai sodalizi rosarnesi. Ne' tantomeno il materiale acquisito nel corso delle indagini preliminari - riconducibile alle intercettazioni acquisite nei confronti del ricorrente e alle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia A.V. e C.G., peraltro richiamate assertivamente - consentiva di risolvere tale, preliminare, questione, imprescindibile per la conferma del giudizio di gravità indiziaria censurato. Con il secondo motivo di ricorso si deducevano violazione di legge e vizio di motivazione dell'ordinanza impugnata, in riferimento all' art. 275 c.p.p. , conseguenti al fatto che la misura cautelare disposta nei confronti di S.T. a fronte della contraddittorietà del compendio indiziario acquisito nel corso delle indagini preliminari, resa evidente dalle censure difensive prospettate con la doglianza precedente, era stata applicata in modo automatico e senza tenere conto degli elementi sintomatici della pericolosità sociale del ricorrente, sui quali il Tribunale del riesame di Reggio Calabria si era espresso in termini assertivi e svincolati dalle risultanze processuali, trascurando di considerare ulteriormente la possibilità di applicare all'indagato la misura degli arresti domiciliari, anche alla luce della sua problematica situazione familiare, attestata dalle gravi condizioni di salute del figlio, documentate dalla relazione redatta il 10/05/2021 dalla dottoressa M.G Le considerazioni esposte imponevano l'annullamento dell'ordinanza impugnata. Ritenuto in diritto 1. Il ricorso proposto da S.T. è infondato. 2. Deve ritenersi infondato il primo motivo di ricorso, con cui si deducevano violazione di legge e vizio di motivazione dell'ordinanza impugnata, in riferimento all' art. 273 c.p.p. e art. 309 c.p.p. , comma 9 e artt. 110 e 416-bis c.p., conseguenti al fatto che la decisione in esame risultava sprovvista di un percorso argomentativo che desse esaustivamente conto della configurazione del reato associativo contestato a S.T. al capo 1, rispetto alla quale si evidenziava una discrasia motivazionale insanabile tra la posizione di contiguità concorsuale ascritta all'indagato - nello svolgimento della sua attività professionale di commercialista, che lo metteva in contatto con le imprese menzionate nel provvedimento censurato - e la sfera di operatività delle cosche ndranghetistiche P. e C Secondo il Tribunale del riesame di Reggio Calabria, il coinvolgimento concorsuale di S.T. nelle attività delittuose contestategli al capo 1 della rubrica, ai sensi dell' art. 110 c.p. e art. 416-bis c.p., commi 1, 2, 3, 4, 5 e 5, si riteneva corroborato dalle intercettazioni acquisite nel corso delle indagini preliminari, che venivano richiamate analiticamente nelle pagine 7-24 del provvedimento censurato, mediante la citazione dei passaggi salienti di tali captazioni, che si reputavano pienamente confermative dell'assunto accusatorio. Tra queste captazioni, si ritiene opportuno richiamare per la loro particolare rilevanza probatoria, seguendo l'ordine di esposizione contenuto nel provvedimento cautelare censurato, l'intercettazione registrata il 30/03/2012 tra S.T. e M.A., citata nelle pagine 7-10 l'intercettazione registrata il 13/05/2012 tra S.T. e Cu.Vi., citata nelle pagine 10-12 l'intercettazione registrata il 07/05/2012 tra S.T. e M.A., citata a pagina 16 l'intercettazione registrata il 18/05/2012 tra S.T., M.A. e R.A., citata nelle pagine 16-20 l'intercettazione registrata l'08/02/2013 tra S.T. e R.A., citata nelle pagine 22-24. Sulla scorta di questo compendio indiziario, ritenuto univoco, il Tribunale del riesame di Reggio Calabria evidenziava che la cosca P. e la cosca C., fin dal 2012, tramite S.T., si erano infiltrate nel settore della grande distribuzione alimentare, nel quale la società Distribuzione Ca. s.r.l. svolgeva un ruolo commerciale egemonico nell'area calabrese, gestendo il trasporto dei prodotti alimentari consegnati per conto del gruppo societario guidato da Ca.Ro Si muovevano, in particolare, in questa direzione probatoria le conversazioni, sopra citate, registrate nel corso delle indagini preliminari tra S.T. e M.A. - che aveva