La normativa emanata per contrastare l’epidemia di COVID-19 continua a porre diversi quesiti agli interpreti del diritto italiano ed internazionale, obbligando non di rado i giuristi ad effettuare un difficile coordinamento tra le varie fonti legislative ed un bilanciamento ragionevole degli interessi coinvolti, col fine mai celato di raggiungere un accettabile equilibrio tra tutela della salute collettiva e buon andamento dei settori economico-produttivi.
Non sempre l'obiettivo è stato efficacemente perseguito, stante la continua evoluzione del virus e i numerosi disagi occorsi nell'arginarne la diffusione, con interi mercati destinati a pagarne le conseguenze, e tra i settori maggiormente colpiti dal Coronavirus non può non menzionarsi il turismo , inteso sia dal lato dei trasporti, vale a dire i “ viaggi turistici ” in Italia e all'estero, sia dal lato del pernottamento e della ristorazione, senza tralasciare i centri e i servizi di benessere. A tutela di queste attività come negli altri ambiti produttivi si è perlopiù agito con l'erogazione di sostegni alle singole aziende, unitamente alla predisposizione di fondi a tutela dell'occupazione, per finanziare misure di natura straordinaria come la cd. “Cassa Integrazione Covid”, mirate a garantire il maggior numero possibile di “posti di lavoro”. Accanto a tali interventi generali, ogni settore ha assistito al proliferare di peculiari disposizioni, redatte per far fronte alle specifiche incombenze dello stesso, le quali non sempre sono state concepite in aderenza al dettato Costituzionale o nel rispetto dei limiti derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione Europea stesso dicasi per gli altri Trattati internazionali di minor notorietà . In ambito turistico, per quel che qui interessa, aveva destato vivaci critiche il d.l. numero 18/2020 , laddove veniva prevista, in favore dell' agenzia di viaggi “vettore” , la possibilità di rilasciare ai propri clienti un voucher , in luogo del rimborso del prezzo versato, per i contratti non eseguiti a causa dell'emergenza da COVID-19 , in violazione ed aperto contrasto con quanto ordinariamente previsto dall' articolo 1463 c.c. e dall'articolo 41 del Codice del Turismo, di matrice UE. Si erano previsti numerosi contenziosi in relazione alla soluzione adottata dal Governo italiano, poiché non è consentito ad uno Stato Membro dell'Unione Europea derogare alla disciplina dettata in sede unionale, quand'anche la deroga si renda necessaria per le più disparate ragioni, in quanto, se ciascuno Stato Membro, in presenza di situazioni emergenziali, fosse autorizzato a legiferare in contrasto al Diritto UE, la supremazia dello stesso sui vari Ordinamenti giuridici interni e sulle singole disposizioni nazionali perderebbe gran parte della propria efficacia, prevedendosi, altrimenti, il proliferare di “situazioni di urgenza e necessità” al fine di giustificare deroghe alle regole UE. Ciononostante, la natura emergenziale del contesto pandemico era ed è pacifica ed indiscutibile, così come sentita era ed è la necessità di una interpretazione in grado di dirimere il contrasto sorto. Si aggiunga, poi, che sul punto la Commissione Europea, quale garante dei Trattati UE e delle fonti normative unionali di ogni livello, aveva aperto una Procedura d'infrazione numero 2020/2252 nei confronti dello Stato Italiano, in quanto la disciplina emergenziale dettata nel settore turistico risultava gravemente lesiva dei diritti dei viaggiatori, stante anche l'enorme impulso e le vibranti proteste delle associazioni a tutela dei consumatori. Dal canto suo, per quel che risulta ad oggi, la Giurisprudenza non ha sempre risposto in modo univoco, stante la evidente novità della questione. Tra le diverse pronunce susseguitesi, si segnala l'interessante sentenza numero 1360/2021, emessa in data 10.11.2021 dal Giudice di Pace di Reggio Emilia, Dott.ssa S.T., chiamata a dirimere un contenzioso sorto tra due coniugi acquirenti un pacchetto viaggio e vacanze e la Compagnia venditrice del pacchetto stesso, la quale, avvalendosi della normativa interna, in luogo di procedere ad un rimborso integrale dell'acconto versato, aveva optato per l'emissione, in favore dei coniugi, di un voucher sostitutivo di pari importo. Gli acquirenti, per dirimere l'inconciliabilità tra normativa emergenziale interna e normativa dell'Unione Europea, insistevano sulla violazione del principio del primato del Diritto UE rispetto alle fonti nazionali interne , usualmente dirimente in caso di contrasti di tale specie, ma la peculiarità sollevata dalla Compagnia convenuta, ossia la caratteristica di “norma di applicazione necessaria”, inserita nelle medesime disposizioni emergenziali, poteva dar luogo ad incertezze. In effetti, mentre in un contesto standard non possono sorgere dubbi al riguardo, essendo indiscusso il primato del Diritto dell'Unione Europea su quello interno, così come innumerevoli volte riconosciuto