Spesso il regolamento di condominio contiene una serie di vincoli di varia natura dal divieto di modificare l’euritmia del fabbricato, al divieto di svolgere particolari attività all’interno delle unità immobiliari. Ed è proprio questo il nostro caso. Si tratta di stabilire se un condòmino possa esercitare, nella proprietà esclusiva, una attività che, a quanto pare, non piace a molti condòmini.
Anche le fondazioni benefiche hanno problemi. Una fondazione benefica acquista un immobile all'interno di un condominio per dare attuazione ai propri scopi statutari, il bene viene ceduto in comodato ad una ONLUS che lo ristruttura destinandolo ad ambulatorio medico per extracomunitari privi del permesso di soggiorno. Come spesso accade, tutti vogliono fare beneficenza ma… a debita distanza da casa propria, così l'assemblea di condominio decide di metter mano alla carta bollata vietando alla ONLUS di svolgere la propria attività. Lo strumento per boicottare l'iniziativa benefica si materializza sotto forma del classico cavillo il regolamento condominiale vieterebbe lo svolgimento dell'attività ambulatoriale. In effetti il regolamento prevedeva che «è vietata qualsiasi attività dei Condomini nelle proprietà esclusive che sia incompatibile con le norme igieniche, con la tranquillità degli altri condomini o con il decoro dell'edificio e con la sua sicurezza». L'impugnativa della Fondazione. La Fondazione scende in campo difendendo a spada tratta la propria iniziativa. Sostiene che il regolamento condominiale non sarebbe opponibile nei suoi confronti in quanto non trascritto nei pubblici registri immobiliari. In ogni caso, ritiene erronea l'interpretazione data dall'assemblea condominiale alle clausole regolamentari poste a fondamento della propria delibera. Il parere del Tribunale. Il Tribunale accoglie la tesi della Fondazione il regolamento condominiale, formatosi nel 1999 e non trascritto, non poteva valere nei confronti della Fondazione che, avendo acquistato l'immobile nel 2003, doveva essere considerata come “parte terza acquirente”. Il giudice di primo grado sottolinea un ulteriore elemento l'atto di acquisto non conteneva alcuno specifico riferimento al regolamento condominiale limitandosi ad affermare, in maniera del tutto generica, che alla compratrice competeva la proporzionale quota di comproprietà sulle parti comuni dell'edificio. Di conseguenza, eventuali divieti contenuti nel regolamento, non potevano essere azionati contro il terzo acquirente. La Corte cambia prospettiva. La Corte territoriale ribalta l'esito del giudizio. Il giudice d'appello basa il proprio convincimento su una sorta di prova indiretta. Il regolamento di condominio, anche se non trascritto e, quindi, non legalmente conoscibile dalla Fondazione-acquirente, viene fatto valere per vie traverse, indirettamente, attraverso una clausola contenuta nell'atto di acquisto con cui si attribuiva all'acquirente «la proporzionale quota di comproprietà condominiale nelle parti comuni dell'edificio, come per legge e regolamento» nonché con un richiamo all'atto di acquisto del suo dante causa «atto al quale le parti fanno ampio richiamo» in cui il precedente proprietario aveva dichiarato di «di ben conoscere ed accettare il Regolamento condominiale indicato in tutti i suoi estremi formali». Ambulatorio irregolare? Accertata l'opponibilità del Regolamento condominiale, si tratta di stabilire se l'attività esercitata dalla ONLUS ambulatorio medico per extracomunitari non in regola col permesso di soggiorno sia vietata. La Corte territoriale non ha dubbi benché il regolamento non vieti espressamente l'esercizio dell'attività ambulatoriale, nonostante i locali siano in regola con la normativa igienico-sanitaria e risultino dotati di un ingresso autonomo rispetto al portone dell'edificio condominiale, l'ambulatorio viene considerato fuori legge. Motivo? Il notevole accesso di extracomunitari irregolari e nomadi viene ritenuto lesivo delle esigenze di tranquillità dei condomini! Si arriva in Cassazione. La Fondazione praticamente non ha scelta e non può tirarsi indietro. È logico pensare che a nessuno piaccia assistere, vicino alla propria casa, ad un via vai di extracomunitari dichiaratamente irregolari, ma bisogna pur pensare a tutelare gli interessi dei soggetti meno fortunati che comunque vivono nel nostro Paese. Se la Fondazione non può svolgere la propria attività istituzionale perché in contrasto con gli interessi di un condominio e della comunità