Sul procedimento di prevenzione e i nuovi elementi probatori introdotti dal PM

Nel procedimento di prevenzione, il PM «può legittimamente introdurre nuovi elementi probatori, preesistenti e sopravvenuti, purché nell’ambito dei confini segnati dal devolutum e sempre che, in ordine agli stessi, sia assicurato nel procedimento camerale il contraddittorio tra le parti».

Il Tribunale di L'Aquila applicava nei confronti di D.R.D. la misura di prevenzione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza con l'obbligo di soggiorno nel Comune di residenza. Il giudice, inoltre, disponeva la confisca di un immobile, una somma di danaro e tre autovetture in danno dell'imputata e del marito. La Corte d'Appello successivamente revocava il sequestro delle automobili, ma confermava il resto del provvedimento. D.R.D ricorre in Cassazione, denunciando, tra i vari motivi, la violazione di legge per acquisizione di atti trasmessi dal PM di primo grado, che non erano stati depositati e che non erano stati acquisiti nel contraddittorio tra le parti nel giudizio di appello. La doglianza è fondata. Dal verbale dell'udienza davanti alla Corte d'Appello, infatti, risulta che non era stata data notizia alla difesa della trasmissione dei suddetti atti. La Suprema Corte, quindi, ritiene che sia stata violata la disposizione di cui all'articolo 10, comma 1-bis, d.lgs. numero 159/2011, in base alla quale si può affermare che, nel procedimento di prevenzione, il PM «può legittimamente introdurre nuovi elementi probatori, preesistenti e sopravvenuti, purché nell'ambito dei confini segnati dal “devolutum” e sempre che, in ordine agli stessi, sia assicurato nel procedimento camerale il contraddittorio tra le parti». Infatti, se l'inserimento dei nuovi atti probatori nel fascicolo del PM vede come “primo epilogo”, affinché essi siano portati a conoscenza delle parti, il deposito nella segreteria del Procuratore Generale, «la tutela del diritto al pieno contraddittorio tra le parti non può che svolgersi nell'udienza partecipata di appello, quando il giudice deve consentire alle stesse parti di interloquire sulle prove sopravvenute». Infatti, in relazione alle suddette prove, è necessaria una richiesta specifica di utilizzazione e acquisizione ai fini della decisione, poiché «la Corte d'Appello deve innanzi tutto valutare la legittimità, la rilevanza e non superfluità delle stesse prove». Non è sufficiente, quindi, che i nuovi atti, inseriti nel fascicolo del pubblico ministero, siano portati a conoscenza delle parti solo tramite il deposito nella segreteria del Procuratore Generale. Al contrario, è necessario che sul materiale probatorio «sia istaurato un regolare contraddittorio, con rispetto di una sequenza procedimentale che parta dalla richiesta di acquisizione», e che, quindi, consenta «alla parte controinteressata di interloquire ed eventualmente chiedere prova contraria e al giudice di provvedere, previa valutazione di non superfluità e mancanza di divieti di legge, alla formale acquisizione per l'utilizzazione della decisione». Per questi motivi, il Collegio accoglie il ricorso ed annulla il provvedimento impugnato.

