Operazioni illecite sul libretto di deposito: correntista corresponsabile con il dipendente della banca

Il correntista, pur essendo a conoscenza delle manovre abusive, non ha mai reagito per quasi due anni, determinando in tal modo un concorso di colpa nel causare il danno.

Con l’ordinanza in esame, la Suprema Corte è stata chiamata a pronunciarsi sul ricorso proposto da un correntista avverso la sentenza con cui la Corte d’Appello condannava la banca a pagare in suo favore la somma di 17mila euro a titolo di risarcimento del danno cagionato dall'abusivo prelevamento di fondi da un libretto di deposito e risparmio ad opera di un dipendente della banca nello specifico, la Corte territoriale evidenziava come le operazioni abusive del dipendente della banca fossero state annotate sul libretto di deposito nel corso del tempo, senza che il correntista, posto in condizione di avvedersi delle stesse, avesse mai reagito per quasi due anni, determinando un concorso nel causare il danno. A riguardo, i Giudici chiariscono che il concorso di colpa per inerzia non si fonda sulla sola verifica delle annotazioni sul libretto, ma principalmente sull' idoneità delle operazioni illecite a essere scoperte dal correntista, recatosi personalmente in banca per operare in proprio sul libretto di deposito anche dopo i primi consistenti prelevamenti, non potendo non accorgersi delle manovre illecite eseguite. Ne deriva, pertanto, il concorso di colpa del correntista che sia a conoscenza delle manovre illecite eseguite al dipendente di banca sul suo libretto e non provveda a denunciare le scorrettezze. Per questi motivi, la Suprema Corte dichiara inammissibile il ricorso .