lungamente collaborato con l'indagato quale titolare della ditta Autotrasporti M. di M.A. & C. s.a.s. di M.A., alla quale, successivamente, era subentrata la ditta individuale C.G. -, da cui si evinceva il pieno coinvolgimento del ricorrente nella gestione del settore del trasporto di merci alimentare effettuato per conto del gruppo Ca. dalle imprese riconducibili alla cosca P. e alla cosca C Secondo il Tribunale del riesame, analogo rilievo probatorio doveva essere attribuito alle captazioni, sopra citate, registrate tra S.T. e R.A., che, più volte, si recava nello studio professionale del ricorrente - ubicato a omissis - per discutere del trasporto delle merci alimentari per conto società Distribuzione Ca. s.r.l., in relazione al quale si era verificato un avvicendamento concordato tra la ditta Autotrasporti M. di M.A. & C. s.a.s. di M.A. e la ditta individuale C.G. di , che veniva attuato con il contributo decisivo dello stesso M. contributo, questo, che si riteneva attestato dal contenuto dell'intercettazione registrata il 18/05/2012, già citata, tra S.T., M.A. e R.A Si consideri ulteriormente che gli esiti delle intercettazioni, riguardanti i colloqui registrati nel corso delle indagini preliminari tra S.T., M.A. e R.A., venivano ritenuti corroborati dalle risultanze documentali, richiamate a pagina 24 dell'ordinanza impugnata, relative ai rapporti commerciali esistenti tra la ditta Autotrasporti M. di M.A. & C. s.a.s. di M.A., la ditta individuale C.G. e la società Distribuzione Ca. s.r.l., che confermavano il ruolo di intermediazione svolto dal ricorrente nella gestione delle attività di trasporto eseguite dalle imprese riconducibili alla cosca P Rispetto al ruolo egemonico, incontroverso, svolto dalla cosca P. nella gestione dei trasporti, nell'ambito delle attività di distribuzione alimentare riconducibili dal gruppo Ca., non assume un rilievo idoneo ad attenuare il giudizio di gravità indiziaria censurato la corresponsione periodica di somme ai rappresentati della cosca C., che, al contrario, costituisce un'ulteriore dimostrazione della funzione di intermediazione criminale svolta da S.T., che gli consentiva di gestire autonomamente i rapporti tra le cosche ndranghetistiche presenti nell'intera area rosarnese, in un lungo arco temporale, compreso tra il 2012 e il 2018. Senza considerare, per altro verso, che la cosca P. e la cosca C., nel più ampio contesto della criminalità organizzata rosarnese erano storicamente alleate, anche alla luce del fatto che i vertici delle due consorterie erano legati da vincoli di parentela e rapporti di condivisione strategica, tra l'altro attestati dalla gestione del settore dei trasporti di prodotti alimentari. Gli esiti delle captazioni acquisite nel corso delle indagini preliminari nei confronti del ricorrente si ritenevano ulteriormente corroborati dalle dichiarazioni rese dai collaboratori di giustizia A.V. e C.G., le cui propalazioni consentivano di chiarire quale fosse il ruolo di intermediazione criminale tra il gruppo Ca. e l'ambiente ndranghetistico rosarnese svolto da S.T Più precisamente, il collaboratore di giustizia A.V. veniva esaminato nelle date del 22/12/2015 e del 07/09/2016, richiamando l'attività di trasporto di prodotti alimentari svolta dalle imprese vicine alla cosca C. per conto della società Distribuzione Ca. s.r.l., aggiungendo che in questo settore erano coinvolti anche imprenditori collegati alla cosca P., i cui vertici, come detto, erano imparentati con la famiglia C. mentre, il collaboratore C.G. veniva esaminato il 28/12/2019, riferendo del ruolo di intermediazione criminale svolto da S.T. con riferimento alla cosca C., alla quale i rappresentanti del gruppo Ca. si erano rivolti, tramite C.G.B., allo scopo di ricevere protezione per le attività commerciali svolte nell'area rosarnese. In questa, univoca, cornice indiziaria, appaiono pienamente condivisibili le conclusioni alle quali giungeva il Tribunale del riesame di Reggio Calabria, che, nel passaggio motivazionale esplicitato a pagina 33 dell'ordinanza impugnata, evidenziava che S. rappresentava il perno sul quale faceva leva tutto l'affare relativo alla distribuzione alimentare , confermando la fondatezza dell'assunto accusatorio. Si consideri, inoltre, che al ruolo di intermediazione criminale svolto da S. in favore delle cosche P. e C. faceva da contraltare la possibilità di esercitare la sua attività professionale in una posizione di rilievo all'interno del territorio rosarnese, mettendo al servizio delle locali articolazioni di Ndrangheta e dei loro redditizi affari la sua esperienza in campo economico . 