locale, dovrebbe sciogliersi per impossibilità di raggiungere lo scopo. Interviene la Cassazione. La Corte di Cassazione accoglie la tesi della Fondazione. I vincoli limitativi la destinazione della proprietà esclusiva contenuti nel regolamento condominiale non trascritto non possono essere opposti al terzo acquirente. Gli Ermellini ricordano come, per la giurisprudenza, le clausole contenute nel regolamento di condominio che, vietando lo svolgimento di determinate attività, impongono dei limiti al godimento della proprietà esclusiva, devono essere approvate espressamente, col consenso di tutti i condomini. Questo, ovviamente, vale al momento di perfezionamento ed approvazione del regolamento condominiale. Successivamente cosa accade? Secondo la Cassazione, i vincoli regolamentari possono essere opposti ai successivi acquirenti-condomini solo ove il regolamento sia stato trascritto. Il problema della trascrizione. Facile dire “il regolamento deve essere trascritto” ma…. come otteniamo questo risultato? Le possibilità, sostanzialmente, sono due. Il caso tipico, è rappresentato dal regolamento redatto dall'unico proprietario-costruttore che, prima di procedere alla vendita del primo immobile, redige il regolamento che viene poi allegato al primo atto pubblico di vendita. In questo modo, trascritta la vendita, si trascrive il regolamento. Nel caso di regolamento contrattuale assembleare, il problema si complica, ma non di molto. Approvato il regolamento da parte dell'assemblea, bisogna rivolgersi ad un notaio per il deposito dell'atto e chiedere la relativa trascrizione. I vincoli comportano una servitù. La Cassazione effettua una ulteriore precisazione. Le clausole del regolamento contrattuale che impongono dei vincoli sulle parti comuni si pensi, per esempio, al divieto di stendere i panni o a vincoli relativi all'uso del cortile condominiale , devono essere approvate all'unanimità ex articolo 1108, comma 3, c.c. Le clausole che comprimono il diritto di proprietà di singoli condomini, costituendo una sorta di servitù a carico dei soggetti obbligati, devono essere approvate specificatamente dagli interessati. A queste regole occorre aggiungere un corollario le clausole che impongono limiti alle proprietà esclusive, valgono solo se il terzo acquirente le abbia specificatamente accettate nel contratto d'acquisto non essendo sufficiente una clausola generica con cui si accetta il regolamento condominiale Cass. civ., numero 21024/2016 , Cass. civ., numero 6769/2018 , Cass. civ., 24188/2021 . Il principio di diritto. A questo punto la Cassazione, nel cassare la sentenza impugnata, ha rinviato alla Corte d'appello fissando il seguente principio di diritto «la previsione, contenuta in un regolamento condominiale convenzionale, di limiti alla destinazione delle proprietà esclusive, va ricondotta alla categoria delle servitù atipiche ne consegue che l'opponibilità di tali limiti ai terzi acquirenti va regolata secondo le norme proprie delle servitù e, dunque, avendo riguardo alla trascrizione del relativo peso, mediante l'indicazione, nella nota di trascrizione, delle specifiche clausole limitative, ex articolo 2659, comma 1, numero 2, e 2665 c.c. . In assenza di trascrizione, peraltro, queste disposizioni del regolamento, che stabiliscono limiti alla destinazione delle proprietà esclusive, valgono soltanto nei confronti del terzo acquirente che nel medesimo contratto d'acquisto prenda atto in maniera specifica del vincolo reale gravante sull'immobile, manifestando tale presa d'atto con una dichiarazione di conoscenza comprendente la precisa indicazione dello ius in re aliena gravante sull'immobile oggetto del contratto».
Presidente Di Virgilio – Relatore Cosentino Fatti di causa 1. Con citazione notificata in data 26.11.2004 la fondazione S.R. ONLUS nel prosieguo Fondazione R. convenne davanti al Tribunale di Milano il Condominio dello stabile di omissis , esponendo - che essa attrice era condomina del suddetto stabile, in quanto proprietaria, per acquisto effettuato con atto pubblico Notar C. del 30.7.2003, di una unità immobiliare facente parte del medesimo, disposta su due piani, seminterrato e interrato, collegati da una scala interna - che, con scrittura privata autenticata dal Notar C. del 29.1.2004, detta unità immobiliare era stata da lei ceduta in comodato modale trentennale all'associazione NAGA ASSOCIAZIONE VOLONTARIA ASSISTENZA SOCIO SANITARIA E PER I DIRITTI DI CITTADINI STRANIERI ROM E SINTI - ONLUS nel prosieguo