Presidente Scaldaferri – Relatore Fraulini Rilevato che 1. R.P. ha proposto ricorso in cassazione, affidato a tre motivi, avverso la sentenza con cui la Corte di appello di Roma, in parziale riforma della sentenza di primo grado, ha condannato la Banca omissis soc. coop. a pagare in suo favore la somma di Euro 17.475,35, a titolo di risarcimento del danno cagionato dall'abusivo prelevamento di fondi da un libretto di deposito a risparmio ad opera di un dipendente della banca. 2. Il giudice di secondo grado, per quanto ancora in questa fase rileva, ha valutato come generica ed esplorativa la deduzione dell'odierno ricorrente in primo grado inerente a una pretesa abusiva attività riferita, oltre che ai prelievi dal libretto di deposito, anche a operazioni di intermediazione finanziaria, del resto non assistita da prova alcuna, avendo il R. rinunciato in primo grado ai mezzi istruttori all'uopo dedotti ha, inoltre, rilevato che le operazioni abusive del dipendente della banca erano state annotate sul libretto di deposito nel corso del tempo, senza che il R. , posto in condizione di avvedersi delle stesse, avesse mai reagito per quasi due anni, con ciò qualificandosi un concorso del creditore nella causazione del lamentato danno, che andava quindi ridotto nel suo ammontare con riferimento agli importi di tutte le operazioni poste in essere dopo il 29 luglio 1998, data in cui il R. ha operato il primo prelievo dal libretto di deposito successivo ai consistenti abusivi prelevamenti effettuati sullo stesso dal dipendente di banca infedele. 3. Banca omissis soc. coop. ha resistito con controricorso, laddove omissis è rimasta intimata. 4. Vi è memoria del ricorrente. Considerato che 1. Il ricorso lamenta a. Primo motivo I. Violazione e/o falsa applicazione dell' art. 132 c.p.c. , comma 1, n. 4 e dell'art. 2729 c.p.c., comma 1, in relazione all' art. 360 c.p.c. , nn. 3 e 4 , deducendo la nullità della sentenza per aver reso una motivazione incomprensibile, non contenendo l'esposizione delle ragioni logico-giuridiche che sostengono l'affermazione dell'avvenuta annotazione sul libretto delle operazioni abusive, in mancanza di acquisizione in atti del libretto medesimo. b. Secondo motivo II. Violazione e/o falsa applicazione dell' art. 1227 c.c. , comma 1, e art. 132 c.p.c. , comma 1, n. 4, in relazione all' art. 360 c.p.c. , nn. 3 e 4 , deducendo la nullità della sentenza e, comunque, la sua illegittimità, per aver omesso di valutare l'entità della colpa attribuibile al R. e, quindi, della diligenza mancata. c. Terzo motivo III. Violazione e/o falsa applicazione dell' art. 1227 c.c. , comma 1, art. 40 c.p. , art. 132 c.p.c. , comma 1, n. 4, in relazione all' art. 360 c.p.c. , n. 3 , deducendo la nullità della sentenza e, comunque, la sua illegittimità nell'aver individuato, quale concorso colposo del R. , l'affidamento del libretto di deposito al funzionario infedele e la tardiva denuncia di smarrimento solo dopo la chiusura del relativo rapporto contrattuale con la banca. 2. La controricorrente svolge argomentazioni a sostegno della declaratoria di inammissibilità del ricorso, di cui chiede comunque il rigetto. 3. Il ricorso va dichiarato inammissibile. 4. Tutti i motivi sono inammissibili laddove deducono la nullità della sentenza per aver motivato con affermazioni perplesse e obiettivamente incomprensibili, atteso che la piana lettura del provvedimento impugnato testimonia dell'esatto contrario, avendo la Corte di appello esposto le proprie ragioni con argomenti del tutto intellegibili e riconoscibili in motivazione tanto consente di ritenere che non sussista alcuna delle ipotesi che rendono la sentenza nulla per apparenza della motivazione, secondo l'insegnamento di Sez. U., Sentenza n. 22232 del 03/11/2016. 5. Il primo motivo è, poi, inammissibile anche nella parte in cui lamenta una falsa applicazione del ragionamento presuntivo. Da un lato, non è precisato nell'illustrazione della censura se, ed eventualmente come, il fatto delle annotazioni fosse controverso anche in appello il motivo fa riferimento solo agli atti introduttivi di primo grado dall'altro, va rilevato che la motivazione circa il concorso di colpa per inerzia non si fonda affatto, contrariamente a quanto assume la doglianza in esame, sulla sola verifica circa le annotazioni sul libretto, bensì - e principalmente - sull'idoneità delle operazioni illecite a essere scoperte dal R. , recatosi personalmente per operare in banca proprio sul libretto di deposito anche dopo i primi consistenti prelevamenti, sicché quella allegata è circostanza tutt'altro che decisiva. 6. Il secondo motivo è inammissibile. La censura lamenta la falsa applicazione dell' art. 1227 c.c. sostenendo che, per i prelievi successivi al 29.7.1998, la Corte di appello avrebbe affermato non il concorso di colpa, bensì la responsabilità esclusiva del R. . In realtà, la questione dell'applicabilità alla fattispecie della previsione dell' art. 1227 c.c. è stata affrontata dalla Corte di appello in conseguenza dell'accoglimento dell'appello incidentale formulato dall'odierna controricorrente. Con tale mezzo di censura la banca, pur riferendosi al concorso di colpa del danneggiato, nella sostanza lamentava l'omessa considerazione del nesso di causalità tra la condotta gravemente omissiva del R. e gli eventi che ne sono derivati plurimi consistenti prelevamenti abusivi non tempestivamente rilevati e denunciati . Ne deriva che la questione della mancata affermazione della percentuale del concorso causale del R. , bensì di una asserita - secondo la censura in esame - affermazione di responsabilità esclusiva anziché concorrente del cliente non è affatto decisiva ai fini del decidere, apparendo una questione astratta, priva com'è di conseguenze ai fini del controllo della correttezza della sentenza impugnata sentenza che ha ritenuto che, a partire da una certa data - correlata a una determinata situazione di fatto - del danno non debba rispondere la banca, a tanto tenuta, invece, per le operazioni eseguite nel periodo anteriore, in applicazione del concorso di colpa, per le ragioni concernenti proprio la misura dell'incidenza della colpa del cliente nel cagionare il danno complessivo lamentato. 7. Il terzo motivo è inammissibile poiché, analogamente a quanto argomentato per la prima censura, sotto l'apparente allegazione di una falsa applicazione di legge, cerca in effetti di indurre questa Corte a una nuova e diversa valutazione della sussistenza di presupposti per l'applicazione alla fattispecie dell' art. 1227 c.c. ciò che - si ribadisce - non è consentito in questa sede di legittimità tutte le volte in cui, come accaduto nella specie, il giudice del merito abbia motivato il ragionamento qualificativo delle norme applicate in maniera chiaramente intellegibile. 8. Le spese di lite relative alla presente fase, liquidate come indicato in dispositivo, seguono la soccombenza. 9. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto Cass. S.U., n. 4315 del 20 febbraio 2020 . P.Q.M. La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna R.P. a rifondere alla Banca omissis soc. coop. le spese della presente fase di legittimità, che liquida in complessivi Euro 6.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento e agli accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13 , comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.