Presidente De Gregorio – Relatore Miccoli Ritenuto in fatto 1. Con decreto emesso il 9 giugno 2020, il Tribunale di l'Aquila applicava a D.R.D. la misura di prevenzione della sorveglianza speciale di P.S. per la durata di anni due, con obbligo di soggiorno nel comune di residenza, e disponeva la confisca di un bene immobile, tre autovetture e di una somma di denaro in danno della stessa D.R. , del coniuge C.A. , nonché dei figli C.R. e C.B. . Con decreto del 3 marzo 2021, la Corte d'Appello di l'Aquila, in parziale riforma del decreto emesso dal Tribunale, ha revocato la confisca e il sequestro delle autovetture intestate a C.R. , disponendone la restituzione a quest'ultimo ha, quindi, confermato nel resto il provvedimento. 2. Con unico atto, sottoscritto dagli avvocati A. V. e S. F., hanno proposto ricorso D.R.D. , C.R. , C.B. e C.A. . 2.1. Con il primo motivo viene denunziata violazione di legge, perché v'è stata applicazione della misura di prevenzione personale senza specifica richiesta del pubblico ministero nelle conclusioni rassegnate in udienza. 2.2. Con il secondo motivo si denunzia violazione di legge in ordine al richiamo di dati relativi a procedimenti penali, in parte ancora in corso, concernenti fatti risalenti nel tempo e di denunzie senza esito, giuridicamente irrilevanti ai fini del giudizio. 2.3. Con il terzo motivo si denunzia violazione di legge per utilizzazione di atti trasmessi dal pubblico ministero di primo grado, mai depositati e mai acquisiti nel contraddittorio tra le parti nel giudizio di appello. 2.4. Con il quarto motivo si denunzia l'insussistenza dei presupposti soggettivi e oggettivi necessari ai fini dell'adozione della confisca. 3. Con requisitoria scritta, il Sostituto Procuratore Generale ha concluso chiedendo l'accoglimento del primo motivo di ricorso, assorbito il secondo, e il rigetto nel resto. 4. È stata depositata dalla difesa dei ricorrenti memoria di replica, nella quale sono state svolte ulteriori argomentazioni a sostegno del terzo e del quarto motivo di ricorso. Considerato in diritto 1. I ricorsi sono fondati nei termini qui di seguito indicati. 2. Infondata è l'eccezione di nullità proposta con il primo motivo di ricorso, che risulta essere stata denunziata negli stessi termini con l'atto di appello in sostanza la difesa della D.R. si è doluta della mancata esplicita richiesta nel giudizio da parte del Pubblico Ministero dell'applicazione della misura di prevenzione personale proposta dal Questore, avendo concluso solo in ordine alla misura di prevenzione patrimoniale. La Corte territoriale ha, in primo luogo, sostenuto che, poiché agli atti v'è la proposta del Questore di Pescara di applicazione sia della misura di prevenzione personale sia di quella patrimoniale, è sufficiente la circostanza che all'udienza di discussione il Pubblico Ministero abbia insistito nella richiesta di sequestro e confisca dei beni, senza, però, alcuna espressa dichiarazione di rinuncia all'applicazione nei riguardi della D.R. della citata misura di prevenzione personale pag. 3 del decreto impugnato . La stessa Corte ha poi aggiunto che il D.Lgs. numero 159 del 2011, articolo 7 e 8, nel disciplinare il procedimento applicativo della misura di prevenzione, nulla specificano, quanto alle conclusioni delle parti nell'udienza di discussione, richiamando l'articolo 7 solo l'articolo 666 c.p.p., per quanto non espressamente previsto pag. 4 del decreto impugnato . Quest'ultima affermazione non è esatta sebbene non decisiva, ai sensi dell'articolo 619 c.p.p., comma 1 , giacché i più recenti e condivisibili arresti interpretativi sostengono la natura giurisdizionale e cognitiva del procedimento di prevenzione, come ribadito anche dalla Corte costituzionale con la sentenza numero 24/2019. È evidente, allora, che tale natura giurisdizionale imponga l'applicazione delle garanzie e delle regole proprie del procedimento penale e, in particolare, quelle di un regolare contraddittorio. Il riferimento all'articolo 666 c.p.p., contenuto nel D.Lgs. numero 159 del 2011, articolo 7, comma 9, con la doppia riserva dell'assenza di previsione regolatrice tipica in sede di prevenzione e di compatibilità , comporta, in rapporto alle conseguenze della instaurazione del procedimento di prevenzione da parte di uno dei soggetti proponenti, la fissazione di udienza partecipata D.Lgs. numero 159 del 2011, articolo 7, comma 2 , nel cui ambito le parti hanno la facoltà di introdurre prove a sostegno delle proprie richieste articolo 7, comma 4 bis , dato che lo stesso organo dell'accusa ha facoltà di introdurre elementi ulteriori rispetto ai contenuti documentali della proposta. La trattazione in forma partecipata è obbligatoria si veda, in tal senso, Sez. 1, sentenza numero 2154 del 19/12/2018, Rv. 276385 , sicché il procedimento si svolge secondo