Naga - che con la suddetta cessione in comodato essa Fondazione R. aveva inteso dare attuazione ai propri scopi statutari, destinando l'immobile a interventi di assistenza a favore di persone in stato di bisogno - che la comodataria Naga Onlus aveva dato corso ad una ristrutturazione dell'immobile per destinarlo ad ambulatorio medico - che con Delib. assembleare 26 ottobre 2004 il Condominio aveva deciso, per quanto qui ancora interessa, di non autorizzare la destinazione d'uso delle unità immobiliari ad ambulatorio medico per extracomunitari non in regola e non in possesso del permesso di soggiorno, per contrarietà all'articolo 3 del regolamento pag. 4, punto 2, della sentenza del Tribunale, riprodotta nel corpo della sentenza appello . 2. Sulla scorta della suddetta narrativa la Fondazione R. impugnava la menzionata Delib. condominiale 26 ottobre 2004, deducendo, per un verso, l'inopponibilità nei suoi confronti del regolamento condominiale, in quanto non trascritto nei registri immobiliari, e, per altro verso, l'erroneità dell'interpretazione di detto regolamento condominiale su cui si fondava l'impugnata delibera. 3. Il convenuto Condominio di omissis , si costituiva in giudizio, resistendo alla domanda dell'attrice. 4. Interveniva volontariamente nel processo l'associazione Naga, comodataria dell'immobile, aderendo alla domanda della comodante Fondazione R 5. Con sentenza del 18 luglio 2007, il Tribunale di Milano dichiarava la nullità dell'impugnata deliberazione assembleare nella parte concernente la destinazione d'uso dell'unità immobiliare dell'attrice. 6. Il Tribunale riteneva che l'articolo 3 del regolamento di Condominio che recita e' vietata qualsiasi attività dei Condomini nelle proprietà esclusive che sia incompatibile con le norme igieniche, con la tranquillità degli altri condomini o con il decoro dell'edificio e con la sua sicurezza , non poteva dirsi opponibile alla Fondazione R., quale terza acquirente della porzione esclusiva per atto del 2003, là dove il regolamento era stato formato con atto del 27 settembre 1999. Tale regolamento, precisava il Tribunale di Milano, non risultava trascritto come rilevato dalla nota di trascrizione dell'atto di divisione del 22 ottobre 1999 , né il titolo d'acquisto della Fondazione recava alcuno specifico riferimento ad esso, limitandosi ad affermare come alla compratrice competesse la proporzionale quota di comproprietà sulle parti comuni dell'edificio. Per il giudice di primo grado neppure valeva a rendere opponibile il regolamento di condominio alla Fondazione R. il richiamo fatto nel contratto del 30 luglio 2003 al titolo di provenienza del venditore, ovvero all'atto del 9 marzo 2001 in forza della dicitura al quale le parti fanno ampio richiamo , imponendo l'eventuale rinvio al regolamento un riferimento esplicito ed inequivoco. 7. Proposto appello dal Condominio di omissis , e costituitesi le appellate Fondazione R. e Associazione Naga, la Corte d'appello di Milano, con sentenza numero 3574 del 28 dicembre 2010, accoglieva il primo motivo di gravame. La Corte milanese, premesso che il regolamento condominiale non era trascritto, affermava tuttavia che esso - e, in specie, il suo articolo 3 - doveva ritenersi opponibile alla Fondazione R. poiché nel contratto di compravendita tra il dante causa Dondi e l'acquirente Fondazione si attribuiva a quest'ultima . la proporzionale quota di comproprietà condominiale nelle parti comuni dell'edificio, come per legge e regolamento , e si dichiarava che l'immobile proveniva al venditore D. con . atto al quale le parti fanno ampio richiamo , ovvero all'atto originario tra il venditore T. e il compratore D. in quest'ultimo atto, d'altra parte, l'acquirente aveva dichiarato di ben conoscere ed accettare il Regolamento condominiale indicato in tutti i suoi estremi formali pag. 4, secondo capoverso, della sentenza d'appello . Accertata l'opponibilità del regolamento condominiale, la Corte d'appello affermava che l'attività di ambulatorio medico per extracomunitari non in regola col permesso di soggiorno, svolta dall'Associazione Naga, comodataria della Fondazione R., era in contrasto con la clausola sub 3 del regolamento stesso. Nonostante che il regolamento non vietasse esplicitamente un'attività medico/ambulatoriale, e nonostante che i locali di proprietà della Fondazione avessero un ingresso autonomo rispetto al portone dell'edificio condominiale, il notevole accesso di persone nell'ambulatorio e l'attitudine di questo a divenire luogo di incontro e di aggregazione tra extracomunitari irregolari ed anche nomadi venivano ritenuti dalla Corte di merito lesivi delle esigenze di tranquillità dei condomini. 