2.1. Non e', per altro verso, possibile operare una reinterpretazione complessiva del contenuto delle intercettazioni acquisite nel corso delle indagini preliminari nei confronti di S.T., in linea con quanto prospettato dalla difesa del ricorrente, essendo una tale operazione di ermeneutica processuale preclusa a questo Collegio, conformemente al seguente principio di diritto In materia di intercettazioni telefoniche, costituisce questione di fatto, rimessa all'esclusiva competenza del giudice di merito, l'interpretazione e la valutazione del contenuto delle conversazioni, il cui apprezzamento non può essere sindacato in sede di legittimità se non nei limiti della manifesta illogicità ed irragionevolezza della motivazione con cui esse sono recepite Sez. 2, n. 35181 del 22/05/2013, Vecchio, Rv. 257784-01 si vedano, in senso sostanzialmente conforme, anche Sez. 3, n. 35593 del 17/05/2016, Folino, Rv. 267650-01 Sez. 1, n. 3643 del 26/05/1997, Scotto, v. 208254-01 . In questo contesto, occorre ribadire il consolidato principio di diritto secondo cui, a seguito della riformulazione normativa dell' art. 606 c.p.p. , comma 1, lett. e , mentre è consentito dedurre con il ricorso per cassazione il vizio di travisamento della prova, non è consentito dedurre il vizio di travisamento del fatto, stante la preclusione per il giudice di legittimità di sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei giudizi di merito. Se così non fosse, si domanderebbe a questa Corte il compimento di un'operazione estranea al giudizio di legittimità, come quella della reinterpretazione degli elementi indiziari valutati dal giudice cautelare ai fini della decisione Sez. 3, n. 39729 del 18/06/2009, Belluccia, Rv. 244623-01 Sez. 5, n. 39048 del 25/09/2007, Casavola, Rv. 238215-01 Sez. 1, n. 25117 del 14/07/2006, Stojanovic, Rv. 234167-01 . Sul punto, allo scopo di circoscrivere con maggiore puntualità gli ambiti di intervento del giudice di legittimità in relazione all'operazione di ermeneutica processuale compiuta dai Giudici cautelari reggini sui risultati delle intercettazioni attivate nei confronti di S.T., si ritiene utile richiamare il seguente principio di diritto In tema di valutazione della prova, con riferimento ai risultati delle intercettazioni di comunicazioni, il giudice di merito deve accertare che il significato delle conversazioni intercettate sia connotato dai caratteri di chiarezza, decifrabilità dei significati e assenza di ambiguità, di modo che la ricostruzione del significato delle conversazioni non lasci margini di dubbio sul significato complessivo della conversazione Sez. 6, n. 29530 del 03/05/2006, Rispoli, Rv. 235088-01 si vedano, in senso sostanzialmente conforme, anche Sez. 5, n. 48286 del 12/07/2016, Cigliola, Rv. 268414-01 Sez. 6, n. 5224 del 02/10/2019, Acampa, Rv. 278611-01 . Questa posizione ermeneutica, da ultimo, è stata ribadita dalle Sezioni Unite, che, in linea con la giurisprudenza che si è richiamata, hanno affermato il principio di diritto, che occorre ulteriormente ribadire, secondo cui In tema di intercettazioni di conversazioni o comunicazioni, l'interpretazione del linguaggio adoperato dai soggetti intercettati, anche quando sia criptico o cifrato, costituisce questione di fatto, rimessa alla valutazione del giudice di merito, la quale, se risulta logica in relazione alle massime di esperienza utilizzate, si sottrae al sindacato di legittimità Sez. U, n. 22741 del 26/02/2015, Sebbar, Rv. 263715-01 . 