Pur essendo possibile la sanabilità di singole porzioni di immobile consistenti in autonome entità abitative, la loro cubatura, allorquando facciano capo ad un unico proprietario e comunque non siano riconducibili ad un trasferimento del titolo legittimante l'istanza di condono da parte di terzi, va considerata rispetto al limite massimo consentito dalla legge per l'intero edificio di cui quella singola unità faccia parte.
Con la sentenza in esame, la Suprema Corte è stata chiamata a pronunciarsi sulla legittimità di sei permessi di condono edilizio rilasciati dal Comune a fronte di altrettante istanze presentate dal proprietario di un immobile abusivo e dai suoi familiari, configuranti un indebito frazionamento di un'unica unità abitativa. A riguardo, la Suprema Corte ha già avuto modo di chiarire che in materia di condono edilizio disciplinato dalla l. n. 724/1994 , ai fini della individuazione dei limiti stabiliti per la concedibilità della sanatoria, ogni edificio va inteso quale complesso unitario che faccia capo ad unico soggetto legittimato alla proposizione della domanda di condono , con la conseguenza che le eventuali singole istanze presentate in relazione alle singole unità che compongono tale edificio devono riferirsi ad una unica concessione in sanatoria, onde evitare la elusione del limite di 750 mc attraverso la considerazione delle singole parti in luogo dell'intero complesso Cass. pen, n. 20161/1999 ciò comporta che, pur essendo possibile la sanabilità di singole porzioni di immobile consistenti in autonome entità abitative, la loro cubatura, allorquando facciano capo ad un unico proprietario e comunque non siano riconducibili ad un trasferimento del titolo legittimante l'istanza di condono da parte di terzi, vada considerata rispetto al limite massimo consentito dalla legge per l' intero edificio di cui quella singola unità faccia parte. Dal momento che la concessione edilizia deve essere necessariamente unica per tutte le opere riguardanti un edificio o un complesso unitario, quando si riferisce a nuova costruzione, ne consegue che, così come uno stesso soggetto legittimato non può utilizzare separate domande di sanatoria per aggirare il limite di volumetria previsto dall' art. 39, comma 1, l. n. 724/1994 , deve ritenersi ugualmente preclusa la suddetta possibilità allorquando le singole istanze, seppur riferite alle singole porzioni di cui l'edificio abusivo si compone, non provengano da soggetti espressione di centri di interesse realmente autonomi . Ne consegue pertanto il rigetto del ricorso e la condanna dei ricorrenti alle spese processuali.
Presidente Di Nicola Relatore Galterio Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza in data 14.7.2021 la Corte di Appello di Napoli, adita con incidente di esecuzione, ha rigettato la domanda formulata da V.S. avente ad oggetto la revoca o la sospensione dell'ingiunzione di demolizione relativo alla sentenza di condanna per reati edilizi pronunciata in data 27.11.1997 e diventata irrevocabile il 19.1.1998, ritenendo illegittimi i sei permessi di condono edilizio rilasciati dal Comune in data omissis a fronte di altrettante istanze presentate dall'odierno istante e dai suoi familiari configuranti un indebito frazionamento di un'unica unità abitativa, elusivo dei limiti di cubatura previsti dalla L. n. 724 del 1994 . 2. Avverso il suddetto provvedimento l'istante ha proposto, per il tramite del proprio difensore, ricorso per cassazione articolando due motivi di seguito riprodotti nei limiti di cui all' art. 173 disp. att. c.p.p. 2.1. Con il primo motivo censura l'ordinanza impugnata, in relazione al vizio di violazione di legge e al vizio motivazionale, per aver indicato un dato fattuale ovverosia che la volumetria complessiva dell'immobile in questione superasse i 3.000 mc, in contrasto sia con il dato reale trattandosi di un edificio composto da sei unità abitative il cui volume complessivo, dato dalla somma delle sei unità, era di appena 2.458 mc, sia con la previsione normativa, non contemplando il condono ex L. n. 724 del 1994 alcun limite massimo di sanabilità, a differenza di quello di cui alla L. n. 326 del 2003 , che prevede, oltre ai 750 mc. per ogni singola domanda, l'ulteriore sbarramento costituito dall'opera nel suo complesso che non deve eccedere i 3.000 mc. 2.2. Con il secondo motivo contesta, invocando il vizio di illogicità motivazionale, che le sei domande di condono e gli altrettanti titoli in sanatoria rilasciati dal Comune costituissero un indebito frazionamento rilevando che a nessuna di esse superava il limite massimo di cubatura previsto, pari 750 mc b