8. Avverso la sentenza della Corte d'appello di Milano, la Fondazione R. e l'Associazione Naga proposero ricorso per cassazione, articolato in tre motivi e resistito con controricorso dal Condominio di omissis . 9. Con la sentenza del 9 agosto 2016 , numero 16815, questa Corte dichiarò inammissibile il ricorso proposto per cassazione sul rilievo che il procuratore delle ricorrenti, avv. M.P., risultava officiato soltanto mediante mandato rilasciato a margine dell'atto di intervento nel giudizio di primo grado e, quindi, risultava aver introdotto il giudizio di legittimità senza la necessaria procura speciale ex articolo 365 c.p.c. 10. Avverso la sentenza richiamata nel paragrafo che precede l'Associazione Naga Onlus ha proposto ricorso per revocazione ai sensi dell' articolo 395 c.p.c. , numero 4, e dell' articolo 391 bis c.p.c. , sostenendo che la Corte di Cassazione, dichiarando inammissibile il ricorso per cassazione da lei proposto, era incorsa nell'errore percettivo consistente nel non avvedersi dell'annotazione riportata a penna sulla prima pagina di tale ricorso, con la quale si dava atto che essa Naga era rappresentata dall'Avv. M., quale presidente della stessa, ex articolo 86 c.p.c. . A parere della ricorrente, pertanto, la decisione di inammissibilità adottata con la sentenza della Corte di cassazione numero 16815/2016 risultava affetta da un errore di fatto di carattere revocatorio. 11. Gli intimati Condominio di omissis e Fondazione R. non depositavano controricorso. 12. All'esito dell'adunanza in camera di consiglio del 21 dicembre 2017 la Sesta sezione civile di questa Corte disponeva, con ordinanza numero 4739 del 2018, la rimessione della causa in pubblica udienza, in conformità alla proposta formulata dal consigliere relatore ai sensi dell'articolo 380 bis c.p.c 13. In prossimità della pubblica udienza, fissata per il 17 luglio 2018, la ricorrente Naga esponeva che Poste Italiane non le aveva mai restituito l'avviso di ricevimento della raccomandata con cui essa, ai sensi della L. numero 53 del 1994 , aveva notificato il ricorso per revocazione al Condominio di omissis e, pertanto, chiedeva di essere rimessa in termini per acquisire da Poste Italiane l'originale o una copia di detto avviso di ricevimento o, alternativamente, per rinnovare la notifica del ricorso per cassazione al suddetto condominio. 14. Con ordinanza adottata all'udienza del 17 luglio 2018 questa Corte accoglieva la suddetta istanza di rimessione in termini. 15. All'esito della conseguente rinnovazione della notifica del ricorso per revocazione al Condominio di omissis , quest'ultimo depositava controricorso. 16. Chiamata la causa alla pubblica udienza del 2 ottobre 2019 il Collegio rilevava che il ricorso per revocazione era stato notificato dopo la modifica all' articolo 391 bis c.p.c. recata dalla L. numero 197 del 2016 , in sede di conversione del D.L. numero 167 del 2016, e pertanto, con ordinanza interlocutoria del 5 marzo 2020, numero 6306, disponeva ulteriore rinvio a nuovo ruolo per attendere la decisione delle Sezioni Unite sulla questione di massima di particolare importanza, alle stesse rimessa con l'ordinanza di questa Corte numero 8717 del 2019, se la riduzione da un anno a sei mesi del termine per la proposizione del ricorso in revocazione prevista dalla novella di cui al D.L. numero 167 del 2016, come convertito dalla L. numero 167 del 2016 , si applichi a tutti i ricorsi depositati in data successiva all'entrata in vigore della novella o solamente ai ricorsi per revocazione avverso provvedimenti a propria volta pubblicati in data successiva all'entrata in vigore di detta novella. 17. La causa è stata quindi decisa all'esito della pubblica udienza del 20 ottobre 2021, per la quale il Procuratore Generale presso questa Corte ha depositato una requisitoria scritta concludendo per il rigetto del ricorso e il ricorrente ha depositato memoria ex articolo 378 c.p.c. . Motivi della decisione 19. Preliminarmente deve affermarsi la tempestività del ricorso per revocazione promosso dalla Naga, in quanto avviato a notifica, nelle forme di cui alla L. numero 53 del 1994, il 3 agosto 2017 e, dunque, entro l'anno dalla data 9 agosto 2017 di deposito della sentenza di questa Corte qui impugnata. Trova qui applicazione, infatti, il principio fissato dalle Sezioni Unite di questa Corte con sentenza numero 8091 del 23 aprile 2020, alla cui stregua il termine per la proposizione del ricorso per revocazione delle sentenze della Corte di cassazione - ridotto da un anno a sei mesi, in sede di conversione del D.L. numero 168 del 2016, dalla L. numero 197 del 2016 - si applica ai soli provvedimenti pubblicati dopo l'entrata in vigore della stessa 30 ottobre 2016 , in difetto di specifica disposizione transitoria e in applicazione del principio generale di cui all'articolo 11 preleggi. 