2.1.2. Nella cornice indiziaria descritta nei paragrafi precedenti, che, allo stato, deve ritenersi incontroversa, il Tribunale del riesame di Reggio Calabria compiva una verifica del compendio probatorio acquisito nei confronti di S.T. che appare pienamente rispettosa delle emergenze processuali e conforme alla giurisprudenza di legittimità consolidata, secondo cui il concorrente esterno di un'associazione di tipo mafioso è il soggetto che, non inserito stabilmente nella struttura organizzativa dell'associazione mafiosa e privo dell'a ffectio societatis , fornisce tuttavia un concreto, specifico, consapevole e volontario contributo, sempre che questo abbia un'effettiva rilevanza causale ai fini della conservazione o del rafforzamento delle capacità operative dell'associazione e sia comunque diretto alla realizzazione, anche parziale, del programma criminoso della medesima Sez. U, n. 33478 del 12/07/2005, Mannino, Rv. 236584-01 . Non può, in proposito, non rilevarsi che, con tale arresto, la giurisprudenza di legittimità ha definitivamente ribadito la legittimità della figura del concorso esterno nel reato di associazione di tipo mafioso, ma l'ha vincolata allo statuto della causalità, rendendosi conto delle difficoltà di accertamento dell'effettivo nesso condizionalistico tra la condotta stessa e la realizzazione del fatto di reato, come storicamente verificatosi, hic et nunc, con tutte le sue caratteristiche essenziali, soprattutto laddove questo rivesta dimensione plurisoggettiva e natura associativa . Naturalmente, trattandosi di un accertamento processuale che svolge una funzione di carattere selettivo delle condotte penalmente rilevanti, è necessario che il contributo atipico sia considerato effettivamente idoneo ad aumentare la probabilità o il rischio di realizzazione del fatto di reato, escludendone la rilevanza laddove si riveli ininfluente o addirittura controproducente per la verificazione dell'evento lesivo Sez. U, n. 33478 del 12/07/2005, Mannino, cit. . Quello che, pertanto, assume rilievo, ai fini della valutazione dell'atteggiamento di contiguità dell'esponente del mondo delle professioni con cui il sodalizio criminale, di volta in volta, si rapporta, è la valutazione della sua adesione al progetto di controllo illecito del territorio - certamente riscontrabile nel ruolo di intermediazione criminale svolto da S.T. nei confronti della cosca P. e della cosca C., nel settore della grande distribuzione alimentare -, per il quale è indispensabile che il dolo del concorrente esterno investa sia il fatto tipico oggetto della previsione incriminatrice, sia il contributo causale recato dalla condotta dell'agente alla conservazione o al rafforzamento dell'associazione, agendo l'interessato nella consapevolezza e volontà di recare un contributo alla realizzazione, anche parziale, del programma criminoso del sodalizio Sez. U, n. 33478 del 12/07/2005, Mannino, cit. . In questa cornice ermeneutica, la verifica compiuta dal Tribunale del riesame di Reggio Calabria consentiva di individuare il contributo funzionale di S.T., che veniva accertato - alla luce del rapporto esistente tra l'indagato e gli esponenti delle cosche P. e C. con cui si rapportava nel corso di un lungo arco temporale, compreso tra il 2012 e il 2018 - attraverso una verifica probatoria eseguita ex post sull'efficienza causale del suo apporto concorsuale, effettuata mediante le regole tipiche dell'argomentazione processuale. Veniva, pertanto, compiuta una verifica congrua sulla rilevanza causale del contributo fornito da S.T. al perseguimento degli obiettivi strategici della cosca P. e della cosca P. C. nel settore dei trasporti della grande distribuzione alimentare, così come contestato al capo 1, eseguita attraverso una valutazione del collegamento funzionale esistente tra l'indagato e le consorterie ndranghetistiche oggetto di vaglio e dei vantaggi che il ricorrente ricavava dal suo apporto concorsuale vantaggi riconducibili sia all'attività imprenditoriale del gruppo Ca., sia agli interessi economici dei sodalizi rosarnesi, sia alla sua attività professionale. Sul punto, si ritiene opportuno richiamare il passaggio motivazionale esplicitato a pagina 33 dell'ordinanza impugnata, in cui il Tribunale del riesame di Reggio