l'edificio fosse già suddiviso, da epoca di gran lunga antecedente al condono, in sei distinte unità abitative, risultando già dal verbale di accertamento di inadempienza spontanea all'ordine di demolizione risalente al 25.6.1992 che ognuno di essi fosse ultimato ed abitato, escludendo perciò la sua stessa conformazione, funzionale a distinte esigenze abitative, un frazionamento fittizio in singole unità c il Comune aveva ritenuto il legittimo perfezionamento della procedura di condono sulla base dell'accertata riferibilità dei titoli abilitativi a distinte unità abitative, con il relativo accatastamento e alla presentazione di ogni domanda da parte del soggetto interessato al condono in quanto detentore della corrispondente porzione immobiliare d la veste di comodatario, rivestita da ognuno degli istanti, corrisponde ad una posizione qualificata, trattandosi di un diritto obbligatorio di godimento, ai fini del conseguimento del condono, come chiarito dalla Corte Costituzionale con la sentenza 302/1996. Deduce che proprio in forza di tali elementi dovesse ritenersi ampiamente superata la mancanza di data certa dei contratti di comodato, per il perfezionamento dei quali non è richiesta alcuna forma solenne, essendo sufficiente la consegna del bene al comodatario, nè tantomeno l'obbligo di registrazione, introdotto solo successivamente dalla L. n. 311 del 2004 . Considerato in diritto Il ricorso non può ritenersi fondato. Premesso che, in presenza di un sopravvenuto atto concessorio da parte del competente organo comunale, il giudice dell'esecuzione, investito della richiesta di revoca dell'ordine di demolizione dell'opera dichiarata abusiva da una precedente sentenza di condanna per illeciti edilizi diventata irrevocabile, ha comunque il potere di sindacare l'atto amministrativo al fine di verificarne, sotto il profilo della sussistenza dei presupposti per la sua emanazione, la legittimità formale e sostanziale Sez. 3, n. 25485 del 17/03/2009 - dep. 18/06/2009, Consolo, Rv. 243905 , i rilievi spesi dalla Corte partenopea in ordine alla disapplicazione dei provvedimenti di condono rilasciati dal Comune in accoglimento della richiesta degli odierni ricorrenti non possono ritenersi passibili di alcuna censura. Sebbene nell'ordinanza impugnata venga fatto improprio riferimento al superamento del limite volumetrico di 3.000 mc che, in quanto introdotto solo con il cd terzo condono di cui al D.L. n. 269 del 2003 , quale ulteriore limite di sbarramento relativo all'edificio di cui fanno parte le singole unità abitative, non trova applicazione ai fini della condonabilità delle singole unità abitative ex L. n. 724 del 1994 , per le quali vige in caso di frazionamento il solo limite dei 750 mc per ciascuna domanda, va tuttavia rilevato che è a monte che il G.E. individua la preclusione all'operatività della concessione in sanatoria. È invero la titolarità dell'intero edificio in capo all'odierno ricorrente che non consente il superamento del limite, comune a tutte le leggi di condono, dei 750 mc specificamente previsto per le nuove costruzioni dalla L. n. 724 del 1994, art. 39, con riferimento alla singola richiesta di concessione edilizia in sanatoria , titolarità questa che non può essere posta nel nulla così come vorrebbe la difesa attraverso l'escamotage della concessione in comodato delle singole unità abitative di cui l'edificio si compone. Quand'anche, a tutto voler concedere, la palazzina realizzata dal V. in assenza di permesso di costruire cui è riferito l'ordine di demolizione contenuto nella sentenza di condanna, costituente il titolo esecutivo oggetto dell'incidente di esecuzione in esame, avesse una volumetria complessiva di 2.854 mc e non già di 3.500 come affermato dall'ordinanza impugnata, la sua suddivisione in sei autonomi appartamenti non è condizione sufficiente a consentire la frazionabilità della domanda di condono in assenza di una preesistente limitazione quantitativa del titolo abilitante la presentazione della domanda di sanatoria, non risultando che i familiari del V. , unico proprietario del ricorrente, fossero legittimati per la singola porzione in cui ognuno di essi assumeva di abitare. Al netto del rilievo, del tutto calzante, che la domanda di condono riferita all'appartamento sito al primo piano destro dell'edificio risulta essere stata presentata dalla moglie convivente del V. , residente invece al piano rialzato, e che nulla è stato indicato in ordine alla residenza della figlia A. , va in ogni caso rilevato che il contratto di comodato, funzionalmente asservito a consentire al terzo la mera detenzione del bene per l'uso