Condannato il marito egocentrico che a casa pretende rispetto, obbedienza e silenzio

Respinta la linea difensiva mirata a sottolineare la condizione di marcato stress psicofisico da carenza cronica di sonno vissuta dall’uomo. Evidente la gravità dei comportamenti da lui avuti tra le mura domestiche nei confronti dei suoi familiari.

Condannato il marito che a casa pretende obbedienza, silenzio e rispetto del suo riposo. Evidente la dittatoriale posizione egocentrica assunta tra le mura domestiche e caratterizzata non solo da scatti d’ira ma anche da umiliazioni, offese, prepotenze e minacce nei confronti degli altri componenti della famiglia. Ricostruita la triste vicenda, i Giudici di merito ritengono colpevole, sia in primo che in secondo grado, l’uomo finito sotto processo per i comportamenti tenuti tra le mura domestiche. Di conseguenza, egli viene condannato per maltrattamenti in famiglia , a cui si aggiunge poi la responsabilità penale anche per il reato di uccisione di animali , avendo egli ucciso l’animale domestico della moglie solo perché esso aveva osato sporcare in casa. Nel contesto della Cassazione il difensore dell’uomo prova a mettere in discussione le accuse a carico del suo cliente, ponendo in evidenza una consulenza psichiatrica destinata, secondo il legale, a certificarne una condizione di marcato stress psicofisico da carenza cronica di sonno , condizione risultata determinante nel mancato controllo degli impulsi e del suo conseguente agire concretizzatosi anche nella rottura di mobili e suppellettili tra le mura domestiche. Chiaro l’obiettivo della difesa mettere in dubbio la compatibilità di una pur reiterata ma impulsiva perdita di controllo con una unitaria e consapevole volizione dell’ avvilimento dei propri congiunti. Dalla Cassazione ribattono però che la condotta dell’uomo non si è limitata a gesti di impeto, in quanto ad alcuni episodi eclatanti – rottura di mobili e suppellettili, sradicamento delle scale interne dell’abitazione comune – si sono accompagnate umiliazioni, offese, prepotenze e minacce . Inoltre, è emersa la posizione eccentrica ed egocentrica che l’uomo ha avuto all’interno della famiglia, pretendendo rispetto del suo riposo – quasi fosse sacro –, silenzio e obbedienza, anche in presenza di una neonata, ed anche da parte dell’animale domestico della moglie, ucciso solo perché aveva osato sporcare in casa . Nessun dubbio, quindi, sul fatto che la condotta pervicacemente aggressiva e violenta tenuta dall’uomo tra le mura domestiche abbia toccato tutti i soggetti deboli del nucleo familiare .

Presidente Mogini – Relatore Capozzi Ritenuto in fatto e considerato in diritto 1. Con la sentenza in epigrafe la Corte di appello di Firenze, a seguito di gravame interposto dall'imputato B.M. avverso la sentenza emessa in data 30 ottobre 2018 dal locale Tribunale, ha confermato la decisione con la quale il predetto imputato è stato dichiarato responsabile dei reati di cui agli artt. 572 e 544 bis c.p. , e condannato a pena di giustizia. 2. Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione l'imputato che deduce con unico motivo erronea applicazione degli artt. 43 e 572 c.p. , e mancanza di motivazione, con riguardo alle emergenze della consulenza psichiatrica sull'imputato ricorrente, in relazione alla ritenuta sussistenza dell'elemento soggettivo, risultando questo incompatibile con la accertata condizione di marcato stress psicofisico da carenza cronica di sonno risultata determinante nel mancato controllo degli impulsi e del suo conseguente agire. Non risulta pertinente la risposta della Corte in ordine alla esclusione della incapacità di intendere e di volere, mai dedotta dalla difesa, essendosi omessa la risposta alla questione circa la congruità di un pur reiterato ma episodico discontrollo impulsivo coesistere con l'unitaria e consapevole volizione dell'altrui avvilimento. Risulta, poi, privo di fondamento l'assunto del primo giudice secondo il quale l'imputato si è sottratto alle cure degli psicologi e degli psichiatri v. pg. 10 e 16 della prima sentenza . 3. Ritiene la Corte che il ricorso è inammissibile in quanto genericamente proposto per questioni di fatto alle quali la Corte ha risposto senza incorrere in vizi logici e giuridici allorquando ha escluso che la condotta del ricorrente fosse limitata a gesti di impeto in quanto a quei episodi culminanti ed eclatanti indicati in imputazione rottura di mobili e suppellettili, sradicamento delle scale interne dell'abitazione comune , si erano accompagnate umiliazioni, offese, prepotenze e minacce che ripetutamente animavano i comportamenti del ricorrente, del quale emergeva la posizione eccentrica ed egocentrica che costui aveva all'interno della famiglia, pretendendo rispetto del suo riposo quasi fosse sacro, silenzio e obbedienza anche in presenza di una neonata, ed anche da parte di un animale domestico della moglie - ucciso con l'arma di servizio dal ricorrente - che aveva osato sporcare in casa attingendo la condotta pervicacemente aggressiva e violenta del militare tutti i soggetti deboli del nucleo familiare. 4. Alla declaratoria di inammissibilità consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma che si stima equo determinare in Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.