20. Passando all'esame del motivo di revocazione va premesso, in linea di diritto, che - come questa Corte ha precisato in più occasioni - l' articolo 365 c.p.c. , che impone che il ricorso per cassazione sia sottoscritto dal difensore munito di procura speciale, non trova applicazione nelle ipotesi in cui la stessa parte ricorrente - ovvero la persona che agisce per suo conto, avendo il potere di rappresentarla sul piano sostanziale abbiano la qualità necessaria per esercitare l'ufficio del difensore e, in tale veste, sottoscrivano rispettivamente il ricorso in tal caso, infatti, ai sensi dell' articolo 86 c.p.c. , non è necessario che essi ricorrano ad altro difensore e si muniscano di procura alle liti per esercitare l'ufficio di difensore, dovendo reputarsi già soddisfatto l'interesse, preservato dallo stesso articolo 365 c.p.c. , a che l'iniziativa della proposizione del ricorso per cassazione non sia presa dal difensore sulla base di una procura conferita per i precedenti gradi di giudizio, ma dalla parte, dopo che le sia stato possibile conoscere il provvedimento da impugnare Cass. numero 11436/2002 , e, in senso conforme, Cass. numero 51/2003 e Cass. numero 8738/2001 . 21. Sulla scorta di tale premessa l'impugnata sentenza risulta effettivamente afflitta dall'errore revocatorio denunciato dalla ricorrente, dovendo ritenersi che la declaratoria di inammissibilità del ricorso per cassazione proposto dall'Associazione Naga sia derivata dalla mancata percezione del fatto che, nell'epigrafe di tale ricorso, l'indicazione di detta Associazione era immediatamente seguita dalle parole, vergate a penna, rappr. ex articolo 86 c.p.c. dal Presidente avv. M. . Tali parole, infatti, manifestavano, per un verso, la spendita, da parte dell'avv. M., della propria qualità di Presidente dell'Associazione - come tale titolare del potere di stare in giudizio per la stessa, ai sensi dell' articolo 36 c.c. , comma 2 cfr. Cass. 3103/1982 , Cass. 17921/2007 - e, per altro verso, la determinazione del medesimo avv. M. di stare in giudizio, quale rappresentante dell'Associazione, senza altro difensore, come facoltizzato a fare dal disposto dell' articolo 86 c.p.c. . La detta puntualizzazione, pertanto, superava il riferimento del testo dattiloscritto del ricorso alla procura rilasciata al medesimo avv. M. in calce all'atto di intervento dell'Associazione nel giudizio di primo grado e costituiva la sola fonte del potere rappresentativo del medesimo avv. M. in sede di legittimità. 21. Non valgono a sovvertire tali conclusioni gli argomenti spesi nel controricorso del Condominio argomenti, è il caso di sottolineare, non contenuti nella sentenza qui impugnata per revocazione, la quale non ha svolto alcuna valutazione in diritto sulla portata dell'inserzione a penna di cui si tratta, ma ha semplicemente ignorato la presenza di tale inserzione donde l'inequivocabile natura percettiva dell'errore. 21.1. Non vale l'argomento fondato sul rilievo che le parole vergate a penna rappr. ex articolo 86 c.p.c. dal Presidente avv. M. non comparivano sulla copia notificata del ricorso, non essendo in contestazione che alla data di redazione del ricorso l'avv. M. fosse Presidente dell'Associazione Naga e fosse abilitato al patrocinio davanti alle giurisdizioni superiori. D'altra parte, deve ritenersi che la dichiarazione di rappresentare la parte nell'esercizio della facoltà di cui all' articolo 86 c.p.c. sia soggetta alle medesime regole elaborate dalla giurisprudenza con riguardo alla procura ex articolo 83 c.p.c. , comma 3, e articolo 365 c.p.c. regole alla cui stregua, se la procura sia incorporata nell'atto di impugnazione, è irrilevante la sua mancata riproduzione o segnalazione nella copia notificata, sufficiente essendo, ai fini della verifica dei poteri rappresentativi, che essa sia presente nell'originale per la definitiva stabilizzazione di tale principio, cfr. SSUU numero 35466/2021, pubblicata dopo la camera di consiglio in cui è stata deliberata la presente sentenza . 