le regole della camera di consiglio ex articolo 127 c.p.p., nella quale viene svolta l'istruzione probatoria, all'esito della quale le parti rassegnano le proprie conclusioni. Va però precisato che, se come nella specie il Pubblico Ministero si sia limitato a concludere espressamente solo con riferimento alla richiesta di applicazione della misura di prevenzione patrimoniale, non facendo invece riferimento a quella personale, pure richiesta con l'atto di proposta formulata dal Questore, non si può affermare -come deduce la difesa che vi sia stata rinuncia implicita all'azione su quella domanda , dovendo la rinuncia essere formulata con modalità formali che la identifichino come tale, senza che possa inferirsi da semplici fatti concludenti. Infatti, esercitato lo ius instandi ed investito il Tribunale della decisione sulla proposta, un pronunciamento può essere impedito solo dalla rinuncia alla domanda originaria, in assenza della quale il richiedente conserva, quantomeno da un punto di vista formale, un interesse alla relativa decisione. Tale rinuncia, tuttavia, non può ricavarsi da fatti concludenti, giacché essa è atto formale, che non ammette equipollenti. D'altronde, proprio perché il procedimento può avviarsi su atto di impulso dei soggetti legittimati a chiedere all'autorità giudiziaria che venga applicata una misura di prevenzione personale D.Lgs. numero 159 del 2011, articolo 5 , le conclusioni rassegnate dalla parte pubblica in termini non pienamente conformi all'originaria richiesta non esprimono necessariamente il significato concludente di un venir meno dell'interesse a una pronuncia sull'oggetto della questione originariamente dedotta. 3. Fondati sono i rilievi formulati con il secondo e il quarto motivo dell'atto di ricorso, giacché in via generale si rileva che il provvedimento impugnato si caratterizza per una motivazione così sintetica da risultare apparente, a fronte di specifiche ed articolate censure svolte dai ricorrenti con l'atto di appello, sicché va disposto l'annullamento del decreto e il rinvio per nuovo esame. La Corte territoriale, sanata la situazione processuale di cui pure si dirà qui di seguito, dovrà provvedere a motivare in maniera congrua ed articolata sia sull'attualità della pericolosità sociale, sia sui presupposti soggettivi ed oggettivi necessari ai fini dell'adozione della confisca. 3.1. Quanto al primo profilo, si rileva che a pag. 4 del decreto impugnato la Corte territoriale ha affermato l'attualità della pericolosità sulla base di precedenti penali di cui però non si dà specifico conto , l'ultimo dei quali relativo ad un fatto commesso nel lontano agosto 2013. Poi si fa riferimento a un procedimento penale ancora pend'ènte, con arresto in flagranza e condanna in primo grado per detenzione illecita a fini di spaccio di sostanza stupefacente, risalente al novembre 2016 quindi, si fa ulteriore generico riferimento a una frequentazione con persone pregiudicate o con procedimenti pendenti. Nell'atto d'appello la difesa aveva in maniera articolata e specifica sottolineato come, in termini di concretezza, l'attualità della pericolosità sociale fosse da escludere per l'oggettiva lontananza temporale, non soltanto dei fatti accertati, ma pure di quello di cui al processo penale pendente, relativo a condotte commesse nell'anno 2016. La Corte territoriale, come si è detto, non ha risposto a tali specifiche censure, neppure considerando che la valutazione di attualità della pericolosità sociale della D.R. , anche se correttamente riferita all'epoca del procedimento di primo grado Sez. 5, Sentenza numero 28343 del 12/04/2019, Rv. 276135 , deve tenere conto della datazione risalente dei fatti posti a fondamento dello stesso giudizio di pericolosità nella specie più di quattro anni . 3.2. Fondate sono pure le doglianze della difesa dei ricorrenti in ordine all'omessa motivazione sulle allegazioni richiamate con l'atto di appello pagg. 17 e ss. circa l'insussistenza dei presupposti per l'applicazione della misura di prevenzione patrimoniale. La Corte territoriale ha ritenuto a che fosse sussistente un unico nucleo familiare, composto da genitori e figli, che tutti coabitassero, sicché questi ultimi C.R. e B. non fossero terzi interessati b che fossero da imputare pure a C.A. non sottoposto a misura di prevenzione condotte da utilizzare ai fini della confisca in danno dei figli pagg. 4 e 5 del decreto impugnato . Nell'atto di appello era stato allegato e provato che C.R. e C.B. sono incensurati e da anni vivono con i propri rispettivi nuclei familiari, lontano dai genitori. Sul punto la Corte territoriale ha assertivamente affermato il contrario, articolando poi una motivazione calibrata sull'assunto che i suddetti non dovessero essere considerati terzi . Peraltro, quanto alla posizione del marito della