dalla Giurisprudenza interna sia di merito che di legittimità , qualche perplessità avrebbe potuto destarla la peculiarità del caso de quo , in cui, a detta della Compagnia di viaggi, la prevalenza della disposizione interna era legata alla sua natura di “ norma di applicazione necessaria ”, figura a lungo discussa dalla Dottrina durante gli anni '60 del secolo scorso, pur nella singolare circostanza per cui tale caratteristica veniva, in concreto, ad essere auto-conferita dal medesimo dettato normativo, e quindi, in sostanza, dal legislatore interno rectius , dall'esecutivo pro tempore . Nonostante le suddette perplessità , la pronuncia in esame ha lasciato pochi spazi ad eventuali incertezze, conferendo assoluto valore al primato del Diritto UE su quello interno. Il G.d.P. adito parte dalla premessa che «nelle fasi iniziali della pandemia, era impossibile prevedere per quanto si sarebbe protratto lo stato di emergenza e per quanto tempo sarebbe stato impossibile viaggiare. Inizialmente era stato previsto che, nel caso in cui ai consumatori non fosse consentito viaggiare o soggiornare per restrizioni, malattia o quarantena a causa Covid, sarebbe stato possibile annullare gratuitamente la prenotazione, ma che l'azienda potesse scegliere tra effettuare il rimborso in denaro o fornire un buono della validità di un anno al momento della conversione in legge dei decreti, nell'aprile 2020, è stato espressamente previsto che le imprese del settore viaggi potessero effettuare il rimborso sotto forma di voucher anche in caso di cancellazione a causa Covid da parte dell'azienda. Di conseguenza, la maggior parte delle compagnie di viaggio, ha fatto ampio ricorso a detta opzione » . Stante la contemporaneità della procedura d'infrazione summenzionata, aperta e chiusa dalla Commissione UE nelle more del contenzioso con esito negativo circa l'accertamento dell'infrazione , il Giudice non poteva non tenerne conto «la Commissione Europea, a fronte delle numerose denunce delle associazioni a tutela dei consumatori privati della possibilità di scelta tra voucher e rimborso integrale ha avviato procedure di infrazione e, nel luglio 2020 il legislatore ha modificato il regime dei voucher a diciotto mesi ed ha stabilito l'obbligo del rimborso in caso di mancato utilizzo» , ma, a differenza di quanto sostenuto dalla Compagnia convenuta, che eccepiva la chiusura della procedura a sostegno della correttezza formale del proprio operato, l'adito Giudicante osservava, in aderenza alla prospettazione di parte attrice, che «la chiusura della procedura d'infrazione numero 2020/2252 – richiamata a sostegno della correttezza del proprio operato da omissis – è stata in realtà, effettuata sul presupposto dei correttivi della normativa nazionale, per il ripristino delle disposizioni che consentono ai viaggiatori di scegliere tra rimborso o voucher». In effetti, come ben argomentato dal G.d.P. di Reggio Emilia, la chiusura della procedura d'infrazione non era avvenuta sul presupposto della compatibilità, in rapporto alla disciplina UE, della normativa interna, bensì in ragione della preminente circostanza per cui, trattandosi di disposizioni di natura temporanea ed in ragione dei correttivi apportati in seguito dal legislatore italiano, la stessa non avrebbe più violato i parametri unionali , in ragione della caducità delle disposizioni emergenziali, fermo restando che la stessa Commissione, all'atto della chiusura della procedura, avvertiva l'Italia del fatto che sarebbe comunque rimasta sotto l'attenta osservazione delle Istituzioni UE, in relazione al trattamento dei viaggiatori/consumatori. Tanto esposto, l'adito Giudicante concludeva che «allo stato, pertanto, non può essere ritenuta congrua l'applicazione della normativa emergenziale – sfavorevole per i viaggiatori – anche alla luce della valutazione negativa da parte delle Istituzioni Europee e che costituirebbe un differente trattamento tra coloro che, come i signori omissis e omissis , avevano acquistato un pacchetto viaggio all'inizio della pandemia e coloro che lo abbiano acquistato nei mesi successivi», concludendo, dunque, per l'accoglimento della domanda attorea, con condanna della Compagnia convenuta alla restituzione integrale di quanto versato a titolo di acconto per l'acquisto del pacchetto viaggio. In attesa di ulteriori pronunce in materia, si osserva come la soluzione fornita nella pronuncia in analisi sia dotata della capacità di raggiungere un equilibrio accettabile tra il principio del primato del Diritto UE , il concetto di “norma di applicazione necessaria” ed, in particolar modo, la caducità delle disposizioni emergenziali , aspetto spesso trascurato all'atto delle applicazioni pratiche delle stesse, oltre ovviamente a coniugare aspetti formali e sostanziali del caso concreto, raggiungendo un raccordo tra gli interessi edotti favorevole alla posizione dei viaggiatori rispetto a quelli delle aziende turistiche.