21.2. Non vale l'argomento fondato sul rilievo che neppure si legge nell'incipit del ricorso chi sia il legale rappresentante di Naga pag. 3, penultimo rigo, del controricorso l'indicazione della persona che può rappresentare Naga in giudizio nella persona dell'avv. M. è infatti implicita, per il disposto dell' articolo 36 c.p.c. , comma 2 nella qualificazione del medesimo avv. M. come presidente dell'associazione. 21.3. Non vale l'argomento fondato sul rilievo che la rappresentanza processuale ex articolo 86 c.p.c. non è suffragata da un potere di rappresentanza sostanziale, non essendo espressamente individuato il rappresentante legale di Naga. Pertanto, se non è dato di sapere dal ricorso chi sia il rappresentante legale di Naga, perché nessuna indicazione è data al riguardo, non si comprende come possa l'avvocato indicato difendersi in proprio ex articolo 86 c.c. pag. 4, primo capoverso, del controricorso . Anche questo argomento, infatti, si infrange contro la considerazione che, proprio in virtù della inserzione a penna non percepita dal Collegio che pronunciò la sentenza qui impugnata per revocazione, il soggetto titolare della rappresentanza in giudizio dell'associazione - vale a dire, ai sensi dell' articolo 36 c.c. , comma 2 il Presidente dell'associazione - risultava individuato nella persona dell'avvocato M 22. Neppure, infine, la decisività dell'errore revocatorio che affligge la sentenza qui impugnata potrebbe essere messa in dubbio alla luce del principio giurisprudenziale alla cui stregua ai fini dell'ammissibilità dell'impugnazione proposta da una società di capitali, è necessaria la produzione, da parte del difensore munito di legale rappresentanza, di un atto deliberativo dell'organo assembleare, assunto posteriormente alla pronuncia della sentenza impugnata e in data anteriore o contemporanea a quella della notifica del ricorso Cass., numero 12348/2002 e Cass. numero 17870/2003 . La Naga, infatti, non è una società di capitali, ma un'associazione priva di personalità giuridica, il cui ordinamento interno e la cui amministrazione sono disciplinati dagli accordi tra gli associati articolo 36 c.c. , comma 1 e mai - nel giudizio di cassazione definito con la sentenza qui impugnata e, peraltro, nemmeno nel presente giudizio di revocazione - il Condominio di omissis ha contestato il potere del Presidente di tale Associazione di impugnare, anche senza specifica autorizzazione di altri organi associativi, una sentenza sfavorevole all'Associazione stessa conferendo una procura ad litem ad altro difensore o difendendosi in proprio ex articolo 86 c.p.c. . 23. Alla luce delle considerazioni fin qui svolte deve, quindi, concludersi che la declaratoria di inammissibilità del ricorso per cassazione dell'associazione Naga decisa con la sentenza di questa Corte numero 16815, depositata il 9 agosto 2016, costituisce effetto dell'errore di fatto consistente nella omessa percezione, da parte del Collegio giudicante, delle parole vergate a penna rappr. ex articolo 86 c.p.c. dal Presidente avv. M. , inserite nella prima pagina del ricorso per cassazione. 24. All'esito della fase rescindente la suddetta sentenza numero 16815/2016 va dunque revocata, ai sensi dell' articolo 395 c.p.c. , numero 4, nel capo relativo alla declaratoria di inammissibilità del ricorso dell'Associazione Naga. 25. E' appena il caso di evidenziare che la mancata impugnazione per revocazione della statuizione di inammissibilità del ricorso per cassazione proposto dalla Fondazione R. non preclude la cognizione del ricorso per cassazione proposto avverso la sentenza della Corte di appello di Milano numero 3574/2010 dall'Associazione Naga. In proposito va evidenziato che l'interventore ad adiuvandum tale l'Associazione Naga viene qualificata dalla Corte di appello, a pag. 5, penultimo capoverso, della propria sentenza si inserisce nel processo tra altre persone, ponendosi accanto alla parte adiuvata in quanto portatore di un proprio interesse che, se non è tale da legittimarlo a proporre in via autonoma una sua pretesa, lo abilita ad intervenire nel giudizio, il quale rimane unico in quanto invariato resta l'oggetto della controversia pur ampliandosi il numero dei partecipanti ne consegue che l'intervento ad adiuvandum determina un'ipotesi di causa inscindibile, con conseguente applicazione del disposto di cui all' articolo 331 c.p.c. , atteso che se è consentito ad un