Calabria affermava che le emergenze indiziarie imponevano di evidenziare che il collegamento concorsuale di S.T. con la cosca P. e con la cosca C., comportava notevoli benefici professionali per il ricorrente, che operava professionalmente a , attestati dal fatto che era lo stesso indagato, in una delle intercettazioni registrate nel corso delle indagini preliminari, ad affermare di occuparsi di tutta la contabilità delle attività riferibili alle cosche, peraltro in modo stabile e continuativo, rappresentando pertanto un vero e proprio punto di riferimento il che confermava che lo svolgimento della sua attività professionale a tali livelli comportasse un ritorno di carattere economico . Si accertava, in questo modo, l'esistenza di un rapporto di contiguità fondato non sulla generica disponibilità di S.T. verso le cosche P. e C., ma connotato da specifici e reciproci vantaggi, riconducibili a un'ottica criminale sinallagmatica, alla luce della quale venivano inquadrati i collegamenti concorsuali controversi. Tale rapporto sinallagmatico discendeva dal fatto che S.T. svolgeva la sua attività di intermediazione criminale in favore delle cosche P. e C., in un ampio arco temporale, compreso tra il 2012 e il 2018, sfruttando la capacità di controllo illecito del territorio da parte dei sodalizi ndranghetistici, proteggendo sul territorio il gruppo Cambia e ottenendo, in cambio di questo supporto, consistenti vantaggi, economici e professionali. Ne' potrebbe essere diversamente, atteso che l'accertamento di una condotta di collusione professionale, analoga a quella contestata al capo 1 della rubrica a S.T. - che svolgeva la professione di commercialista postula la verifica della sussistenza di un rapporto di cointeressenza fondato sulla reciprocità dei vantaggi, come costantemente affermato da questa Corte, secondo cui, in questi casi, ci si trova di fronte a un soggetto che, senza essere inserito nella struttura organizzativa del sodalizio criminale e privo della affectio societatis , instauri con la cosca un rapporto di reciproci vantaggi Sez. 3, n. 30346 del 18/04/2013, Orobello, Rv. 256740-01 , che possono riguardare sia l'organizzazione, mafiosa con cui si perfeziona l'intesa sinallagmatica sia gruppi alleati o federati. Non si può, pertanto, non ribadire conclusivamente che il concorso esterno nell'associazione di tipo mafioso è configurabile nelle ipotesi in cui il concorrente è un libero professionista, che, pur non essendo inserito nella struttura organizzativa della consorteria, instaura con la stessa un rapporto sinallagmatico, incentrato su un sistema di reciproci vantaggi, economici e professionali, che non viene meno laddove, nell'ambito dell'intesa intervenuta tra i due soggetti, è consentito al soggetto attivo del reato lo svolgimento di un'attività di intermediazione criminale a favore di cosche alleate o federate con quella con cui si è instaurato il sinallagma mafioso. 2.2. Le considerazioni esposte impongono di ribadire l'infondatezza del primo motivo di ricorso. 3. Deve ritenersi infondato il secondo motivo di ricorso, con cui si deducevano violazione di legge e vizio di motivazione dell'ordinanza impugnata, in riferimento all' art. 275 c.p.p. , conseguenti al fatto che la misura cautelare disposta nei confronti di S.T. a fronte della contraddittorietà del compendio indiziario acquisito nel corso delle indagini preliminari, resa evidente dalle censure difensive prospettate con le precedenti doglianze, era stata applicata in modo automatico e senza tenere conto degli elementi sintomatici della pericolosità sociale del ricorrente, sui quali il Tribunale del riesame di Reggio Calabria si era espresso in termini assertivi e svincolati dalle risultanze processuali, trascurando di considerare ulteriormente la possibilità di applicare all'indagato la misura degli arresti domiciliari, anche alla luce della sua problematica situazione familiare, attestata dalle gravi condizioni di salute del figlio, documentate dalla relazione redatta il 10/05/2021 dalla dottoressa M.G Osserva il Collegio che la presunzione di pericolosità sociale prevista dalla