D.R. , C.A. , la Corte territoriale ha giustificato la conferma delle statuizioni relative alla misura di prevenzione patrimoniale considerandolo alla stregua di un proposto , assumendo che anche C.A. risulta avere commesso reati, peraltro tutti in epoca molto risalente pag. 5 del decreto . Sulla base di tali assunti la motivazione sulla confisca dei beni risulta del tutto disarticolata ed apparente con riferimento sia ai presupposti soggettivi sia a quelli oggettivi per l'applicazione della misura pagg. 6 e 8 del decreto . Risultano dunque fondate le censure della difesa dei ricorrenti, così sintetizzate a erroneamente la Corte territoriale ha fatto riferimento alla mancata giustificazione da parte di un soggetto non proposto, C.A. , delle risorse economiche date al figlio R. per l'acquisto dell'immobile confiscato b la Corte territoriale ha valorizzato la circostanza che sempre C.A. avesse le chiavi di tale immobile, abitato dal figlio c la stessa Corte ha confuso il concetto di uso con quello di disponibilità dell'autovettura intestata a C.B. e, ancor prima, alla sorella G. , facendo generico riferimento alla circostanza che la stessa risulta essere stata utilizzata sia dalla D.R. che dal C.A. pag. 8 del decreto d generiche rispetto alle specifiche censure proposte con l'appello sono le argomentazioni per confermare la confisca della somma di 1.500 Euro rinvenuta nell'abitazione della D.R. e del C. , sulla base dell'assunto che non sia stata giustificata da costoro la sua lecita provenienza. 4. Fondato è pure il terzo motivo di ricorso per violazione del D.Lgs. numero 159 del 2011, articolo 10, comma 1 bis, e articolo 27, comma 2. La difesa si è doluta del fatto che nel decreto impugnato si dà atto pag. 7 che sono stati utilizzati ai fini della decisione sulla misura di prevenzione patrimoniale atti trasmessi dalla Procura della Repubblica di l'Aquila alla Corte territoriale in data 12 novembre 2020, dopo l'emissione del decreto di primo grado e quando 11 giudizio di appello era prossimo alla fissazione. Come risulta dal verbale dell'udienza svoltasi dinanzi alla Corte di Appello, della trasmissione di tali atti non è stata data notizia alla difesa, anche facendo riferimento al loro deposito nella segreteria del Procuratore Generale ovvero con un provvedimento di acquisizione ai fini della decisione. È stata dunque violata la disposizione di cui al D.Lgs. numero 159 del 2011, articolo 10, comma 1 bis 1-bis. Il procuratore della Repubblica, senza ritardo, trasmette il proprio fascicolo al procuratore generale presso la corte di appello competente per il giudizio di secondo grado. Al termine del procedimento di primo grado, il procuratore della Repubblica forma un fascicolo nel quale vengono raccolti tutti gli elementi investigativi e probatori eventualmente sopravvenuti dopo la decisione del tribunale. Gli atti inseriti nel predetto fascicolo sono portati immediatamente a conoscenza delle parti, mediante deposito nella segreteria del procuratore generale . Proprio tale ultima disposizione consente di affermare che nel procedimento di prevenzione il pubblico ministero può legittimamente introdurre nuovi elementi probatori, preesistenti e sopravvenuti, purché nell'ambito dei confini segnati dal devolutum e sempre che, in ordine agli stessi, sia assicurato nel procedimento camerale iil contraddittorio tra le parti. Invero, se l'inserimento degli atti probatori nuovi nel fascicolo del pubblico ministero ha come primo epilogo, perché siano portati immediatamente a conoscenza delle parti, il deposito nella segreteria del procuratore generale, la tutela del diritto al pieno contraddittorio tra le parti non può che svolgersi nell'udienza partecipata di appello, quando il giudice deve consentire alle stesse parti di interloquire sulle prove sopravvenute in relazione a tali prove, infatti, è necessaria una richiesta specifica di acquisizione e utilizzazione ai fini della decisione, giacché la Corte di appello deve innanzi tutto valutare la legittimità, la rilevanza e non superfluità delle stesse prove. Insomma, non può ritenersi sufficiente che gli atti nuovi , inseriti nel fascicolo del pubblico ministero, siano portati a conoscenza delle parti solo mediante il deposito nella segreteria del procuratore generale. È necessario che su tale materiale probatorio sia instaurato un regolare contraddittorio, con il rispetto di una sequenza procedimentale che parta dalla richiesta di acquisizione, consenta, quindi, alla parte controinteressata di interloquire ed eventualmente chiedere prova contraria e al giudice di provvedere,, previa valutazione di non superfluità e mancanza di divieti di legge, alla formale acquisizione per l'utilizzabilità nella decisione. P.Q.M. annulla il provvedimento impugnato con rinvio per nuovo esame alla Corte d'appello di l'Aquila.