soggetto di intervenire per sostenere le ragioni di una delle parti in causa, restando unico ed indivisibile il giudizio, si deve necessariamente configurare un litisconsorzio processuale nei successivi giudizi di impugnazione poiché le ragioni che consentono e giustificano la presenza di parti accessorie non si esauriscono in un grado di giudizio persistendo l'interesse dell'interventore adesivo ad influire con una propria difesa sull'esito della lite così Cass. numero 6760/1996 . Alla stregua di tale principio, quindi, la revocazione della statuizione di inammissibilità del ricorso per Cassazione dell'Associazione Naga impedisce il passaggio in giudicato della sentenza di appello anche nei confronti della Fondazione R 26. L'accoglimento del ricorso per revocazione apre dunque l'adito al giudizio rescissorio e, quindi, all'esame dei motivi del ricorso per cassazione della Associazione Naga avverso la sentenza della Corte di appello di Milano numero 3574/2010. 27. Il primo motivo di ricorso, riferito al vizio di cui all' articolo 360 c.p.c. , numero 5, censura la statuizione dell'impugnata sentenza che ha ritenuto opponibile alla condomina Fondazione R. la disposizione del regolamento condominiale - sopra trascritta nel paragrafo 6 che precede - che vieta l'esercizio nelle proprietà esclusive di ciascun condomino di qualsivoglia attività potenzialmente incompatibile con le norme igieniche, con la tranquillità degli altri condomini o con il decoro dell'edificio e con la sua sicurezza . La ricorrente sostiene che, contrariamente a quanto argomentato dalla Corte territoriale, detta disposizione del regolamento condominiale non sarebbe stata opponibile alla Fondazione R. perché, per un verso, il regolamento non era trascritto nei Registri Immobiliari e, per altro verso, i richiami contenuti nell'atto di acquisto della Fondazione R. al regolamento condominiale ed all'atto di provenienza del venditore D. sarebbero del tutto inidonei, per la loro vaghezza, a manifestare una effettiva conoscenza ed accettazione delle disposizioni del regolamento condominiale in capo all'acquirente Fondazione R 28 Il secondo motivo di ricorso denuncia la violazione degli articolo 1362,1363 e 1366 c.c. e il difetto di motivazione della sentenza di appello e censura l'interpretazione con cui la Corte territoriale ha attribuito alla disposizione regolamentare relativa al divieto di destinazione delle singole unità ad attività incompatibili con la tranquillità degli altri condomini l'effetto di impedire l'attività svolta dall'Associazione Naga. 29. Il terzo motivo denuncia la violazione dell' articolo 115 c.p.c. , commi 1 e 2, e articolo 116 c.p.c. , con riferimento alle risultanze probatorie ed alle argomentazioni fondate sul notorio poste a base dell'impugnata sentenza nonché il vizio di motivazione, quanto alla valutazione di prossimità tra l'ingresso del fabbricato e quello dell'ambulatorio, al numero delle persone che giornalmente frequenterebbe l'ambulatorio ed alla tendenza all'aggregazione dei frequentatori dello stesso. 28. Il primo motivo - che, pur impropriamente rubricato con riferimento all' articolo 360 c.p.c. , numero 5 denuncia, in sostanza, la violazione delle regole legali che disciplinano l'opponibilità ai terzi acquirenti delle disposizioni limitative della destinazione delle proprietà esclusive contenute in un regolamento condominiale convenzionale - è fondato. 29. Come accennato nel precedente paragrafo 7, la Corte di appello, dato atto della mancata trascrizione del regolamento condominiale, ha tuttavia ritenuto quest'ultimo opponibile alla Fondazione R. in forza dei richiami ad esso contenuti nell'atto di acquisto della stessa e, precisamente a il passo nel quale si precisa che all'acquirente spetta la quota di comproprietà condominiale delle parti comuni come per legge e regolamento b l' ampio richiamo all'atto di provenienza del venditore D., nel quale quest'ultimo aveva dichiarato di ben conoscere ed accettare il regolamento condominiale, indicato in tutti i suoi estremi formali . 30. La Corte territoriale ha dunque ritenuto sufficiente, ai fini dell'opponibilità del regolamento condominiale alla Fondazione R., il fatto che nell'atto di acquisto di quest'ultima si facesse menzione del regolamento condominiale ai fini della determinazione della quota di comproprietà delle parti comuni e si facesse richiamo all'atto di provenienza del venditore, dal quale risultava che il medesimo venditore aveva dichiarato di ben conoscere ed accettare il regolamento condominiale, indicato in tutti i suoi estremi formali . 