disposizione dell' art. 275 c.p.p. , comma 3, impone la custodia cautelare per un indagato di associazione di tipo mafioso, salvo che non risultino definitivamente interrotti i suoi legami con la consorteria di riferimento ovvero quando il venire meno della pericolosità derivi da elementi processuali concreti e specifici, che dimostrino l'effettivo allontanamento dal sodalizio dell'affiliato Sez. 5, n. 57580 del 14/09/2017, Lupia, Rv. 272435-01 Sez. 2, n. 19283 del 03/02/2017, Cocciolo, Rv. 270062-01 Sez. 1, n. 45657 del 06/10/2015, Varzaru, Rv. 265419-01 . Differente, invece, è la valutazione che deve essere compiuta, nell'ambito della stessa presunzione di pericolosità prefigurata dall' art. 275 c.p.p. , comma 3, in riferimento alle ipotesi di concorso esterno nell'associazione di tipo mafioso - analogamente a quanto contestato a S.T. al capo 1 della rubrica, così come riqualificato in sede di riesame, ai sensi dell' art. 110 c.p. e art. 416-bis c.p., commi 1, 2, 3, 4, 5 e 6 -, atteso che gli elementi indiziari che, in questo caso, si richiedono per potere superare il giudizio presuntivo non possono coincidere con quelli richiesti per l'associato. In tali ipotesi delittuose, infatti, non vi è alcun legame associativo da rescindere, anche tenuto conto del fatto che il collegamento funzionale dell'agente al sodalizio criminale può essere connotato da occasionalità o da sporadicità Sez. 2, n. 2242 dell'11/12/2013, Riela, Rv.261701-01 Sez.1, n. 2946 del 17/10/2013, dep. 2014, Palumbo, Rv. 257774-01 sez. 6, n. 27685 dell'08/07/2011, Mancini, Rv. 250360-01 . Ne discende che, in questo caso, il giudizio di pericolosità non puòprescindere dalle emergenze indiziarie, in relazione alle quali occorre verificare se il rischio di ulteriori condotte illecite, analoghe a quelle concorsuali contestate a S.T. al capo 1 della rubrica, sia concreto e reso probabile dai collegamenti funzionali esistenti tra l'indagato e la consorteria ndranghetistica di riferimento. Questi collegamenti funzionali, nel caso di specie, risultano dimostratì, per effetto del ruolo di intermediazione criminale svolto dal ricorrente, per un lungo arco temporale, compreso tra il 2012 e il 2018, nella gestione di una parte delle attività illecite delle cosche P. e C. - con particolare riferimento al settore dei trasporti di prodotti alimentari collegato alla società Distribuzione Ca. s.r.l. -, alla luce del quale il Tribunale del riesame di Reggio Calabria confermava il provvedimento cautelare genetico, sulla base di una valutazione ineccepibile del compendio indiziario Sez. 6, n. 19863 del 04/05/2021, Scozzafava, Rv. 281273-01 Sez. 1, n. 24135 del 10/05/2019, Castorina, Rv. 276193-01 Sez. 6, n. 29807 del 04/05/2017, Nocerino, Rv. 270738-01 . In questa, univoca, cornice indiziaria, appaiono pienamente condivisibili le conclusioni alle quali giungeva il Tribunale del riesame di Reggio Calabria, che, nel passaggio motivazionale esplicitato a pagina 38 dell'ordinanza impugnata, osservava che gli elementi indiziari acquisiti nei confronti di S.T. non possono che connotare in termini negativi la personalità dell'odierno indagato e delineano un grave quadro cautelare, che induce ad una prognosi sfavorevole circa il pericolo di recidiva, da ritenersi senza dubbio concreto ed attuale, avendo esercitato la sua attività di intermediazione per le cosche rosarnesi in maniera stabile e per un lungo lasso temporale che arriva fino a tempi più recenti, diventando un vero e proprio punto di riferimento per la gestione degli interessi del sodalizio . Queste ragioni impongono di ribadire l'infondatezza del terzo motivo di ricorso. 4. Per queste ragioni, il ricorso proposto da S.T. deve essere rigettato, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. Consegue, infine, a tali statuizioni processuali, la trasmissione, a cura della cancelleria, di copia del presente provvedimento al direttore dell'istituto penitenziario dove il ricorrente si trova ristretto, a norma dell' art. 94 disp. att. c.p.p. , comma 1 ter. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all 'art. 94 disp. att. c.p.p ., comma 1-ter.