Giudice Tanzi Svolgimento del processo Con atto di citazione ritualmente notificato, i signori G.U. e T.L., convenivano in giudizio FR. brand del G.A. S.p.A. nonché l'agenzia di viaggi chiedendo la condanna dei convenuti alla restituzione dell'acconto pari ad Euro 1.000,00 versato dagli attori per un pacchetto turistico con destinazione Uzbekistan per il periodo 15/5-22/5/2020, viaggio che, a causa delle restrizioni dovute alla pandemia e del contagio subito dagli attori stessi, era stato annullato. Esponevano che, pur avendo formalmente e ripetutamente richiesto integrale rimborso della somma versata, si erano visti recapitare, contrariamente a quanto richiesto, un “voucher” del valore corrispondente all'acconto versato, che in alcun modo intendevano accettare. Costituitosi in giudizio, A. rilevava di aver correttamente agito in ottemperanza alle disposizioni assunte dal Governo in fase di emergenza, avendo corrisposto un voucher di Euro 1.000,00 e concludendo, conseguentemente, per il rigetto della domanda. La causa, istruita documentalmente, veniva trattenuta in decisione. Motivi della decisione L'incertezza in merito alla questione per cui è causa è dovuta ai cambiamenti del regime dei voucher a far tempo dall'introduzione nel marzo 2020, con decreti-legge, dapprima per i contratti di trasporto e i pacchetti turistici, poi estesa ai fornitori di alloggi. Nelle fasi iniziali della pandemia, era impossibile prevedere per quanto si sarebbe protratto lo stato di emergenza e per quanto tempo sarebbe stato impossibile viaggiare. Inizialmente era stato previsto che, nel caso in cui ai consumatori non fosse consentito viaggiare o soggiornare per restrizioni, malattia, o quarantena a causa Covid, sarebbe stato possibile annullare gratuitamente la prenotazione, ma che l'azienda potesse scegliere tra effettuare il rimborso del denaro o fornire un buono della validità di un anno al momento ella conversione in legge dei decreti, nell'aprile 2020, è stato espressamente previsto che le imprese del settore dei viaggi potessero effettuare il rimborso sotto forma di voucher anche in caso di cancellazione a causa Covid da parte dell'azienda. Di conseguenza, la maggior parte delle compagnie di viaggio, ha fatto ampio ricorso a detta opzione. La Commissione Europea, a fronte delle numerose denunce delle associazioni a tutela dei consumatori privati della possibilità di scelta tra voucher e rimorso integrale ha avviato procedure di infrazione e, nel luglio 2020 il legislatore ha modificato il regime dei voucher a diciotto mesi ed ha stabilito. l'obbligo di rimborso in caso di mancato utilizzo. Nel caso in esame gli attori avevano comunicato, a seguito dell'annullamento del viaggio, la propria intenzione volta ad ottenere il rimborso integrale dell'acconto versato, essendo sopravvenuta l'impossibilità a ricevere la prestazione ex articolo 1463 c.c. richiamato dallo stesso DL 9/2020 . Nella fattispecie così inquadrata, ai consumatori spetta il rimborso del prezzo pagato o a scelta dei consumatori stessi un buono del valore corrispondente a quanto versato. È documentalmente provato che gli attori hanno pagato un acconto di Euro 1.000,00. La chiusura della procedura di infrazione numero 2020/2252 richiamata a sostegno della correttezza del proprio operato da A. è stata, in realtà, effettuata sul presupposto dei correttivi della normativa nazionale, per il ripristino delle disposizioni che consentono ai viaggiatori di scegliere tra rimborso o voucher. Allo stato, pertanto, non può essere ritenuta congrua l'applicazione della normativa emergenziale sfavorevole per i viaggiatori anche alla luce della valutazione negativa da parte delle Istituzioni Europee e che costituirebbe un differente trattamento tra coloro che, come i signori G. e T., avevano acquistato un pacchetto viaggio all'inizio della pandemia e coloro che lo abbiano acquistato nei mesi successivi. Per quanto sopra, la domanda va accolta. Le spese seguono la soccombenza. P.Q.M. Il G.d.P. di Reggio Emilia, definitivamente pronunciando nella causa civile numero 2585/2020 R.G., contrariis rejectis Accerta e dichiara il diritto degli attori alla restituzione dell'importo di Euro 1.000,00 Condanna le parti convenute, in solido, al pagamento della somma di Euro 1.000,00, oltre interessi legali dalla data dell'esborso al saldo, nonché alla rifusione delle spese di lite, che liquida in Euro 70,00 per anticipazioni ed Euro 350,00 per compensi professionali quantificati secondo i parametri del DM 55/14, nei valori medi scaglione di valore fino ad Euro 1.100,00 oltre rimborso delle spese generali, ed oltre accessori di legge periva e cpa, con distrazione a favore del difensore, dichiaratosi antistatario . provvisoria esecuzione della sentenza ex lege.