31. L'argomentazione della Corte ambrosiana contrasta con la giurisprudenza di questa Corte, che ha spiegato che le restrizioni alle facoltà inerenti al godimento della proprietà esclusiva contenute nel regolamento di condominio volte a vietare lo svolgimento di determinate attività costituiscono servitù reciproche e devono perciò essere approvate mediante espressione di una volontà contrattuale, e quindi con il consenso di tutti i condomini, mentre la loro opponibilità ai terzi, che non vi abbiano espressamente e consapevolmente aderito, rimane subordinata all'adempimento dell'onere di trascrizione. In particolare, l'esigenza dell'unanimità dell'approvazione delle clausole del regolamento che costituiscano servitù sulle parti comuni è imposta dall' articolo 1108 c.c. , comma 3, mentre la costituzione contrattuale di servitù che restringono i poteri e le facoltà sulle singole proprietà esclusive suppone che il documento sia sottoscritto dai rispettivi titolari al fine di adempiere al requisito della forma scritta ad substantiam. In assenza di trascrizione, peraltro, queste disposizioni del regolamento, che stabiliscono limiti alla destinazione delle proprietà esclusive, valgono soltanto nei confronti del terzo acquirente che prenda atto in maniera specifica, nel medesimo contratto d'acquisto, del vincolo reale gravante sull'immobile. Non basta, dunque, una generica, e perciò irrilevante, accettazione del regolamento da parte dell'acquirente, essendo invece necessaria, ai fini dell'opponibilità di una disposizione istitutiva di servitù, una dichiarazione di specifica conoscenza dell'esistenza delle reciproche servitù cfr. Cass. numero 21024/2016 , Cass. numero 6769/2018 , Cass. 24188/2021 , non massimata . 32. Il primo mezzo del ricorso per cassazione proposta dall'Associazione Naga avverso la sentenza della Corte di appello di Milano numero 3574/2010 va quindi accolto, con assorbimento del secondo e del terzo. 33. La suddetta sentenza della Corte d'appello di Milano va pertanto cassata in relazione al motivo accolto, con rinvio alla stessa Corte d'appello, in altra composizione, che si atterrà al seguente principio di diritto La previsione, contenuta in un regolamento condominiale convenzionale, di limiti alla destinazione delle proprietà esclusive, va ricondotta alla categoria delle servitù atipiche ne consegue che l'opponibilità di tali limiti ai terzi acquirenti va regolata secondo le norme proprie delle servitù e, dunque, avendo riguardo alla trascrizione del relativo peso, mediante l'indicazione, nella nota di trascrizione, delle specifiche clausole limitative, ex articolo 2659 c.c. , comma 1, numero 2, e articolo 2665 c.c. . In assenza di trascrizione, peraltro, queste disposizioni del regolamento, che stabiliscono limiti alla destinazione delle proprietà esclusive, valgono soltanto nei confronti del terzo acquirente che nel medesimo contratto d'acquisto prenda atto in maniera specifica del vincolo reale gravante sull'immobile, manifestando tale presa d'atto con una dichiarazione di conoscenza comprendente la precisa indicazione dello ius in re aliena gravante sull'immobile oggetto del contratto . 33. Il giudice di rinvio provvederà altresì a regolare tanto le spese del giudizio di cassazione definito con la sentenza revocata quanto le spese del presente giudizio di revocazione. P.Q.M. La Corte - accoglie il ricorso per revocazione e, per l'effetto, revoca la sentenza della Corte di cassazione numero 1681 5 del 2016, depositata il 9 agosto 2016, nella parte relativa alla statuizione di inammissibilità del ricorso per cassazione dell'associazione NAGA - ASSOCIAZIONE VOLONTARIA ASSISTENZA SOCIO SANITARIA E PER I DIRITTI DI CITTADINI STRANIERI ROM E SINTI - ONLUS avverso la sentenza della Corte di appello di Milano numero 3574/2010 - giudicando in sede rescissoria, accoglie il primo motivo del suddetto ricorso per cassazione dell'Associazione NAGA avverso la sentenza della Corte di appello di Milano numero 3574/2010 e dichiara assorbiti il secondo e il terzo motivo - cassa la suddetta sentenza della Corte di appello di Milano numero 3574/2010 in relazione al motivo accolto del ricorso per cassazione dell'Associazione NAGA e rinvia alla Corte di appello di Milano, in altra composizione, che regolerà anche le spese del giudizio di cassazione definito con la sentenza qui revocata e del presente giudizio di revocazione.