pattuito, non rientra tra i titoli legittimanti la presentazione della domanda di condono all'infuori dell'ipotesi, non ricorrente nel caso di specie, in cui la legge o il contratto abiliti il comodatario a fare le opere L. n. 47 del 1985, art. 31, comma 3, in relazione alla L. 28 gennaio 1977, n. 10, art. 4 . Come invero ben chiarito dalla Consulta, espressamente pronunciatasi sul profilo relativo all'ampiezza della sanatoria prevista dalla L. n. 724 del 1994, art. 39, comma 1, per le nuove costruzioni è prevista la possibilità derogatoria e, come tale, di stretta interpretazione di calcolare la volumetria per singola richiesta di concessione edilizia in sanatoria, cioè presupponendo ipotesi di legittima ed ammissibile scissione della domanda di sanatoria per effetto della suddivisione della costruzione o limitazione quantitativa del titolo che abilita la presentazione della domanda di sanatoria. Ipotesi, queste, che la stessa Corte Costituzionale ha individuato in presenza di un titolo di proprietà di parte della costruzione a seguito di alienazione o di singole opere da sanare L. 28 febbraio 1985, n. 47, art. 31, comma 1 o nella titolarità di diritto di usufrutto o di abitazione ad es. limitata a singola porzione di immobile , o nella titolarità di diritto personale di godimento quando la legge o il contratto abiliti a fare le opere L. n. 47 del 1985, art. 31, comma 3, in relazione all'art. 4 della L. 28 gennaio 1977, n. 10 o ogni altro soggetto interessato al conseguimento della sanatoria L. n. 47 del 1985, art. 31, comma 3 , come l'istituto di credito mutuario, con ipoteca su singola porzione di immobile, il locatario o altri aventi titolo a godere della porzione di immobile cfr. Corte Cost. sentenza n. 302 del 18.7.1996 . A ciò si aggiunge il rilievo, del pari dirimente, che i contratti di comodato risultano privi di data certa la quale, diversamente da quanto obiettato dalla difesa, non attiene al perfezionamento del negozio, bensì alla sua opponibilità ai terzi. Deve perciò ribadirsi in conformità all'univoco orientamento di questa Corte che in materia di condono edilizio disciplinato dalla L. 24 novembre 1994, n. 724 , ai fini della individuazione dei limiti stabiliti per la concedibilità della sanatoria, ogni edificio va inteso quale complesso unitario che faccia capo ad unico soggetto legittimato alla proposizione della domanda di condono, con la conseguenza che le eventuali singole istanze presentate in relazione alle singole unità che compongono tale edificio devono riferirsi ad una unica concessione in sanatoria, onde evitare la elusione del limite di 750 mc. attraverso la considerazione delle singole parti in luogo dell'intero complesso Sez. 3A 19.4.2005 n. 20161, Merra, Rv. 231643 idem 26.4.1999 n. 8584, La Mantia R., Rv. 214280 idem 12.8.1997 n. 9011, Di Fiore G. Rv. 208862 . Ciò comporta che, pur essendo possibile la sanabilità di singole porzioni di immobile consistenti in autonome entità abitative, la loro cubatura, allorquando facciano capo ad un unico proprietario e comunque non siano riconducibili ad un trasferimento del titolo legittimante l'istanza di condono da parte di terzi, vada considerata rispetto al limite massimo consentito dalla legge per l'intero edificio di qui quella singola unità faccia parte. Non basta quindi che la singola unità non ecceda i 750 mc., ma occorre che, globalmente considerato, l'intero edificio che ospita quelle singole unità non superi quei limiti massimi, risolvendosi altrimenti il frazionamento delle domande, come correttamente rilevato dal G.E., soltanto in un espediente finalizzato all'elusione della normativa di settore. Dal momento infatti che la concessione edilizia deve essere necessariamente unica per tutte le opere riguardanti un edificio o un complesso unitario, quando si riferisce a nuova costruzione, e solo eccezionalmente può operarsi una scissione quando esiste una norma che legittima in maniera differenziata soggetti diversi dal costruttore o dal proprietario, ne consegue che così come uno stesso soggetto legittimato non può utilizzare separate domande di sanatoria per aggirare il limite di volumetria previsto dalla L. n. 724 del 1994, art. 39, comma 1, deve ritenersi ugualmente preclusa la suddetta possibilità allorquando le singole istanze, seppur riferite alle singole porzioni di cui l'edificio abusivo si compone, non provengano da soggetti espressione di centri di interesse realmente autonomi. Il ricorso deve essere pertanto, rigettato, seguendo a tale esito la condanna alle spese processuali a norma dell' art. 616 c.p.p. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.